ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
     nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 189, primo
 comma, n. 5, e ultimo comma, del codice penale, promosso con  ordinanza
 emessa  il  16  giugno  1970  dal  tribunale di Torino nel procedimento
 civile vertente  tra  Sabet  Elyas  ed  il  fallimento  della  societa'
 Gagliardo  Giovanni ed altri, iscritta al n. 344 del registro ordinanze
 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 299  del
 25 novembre 1970.
     Visti   gli   atti  di  costituzione  del  fallimento  Gagliardo  e
 d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
     udito nell'udienza pubblica del 7 febbraio 1973 il Giudice relatore
 Leonetto Amadei;
     uditi l'avv. Mario  Comba,  per  il  fallimento  Gagliardo,  ed  il
 sostituto  avvocato  generale  dello  Stato  Giorgio  Azzariti,  per il
 Presidente del Consiglio dei ministri.
                           Ritenuto in fatto:
     Con istanza in data  21  gennaio  1968,  Sabet  Elyas  chiedeva  al
 giudice  delegato  presso  il  tribunale di Torino di essere ammesso al
 passivo privilegiato del fallimento della societa' di  fatto  Gagliardo
 Giovanni,  Riotta  Franco  e  Novara  Giuseppe  per  un credito di lire
 8.500.000,  coperto  da  sequestro  conservativo  penale  su  beni   di
 proprieta' del Riotta.
     Il  giudice,  con  provvedimento  del  27 maggio 1968, ammetteva il
 credito insinuato al passivo chirografario.
     Il  Sabet  Elyas,  con  ricorso  dell'8  giugno   1968,   proponeva
 opposizione  contro  il  provvedimento  del giudice delegato perche' il
 credito venisse ammesso al passivo del fallimento in via  privilegiata,
 attesa  la  sua  natura  di credito dipendente da reato, a garanzia del
 quale era stato concesso ed esibito, prima della sentenza  dichiarativa
 di  fallimento,  sequestro  conservativo  penale,  ai  sensi  e per gli
 effetti di cui all'art. 189, primo comma, n. 5,  e  ultimo  comma,  del
 codice penale.
     Il  fallimento, costituitosi nel giudizio di opposizione in persona
 del rag. Michele Adorno, chiedeva che  il  ricorso  del  Sabet  venisse
 respinto  e  che,  pertanto,  fosse  mantenuta  ferma  l'ammissione del
 credito al passivo fallimentare come credito chirografario.  Lo  stesso
 curatore sollevava questione di legittimita' costituzionale degli artt.
 189 e 191 del codice penale, 617 del codice di procedura penale e degli
 artt.  2768  e  2778 del codice civile, in riferimento all'art. 3 della
 Costituzione.
     Il tribunale di Torino, sezione IV civile, con ordinanza 16  giugno
 1970,  dichiarava rilevante e non manifestamente infondata la sollevata
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 189, primo comma, n.
 5, e ultimo comma, del codice penale, in quanto richiamato dagli  artt.
 2768  e  2778,  n. 7 (n.  8, per art. 66 legge 30 aprile 1969, n. 153),
 del codice civile,  in  riferimento  all'art.  3,  primo  comma,  della
 Costituzione.
     Nel  giudizio  davanti alla Corte si e' costituito il rag.  Michele
 Adorno, nella sua qualita' di curatore del fallimento. E'  intervenuto,
 altresi',  il  Presidente  del  Consiglio dei ministri, rappresentato e
 difeso dall'Avvocatura dello Stato, che ha presentato le sue deduzioni.
     Il tribunale, dopo aver rilevato essere pacifico in dottrina  e  in
 giurisprudenza  che  il  sequestro  conservativo penale svolge funzioni
 analoghe al sequestro conservativo civile, per cui i due istituti  sono
 da  considerarsi  identici  in relazione allo scopo, all'oggetto e alla
 procedura di esecuzione, nonche' in relazione ai  presupposti  -  fumus
 boni iuris e periculum in mora", ha ritenuto "difficilmente compatibile
 il  privilegio  che  inerisce  al  sequestro conservativo penale di cui
 all'art. 189 del  codice  penale  con  l'art.  3  della  Costituzione",
 sviluppando  il  proprio  convincimento  su  considerazioni che possono
 cosi' riassumersi:
     a)  il  sorgere  del  privilegio,  in  quanto   condizionato   alla
 concessione  del  sequestro  conservativo penale, risulta sottoposto ad
 una valutazione discrezionale del giudice, su domanda del p.m.;
     b) ai sensi del codice civile il privilegio e' sempre attribuito in
 relazione alla natura del credito, mentre, nella specie, e' collegato a
 circostanze, quale il pericolo del ritardo, del tutto estranee  a  tale
 causa,  per  cui,  in  fatto, si determina disparita' di trattamento, a
 parita' di danno derivante da reato, nei confronti sia del creditore al
 quale non sia stato concesso il sequestro conservativo penale, sia  del
 creditore cui, stante la dichiarazione di fallimento dell'imputato, non
 sia  stato  disposto il sequestro, anche se il fatto reato e' anteriore
 alla dichiarazione di fallimento, sia, infine, del danneggiato da reato
 che si  avvalga  della  sua  facolta'  di  procedere  in  sede  civile,
 richiedendo  ed  ottenendo  il  sequestro conservativo civile: soggetti
 tutti esclusi dall'ordine dei privilegi di cui all'art. 2778 del codice
 civile.
     Il curatore del fallimento osserva, nella comparsa di costituzione,
 che il privilegio costituito ex art. 189 c.p. presenta anomalie tali da
 fare ritenere costituzionalmente illegittime  le  norme  che  lo  hanno
 istituito,  in  quanto  in  contrasto  con  il principio di eguaglianza
 stabilito dall'art. 3 della Costituzione, e cio' sotto aspetti diversi:
     a)  il  principio  generale   di   eguaglianza   nel   procedimento
 fallimentare  e'  stabilito  dal  primo  comma dell'art. 2740 c.c., che
 stabilisce la par condicio creditorum;
     b)  al principio derogano le ammesse cause legittime di prelazione,
 rappresentate  dai  privilegi,  il  pegno  e   l'ipoteca;   cause   che
 costituiscono   presupposti   idone'   i  per  determinare  un  diverso
 trattamento tra i diversi creditori;
     c) il sequestro conservativo penale non giustifica  una  diversita'
 di  trattamento  dei crediti derivanti da reato, in primo luogo perche'
 il privilegio, in questo caso, non attiene alla natura del  credito,  e
 non  sorge  contestualmente  ad  esso ma si costituisce col fatto ed in
 conseguenza di un provvedimento discrezionale del giudice;  in  secondo
 luogo  perche' pone una ingiustificata discriminazione nei confronti di
 quei creditori che, danneggiati da reato, si trovano  in  una  identica
 situazione  di  diritto  sostanziale  verso  il condannato, ma non sono
 sorretti da privilegio,  non  avendo  potuto  conseguire  il  sequestro
 conservativo;  in  terzo  luogo  perche'  determina  una ingiustificata
 discriminazione anche nei riguardi dei creditori che  abbiano  ottenuto
 il  sequestro  conservativo  civile,  non  essendo  questo  coperto  da
 privilegio.
     Nelle sue deduzioni  l'Avvocatura  generale  dello  Stato  conclude
 perche' la questione dedotta sia dichiarata infondata, osservando che:
     1)  il  sequestro  conservatorio  penale  ha una duplice finalita':
 impedire  la  dispersione  del  bene   al   fine   di   assicurare   il
 soddisfacimento  dei  crediti  cautelati;  garantire, secondo un ordine
 determinato,  la  prelazione,  in  fase  di  realizzazione   esecutiva,
 rispetto ad una serie di altri crediti;
     2)  se  pur  non possa disconoscersi che il privilegio a favore dei
 crediti derivanti da reato presenta  caratteristiche  anomale  rispetto
 alla  disciplina  comune,  tuttavia,  discendendo  esse  da una diversa
 considerazione e da  una  diversa  posizione  giuridica  -  particolare
 natura  dei  crediti  da  tutelare -, non concreta, di per se, in alcun
 modo, ragioni di violazione del principio di eguaglianza;
     3) nessuna rilevanza, nella questione, assume la circostanza che il
 sorgente privilegio ex art. 189 c.p.    sia  rimesso  alla  valutazione
 discrezionale  del  giudice,  in quanto ogni erronea applicazione della
 discrezionalita' rappresenta una eventualita' del  momento  applicativo
 della norma e non un motivo di illegittimita'.
                         Considerato in diritto:
     1. - L'ordinanza del tribunale di Torino denuncia la illegittimita'
 costituzionale del primo comma, n. 5, e dell'ultimo comma dell'art. 189
 del  codice  penale, in quanto richiamato dagli artt. 2768 e 2778, n. 7
 (8), del codice civile, ritenendo che sia in  contrasto  con  l'art.  3
 della   Costituzione  la  possibilita'  che,  attraverso  il  sequestro
 conservativo  penale  sui  beni  mobili   dell'imputato,   venga   reso
 privilegiato il credito relativo.
     Il  quesito circa la legittimita' costituzionale dell'art.  189 del
 codice penale e'  prospettato  nell'ordinanza,  sotto  quattro  diversi
 aspetti:
     1)   il  sorgere  del  privilegio,  in  quanto  condizionato  dalla
 concessione  del  sequestro  conservativo  penale,  e'   rimesso   alla
 valutazione  discrezionale  del  giudice, su domanda del p.m. (art. 617
 codice di procedura penale per cui "appare  difficilmente  compatibile"
 con  l'art.  3  della  Costituzione la subordinazione del sorgere di un
 diritto di  preferenza,  quale  e'  una  causa  di  prelazione,  ad  un
 provvedimento meramente discrezionale;
     2) essere pacifico in dottrina e in giurisprudenza che il sequestro
 conservativo  penale svolge funzioni analoghe al sequestro conservativo
 civile, essendo i due istituti sostanzialmente identici, per  avere  in
 comune  lo scopo, l'oggetto e la procedura di esecuzione e nel poggiare
 su identici presupposti, il fumus boni iuris - riassunto, nel sequestro
 conservativo penale, nell'accertamento dell'esistenza del  procedimento
 penale - e il periculum in mora;
     3)  il  danneggiato  da  reato  che  si  avvalga  della facolta' di
 procedere  in  sede  civile,  richiedendo  ed  ottenendo  il  sequestro
 conservativo civile, non acquista nessun diritto preferenziale;
     4)  a parita' di danno derivato da reato, il creditore, cui non sia
 stato concesso il sequestro conservativo penale, per non  averne  presa
 il  p.m.  l'iniziativa o per non aver accolta la sua sollecitazione, si
 vede escluso dall'ordine dei privilegi stabilito dall'art.    2778  del
 codice  civile,  cosi'  come  si  vede  escluso  il  creditore  per  il
 sopravvenuto  fallimento  dell'imputato  prima  della  concessione  del
 sequestro  conservativo  penale, anche se il fatto - reato e' anteriore
 alla dichiarazione di fallimento.
     La questione non e' fondata.
     2. - Come emerge dall'esposizione in fatto,  essa  non  investe  la
 legittimita'   costituzionale  del  permanere  del  privilegio  sancito
 dall'ultimo comma dell'art.  189  del  codice  penale,  anche  dopo  la
 sentenza   dichiarativa   di  fallimento  dell'imputato,  ma  l'aspetto
 generale del privilegio che accompagna,  ad  ogni  effetto,  i  crediti
 dipendenti da reato sottoposti a sequestro conservativo penale.
     In  ordine  al  caso  di specie, vale rilevare che la dottrina e la
 giurisprudenza  sono  orientate  nel  senso  di  riconoscere   che   il
 privilegio  che assiste il credito garantito dal sequestro conservativo
 penale non viene meno per effetto  della  dichiarazione  di  fallimento
 dell'imputato,  sempreche' il sequestro sia stato disposto ed eseguito,
 nei modi e nelle forme stabiliti dalla legge, prima della  sentenza  di
 apertura  del  fallimento  e  sia  intervenuta sentenza irrevocabile di
 condanna.
     La  estensibilita'  del   privilegio   conseguente   al   sequestro
 conservativo   penale  a  questa  o  quella  situazione  giuridica  del
 debitore, e' questione che esula dalla competenza di questa  Corte,  in
 quanto  l'interpretazione e i limiti di applicazione delle norme che lo
 contemplano,  rientrano  nella  funzione  istituzionale   del   giudice
 ordinario.
     3.  -  Nessuna  rilevanza  assume,  sul  piano  costituzionale,  la
 circostanza che il sequestro conservativo penale, per la scelta operata
 dal legislatore, trovi nel  p.m.  il  suo  organo  di  propulsione  nei
 giudizi collegiali e nel giudice penale il suo organo decisionale.
     Il  sequestro  conservativo  civile  e  il  sequestro  conservativo
 penale, pur presentando elementi  comuni,  differiscono  tra  loro  per
 aspetti  distintivi  particolari,  tali  da  rendere giustificabile una
 disciplina giuridica differenziata negli effetti.
     Un  aspetto   distintivo   particolare   e'   rappresentato   dalla
 circostanza  che il credito discende dal fatto- reato e che la presa di
 cognizione della sussistenza di tale credito trova la sua consacrazione
 in un rapporto  processuale  di  natura  pubblicistica  che  s'impernia
 nell'esercizio  dell'azione  penale da parte del pubblico ministero. In
 considerazione di tali aspetti particolari, il legislatore ha  ritenuto
 di   riconoscere  ai  crediti  derivanti  da  reato  garanzie  speciali
 rimettendo all'insindacabile  giudizio  di  opportunita'  del  p.m.  il
 domandare  al  giudice il sequestro conservativo penale sui beni mobili
 dell'imputato, determinando, nel contempo,  quali  crediti  trovino  in
 essi garanzia (art. 191 del codice penale).
     Con  il  sequestro  conservativo penale, cosi' come, del resto, con
 l'ipoteca legale, prevista dal primo comma  dell'art.  189  del  codice
 penale,  il  legislatore  ha  voluto  garantire,  in  modo  speciale  e
 autonomo,   il   pagamento   delle   obbligazioni   civili    contratte
 dall'imputato,  per  effetto  del procedimento penale e della condanna,
 sia verso lo Stato, sia, per un principio equitativo e in via derivata,
 verso il danneggiato dal reato (n. 5) e altri soggetti (nn. 4 e 6.
     Anche se la soluzione adottata non e' esente da  critiche,  rientra
 comunque  nell'ambito  della  discrezionalita'  del  legislatore  e  le
 finalita' perseguite non appaiono in  contrasto  con  il  principio  di
 eguaglianza  statuito  dall'art.  3  della  Costituzione trattandosi di
 finalita' apprezzabili che rendono ragionevole la disciplina  adottata,
 per i differenti aspetti della situazione giuridica regolata.
     4.  - Si osserva, nell'ordinanza, e sul concetto si insiste in modo
 particolare, che il provvedimento del giudice, al quale si  ricollegano
 speciali   effetti  giuridici,  e'  il  risultato  di  una  valutazione
 meramente discrezionale, non compatibile, anche questa,  con  l'art.  3
 della  Costituzione, in quanto da' vita ad una disciplina differenziata
 nei riguardi di coloro i quali, pur essendo  stati  danneggiati  da  un
 reato,  e quindi in situazione iniziale uguale ad altri, non godono del
 diritto di preferenza per la mancata precostituzione del titolo.
     Giova  osservare,  pero',   che   tale   discrezionalita'   attiene
 unicamente  alla  libera valutazione di elementi acquisiti e, pertanto,
 pur sempre determinata da una norma e condizionata dalla individuazione
 dei presupposti che ne stanno a base.   Nel caso,  la  discrezionalita'
 del  giudice  opera  nel  quadro  della  valutazione degli elementi che
 legittimano la concessione del sequestro conservativo penale, ossia  la
 sussistenza  di  una  fondata  ragione  di  temere  che  manchino  e si
 disperdano le garanzie del  credito  (art.  189  codice  penale,  terzo
 comma).
     L'erroneo  esercizio  della  discrezionalita'  rappresenta, come e'
 stato  rilevato  dall'Avvocatura  dello  Stato,  una  eventualita'  del
 momento  applicativo  della  norma e non un motivo di illegittimita' di
 questa.
     5. - Non ha altresi' rilevanza il fatto che  il  legislatore  abbia
 disciplinato, in relazione agli effetti, in modo difforme dal sequestro
 conservativo  civile,  il  sequestro conservativo penale nonostante gli
 elementi in comune  presenti  nei  due  istituti  e  posti  in  risalto
 nell'ordinanza del tribunale: a riguardo valgono le osservazioni svolte
 sub 4.
     Il  privilegio  del  credito  sorge,  per  il  danneggiato,  in via
 derivata e in conseguenza della facolta' autonoma riconosciuta al  p.m.
 di  domandare  al  giudice  il  sequestro  conservativo o al pretore di
 direttamente provvedervi; facolta' che trova la sua ragione di  essere,
 in  base  alla  scelta fatta dal legislatore, per i fini caratteristici
 del processo penale. Solo una volta concesso, il sequestro conservativo
 penale giova anche agli interessi della persona danneggiata.   Comunque
 alla  parte  danneggiata  dal  reato  non e' riconosciuto il diritto di
 richiederlo: essa  potra',  a  garanzia  diretta  dei  propri  crediti,
 avvalersi solo del sequestro in via civile.
     Il  limite  del  privilegio,  in  riferimento alle altre situazioni
 creditorie, e' fissato in modo tassativo  dallo  stesso  art.  189  del
 codice   penale,  quinto  comma,  nel  senso  che  i  crediti  in  esso
 contemplati si "considerano privilegiati solo rispetto  ad  ogni  altro
 credito   non  privilegiato  di  data  anteriore  e  ai  crediti  sorti
 posteriormente".
     La norma impugnata deve essere valutata nel suo complesso, al  fine
 di stabilire se sia fondata sui presupposti logici che ne giustifichino
 l'adozione.
     Il  presupposto  logico  e' quello di prendere in considerazione la
 particolare posizione processuale nella quale  vengono  a  trovarsi  le
 obbligazioni   discendenti   dal  reato;  in  conseguenza  di  cio'  il
 legislatore ha dato vita ad uno speciale sequestro conservativo, quello
 penale, che trova la sua applicazione quando sussistano fondate ragioni
 di temere che manchino e si disperdano le garanzie.    L'individuazione
 dell'aspetto  a  se  stante  del  credito  discendente  da  reato  e la
 configurazione   di   una   diversa   disciplina   processuale   penale
 dell'istituto  del  sequestro  conservativo non pone in evidenza alcuna
 lesione del principio di eguaglianza sulla base della  valutazione  che
 ripetutamente ha dato di esso questa Corte.
     D'altra  parte,  non  hanno  rilevanza,  ai  fini  del  giudizio di
 legittimita', le divergenze e  le  difficolta'  pratiche  riscontrabili
 nella  norma  in  sede applicativa a meno che tali divergenze non siano
 riferibili  ad  aspetti  di  essa   incompatibili   con   l'ordinamento
 costituzionale.
     Non  e'  infine  fondato  il  dedotto contrasto con il principio di
 eguaglianza, che si determinerebbe, per la diversita'  di  trattamento,
 tra  il  creditore  danneggiato  da  reato  per il quale, a seguito del
 sopravvenuto fallimento dell'imputato, non puo' essere riconosciuto  il
 privilegio  del  credito nascente da reato, ancorche' il credito stesso
 sia anteriore alla dichiarazione  di  fallimento  essendo  preclusa  la
 possibilita'-   in   base   all'orientamento   giurisprudenziale  -  di
 richiedere, nelle more fallimentari, il sequestro conservativo  penale.
 Questo  orientamento giurisprudenziale ha una sua impostazione logico -
 giuridica. In effetti, la dichiarazione di fallimento coglie e fissa le
 legittime ragioni creditorie nello stato in cui si trovano  al  momento
 della  sentenza  dichiarativa. Da questo momento tutte le attivita' del
 fallito, fin che dura lo stato di  fallimento,  costituiscono  garanzia
 comune  per  tutti i creditori; cio' comporta, proprio per il principio
 di eguaglianza, che  nessuno  possa  acquisire  sugli  altri  creditori
 diritti  diversi  da  quelli  che  derivano loro dalla natura o aspetto
 giuridico del credito. La legge non considera il credito  derivante  da
 reato  in  se  e  per  se privilegiato, ma lo rende tale solo a seguito
 della esecuzione del sequestro conservativo penale ed ha, pertanto,  in
 tale sequestro la sua causa esclusiva.