SENTENZA
     nei giudizi riuniti di legittimita' costituzionale dell'art. 2  del
 RD.L.  19  gennaio  1939,  n.  295  (Recupero  dei  crediti   verso gli
 impiegati e pensionati e prescrizione biennale di   stipendi,  pensioni
 ed altri emolumenti), promossi con le seguenti  ordinanze:
     1.  -  ordinanza emessa il 30 novembre 1976 dal Consiglio  di Stato
 su ricorsi proposti da Branca Giorgio ed altri    contro  il  Ministero
 della  pubblica  istruzione  ed  altri e dal   Ministero della pubblica
 istruzione ed altri contro  Cataudella Antonio ed altri, iscritta al n.
 143 del registro  ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale
 della Repubblica n. 113 del 27 aprile 1977;
     2.   -   ordinanza   emessa   il  20  gennaio  1977  dal  Tribunale
 amministrativo regionale dell'Umbria sui ricorsi riuniti   proposti  da
 Buscema  Salvatore  ed  altri  contro  il    Ministero  della  pubblica
 istruzione ed altro, iscritta al n.  538 del registro ordinanze 1977  e
 pubblicata  nella    Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica n. 32 del 1
 febbraio  1978;
     3. - ordinanza emessa l'8 luglio 1978 dal Tribunale  amministrativo
 regionale   dell'Umbria  sui  ricorsi  riuniti    proposti  da  Buscema
 Salvatore ed altri contro   l'Universita' degli  Studi  di  Perugia  ed
 altro,  iscritta  al  n.   309 del registro ordinanze 1979 e pubblicata
 nella  Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 175 del 27 giugno  1979;
     4. - ordinanza emessa il 26 gennaio 1979 dal Consiglio  di    Stato
 sul  ricorso  proposto  dal Ministero della pubblica  istruzione contro
 Martinelli Valentino, iscritta al n. 494  del registro ordinanze 1979 e
 pubblicata nella Gazzetta   Ufficiale della Repubblica n.  237  del  29
 agosto 1979;
     5. - ordinanza emessa il 23 marzo 1979 dal Tribunale amministrativo
 regionale  dell'Umbria  sul ricorso   proposto da Magrini Sergio contro
 l'Universita' degli  Studi di Perugia, iscritta al n. 498 del  registro
 ordinanze  1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica
 n. 237 del 29 agosto 1979;
     6.  -  ordinanza emessa il 16 febbraio 1979 dal Consiglio  di Stato
 sul ricorso proposto dall'Universita' degli Studi  di    Genova  contro
 Gomez de Ayala Alfredo, iscritta al n.  757 del registro ordinanze 1979
 e  pubblicata nella   Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 353 del 29
 dicembre 1979.
     Visti  gli  atti  di costituzione di Cataudella Antonio,  Dell'Olio
 Matteo, Gessi Carlo, Gazzoni Francesco, Spada  Paolo, dei Ministeri del
 Tesoro e della pubblica istruzione e  delle Universita' degli S.tudi di
 Macerata, Roma e  Perugia e gli atti di intervento del  Presidente  del
 Consiglio dei ministri;
     udito  nell'udienza  pubblica  del  15  ottobre  1980  il   Giudice
 relatore Guglielmo Rochrssen;
     uditi l'avvocato Antonio Sorrentino per Cataudella,    dell'Olio  e
 Gessi  e  l'avvocato  dello Stato Renato Carafa,  per il Presidente del
 Consiglio dei ministri.
                           Ritenuto in fatto:
     Nel corso di procedimenti promossi da Branca Giorgio  ed altri e da
 Cataudella Antonio  ed  altri  per  ottenere  la    retribuzione  degli
 incarichi  interni  d'insegnamento    universitario, da essi esplicati,
 secondo quanto disposto   dalla sentenza n. 11  del  1973  della  Corte
 costituzionale    in materia di trattamento economico in caso di cumulo
 d'impieghi, il Consiglio di Stato - avendo l'Amministrazione  convenuta
 eccepito  la prescrizione   biennale, ex art. 2 R.D.L. 19 gennaio 1939,
 n. 295, dei   crediti  dei  ricorrenti  -  con  ordinanza  30  novembre
 1976-11  febbraio  1977  -  ha sollevato la questione di   legittimita'
 costituzionale,  in  riferimento  all'art.  3  della      Costituzione,
 dell'art.  2  del  R.D.L.  19 gennaio 1939, n.   295, per il differente
 trattamento previsto in via generale  per i dipendenti statali rispetto
 a tutti gli altri dipendenti   pubblici, ai cui crediti  di  lavoro  si
 applica la prescrizione  quinquennale.
     Nell'ordinanza   di   rimessione   si   osserva  che  tale  diverso
 trattamento  viola   l'art.   3   della   Costituzione,   non   essendo
 razionalmente giustificabile in quanto:
     1.  -  l'eventuale  squilibrio  finanziario che potrebbe subire  il
 bilancio dello Stato per il pagamento di crediti di  propri  dipendenti
 reclamato  dopo  due  anni  e prima di   cinque, sarebbe minimo, tenuto
 conto dell'entita' globale  del bilancio;
     2. - complicazioni contabili e  squilibri  finanziari    potrebbero
 verificarsi in misura piu' grave per gli altri enti  pubblici, rispetto
 allo Stato;
     3. - tali complicazioni o squilibri finanziari potrebbero  derivare
 anche  da  altri  tipi  di prestazioni pecuniarie   dovute dallo Stato,
 diverse dai debiti di  lavoro,  per  le  quali  non    e'  prevista  la
 prescrizione biennale.
     Dinanzi  a  questa  Corte si sono costituite  l'Amministrazione del
 tesoro e della pubblica istruzione,  nonche' le Universita' degli Studi
 di Macerata, Roma e  Perugia, rappresentate e assistite dall'Avvocatura
 generale dello Stato, chiedendo che la questione sia    dichiarata  non
 fondata.
     Nell'atto  di  costituzione l'Avvocatura dello Stato deduce  che la
 diversita' di trattamento prospettata dall'ordinanza  di rimessione  e'
 giustificata  dalle  esigenze  di  bilancio e   contabilita', peculiari
 dello Stato, non comuni agli altri  enti pubblici -  la  cui  struttura
 finanziaria  e' meno  complessa di quella statale - ne' comparabili con
 le  correlative esigenze dei privati.
     A  riprova  della  razionalita'  della  disciplina   impugnata   in
 relazione   alle   esigenze   finanziarie  dello  Stato,  nell'atto  di
 costituzione si deduce, a proposito della vicenda che ha  dato  origine
 al  giudizio dinanzi al Consiglio di Stato, che  ove non fosse prevista
 nella  materia de qua un termine  biennale di prescrizione, essendo nel
 1974 gli incaricati  interni 8.134, e comportando percio'  l'esecuzione
 della    sentenza  n.  11 del 1973 della Corte costituzionale un  onere
 annuo di circa otto miliardi, l'onere complessivo   sarebbe  gravissimo
 per  lo  Stato,  tenuto conto che trattasi   di spese "non coperte" nel
 bilancio dell'epoca alla quale vanno riferite. Ove poi si  tenga  conto
 che la stessa  situazione potrebbe riprodursi per una ben piu' numerosa
 categoria  di  dipendenti  statali, con ancora piu' gravi  conseguenze,
 secondo l'Avvocatura dello Stato  sarebbe    evidente  la  razionalita'
 della normativa impugnata.
     Si  sono  costituiti  anche i proff. Cataudella, Dell'Olio,  Gessi,
 Gazzoni e Spada chiedendo che la questione sia   dichiarata  fondata  e
 sostenendo  l'irrazionalita'  del  diverso    trattamento  che la norma
 impugnata fa ai dipendenti   statali  rispetto  agli  altri  dipendenti
 pubblici;  che si  traduce fra l'altro in una differenza di trattamento
 non   giustificata fra i  professori  delle  Universita'  statali  e  i
 professori delle Universita' libere (ai quali la prescrizione  biennale
 non si applicherebbe).
     Identica  questione  e'  stata sollevata dallo stesso  Consiglio di
 Stato con ordinanza 16 febbraio 1979 - 13   luglio 1979, emessa  in  un
 procedimento in grado di  Appello promosso dall'Universita' degli Studi
 di Genova  contro Gomez de Ayala, nonche' dal Tribunale  amministrativo
 regionale  dell'Umbria  con  ordinanze  20  gennaio - 14 luglio 1977, 8
 luglio - 29 settembre 1978  e  23  marzo  1979,  emesse  nel  corso  di
 giudizi  promossi  da  Buscema  ed  altri  contro  il   Ministero della
 pubblica istruzione e l'Universita'  degli    Studi  di  Perugia  e  da
 Magrini contro l'Universita' degli  Studi di Perugia.
     Identica  questione e' stata sollevata pure dal Consiglio di  Stato
 con ordinanza 26 gennaio - 24 aprile 1979 emessa  in un procedimento in
 grado  di  Appello,  riguardante  il    prof.  Martinelli  Valentino  e
 concernente  la  richiesta di  arretrati di stipendio in conformita' di
 quanto stabilito da  questa Corte con la sentenza n.  219 del 1975.
     In tali procedimenti si e' costituita solo l'Avvocatura    generale
 dello  Stato per le Amministrazioni interessate,  insistendo perche' la
 questione sia dichiarata non fondata.
                         Considerato in diritto:
     1. - Tutte le ordinanze sopra indicate  prospettano  la    medesima
 questione,  sicche'  i  relativi  giudizi  possono   essere riuniti per
 essere definiti con unica sentenza.
     2. - Le ordinanze denunciano l'art. 2 del R.D.L. 19  gennaio  1939,
 n.  295,  senza  distinguere fra le sue varie  parti (la sola ordinanza
 della VI Sezione del Consiglio di   Stato  in  data  30  novembre  1976
 accenna,  in  motivazione,    al  primo comma in parola), ma dalla loro
 motivazione si  deduce in maniera evidente che la  norma  censurata  e'
 soltanto  quella contenuta nel primo comma, relativo alla  durata della
 prescrizione dei crediti ivi indicati.
     3. - Cio' premesso, la Corte e' chiamata a decidere se l'art.    2,
 primo comma, del R.D.L. 19 gennaio 1939, n. 295  (recante "Recupero dei
 crediti  verso  gl'impiegati  e   pensionati e prescrizione biennale di
 stipendi, pensioni  ed altri emolumenti"), prevedendo  la  prescrizione
 entro  il    termine  di  due  anni  delle  rate di stipendio ovvero di
 pensione nonche' degli assegni indicati nel d.l.1gt. 2  agosto 1917, n.
 1278, dovute dallo  Stato,  sia  in  contrasto    con  l'art.  3  della
 Costituzione  in  quanto  determinerebbe una disparita' di trattamento,
 priva di razionale giustificazione, tra impiegati  e  pensionati  dello
 Stato   e   gli   altri  impiegati  pubblici,  per  i  quali  opera  la
 prescrizione  quinquennale  secondo  la  norma  generale      stabilita
 dall'articolo 2948 del codice civile.
     4. - La questione e' fondata.
     La  disposizione  censurata ha ad oggetto i soli crediti  derivanti
 dal rapporto di impiego con lo Stato e per  destinatari i  titolari  di
 rate  di  stipendio  o  di  pensione    dovuti  dallo Stato, mentre nei
 riguardi delle rate di   stipendio o di pensione  dovute  da  qualsiasi
 altro  soggetto    di  diritto pubblico, come gia' detto, si applica la
 norma  generale contenuta nell'art. 2948 del codice civile.
     In tal modo si pone in essere, a  danno  dei  soli  dipendenti    e
 pensionati  statali,  una palese discriminazione fra crediti  aventi la
 medesima natura giuridica ed il  medesimo    contenuto  e  fra  i  loro
 titolari,   pur   appartenendo,   tutti      costoro,   alla  categoria
 sostanzialmente omogenea dei  dipendenti e pensionati  di  soggetti  di
 diritto  pubblico:  e    cio'  senza  che  la  distinzione trovi alcuna
 giustificazione.
     In  questa  prospettiva   non   possono   avere   pregio   ne'   le
 considerazioni svolte nei lavori preparatori della legge 9  marzo 1871,
 n.  102  (legge  concernente la prescrizione  degli stipendi ed assegni
 personali), dalla quale discende   l'art. 2 in  questione,  ne'  quelle
 svolte  dall'Avvocatura   generale dello Stato nella memoria depositata
 il 18  settembre 1979.
     Quanto al rilievo fatto in quei lavori preparatori e    consistente
 nella  opportunita'  di  evitare  il  lavoro    derivante dalla mancata
 riscossione, da parte degli  interessati o dei loro eredi, di  numerose
 piccole partite e  che quindi devono essere trasportate da un esercizio
 all'altro,   e'   sufficiente  osservare  che  si  tratta  di  un  mero
 inconveniente di fatto non idoneo a  dare  fondamento  alla    drastica
 limitazione della tutela di un diritto.
     Alla  osservazione  dell'Avvocatura  dello  Stato, secondo   cui in
 mancanza della prescrizione biennale l'onere    derivante  al  bilancio
 dello Stato da una prescrizione di  durata maggiore porrebbe allo Stato
 stesso  problemi    forse  irreparabili,  si deve rispondere che, cosi'
 argomentando, si potrebbe perfino giungere alla elusione   dei  diritti
 patrimoniali degli interessati,  anche se accertati da un giudicato.
     In  ogni  caso  considerazioni del genere non sono riferibili  solo
 allo Stato, ma potrebbero essere applicate a qualsiasi  ente pubblico.
     Consegue da cio' evidente la irragionevolezza della    disposizione
 censurata e, quindi, la violazione del  principio di uguaglianza.