ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
     nei  giudizi  riuniti  di  legittimita'  costituzionale della legge
 della Regione Campania 21 febbraio 1973, n. 7 (Costituzione  in  Comune
 autonomo  della  frazione  Cellole  del  Comune  di  Sessa  Aurunca  in
 provincia di Caserta) promosso con le seguenti ordinanze:
     1) ordinanza emessa il 12 aprile 1976 dal Pretore di Sessa  Aurunca
 nel  procedimento  penale a carico di Lombardi Aldo, iscritta al n. 524
 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 253 del 22 settembre 1976;
     2) ordinanza emessa il 26 aprile 1978 dal Tribunale  amministrativo
 regionale  per la Campania sul ricorso proposto da Lombardi Aldo contro
 il Comune di Cellole, iscritta al n. 554 del registro ordinanze 1978  e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n. 24 del 24
 gennaio 1979.
     Visti gli atti di costituzione di Lombardi Aldo  e  del  Comune  di
 Cellole e gli atti di intervento della Regione Campania;
     udito  nell'udienza  pubblica  dell'11  novembre  1981  il  Giudice
 relatore Livio Paladin;
     uditi gli avvocati Fabio  Rozera,  per  Lombardi  Aldo  e  Giuseppe
 Abbamonte, per il Comune di Cellole e per la Regione Campania.
                           Ritenuto in fatto:
     1.  -  In  un  giudizio  penale  concernente  lavori di costruzione
 edilizia effettuati nel Comune di Cellole, il Pretore  di Sessa Aurunca
 ha sollevato -  con  ordinanza  del  12  aprile  1976  -  questione  di
 legittimita'  costituzionale  della legge 21 febbraio 1973, n. 7, della
 Regione   Campania.  La  costituzione  in    Comune  autonomo,  con  la
 denominazione di "Cellole", della corrispondente frazione del Comune di
 Sessa Aurunca,  sarebbe  stata  operata  dal  legislatore  regionale  -
 secondo il giudice a quo - in violazione degli artt. 1 cpv. e 133 Cost.
     Quanto  alla  rilevanza dell'impugnativa, il Pretore osserva che la
 predetta  questione  "investe  in  toto  la  legittimita'  degli   atti
 (ordinanza  di  sospensione,  verbale  di  contravvenzione) emanati dal
 Comune e dai suoi organi".  Quanto  alla  non  manifesta  infondatezza,
 l'ordinanza  di rimessione argomenta in primo luogo che sarebbe mancata
 in tal caso la  necessaria  audizione  delle  popolazioni  interessate.
 Malgrado  il  contrario avviso espresso da questa Corte con la sentenza
 n. 62 del 1975, non basterebbe allo scopo la consultazione dei Consigli
 comunali e provinciali: "altro e' infatti" - precisa il giudice a quo -
 "il   voto espresso dal singolo cittadino,  che  usa  della  sovranita'
 popolare a lui concessa dall'art. 1 della Costituzione per esprimere il
 suo  giudizio  su  un  problema specifico e di suo rilevante interesse,
 altro e' il voto espresso da un consesso, pur eletto  dal  popolo,  ma,
 all'atto   della   deliberazione,   portatore  di  interessi    di  una
 maggioranza e non di tutti gli elettori".
     In secondo luogo,  si  aggiunge  che  la  legge  impugnata  avrebbe
 istituito  il  Comune  di  Cellole  senza "una previa determinazione di
 territorio e popolazione": infatti  tali  adempimenti  sarebbero  stati
 effettuati  successivamente  - il 2 luglio ed il 3 dicembre 1974 - "con
 atti amministrativi di Giunta e non con legge  a  norma  dell'art.  133
 Cost.".
     2. - Nel giudizio innanzi alla Corte e' intervenuto l'imputato Aldo
 Lombardi,  che  ha  sostanzialmente aderito alle argomentazioni ed alle
 conclusioni del giudice a quo, precisando  che da parte  della  Regione
 Campania  non  vi  sarebbe  stata  neanche  "audizione  indiretta delle
 popolazioni, su un concreto progetto o disegno di legge".
     Si e' inoltre costituito il Presidente della Regione, il  quale  ha
 invece  concluso  per  l'infondatezza  della  questione sollevata.   In
 effetti,  quanto  alla  consultazione  dei  soggetti  interessati,   le
 popolazioni  sarebbero  state  sentite  nei  modi  previsti dalla legge
 comunale e provinciale, vale a dire con  la  "procedura  gia'  ritenuta
 corretta  da  codesta  Corte".  Quanto poi alle variazioni territoriali
 disposte con delibera di Giunta,  esse  non  potrebbero  "inficiare  la
 costituzione  del  Comune  ma  porre, a tutto concedere, un problema di
 rettifica di confini", che comunque non  sarebbe  di  competenza  della
 Corte.
     3.  -   Nel corso di altro procedimento giurisdizionale, instaurato
 dallo stesso Lombardi, la legge regionale campana 21 febbraio 1975,  n.
 7,  e' stata quindi impugnata dal T.A.R.  per la Campania  il 26 aprile
 1978 - in riferimento agli artt. 133, secondo comma, della Costituzione
 e 60 dello Statuto di quella Regione.  Posto  che  "dal  riconoscimento
 della  illegittimita'  della  norma  predetta dipende il giudizio sulla
 legittimita'  del  provvedimento  impugnato"  (cioe'  di   un'ordinanza
 adottata  dal  Sindaco  di  Cellole),  il  giudice a quo ammette che la
 Regione Campania poteva istituire la  frazione  di  Cellole  in  Comune
 autonomo,  "pur  senza  far  ricorso  al referendum consultivo" e senza
 neanche emanare le necessarie "norme disciplinatrici"; ma sostiene  che
 la  Regione  avrebbe mancato di osservare le stesse norme dettate dagli
 artt. 33 ss.   del t.u. 3 marzo 1934, n.  383,  non  avendo  sentiti  i
 pareri  del  Consiglio  comunale  di  Sessa  Aurunca  e  del competente
 Consiglio provinciale, ne' prima che fosse approvata la legge n. 7  del
 1973,   ne'  durante  il  successivo  "procedimento  per  delimitazione
 territoriale"  (e  non  avendo  nemmeno  pubblicato  il   progetto   di
 delimitazione,  "agli  effetti di eventuali opposizioni").  Inoltre, il
 giudice a quo rileva che il provvedimento legislativo in  questione  si
 sarebbe  limitato  "ad  istituire  in  Comune  autonomo  la frazione di
 Cellole senza la previa determinazione di territorio e di  popolazione,
 adempimenti  demandati  ed  effettuati  in  secondo  momento  con  atti
 amministrativi di giunta e non con legge".
     4. - Anche in tale giudizio e' intervenuto il  Lombardi,  il  quale
 ricorda  -  a  sostegno  dell'impugnativa  -  come gia' il Consiglio di
 Stato,  pronunciandosi  sull'ammissibilita'  dei  ricorsi  proposti  da
 alcuni  cittadini di Sessa Aurunca, abbia denunciato, in relazione agli
 atti   istitutivi   del   Comune   di   Cellole,   una    "macroscopica
 disapplicazione del dettato costituzionale".
     E'  altresi'  intervenuto  il Comune di Celiole, concludendo invece
 per la manifesta infondatezza della questione sollevata.  Premesso  che
 il  testo  unico  della  legge  comunale  e provinciale regolerebbe "un
 procedimento del tutto superato dal nuovo  sistema  di  amministrazione
 elettiva" (mentre la legge campana 29 ottobre 1974, n. 54, non potrebbe
 venire  in considerazione, perche' successiva alla legge impugnata), la
 difesa del Comune osserva che la questione dovrebbe  esser  risolta  in
 vista   dei  soli  adempimenti  imposti  dal  precetto  costituzionale:
 rispetto ai quali la legge n. 7  del  1973  si  rivelerebbe  pienamente
 legittima,   avendo   disposto   l'istituzione  del  Comune  stesso  in
 conseguenza dei voti gia' formulati dal Comune di  Sessa  Aurunca,  nel
 verbale  di delibera n. 78 del 21 aprile 1970.  Quanto poi alla pretesa
 violazione della riserva di legge regionale, alla  Giunta  non  sarebbe
 stata   attribuita   altro   che   "una  funzione  di  documentazione",
 risolventesi in una attivita' "tecnico-esecutiva".
     Si e' infine costituito il Presidente della Regione  Campania,  che
 ha   sostenuto   l'infondatezza  della  questione,  con  argomentazioni
 analoghe a quelle svolte dal Comune di  Cellole.    Secondo  la  difesa
 della  Regione,  non  si  potrebbe  sostenere  che  la  legge impugnata
 contrasti ne' con il capoverso dell'art. 133 Cost. (che  prescriverebbe
 unicamente "l'audizione delle popolazioni interessate senza particolari
 forme")  ne'  con  l'art.  60  dello  Statuto  (che  si limiterebbe "ad
 ammettere ma non pure a  rendere  obbligatorio  il  referendum  per  la
 costituzione di nuovi Comuni").
     5.  -  Il  28  ottobre  1981,  la  Regione Campania ed il Comune di
 Cellole hanno depositato memorie (di identico contenuto),  nell'intento
 di  ricostruire  l'iter  (antecedente  e successivo all'impugnata legge
 regionale) che ha condotto alla costituzione  del  Comune  di  Cellole.
 Secondo  tali  memorie,  all'origine  della  vicenda  stanno la formale
 richiesta - risalente al 18 giugno  1960  -  di  1495  cittadini  della
 frazione interessata ed un'allegata relazione tecnica (entrambe esibite
 unitamente  alla  memoria di parte regionale). Nel 1964 (come da rogito
 anch'esso esibito) si costituiva altresi' un comitato  per  l'autonomia
 amministrativa di Cellole, che riusciva ad ottenere la presentazione di
 due  proposte  di  legge  (n.  3176/Camera  del  18  maggio  1966  e n.
 2042/Camera del 24 novembre 1969), affinche'  la  frazione  di  Cellole
 venisse  eretta  in  autonomo  Comune:  cui  seguivano le deliberazioni
 consiliari n. 77 e n. 78 del 20 e 21  aprile  1970,  con  le  quali  il
 Comune  di Sessa Aurunca manifestava - nel secondo caso in modo unanime
 la  -  propria  approvazione.  A  sua  volta,  anche  l'Amministrazione
 provinciale  di  Caserta  esprimeva  parere  favorevole,  dapprima  con
 delibera giuntale n.  825  del  23  marzo  1972,  quindi  con  ratifica
 consiliare n. 28 del 26 maggio del medesimo anno.  Ed a questo punto la
 Regione  Campania, esercitando la competenza trasferitale dal d.P.R. n.
 1 del 1972, interveniva con la legge impugnata.
     In  base  all'art.  2  della  legge   medesima,   l'Amministrazione
 regionale  convocava  allora  - ripetutamente - "le parti interessate",
 per provvedere alla determinazione dei confini.  Ed  infine  la  Giunta
 regionale    procedeva    d'ufficio    alla    determinazione   stessa,
 nell'impossibilita' di raggiungere un'intesa, mediante le  delibere  n.
 3467  del  2  luglio  1974, n.   6755 del 3 dicembre 1974, n. 824 del 7
 febbraio 1975:   esercitando per  altro  -  stando  alla  difesa  della
 Regione  e  del Comune - una mera "potesta' esecutiva consistente nella
 determinazione  specifica e grafica del  territorio",  gia'  del  resto
 definito dall'art. 1 della legge in esame.
     6. - Il 29 ottobre ha depositato memorie (di identico contenuto per
 entrambi  i  giudizi)  anche  la  difesa  del  Lombardi.    Dopo  avere
 riaffermato la rilevanza delle questioni sollevate dai giudici a quibus
 (e dopo aver ricordato che il T.A.R.    della  Campania  ha  nuovamente
 impugnato la legge regionale n. 7 del 1973, con ordinanza del 21 maggio
 1981),  tali memorie deducono - nel merito - che la Regione non avrebbe
 mai chiesto in proposito alcun parere al Comune di Sessa Aurunca,  come
 risulterebbe  da  un'attestazione  rilasciata  dal  Sindaco  del Comune
 stesso, in data 10 novembre 1977; sicche' non sarebbero stati osservati
 - ne' per questo ne' per ogni altro  aspetto  -  non  solo  l'art.  133
 Cost.,  ma nemmeno le disposizioni di cui agli artt. 33 ss. del t.u. n.
 583/1934.
     In effetti, la vicenda in esame  non  sarebbe  affatto  identica  a
 quella  esaminata  dalla  Corte  con  la sentenza n. 62 del 1975:   sia
 perche' il Comune di Sessa Aurunca avrebbe espresso soltanto  "un  voto
 generico   e   preliminare",   diretto  secondo  le  leggi  vigenti  ad
 un'autorita' che - per effetto dell'imminente riforma regionale - stava
 per veder cessare la propria competenza; sia perche' sarebbe  stata  la
 Giunta  regionale ad istituire il Comune di Cellole "nei suoi connotati
 tipici"; sia perche' la Regione - malgrado i suoi  contrari  assunti  -
 non  avrebbe  sentito  ne'  i  ricorrenti  ne' tutti i cittadini, ma si
 sarebbe limitata a trasformare in "interlocutori  privilegiati"  alcuni
 "comitati" mancanti di ogni rappresentativita'.
     7.  -  Nella pubblica udienza, la difesa del Lombardi ha ribadito -
 fra l'altro - la  diversita'  del  caso  in  esame  rispetto  a  quello
 considerato  dalla  Corte  con  la sentenza n. 62 del 1975, quanto alla
 legge regionale campana che aveva provveduto a ricostituire  in  Comune
 autonomo la frazione di San Marco Evangelista.
     Per  contro,  la  difesa  della Regione e del Comune interessato ha
 insistito nell'assunto che la Giunta campana avrebbe operato una pura e
 semplice confinazione del nuovo  territorio  comunale,  senza  pertanto
 violare la riserva di legge regionale.
                         Considerato in diritto:
     1.  -  La legittimita' costituzionale della legge regionale campana
 21 febbraio 1973,  n.  7,  istitutiva  del  Comune  di  Cellole,  viene
 contestata  sotto un duplice profilo. Per un verso, il Pretore di Sessa
 Aurunca ritiene che tale legge contraddica il combinato disposto  degli
 artt.  1  cpv.  e 133 cpv. della Costituzione, in quanto la frazione di
 Cellole sarebbe stata separata dal Comune di appartenenza e  costituita
 in    Comune  autonomo  senza aver "sentite le popolazioni interessate"
 nella sola   forma  costituzionalmente  consentita  allo  scopo,  cioe'
 ricorrendo  all'indispensabile  referendum  consultivo.  Per  un  altro
 verso, lo stesso Pretore ed il Tribunale amministrativo  regionale  per
 la  Campania  sostengono  che  l'art.  133  cpv.  Cost.,  come  pure il
 conseguente disposto dell'art.  60  dello  Statuto  regionale  campano,
 sarebbero  rimasti  comunque inosservati: all'effettiva istituzione del
 nuovo  Comune  avrebbe  infatti  provveduto  la  Giunta  in  luogo  del
 Consiglio,    cosi'   violando   la   riserva   di   legge   regionale,
 costituzionalmente stabilita in materia; ed anche nelle precedenti fasi
 del procedimento sarebbero state disattese - ad avviso del T.A.R. -  le
 indicazioni date dalla Corte con la sentenza n. 62 del 1975.
     2.  -  La  prima  impugnativa, da valutare preliminarmente rispetto
 alle  censure  piu'  specifiche,  va  rigettata  alla   stregua   della
 giurisprudenza di questa Corte.
     Vero  e' che gli atti regionali istitutivi di nuovi Comuni hanno la
 natura di leggi-provvedimento, tenute a svolgersi   nell'ambito  ed  in
 applicazione  di  previe  norme  generali  ed   astratte, che la stessa
 Regione deve emanare ai sensi dell'art. 117  Cost.;  ed  e'  pur  vero,
 d'altronde,  che  la disciplina regionale delle circoscrizioni comunali
 deve prevedere - come in effetti dispone l'art. 60, primo comma,  dello
 Statuto  regionale campano il - ricorso al referendum consultivo, quale
 presupposto  per  la  modifica  delle  circoscrizioni  medesime  e  per
 l'istituzione  di  nuovi Comuni. Senonche' la Corte ha gia' precisato -
 mediante la ricordata sentenza n. 62 del 1975  -  che  nel  periodo  di
 primo  funzionamento  delle  Regioni  ordinarie,  allorche'  l'apposita
 legislazione regionale sulle circoscrizioni  comunali  non  era  ancora
 entrata  in  vigore,  non  poteva  considerarsi precluso ai legislatori
 locali l'esercizio del potere  configurato  dall'art.  133  cpv.  della
 Costituzione.  Per surrogare il referendum consultivo e per evitare che
 i Consigli regionali provvedessero arbitrariamente ad  istituire  nuovi
 Comuni  ed  a  modificare le circoscrizioni comunali, bastava cioe' che
 nel corso dei procedimenti formativi  delle  relative  leggi  venissero
 osservati  -  per  quanto  possibile  -  gli  artt. 33 ss., della legge
 comunale e provinciale del 1934: con particolare  riguardo  alle  norme
 attinenti  "al  modo  di  formazione  e  di accertamento della volonta'
 autonomistica delle borgate o frazioni di comuni e piu'  ampiamente  al
 modo  di  esteriorizzazione e conoscenza dell'avviso delle  popolazioni
 comunque interessate", cosi' da soddisfare - sia pure indirettamente  -
 "la sostanziale esigenza di fondo" che tali popolazioni fossero sentite
 "attraverso  i canali democraticamente adatti a coglierne gli interessi
 e le volonta'".  Ora, e' precisamente in questa fase transitoria che si
 colloca la legge n. 7 del 1973, approvata a pochi mesi di distanza  dal
 primo  trasferimento delle funzioni statali alla Regione Campania. Tale
 atto precede le leggi regionali n. 54 del 1974 e n. 25  del  1975,  che
 hanno  rispettivamente  previsto e regolato il referendum consultivo di
 cui all'art. 60, primo comma, dello Statuto campano. E, d'altra  parte,
 si  tratta  di  una  legge   promulgata piu' di un anno prima di quella
 istitutiva del Comune di San Marco Evangelista, in ordine alla quale e'
 stata pronunciata la sentenza n. 62 del 1975; sicche' si puo' ben  dire
 che,  per  essa, s'impongono a piu' forte ragione le tesi allora svolte
 dalla Corte.
     3.  -  Coerentemente,  pero', la predetta sentenza avverte che alla
 Corte, in sede di controllo della legittimita'  costituzionale  di  una
 legge  regionale  come  quella  in  esame,  e'  riservato il compito di
 accertare se il procedimento in  concreto  seguito  dalla  Regione  sia
 conforme  a  Costituzione,  e specificamente alle disposizioni indicate
 come parametro". Da un lato,  pertanto, spetta alla Corte di verificare
 l'osservanza degli artt.  33 ss. della legge comunale e provinciale del
 1934, in quanto ancora applicabili ed in quanto rivolti a  garantire  -
 sebbene  in  forme  diverse  dal referendum consultivo - che la Regione
 tenga conto degli orientamenti propri delle popolazioni interessate: il
 che significa mettere in rilievo l'iniziativa popolare di cui al  primo
 comma  dell'art.  33,  mediante  la  quale  puo'  emergere la "volonta'
 autonomistica" di determinate frazioni, ed il parere  del  Consiglio  o
 dei  Consigli  comunali,  di  cui  al primo comma dell'art. 35. D'altro
 lato, spetta ancora alla Corte di assicurare il rispetto dell'art.  133
 cpv.  Cost., nella parte in cui si richiede che, su questa base, sia la
 legge  regionale  ad  identificare,  per  lo  meno  nelle   sue   linee
 essenziali,   il   Comune   di  nuova  istituzione  (od  il  territorio
 interessato dalla modifica di una circoscrizione comunale).
     In tale prospettiva, la difesa della Regione Campania e del  Comune
 di  Cellole  sostiene che tutti gli adempimenti necessari allo scopo si
 siano puntualmente realizzati, nel procedimento formativo  della  legge
 impugnata,  nonche'  per effetto delle disposizioni dettate dalla legge
 medesima.  La  domanda  della  maggioranza   numerica   dei   cittadini
 contribuenti della frazione interessata, gia' prevista dall'art. 33 del
 r.d.  n.  383 del 1934, sarebbe stata regolarmente effettuata - come la
 difesa stessa documenta  -  sino  dal  18  giugno  1960;  il  Consiglio
 comunale  di  Sessa  Aurunca si sarebbe quindi espresso favorevolmente,
 dapprima a maggioranza, mediante la deliberazione n. 77 del  20  aprile
 1970,  e  poi  con  voto  unanime,  mediante la deliberazione n. 78 del
 giorno successivo; la Regione avrebbe infine costituito ed identificato
 il Comune di Cellole, con l'art. 1 della legge n.  7  del  1973;  e  le
 conseguenti   delibere   di   Giunta,  fondate  sull'autorizzazione  "a
 determinare il territorio del nuovo  Comune"  secondo  l'art.  2  della
 legge  medesima,  si sarebbero limitate a fissare i confini destinati a
 separare Cellole da Sessa Aurunca, senza per questo violare la  riserva
 di  legge regionale: allo stesso modo che non si potrebbero considerare
 riservati a  tale  fonte  i  provvedimenti  di  rettifica  dei  confini
 intercorrenti fra due o piu' Comuni.
     Ma  la  Corte  e'  dell'avviso  che  il  problema non possa trovare
 soluzione in  questi  termini.  Al  contrario,  due  ordini  di  motivi
 inducono a ritenere che le regole procedurali fissate dalla sentenza n.
 62  del  1975  siano  rimaste  sostanzialmente inapplicate e che ne sia
 seguita la violazione  -  non  solo  indiretta  ma  anche  immediata  -
 dell'art. 133, secondo comma, della Costituzione.
     a)  in primo luogo, nessuno degli atti dai quali dovrebbe desumersi
 il consenso delle popolazioni interessate e' venuto  ad  inserirsi  nel
 procedimento a conclusione del quale e' stata approvata e promulgata la
 legge  regionale  n.  7  del  1973.    L'istanza  dei  cittadini risale
 addirittura a tredici anni prima, con  l'ulteriore  conseguenza  che  a
 potersi  pronunciare  sono  stati  i  soli contribuenti e non tutti gli
 elettori   interessati,   come   invece   ritenuto   costituzionalmente
 necessario  dalla  Corte, con la sentenza n. 38 del 1969. A loro volta,
 le  ricordate deliberazioni del Consiglio comunale di Sessa Aurunca non
 hanno avuto la natura di altrettanti pareri, espressi in ordine ad  una
 formale iniziativa di legge regionale (corredata dalla " specificazione
 planimetrica...  dei confini conseguenti", come oggi' dispone l'art. 10
 della legge regionale n. 54 del  1974),  bensi'  di  generiche  mozioni
 testualmente  rivolte  agli  organi  allora  competenti: vale a dire al
 Governo o al Parlamento nazionali, non certo ad un Consiglio  regionale
 non  ancora costituito.  Cio' spiega che il Sindaco del Comune di Sessa
 Aurunca abbia potuto attestare,  in  data  19  novembre  1977,  che  la
 Regione Campania non aveva mai chiesto ne' il Comune medesimo aveva mai
 trasmesso  alla  Regione  pareri  di sorta in ordine ad alcun "concreto
 progetto di autonomia della frazione Cellole".  Del resto, e' degno  di
 nota che il Consiglio comunale di Sessa Aurunca fu sciolto e rinnovato,
 subito dopo aver votato le delibere del 20-21 aprile 1970, in occasione
 delle  stesse  consultazioni  mediante  le  quali  fu  eletto  il primo
 Consiglio regionale campano.
     b) In secondo luogo, e' comunque decisiva  la  circostanza  che  le
 dimensioni  territoriali  previste per l'istituendo Comune siano venute
 alterandosi profondamente, nelle varie proposte succedutesi sul  punto,
 dall'originaria   domanda  dei  1495  cittadini  fino  alle  conclusive
 deliberazioni della Giunta regionale.  Effettivamente, nella "relazione
 tecnica" acclusa  all'istanza  del  1960,  sulla  quale  ebbe  anche  a
 pronunciarsi  la Giunta provinciale di Caserta (in data 23 marzo 1972),
 si' legge che la superficie da distaccare dal Comune di  Sessa  Aurunca
 avrebbe  dovuto  ammontare  a  "circa  Ha.  7300". Dalle relazioni alle
 conseguenti  proposte  di  legge  n.  3176/Camera  e  n.   2042/Camera,
 rispettivamente  presentate  il  18 maggio 1966 ed il 24 novembre 1969,
 risulta invece l'intento di assegnare al  territorio  di  Cellole  "una
 estensione  di circa 5.000 ettari"; ed e' su questo tipo di previsione,
 per altro assai sommaria, che sembrerebbe  essersi  fondato  lo  stesso
 legislatore  campano,  stando  alla  relazione presentata al Consiglio,
 nonche'  alle  precisazioni  fornite  dalla  Giunta  regionale,   nella
 deliberazione   del  7  febbraio  1975.  Senonche'  la  prima  delibera
 giuntale, mirante "a determinare il territorio del  nuovo  comune",  ne
 riduceva  l'estensione  -  in  data 2 luglio 1974 - a soli 2650 ettari;
 dopo di che, a seguito di una prima richiesta di chiarimenti  da  parte
 della  Commissione  di  controllo,  la  Giunta  provvedeva  - in data 3
 dicembre 1974 -  ad  attribuire  al  Comune  di  Cellole  una  maggiore
 superficie  di 850 ettari, raggiungendo pertanto il totale di 3500. Una
 seconda richiesta di chiarimenti, con cui la Commissione  di  controllo
 mirava  -  in  particolar  modo  -  ad accertare perche' all'originaria
 frazione di Cellole fossero stati in tal modo  aggregati  territori  di
 frazioni  diverse,  dava infine luogo alla gia' ricordata deliberazione
 giuntale del 7 febbraio 1975. Nella  motivazione  di  essa,  la  Giunta
 riconosceva  apertamente  che quello del 3 dicembre  1974 era un "nuovo
 provvedimento"; ma ne difendeva  l'opportunita',  mediante  un  nutrito
 complesso  di  argomentazioni,  svolte  "dal punto di vista obbiettivo,
 soggettivo, di  funzionalita' e tecnico-legale", fino a concludere  che
 la  prevista  superficie  di  3.500 ettari sarebbe stata "quella minima
 indispensabile per consentire la vita al nuovo Comune".
     Testualmente ed  ufficialmente,  dunque,  e'  la  Giunta  stessa  a
 smentire  la tesi - sostenuta dalla difesa della Regione Campania e del
 Comune di Cellole - che l'art. 2 della legge impugnata abbia  demandato
 all'esecutivo    regionale   una   pura   e   semplice   "funzione   di
 documentazione".  Al  contrario,  le  delibere  giuntali  hanno  dovuto
 basarsi sopra un insieme di valutazioni non  soltanto  tecniche  bensi'
 politiche,  sia  pure nel senso piu' largo del termine: il che dimostra
 come alla Giunta  sia  stato  in  sostanza  attribuito  il  compito  di
 identificare   il   territorio   del  nuovo  Comune,  prima  ancora  di
 delimitarlo nei dettagli.
     4. - In definitiva, tutta la serie degli atti che hanno   preceduto
 e  determinato  l'effettiva  istituzione  del  Comune di Cellole appare
 inficiata dalla mancanza  di  un  punto  di    riferimento  unitario  e
 sufficientemente definito: in difetto del  quale, deve ritenersi che il
 legislatore   campano   abbia   congiuntamente  violato  sia  la  norma
 costituzionale che esige la consultazione delle popolazioni interessate
 sia la corrispondente riserva di  legge  regionale.  Da  cio'  consegue
 l'illegittimita'  dell'intera  legge  n.  7  del  1973,  e non soltanto
 dell'art. 2, relativo alla  concretizzazione  ed  all'esecuzione  della
 legge  stessa.  Enti territoriali quali sono i Comuni non si prestano a
 venire istituiti mediante la manifestazione di un'astratta  o  comunque
 indefinita  volonta' politica, senza che la loro estensione sia nemmeno
 essenzialmente prefissata, ad opera dell'atto istitutivo, ed  anzi  nel
 momento  stesso  in  cui  si provvede a sentirne le popolazioni; ne' si
 verifica a caso, sotto  questo  aspetto,  che  l'art.  133  cpv.  Cost.
 riservi alla legge regionale tanto l'istituzione di nuovi Comuni quanto
 la modifica delle circoscrizioni comunali.