ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
     nei giudizi riuniti di legittimita' costituzionale degli artt. 40 e
 48  della  legge  regionale  della  Toscana  17  agosto  1979,  n.   38
 (Modificazioni  ed  integrazioni alla legge regionale 6 settembre 1973,
 n. 54 a  seguito  del  primo  accordo  contrattuale  nazionale  per  il
 personale  delle  regioni  a  statuto  ordinario)  promossi  con n. 194
 ordinanze  emesse  l'11  e  il   25   novembre   1982   dal   Tribunale
 amministrativo  regionale per la Toscana sui ricorsi proposti contro la
 Regione Toscana da Giuliani Giovanni, Milani Angelo,  Cruciani  Romolo,
 Perinti  Mario,  Ramella Franco, Panchetti Lorenzo, Michelotti Ilio, Di
 Lauro Alberto, Ferranti Ferrero, Ascani Enrico, Ciumei Gino Furio, Noci
 Giuliano,  Comparini  Francesco,  Cappella  Domenico,  Bernabei  Paolo,
 Comparini  Gustavo,  Brizzi  Giovan Battista, Barbera Roberto, Lo Conte
 Tullio, Taddei Giuseppe, Minucciani Francesco, Fornaini Piero, Cecchini
 Elio,  Caramelli  Nicola,  Buchignani   Giuliano,   Innocenti   Enrico,
 Lucarelli  Tommaso,  Giardili  Ennio,  Lisi  Antonio, Capone Francesco,
 Falciani Aldo, Cusimano  Lorenzo,  Mazzocchi  Enrico,  Mussi  Riccardo,
 Riccomi  Carlo,  Lo  Santo  Giuseppe, Battista Michele, Salvadori Irio,
 Rorandelli Rolando, Bottari Edgardo, Parigi Pietro,  Tepori  Giancarlo,
 Giannella  Erminia,  Mori  Mario,  Cisbani  Gianfranco,  Racca Alberto,
 Vecoli Marcello, Dal Cerro Aldo,  Valeriani  Marcello,  Tabani  Tullio,
 Tagliaferri  Aldo,  Giovannini  Pier Luigi, Lucatelli Giancarlo, Cioffi
 Pasquale,  Rebuffati  Pietro,  Paci  Innocenti  Ildebrando,  Giacobetti
 Lorenzo,  Tasselli  Elio,  Ioannuzzi  Raffaele, Bosco Wolfango, Torchio
 Lamberto,  Di  Blasio  Angelo,  Corsi  Daniela,  Della  Santa  Luciano,
 Gabriele  Carlo,  Sorsini  Galardini Raffaella, Mirri Antonio, Zanobini
 Elvio, Guggino Gaetano, Giorgi Mario, Beltrami  Giulio,  Caroli  Carlo,
 Landi  Livia, Luchi Anna, Aratoli Ada, De Zordo Arcadio, Bugatti Bruno,
 Piccioli Carla, Ciani Passeri Franca,  Venieri  Pietro,  Marini  Guido,
 Rossi  Roberto,  Fontani Mario, Fuso Marino, Camaiani Francesca, Majoli
 Gian Mauro, La Rocca Vito Ezio, Letizia Mario, Alberti  Lamberto,  Deni
 Danilo,  Di  Tommaso Domenico, Cassisa Camillo, Costa Antonio, Esposito
 Raffaele,  Sirgiovanni  Francesco,  Sfalanga  Paolo,   Cesaroni   Mario
 Vinicio,   Padula  Luigi,  Giuntini  Corrado,  Palla  Duilio,  Paoletti
 Giovanni Battista, Del Gobbo Luigi, Sirgiovanni Andrea, Festa Pasquale,
 Macchi Luigi,  Arangio  Mazza  Salvatore,  Degl'Innocenti  Pier  Luigi,
 Lusvardi  Piero,  Masi Sebastiano, Costantino Francesco, Meini Rizieri,
 Rubbieri Carla, D'Avino Aldo, Borri Mauro,  Subrani  Antonino,  Tavanti
 Sante, Ragionieri Paolo, Corrias Mario, Agnelli Pier Francesco, Mainone
 Teresa, Trastulli Elpidio, Lavorini Francesco, Altarelli Gaetano, Sambo
 Carlo,  Banchetti  Guglielmo,  Bertini  Roberto,  Dini  Camillo, Pisani
 Guido, Calabro' Antonio, Cartoni Franco, Volpi Mario, Barneschi  Bruno,
 Gori Donato, Vantini Serafino, Batani Giovanni, Artini Vinicio, Babusci
 Luigi,  Marietti  Italo,  Gadducci  Bruno,  Valori  Edo, Favilli Alfio,
 Frustaci Salvatore, Passera Ilvo,  Loni  Mario,  Pieroni  Odino,  Tassi
 Franco,  Vannini  Dino,  Biagi  Aldo,  Brunazzi  Enzo,  Azzolini Mario,
 Poletti  Vittorio,  Rotolo  Pietro,  Santucci  Brunone,  Venturi  Elio,
 Lastrucci  Enzo,  Melchionna  Vito, Ceccarelli Vasco, Primieri Roberto,
 Barsanti Enrico, Adami Enrico, Cortese  Dante,  Profili  Aldo,  Nicolai
 Paolo   Alberto,   Pensabene   Fortunato,  Rocchiccioli  Filber  Renzo,
 Scapecchi  Francesco,  Marcheschi  Francesco,  Mei  Francesco,   Pacini
 Giorgio,  Gheser  Sergio,  Morsiani Achille, Bartoli Loris, Neri Mario,
 Giacone  Salvatore,  Radicchi  Alberto,   Selvaggi   Antonio,   Daidone
 Francesco,  Guerra  Giuseppe, Giuliani Paolo, Pagliuca Mario, Barbaresi
 Umberto,  Pulignani  Mario,  Inguanti   Gaetano,   Sinibaldi   Attilio,
 Trastullo  Remo,  Mastrolilli  Gino,  Belfiori  Franco,  Mannucci Aldo,
 Giorgetti Mauro, Petrini Otello, Di Cocco Bruno,  Scaccioni  Francesco,
 Bennati Federico, Bono Accursio Benito, iscritte ai numeri da 596 a 789
 del registro ordinanze 1984 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 259 dell'anno 1984.
     Visti  gli  atti  di costituzione di Giuliani Giovanni, Luchi Anna,
 Sirgiovanni Francesco, Subranni Antonino e Volpi Mario;
     udito  nell'udienza  pubblica  del  27  novembre  1984  il  Giudice
 relatore Aldo Corasaniti;
     udito  l'avv.    Carlo  Lessona  per Giuliani Giovanni, Luchi Anna,
 Sirgiovanni Francesco, Subranni Antonino e Volpi Mario.
                           Ritenuto in fatto:
     Nel corso di vari giudizi instaurati nei  confronti  della  Regione
 Toscana  da  dipendenti della stessa al fine di ottenere l'annullamento
 della deliberazione di Giunta, con la quale, in attuazione della  legge
 regionale  17  agosto 1979, n. 38, era stata rideterminata la posizione
 giuridica ed economica di ciascuno di essi, il Tribunale amministrativo
 regionale  per  la  Toscana,  con  194  distinte  ordinanze di identico
 contenuto rese in  data  11  e  25  novembre  1982,  ha  sollevato,  su
 iniziativa  dei ricorrenti, questione di legittimita' costituzionale in
 - riferimento agli artt. 3 Cost., 35 e 36 Cost., e 97 Cost.    -  degli
 artt.  40  e  48  della  detta  legge  regionale,  recante  modifiche e
 integrazioni alla legge regionale 6 settembre 1973, n. 54, nelle  parti
 in  cui  prevedono valutazioni non uniformi dell'anzianita' di servizio
 del personale della Regione, delle aziende e degli enti dipendenti.
     In particolare, il Tribunale, rifacendosi anche  ad  argomentazioni
 dei ricorrenti, ha prospettato il contrasto con le sopra indicate norme
 costituzionali,  del  criterio  cosiddetto  del  "maturato  economico",
 adottato  dalla   normativa   impugnata   regionale   ai   fini   della
 determinazione  della  posizione economica e giuridica da attribuire al
 dipendente nel passaggio dal sistema di  progressione  stabilito  dalla
 legge  n.  54  del  '73  a  quello  introdotto  con la stessa normativa
 impugnata.
     Tale criterio, consistendo  nella  collocazione  del  dipendente  -
 nell'ambito  del  livello funzionale a lui assegnato - in una classe di
 stipendio corrispondente all'importo della  retribuzione  in  godimento
 alla  data  del  30  settembre 1978, anziche' in una classe individuata
 mediante  l'integrale  valutazione  della   effettiva   anzianita'   di
 servizio,  si  risolverebbe nella utilizzazione, agli indicati fini, di
 un'anzianita'  meramente  fittizia  o  convenzionale  divergente,   per
 difetto o anche per eccesso, dall'anzianita' reale.
     Il  criterio,  secondo  il giudice a quo, sarebbe in contrasto: con
 l'art. 3 Cost., per la disparita' di trattamento da esso  fatta,  senza
 alcuna  ragionevole  giustificazione,  tra i   dipendenti regionali che
 abbiano maturato una varia anzianita' di  servizio  alla  data  del  30
 settembre  1978 e soprattutto fra quelli assunti prima e quelli assunti
 dopo tale data di riferimento, per i quali ultimi  non  ricorre  alcuna
 valutazione fittizia di anzianita';
     con  gli  artt.  35  e  36  Cost.,  tenuto  conto della valutazione
 riduttiva da esso operata delle  prestazioni  lavorative  svolte  prima
 della  suddetta  data  e  della  omessa considerazione del piu' elevato
 livello di professionalita' attinto dai dipendenti mediante la maggiore
 anzianita' di servizio;
     con  l'art.  97  Cost.,  per  l'incidenza  negativa  delle  cennate
 disparita'  sulla serenita' dei dipendenti e pertanto sulla regolarita'
 del servizio.
     Nel  presente  giudizio,  tra  i  ricorrenti,  si  sono  costituiti
 Giovanni   Giuliani,   Anna  Lucchi,  Francesco  Sirgiovanni,  Antonino
 Subranni e Mario Volpi con atto di  identico  contenuto.    Essi  hanno
 chiesto   che  siano  dichiarate  fondate  le  sollevate  questioni  di
 legittimita'  costituzionale,  ribadendo  quanto  gia'  rilevato  dalle
 ordinanze   di   rimessione   e  sottolineando  in  particolare:     la
 "casualita'" di una disciplina di determinazione  della  anzianita'  di
 servizio  che  assume,  a  tal  fine,  elementi  estrinseci  del  tutto
 irrilevanti   (donde   la   violazione   dell'art.   3    Cost.);    il
 disconoscimento  dei  livelli  di  professionalita' acquisiti (donde la
 violazione degli artt. 35 e 36 Cost.); infine, il cattivo funzionamento
 della   pubblica   amministrazione   conseguente   all'insorgenza    di
 "situazioni  caotiche"  che, derivano dall'abbattimento degli effettivi
 gradi di professionalita' connessi all'anzianita' di servizio (donde la
 violazione  dell'art.  97  Cost.).  Il  Sirgiovanni  ha  illustrato  le
 deduzioni con ulteriore memoria.
     Non si e' costituita la Regione Toscana.
                         Considerato in diritto:
     1. -  Le  ordinanze  indicate  in  epigrafe  pongono  con  identica
 motivazione,  questioni  identiche.    Pertanto i relativi procedimenti
 possono essere riuniti e le questioni esaminate congiuntamente e decise
 con unica sentenza.
     2. - Il giudice a quo sospetta  di  illegittimita'  costituzionale,
 per  contrasto  rispettivamente con gli artt. 3 Cost., 35 e 36 Cost., e
 97 Cost., due norme - gli artt. 40 e 48 -  della  legge  della  Regione
 Toscana  17 agosto 1979, n. 38, legge con la quale, a seguito del primo
 accordo contrattuale (collettivo) nazionale  concernente  il  personale
 delle  regioni  a statuto ordinario, e' stato nuovamente regolato, allo
 scopo di armonizzarlo con quello dei dipendenti delle altre regioni, lo
 stato economico e giuridico del personale della detta  Regione  Toscana
 (nonche'  delle  aziende e degli enti dipendenti) mediante "modifiche e
 integrazioni" alla legge regionale 6 settembre 1973, n.  54, contenente
 l'anteriore (e la prima) disciplina della materia.
     Il riassetto cosi' operato reca  la  previsione  dell'inquadramento
 dei dipendenti in otto livelli funzionali (art. 2 legge n. 38 del 1979)
 anziche' in sette fasce funzionali (art. 1 legge n. 54 del 1973), ferma
 restando l'assegnazione dei dipendenti stessi a un ruolo unico, e della
 progressione economica nell'ambito di ciascun livello secondo una certa
 articolazione  per  classi di stipendio e per scatti periodici (art. 40
 legge n.  38 del 1979) anziche' nell'ambito di ciascuna fascia  secondo
 una  diversa  articolazione  di scatti e di classi (art. 82 legge n. 54
 del 1973), ferma restando la correlazione della progressione unicamente
 all'anzianita' (vale a dire al protrarsi del servizio  nell'ambito  del
 livello o della fascia).
     Esso   reca   altresi'   la   previsione  di  un  criterio  per  la
 determinazione della posizione economica (e giuridica) da attribuire al
 dipendente  nel  livello  in  cui,  nel  passaggio  da  una  disciplina
 all'altra,  egli  viene ad essere inquadrato (art. 48 della legge n. 54
 del  1973).    Criterio  che  consiste  nel  commisurare  la  posizione
 economica (e correlativamente quella giuridica) al "maturato economico"
 all'anteriore  data  del  30  settembre  1978  (integrato  da una certa
 "aggiunzione senza  titolo"),  cioe'  nel  considerare  il  trattamento
 economico  goduto  a tale data come espressione di un'anzianita' pari a
 quella  cui  il  detto  trattamento  sarebbe   corrispondente   secondo
 l'applicazione del nuovo sistema di progressione.
     3.  -  Le  norme  impugnate  - vale a dire rispettivamente la norma
 sulla  nuova  progressione  economica  e  la  norma  "transitoria"  del
 "maturato   economico"   -  sono  oggetto  di  censura  nel  meccanismo
 "transitorio" che risulta dalla loro combinazione.  Infatti non  e'  la
 nuova   progressione  ad  essere  denunciata  dal  giudice  a  quo,  ma
 l'operazione omogeneizzatrice con la  quale  il  trattamento  economico
 alla  data  di riferimento e' assunto come parametro per l'attribuzione
 della "posizione economica" nel nuovo sistema  (art.  48,  comma  primo
 legge n. 38 del 1979).
     Codesto  meccanismo  -  con  espressione  ellittica  indicato  come
 "maturato economico" - e' sospettato di  illegittimita'  costituzionale
 per  contrasto col principio di eguaglianza espresso nell'art. 3, comma
 primo Cost.:
     a)  perche'  la  valutazione  da esso operata del servizio prestato
 anteriormente alla data di riferimento del 30 settembre  1978,  siccome
 convenzionale e riduttiva, determinerebbe una ingiustificata disparita'
 di  trattamento  fra (portatori di) anzianita' maturata anteriormente e
 (portatori di) anzianita' maturata  successivamente  alla  detta  data,
 anzianita',  quest'ultima,  assistita da valutazione non convenzionale:
 cio' viene spiegato con l'assunto che - sia in relazione  alle  diverse
 articolazioni  di  progressione  economica  previste dalle due leggi in
 successione, sia in relazione alla non necessaria  corrispondenza  alla
 suddetta data tra trattamento economico ed anzianita' effettiva a causa
 della  corresponsione  di  assegni  ad  personam  non  giustificati  da
 maggiore durata del servizio - la valutazione  del  servizio  anteriore
 alla  data  di  riferimento  sarebbe  necessariamente  attuata mediante
 l'attribuzione di anzianita' convenzionali  inversamente  proporzionali
 alla durata del servizio stesso;
     b)  perche'  la  non  necessaria  corrispondenza  alla  data del 30
 settembre 1978 fra trattamento economico goduto e anzianita'  effettiva
 (non  necessaria  corrispondenza  attribuita  alla  conservazione,  nel
 "primo inquadramento" degli impiegati nei ruoli regionali, sotto  forma
 di assegni ad personam, di migliori trattamenti corrisposti dai diversi
 enti  di provenienza o acquisiti a titolo non riconducibile alla durata
 del  servizio)  determinerebbe   una   ingiustificata   disparita'   di
 trattamento  anche fra (portatori di) anzianita' maturate anteriormente
 alla data di riferimento.
     Alle  anzidette  violazioni  del  principio   di   eguaglianza   si
 collegherebbero  altrettante  violazioni.  degli  artt.  35 e 36 Cost.,
 perche'  la  riduttivita'  propria  della  valutazione   convenzionale,
 essendo   direttamente   proporzionale   alla   durata   del  servizio,
 penalizzerebbe la migliore qualita' del lavoro,  e  cioe'  la  maggiore
 professionalita'  connessa  alla maggiore durata, e dell'art. 97 Cost.,
 perche'  le  censurate  disparita'  di  trattamento,   determinando   o
 incrementando   conflittualita'   tra   i   dipendenti,   inciderebbero
 negativamente sul buon andamento degli uffici.
     Conseguentemente si chiede a questa Corte che  -  dato  atto  della
 lesione  arrecata  agli indicati precetti costituzionali da un congegno
 normativo in cui, senza valida  ragione,  l'anzianita'  dei  dipendenti
 regionali  maturata  al  30  settembre  1978  non  riceve  la  "massima
 valutazione" e comunque una valutazione "omogenea", - pronunci sentenza
 (additiva di accoglimento) atta (in quanto tale) a rendere operante  un
 criterio  normativo  che  implichi  la valutazione dell'anzianita' come
 auspicata e a dar fondamento alla  conforme  pretesa  fatta  valere  in
 giudizio  (vedi  motivazione  dell'ordinanza  di  rimessione in punto a
 rilevanza delle questioni).
     4. - Le questioni non sono fondate.
     Quando si censuri - come qui si censura - una normativa regolatrice
 del trattamento economico di una data categoria di pubblici  dipendenti
 nel  passaggio  da  un  sistema di progressione economica a un altro in
 relazione al  criterio  adottato,  che  si  assume  ingiustificatamente
 discriminatorio  per  il  motivo suindicato, e quando a questa Corte si
 proponga - come qui si propone - una sentenza additiva, occorre che sia
 individuato, quale tertium comparationis e quale modulo sostitutivo, un
 diverso criterio esistente nella legislazione in materia, che, oltre ad
 apparire poziore per immunita' dal vizio denunciato, per  il  carattere
 di  principio,  per  la  portata  piu'  ampia,  o per altro aspetto, si
 presenti applicabile in relazione al grado di analogia tra i rispettivi
 ambiti di operativita'.
     Orbene un siffatto diverso criterio non e' indicato  dall'ordinanza
 di rimessione.  In ogni caso esso non e' ravvisabile nell'art. 40 della
 legge  n.  38  del  1979, che non e' norma "transitoria" nel senso piu'
 volte chiarito, ma norma concernente la nuova  progressione  economica.
 Postulare l'utilizzazione del contenuto di tale norma come il solo modo
 per  dar  vita  a  una  norma  "transitoria" conforme all'art. 3, comma
 primo, Cost.  equivarrebbe d'altra parte a  postulare  l'illegittimita'
 di  qualsiasi  regolamentazione  transitoria  che non si limitasse alla
 conservazione del trattamento precedente "ad esaurimento" o alla pura e
 semplice  applicazione  illimitatamente  retroattiva  del   trattamento
 nuovo:    soluzioni,  certo,  possibili,  ma non   imposte dal precetto
 costituzionale in argomento.
     E' perfino superfluo,  poi,  osservare  che  ogni  regolamentazione
 transitoria  nel  senso  suindicato, in quanto importa una "riduzione a
 omogeneita'" di elementi  per  se'  stessi  non  omogenei  (quali  sono
 appunto  sia  i  sistemi  in  successione, sia i servizi prestati nella
 vigenza  di  ciascuno  di   essi   anche   nell'ambito   della   stessa
 organizzazione),  implica  una  scelta di coefficienti da operare sulla
 base di numerose variabili, ivi comprese le disponibilita' finanziarie,
 e quindi con ampia  discrezionalita'.
     La quale considerazione, oltre a porre ulteriormente in evidenza  i
 limiti dei poteri additivi di questa Corte, chiarisce come, anche se in
 taluni settori dell'impiego pubblico fossero reperibili norme dirette a
 stabilire,  in  ipotesi  di adozione di un nuovo trattamento o di primo
 inquadramento  di  dipendenti  di   diversa   provenienza,   la   piena
 equivalenza  dell'anzianita'  pregressa  a  quella successiva, cio' non
 sarebbe sufficiente a far ritenere la soluzione cosi' adottata come  la
 sola  compatibile  con  l'art. 3, comma primo, Cost. e pertanto come la
 sola valida per ogni altro settore.  Rimarrebbe sempre da valutare,  ai
 fini  del  sindacato  sulle  violazioni  del  principio  di eguaglianza
 stimolato dalla difformita' fra le normative, oltre alla poziorita'  in
 astratto  dei  rispettivi principi o criteri inspiratori, la intrinseca
 razionalita' - cioe' la  non  arbitrarieta'  -  dell'uso  fatto,  nella
 normativa considerata, dell'ampia discrezionalita' data in materia.
     5.  -  D'altro  canto  non  puo'  tacersi  che l'illegittimita' per
 contrasto con l'art. 3, comma primo, Cost. di una normativa del genere,
 se censurata per difformita' di questa  da  altre  normative  per  ogni
 altro  verso analoghe, andrebbe verificata sulla base del confronto fra
 i rispettivi metodi, e  non  gia',  o  non  soltanto,  sulla  base  del
 confronto  fra  i  rispettivi  risultati (applicativi) di utilita' o di
 dannosita'  per  situazioni  categoriali  o   addirittura   individuali
 assimilabili.    Del  pari  la  detta  illegittimita',  se  eccepita in
 relazione  all'intrinseca  irrazionalita'  della  norma,  non  potrebbe
 essere  accertata  (o  non  potrebbe  essere accertata soltanto) - come
 invece sembra ritenere l'ordinanza  di  rimessione  -  sulla  base  del
 confronto  tra benefici e costi per ciascuna categoria di interessati o
 addirittura  per  ciascun  interessato  all'interno   della   normativa
 considerata.    Tanto  piu' che questa Corte, con la sentenza n. 10 del
 1980, richiamandosi alla precedente sentenza n. 27 del 1978,  sia  pure
 in riferimento a una questione di legittimita' di primo inquadramento e
 in   via  di  argomentazione  aggiuntiva,  ha  espresso  riserve  sulla
 indiscriminata  comparabilita',  in  sede  di sindacato di legittimita'
 costituzionale sulle violazioni del principio di  eguaglianza,  fra  le
 posizioni  attribuite  a  singoli  o  a  categorie  all'interno  di una
 disciplina del tipo in esame (cfr. anche sentenza di  questa  Corte  n.
 277 del 1983).
     Ma  anche ad ammettere che siffatti confronti possano sperimentarsi
 al fine di verificare, nell'ambito del detto sindacato, che  la  scelta
 del  legislatore,  pur  adottata nella piu' ampia discrezionalita', non
 sia arbitraria, occorrerebbe, perche' i risultati  fossero  sintomatici
 della   ricorrenza   nel   caso  in  esame  di  un  siffatto  vizio  di
 illegittimita' costituzionale, la dimostrazione - qui non data - che il
 "maturato  economico",  nel  contesto  normativa  di  riferimento   (la
 disciplina introdotta con la legge regionale n. 38 del 1979) importasse
 necessariamente   (in  via  generale  e  sistematica)  sproporzioni  di
 particolare gravita' fra svantaggi e vantaggi in danno di una categoria
 di dipendenti  (nella  specie  i  portatori  di  anzianita'  risalente)
 rispetto  all'altra o alle altre.
     6.  -  Per  gli  stessi  motivi  finora  esposti vanno ritenute non
 fondate le questioni sollevate in riferimento agli artt. 35 e 36  Cost.
 e  97  Cost.,  cosi'  strettamente  collegate  a  quella  formulata  in
 riferimento all'art. 3, comma primo, Cost. che  la  soluzione  di  esse
 dipende  dalla  soluzione  di  questa.  E'  da  ritenere  che  solo una
 valutazione  negativa  dell'anzianita'  nella  misura  sopra   indicata
 potrebbe  avere  significanza  anche sotto i due profili in esame (cfr.
 sentenza di questa Corte n. 277 del 1983).