ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
     nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale degli artt. 4 e 7 del
 d.P.R. 31 dicembre 1971,  n.  1432  (Riordinamento  della  prosecuzione
 volontaria  dell'assicurazione obbligatoria per invalidita', vecchiaia,
 superstiti e tubercolosi), promosso con  due  ordinanze  emesse  il  28
 febbraio  1979  dal  Pretore  di  Reggio Emilia nei procedimenti civili
 vertenti tra Bussei  Vittoria  e  Castagnetti  Maria  contro  I.N.P.S.,
 iscritte  ai  nn.  425  e  426 del registro ordinanze 1979 e pubblicate
 nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 203 dell'anno 1979.
     Visti gli atti di costituzione di Bussei Vittoria,  di  Castagnetti
 Maria,  dell'I.N.P.S.  nonche'  l'atto di intervento del Presidente del
 Consiglio dei ministri;
     udito nell'udienza pubblica del 5 giugno 1986 il  Giudice  relatore
 Aldo Corasaniti;
     uditi  l'avv.  Bruno  Mammone  per  Bussei  e  Castagnetti,  l'avv.
 Leonardo Lironcurti per  l'I.N.P.S.  e  l'Avvocato  dello  Stato  Paolo
 D'Amico per il Presidente del Consiglio dei ministri.
                           Ritenuto in fatto:
     Con due ordinanze di identico contenuto, emesse il 28 febbraio 1979
 nei procedimenti civili promossi contro l'I.N.P.S. da Bussei Vittoria e
 Castagnetti  Maria,  al  fine  di  vedersi  riconoscere  il  diritto al
 conseguimento della pensione di vecchiaia (R.O. nn. 425 e 426/1979), il
 Pretore  di  Reggio  Emilia  ha  sollevato   d'ufficio   questione   di
 legittimita'  costituzionale,  in  relazione  all'art.  3, comma primo,
 Cost., degli artt. 4 e 7 del d.P.R. 31 dicembre 1971,  n.  1432,  nella
 parte  in  cui  non  permettono  al  lavoratore  agricolo di effettuare
 contribuzioni   nella   prosecuzione   volontaria    dell'assicurazione
 obbligatoria.
     Rileva  il  Pretore  che  l'I.N.P.S.  aveva  annullati i contributi
 volontari versati dalle ricorrenti durante gli  anni  1972  e  1973  ai
 sensi  dell'art.  7  del  d.P.R.  n.  1432  del 1971 in quanto compiuti
 contemporaneamente alla iscrizione delle interessate negli elenchi  dei
 lavoratori agricoli subordinati. Secondo l'I.N.P.S. infatti la norma di
 cui  all'art. 7 del d.P.R. n. 1432 del 1971, nelle parti in cui dispone
 che "la facolta' di  contribuire  volontariamente  nelle  assicurazioni
 obbligatorie  non  puo' (recte: puo') essere esercitata a decorrere dal
 primo  sabato  successivo   alla   presentazione   della   domanda   di
 autorizzazione"  e  che  "i  versamenti devono essere sospesi durante i
 periodi di rioccupazione alle dipendenze  di  terzi  e  possono  essere
 ripresi  dal  sabato  della  settimana  successiva  alla cessazione del
 rapporto di lavoro", non sarebbe  applicabile  ai  braccianti  agricoli
 (quali  erano  le  ricorrenti)  durante  i  periodi di iscrizione negli
 elenchi anagrafici. In detti periodi, i  braccianti  sarebbero  ammessi
 esclusivamente   al  versamento  dei  contributi  integrativi  previsti
 dall'art. 4 dello stesso decreto (secondo cui  "i  lavoratori  agricoli
 che  non  raggiungono nell'anno il numero di 104 contributi obbligatori
 giornalieri,  se  uomini,  e  di  70,  se  donne,  possono   effettuare
 versamenti integrativi sino alla concorrenza dei contributi predetti").
     Secondo   l'autorita'   rimettente,  ove  si  accedesse  alla  tesi
 interpretativa data dall'I.N.P.S. alle due norme riportate, nelle parti
 trascritte,  si  determinerebbe  una  disparita'  di  trattamento   tra
 lavoratori  qualificati come braccianti agricoli ed altri lavoratori al
 fine della possibilita' di effettuare contribuzioni nella  prosecuzione
 volontaria  dell'assicurazione  obbligatoria,  e  tale  disparita' pare
 essere in contrasto con il generale principio  di  eguaglianza  di  cui
 all'art. 3, comma primo, Cost..
     2.  -  Le  ordinanze venivano regolarmente notificate, comunicate e
 pubblicate nella Gazzetta Ufficiale.
     Nei giudizi cosi instaurati, si sono costituite, a mezzo  dell'avv.
 Agostini,  le lavoratrici Bussei Vittoria e Castagnetti Maria chiedendo
 la dichiarazione di incostituzionalita' delle norme impugnate.
     Si e' altresi costituito in ambedue i  giudizi  l'I.N.P.S.,  difeso
 dagli  avv.ti Petrina e Lironcurti. Secondo l'l.N.P.S.  la questione di
 legittimita' costituzionale sollevata dal Pretore e'  infondata  ed  e'
 causata   da   una   inesatta  valutazione  delle  sostanziali  ragioni
 giuridiche della disciplina normativa della prosecuzione volontaria dei
 lavoratori  agricoli,  ragioni  che  sono  strettamente  connesse  agli
 speciali criteri regolanti la contribuzione per tali lavoratori.
     Osserva  l'I.N.P.S. che il princi'pio generale che regge il sistema
 della prosecuzione volontaria e' quello per cui il lavoratore  iscritto
 nella   assicurazione  obbligatoria  non  puo'  essere  autorizzato  al
 versamento dei contributi volontari in costanza del rapporto di  lavoro
 (art.  5, comma primo, legge 4 aprile 1952, n. 218, e art. 1 del d.P.R.
 n.   1432 del 1971). Tale  princi'pio  ha  avuto  applicazioni  affatto
 particolari per quanto riguarda i lavoratori agricoli.  A loro riguardo
 si  e'  infatti  stabilito che il versamento dei contributi relativi al
 numero di giornate attribuite  negli  elenchi  agricoli  permetta,  una
 volta raggiunto un certo minimo (104 contributi obbligatori giornalieri
 per  gli  uomini,  70 per le donne) la copertura assicurativa per tutto
 l'anno lavorativo.
     La disposizione di cui all'art. 4  del  d.P.R.  n.  1432  del  1971
 (nonche'  gia' all'art. 5, ultimo comma, della legge n.  218 del 1952),
 se da un lato non permette di  superare  con  versamenti  volontari  il
 minimo  assicurativo  di  104 contributi giornalieri (70 per le donne),
 dall'altro fonda un'eccezione e un privilegio per i braccianti speciali
 ed  eccezionali  (che altrimenti non potrebbero raggiungere in quindici
 anni il minimo contributivo, essendo iscritti  negli  elenchi  agricoli
 per  meno  di  104  giornate  annue,  se  uomini,  e  di 70, se donne),
 permettendo loro il versamento volontario  di  contributi  al  fine  di
 "integrare" (in costanza di rapporto) l'assicurazione obbligatoria fino
 al minimo contributivo annuale.
     E'  dalla  disciplina  generale  dell'assicurazione in agricoltura,
 quindi, che deriva la non applicazione ai lavoratori agricoli dell'art.
 7 del citato d.P.R. n. 1432 del 1971, e  quindi  la  impossibilita'  di
 concedere   a   tali   lavoratori  l'autorizzazione  al  versamento  di
 contributi volontari per l'anno d'iscrizione negli elenchi agricoli: vi
 si oppone infatti il princi'pio fissato nell'art. 1 del d.P.R. n.  1432
 del 1971, secondo cui i contributi volontari non possono essere versati
 in costanza  di  assicurazione  obbligatoria.  La  dedotta  illegittima
 disparita'  di  trattamento  non  sussiste: si tratta di disciplina che
 trova  la  sua  razionale  giustificazione  nella  peculiarita'   delle
 condizioni che regolano l'assicurazione dei lavoratori agricoli.
     Nei due giudizi e' infine intervenuto, per mezzo dell'Avvocatura di
 Stato,  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  concludendo per
 l'infondatezza della questione.
     Osserva l'Avvocatura che specifica  finalita'  dell'istituto  della
 prosecuzione volontaria e' di dare copertura assicurativa ai periodi di
 disoccupazione  involontaria,  cosi'  da  mantenere inalterata, ai fini
 pensionistici, l'anzianita' contributiva del lavoratore. La limitazione
 posta dall'art. 4 del citato d.P.R. n. 1432 del 1971  all'utilizzazione
 da  parte  dei  lavoratori  agricoli  dell'istituto  della prosecuzione
 volontaria, oltre che  dipendere  dal  sistema  di  accertamento  delle
 giornate  lavorative in agricoltura, va posta in relazione con il fatto
 che,  annualmente,  il  raggiungimento  dei  minimi   contributivi   e'
 requisito sufficiente per far valere, ai fini pensionistici, la normale
 anzianita'  contributiva.  Ne consegue che obiettivo della integrazione
 volontaria in agricoltura e' di far raggiungere il minimo  contributivo
 anche  nel  caso  dei  lavoratori  ai  quali sia stato attribuito negli
 elenchi un numero di giornate altrimenti insufficienti.
                         Considerato in diritto:
     1. - Con le due ordinanze in epigrafe  e'  sollevata  questione  di
 legittimita'  costituzionale,  in  riferimento all'art. 3, comma primo,
 Cost., degli artt. 4 e  7  del  d.P.R.    31  dicembre  1971J  n.  1432
 (Riordinamento   della   prosecuzione   volontaria   dell'assicurazione
 obbligatoria per  invalidita'  vecchiaia,  superstiti  e  tubercolosi).
 Pertanto  i  relativi giudizi possono essere riuniti e decisi con unica
 sentenza.
     2. - Delle  norme  impugnate,  l'art.  7  disciplina  le  modalita'
 d'esercizio  della  "prosecuzione volontaria" della contribuzione nelle
 assicurazioni suindicate, prosecuzione alla quale sono  autorizzati,  a
 loro  istanza,  ai sensi del precedente art. 1, tutti gli assicurati il
 cui rapporto di lavoro sia interrotto o cessato, sempre  che  ricorrano
 dati  presupposti,  al  fine  di  "conservare i diritti derivanti dalle
 assicurazioni" stesse o di "raggiungere i requisiti per il diritto alla
 pensione".
     In particolare, la norma censurata  considera  l'eventualita'  che,
 dopo  l'autorizzazione  alla  prosecuzione  volontaria,  il  lavoratore
 instauri un nuovo rapporto di lavoro, prevedendo che, in tal  caso,  la
 contribuzione  volontaria deve essere sospesa, per poter riprendere dal
 sabato  della  settimana  successiva  alla cessazione del rapporto, con
 potenziale successione di contribuzione volontaria ed obbligatoria  per
 periodi anche assai brevi nell'arco dello stesso anno.
     A  sua  volta,  l'art.  4  disciplina  il  diverso  istituto  della
 "integrazione contributiva", previsto per i soli lavoratori agricoli  -
 giornalieri  o braccianti - i quali non raggiungano nell'anno il minimo
 di giornate lavorative e quindi di contributi giornalieri utili per  la
 valutazione  dell'anno  ai  fini pensionistici (104 per gli uomini e 70
 per le donne, sufficienti,  rispettivamente,  a  conseguire  il  minimo
 contributivo  di  1560  e  1040  contributi  giornalieri  in  15  anni,
 richiesto per la maturazione del diritto a pensione dall'art.  2  della
 legge 4 aprile 1952 n. 218, nella parte in cui sostituisce l'art. 9 del
 r.d.l. 14 aprile 1939, n. 636).
     Orbene,  il  giudice a quo muove dal presupposto interpretativo che
 per i lavoratori agricoli di cui si tratta la  prosecuzione  volontaria
 non puo' essere esercitata, secondo le modalita' di cui all'art. 7, per
 periodi  entro  l'anno  in cui il lavoratore sia iscritto negli elenchi
 nominativi, aventi per tale categoria di lavoratori effetto costitutivo
 del rapporto  assicurativo.  Nel  corso  dell'anno  di  iscrizione  nei
 predetti  elenchi,  infatti,  i  braccianti,  stante  l'esistenza di un
 rapporto assicurativo in atto nell'assicurazione generale obbligatoria,
 sarebbero ammessi esclusivamente alla integrazione della  contribuzione
 al  minimo.  Alla  prosecuzione volontaria i detti braccianti sarebbero
 invece  ammessi  soltanto  dal  momento  in  cui  fosse   venuta   meno
 l'iscrizione negli elenchi.
     L'interpretazione  coordinata delle norme, in quanto ostativa della
 "prosecuzione volontaria" in relazione alle frazioni  di  anno  di  non
 effettiva   occupazione,   darebbe   luogo,  secondo  le  ordinanze  di
 rimessione,  ad  una  ingiustificata  discriminazione  in   danno   dei
 braccianti di cui si tratta rispetto agli altri lavoratori.
     3.  -  La limitazione ravvisata dal giudice a quo nei confronti dei
 detti braccianti indubbiamente sussiste e si  ricollega  al  princi'pio
 generale   della   esclusione   della   prosecuzione  volontaria  della
 contribuzione in costanza  di  assicurazione  obbligatoria:  princi'pio
 risultante  dall'art. 1 del d.P.R. n. 1432 del 1971, del quale l'art. 7
 sopra citato costituisce applicazione specifica (cfr., del resto,  gia'
 l'art.  5 della legge 4 aprile 1952 n. 218).
     Occorre infatti considerare che il sistema assicurativo proprio dei
 braccianti agricoli, secondo la normativa applicabile, e' fondato sugli
 elenchi  nominativi,  nei  quali  deve  necessariamente essere iscritto
 colui che svolga attivita' lavorativa  in  agricoltura.  Tali  elenchi,
 gia'  implicanti una valutazione del rapporto riferita all'anno agrario
 (art. 17, d.P.R. 26 aprile 1957, n. 818), sono, in relazione all'art. 7
 del d.1. 3 febbraio 1970, n. 7, convertito, con modificazioni, in legge
 11 marzo 1970, n.   83, essi stessi redatti  con  cadenza  annuale.  Ed
 occorre,  soprattutto,  considerare  che  l'iscrizione in detti elenchi
 garantisce ai braccianti, con occupazione anche per poche  giornate  di
 lavoro,   la   copertura  assicurativa  per  un  intero  anno  ai  fini
 pensionistici, salva la necessita' della integrazione al minimo.
     Si e', ovviamente, in presenza di un regime assicurativo  peculiare
 a   una   categoria   di   dipendenti,   il  cui  rapporto  di  lavoro,
 obbiettivamente  caratterizzato  da  periodi,  anche   ampi,   di   non
 occupazione  effettiva,  e'  valutato ex lege come presupposto idoneo a
 dar  vita  a  un  rapporto  assicurativo  continuativo per ogni anno di
 iscrizione negli elenchi, ove ricorra un minimo contributivo per l'anno
 stesso, ed a far  conseguire  il  diritto  alla  pensione  mediante  il
 raggiungimento  di  un  tetto contributivo globale inferiore rispetto a
 quello prescritto per gli altri lavoratori.
     Nell'ambito del sistema,  mentre  e'  richiesto  un  numero  minimo
 ridotto   di  contributi  annui,  e'  consentita  l'integrazione  della
 contribuzione qualora le giornate lavorative  effettivamente  accertate
 (il meccanismo dell'accertamento presuntivo e' stato infatti dichiarato
 illegittimo  con  la  sentenza  di  questa  Corte n. 65 del 1962) siano
 inferiori al detto minimo.
     Sicche', in virtu' di tale specifico strumento (art. 4,  d.P.R.  n.
 1432 del 1971), il bracciante puo' ottenere la valutazione de'll'intero
 anno  ai  fini  pensionistici  versando  volontariamente  i  contributi
 necessari a raggiungere il minimo fissato dalla legge  (104  contributi
 giornalieri per gli uomini e 70 per le donne).
     4. - Non vi e' dubbio che sia la particolare struttura del rapporto
 assicurativo  dei braccianti agricoli - in quanto riferito ad un intero
 anno di copertura assicurativa - e non gia', come adombrato  in  alcuni
 scritti  defensionali,  un  residuo  effetto  del caducato accertamento
 presuntivo  delle  giornate  di  lavoro,  ad   escludere   il   ricorso
 all'istituto  della  prosecuzione volontaria in relazione ai periodi di
 non effettiva occupazione  nel  corso  dell'anno  di  iscrizione  negli
 elenchi  (qui  non  si  tratta  di  versamenti  ulteriori  relativi  ad
 effettivo ulteriore lavoro prestato).
     La finalita' propria dell'istituto della prosecuzione volontaria  -
 e  cioe'  quella  di elidere le conseguenze negative, per l'assicurato,
 della  mancata  prestazione   di   un'attivita'   lavorativa   soggetta
 all'obbligo   assicurativo   -  qui  e'  raggiunta  ex  lege,  mediante
 l'equiparazione dell'iscrizione negli elenchi annuali a prestazione  di
 effettiva   attivita'   lavorativa,   mentre   con   l'integrazione  e'
 soddisfatta l'esigenza del raggiungimento di un minimo contributivo  ai
 fini della continuita' della copertura assicurativa per l'intero anno.
     Non si scorge, dunque, la ragione di una deroga al limite di ordine
 generale  fissato  dall'art.  1  del d.P.R. n. 1432 del 1971, diretto a
 vietare  la   sovrapposizione   al   periodo   (annuale)   coperto   da
 assicurazione  obbligatoria  (anche grazie all'integrazione) di periodi
 (entro l'anno) di prosecuzione volontaria.
     Tutto cio'  considerato,  non  puo'  ritenersi  ingiustificatamente
 discriminatoria  in  danno dei braccianti agricoli la preclusione della
 prosecuzione volontaria ex art.   7 del d.P.R. n.  1432  del  1971  per
 periodi entro l'anno di iscrizione negli elenchi.
     Posto   che   non  puo'  ritenersi  discriminatorio  in  danno  dei
 braccianti agricoli un sistema in cui  e'  consentito  che  un  ridotto
 numero  di  giornate  lavorative  (raggiungibile  per  di piu' mediante
 integrazione  volontaria)  sia  considerato  ex  lege   sufficiente   a
 garantire  la  copertura  assicurativa  per  un  intero anno, e che sia
 conseguito il diritto alla pensione mediante il  raggiungimento  di  un
 tetto  contributivo  globale inferiore rispetto a quello prescritto per
 gli  altri  lavoratori,  non  si  vede  anzitutto  a  quale  necessita'
 perequativa  risponda l'impiego - auspicato ad integrazione del sistema
 stesso  tramite  una  sentenza  additiva  di  questa  Corte   -   della
 prosecuzione volontaria relativamente ai periodi suindicati.
     In  ogni  caso  tale impiego verrebbe ad alterare, integrandolo, un
 sistema  che,  come  quello  anzidetto,  appare   giustificato,   nelle
 descritte  peculiarita', dalla particolare natura (caratterizzata, come
 gia' rilevato, da  ampi  periodi  di  non  occupazione  effettiva)  del
 rapporto di lavoro cui e' collegata la previdenza in argomento.
     La questione va pertanto dichiarata non fondata.