ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 68 r.d.l. 27
 novembre 1933 n. 1578 (Ordinamento  delle  professioni  di  avvocato  e
 procuratore) promosso con ordinanza emessa il 12 marzo 1985 dalla Corte
 di  Cassazione  sui  ricorsi  riuniti  proposti da Spirito Felice Maria
 contro S.p.a. CHEMI e da  S.p.a.  CHEMI  contro  Spirito  Felice  Maria
 iscritta  al  n.  671  del  registro  ordinanze 1985 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9/1 s.s. dell'anno 1986.
     Visto l'atto di costituzione di Felice Maria Spirito nonche' l'atto
 di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
     udito nella camera di consiglio del  29  ottobre  1986  il  Giudice
 relatore prof. Virgilio Andrioli.
                           Ritenuto in fatto:
     1.1.  -  Con  ricorso 23 dicembre 1977,l'avv. Felice Maria Spirito,
 premesso che aveva prestato il proprio patrocinio alla IMPIANTI TERMICI
 s.p.a. nel giudizio da questa promosso contro la CHEMI s.p.a. avanti il
 Tribunale di Frosinone, e  che  il  giudizio,  iniziato  con  citazione
 notificata  il 26 marzo 1976, era stato definito con transazione tra la
 CHEMI e il curatore fallimentare della IMPIANTI TERMICI, nel  frattempo
 dichiarata  fallita  dal  Tribunale di Milano, chiese al Presidente del
 Tribunale di Frosinone ingiungersi, ai sensi  dell'art.  68  r.d.l.  27
 novembre  1933,  n. 1578, alla CHEMI il pagamento di lire 4.185.336 per
 competenze relative a prestazioni effettuate nel menzionato giudizio.
     Avverso il decreto emesso dal Presidente del Tribunale l'11 gennaio
 1978 e notificato  il  successivo  26,  spiego'  opposizione  la  CHEMI
 eccependo  I) che il giudizio tra la IMPIANTI TERMICI e la stessa CHEMI
 era stato dichiarato interrotto  per  il  dichiarato  fallimento  della
 prima  e  poi  estinto  per  mancata riassunzione e, pertanto, le spese
 andavano  ai  sensi  dell'art.  310  c.p.c.  compensate,  II)  che   la
 transazione,   conclusa   dal   curatore   fallimentare   dell'attrice,
 riguardava il fallimento della IMPIANTI TERMICI da  considerarsi  terzo
 rispetto   alle  parti  in  causa,  III)  che  la  transazione  era  da
 qualificarsi (non transazione per difetto delle reciproche  concessioni
 sebbene)  rinuncia  abdicativa  accettata  dalla  controparte,  IV) che
 l'art. 68 era contrario all'art. 3 Cost., V)  che  le  somme  richieste
 erano eccessive rispetto alla attivita' espletata.
     Concessa,   su   richiesta   dell'avv.   Spirito,  la  clausola  di
 provvisoria  esecuzione   del   decreto   ed   espletata   l'istruzione
 probatoria,  l'adito  Tribunale,  con  sent. 18 aprile - 5 giugno 1979,
 notificata ad istanza della CHEMI  all'avv.  Spirito  il  successivo  6
 settembre,   reputo'   manifestamente   infondata   la   questione   di
 legittimita' costituzionale dell'art. 68  r.d.l.  1578/1933,  sollevata
 dalla  opponente  CHEMI,  qualifico'  il  curatore  fallimentare  della
 IMPIANTI TERMICI terzo rispetto alle parti in  causa  e  soggiunse  che
 difettava  l'attualita'  del mandato in capo al difensore istante nella
 specie in esame in cui si era verificata la  decadenza  automatica  del
 mandato  per  effetto  della  dichiarata  interruzione  precedente alla
 transazione; pertanto accolse l'opposizione e per l'effetto revoco'  il
 decreto ingiuntivo e l'ordinanza di provvisoria esecuzione dello stesso
 condannando  l'avv.  Spirito  a  rimborsare alla CHEMI la somma di lire
 4.581.590.
     Con sent. 18 gennaio - 1 marzo  1982  notificata  il  successivo  9
 giugno,  la Corte d'appello di Roma, sezione I civile, nego' fondamento
 all'argomento  dal  Tribunale  basato  sulla  necessita',  al  fine  di
 invocare  l'art.  68,  dell'esigenza  della persistente investitura, al
 momento della transazione, di un valido mandato al difensore  da  parte
 del proprio cliente ma aderi' all'ordine di argomentazioni basate sulla
 non  identicita'  delle  parti che addivennero alla transazione (CHEMI,
 fallimento della IMPIANTI TERMICI) rispetto a quelle che  parteciparono
 al  giudizio  (CHEMI,  IMPIANTI  TERMICI)  e su cio' che l'avv. Spirito
 avrebbe dovuto insinuarsi nel passivo fallimentare non gia' atteggiarsi
 a creditore della massa  fallimentare;  pertanto  respinse  la  domanda
 dell'avv.  Spirito  nel  merito  e  reputo' manifestamente infondata la
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 68.
     1.2.  -  Con  ordinanza  emessa  su  ricorsi  principale  dell'avv.
 Spirito  e  incidentale  condizionato  della  CHEMI  il  12  marzo 1985
 (pervenuta alla Corte il successivo 1 ottobre; notificata il 5 agosto e
 comunicata il 4 settembre; pubblicata nella G.U.  n.  9/1  s.s.  del  5
 marzo  1986  e  iscritta  al  n. 671 R.O. 1985) la Corte di Cassazione,
 sezione II civile, ha giudicato " di fondamentale rilievo ai fini della
 decisorieta' del ricorso" e, in riferimento  all'art.    3  Cost.,  non
 manifestamente  infondata  la  questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 68 r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578.
     2.1. - Con deduzioni depositate il 4 ottobre 1985, l'avv.   Spirito
 "rappresentato  e  difeso  da  se  stesso  nonche'  dall'avv.  Vincenzo
 Pizzutelli e Prof. Avv. Vincenzo Mazzei" ha argomentato e concluso  per
 la  manifesta infondatezza della proposta questione con ordinanza o per
 la infondatezza con sentenza. Ha spiegato intervento per il  Presidente
 del  Consiglio  dei ministri l'Avvocatura generale dello Stato con atto
 depositato il 25  marzo  1986  con  il  quale  ha  chiesto  dichiararsi
 inammissibile o quanto meno infondata la questione.
     2.2.  - Nell'adunanza del 29 ottobre 1986 in camera di consiglio il
 giudice Andrioli ha svolto la relazione.
                         Considerato in diritto:
     3. - Nell'ordinanza di rimessione la Corte di Cassazione - premesso
 che la Corte costituzionale, con sent. n.   132/1974,  aveva  giudicato
 non  fondata  la  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 68
 r.d.l. 27 novembre 1933, n.  1578  (Ordinamento  delle  professioni  di
 avvocato  e  procuratore) conv., con modificazioni, nella l. 22 gennaio
 1934,  n.  36  -  per  il  quale  quando  un  giudizio  e' definito con
 transazione, tutte le  parti  che  hanno  transatto  sono  solidalmente
 obbligate  al  pagamento degli onorari e al rimborso delle spese di cui
 gli avvocati ed i procuratori che hanno partecipato al  giudizio  negli
 ultimi  tre  anni fossero tuttora creditori per il giudizio stesso - ha
 ritenuto che la motivazione  svolta  nella  menzionata  sentenza  della
 Corte  costituzionale  non meritasse riesame. Peraltro ha osservato che
 alimentasse   il   sospetto    d'incostituzionalita'    dell'art.    68
 l'eccezionale  svantaggio che la disposizione addossa ai cittadini che,
 per obbligo di legge e non anche per  libera  elezione,  versino  nella
 necessita'  di  ricorrere  all'opera  di  un legale, che l'aspettativa,
 nutrita dal legale, di  portare  a  termine  la  lite  nell'ambito  del
 mandato che l'interessato e' tenuto a conferirgli sia di mero fatto ne'
 sia  dall'art.  68  trasformata in diritto, che il ripetuto art. 68 non
 deroga all'art. 2237 c.c., che il rapporto tra cliente e  avvocato  non
 puo'  protrarsi  oltre la durata della lite, che le prestazioni erogate
 dal difensore a favore del  proprio  cliente  non  si  modellano  sulle
 prestazioni  che  a favore dell'avversario di quello eroga il difensore
 di questo.
     Da queste considerazioni ha la  Corte  di  Cassazione  inferito  in
 primo  luogo  che  il  cliente  versa nei confronti dell'avvocato e del
 procuratore in una posizione deteriore rispetto a quella del  cittadino
 che  si giovi dell'opera di altro professionista e in secondo luogo che
 il legale che  assiste  la  parte  che  definisce  con  transazione  il
 giudizio  versa  in  una  situazione  deteriore  rispetto al legale che
 assiste il cliente in un giudizio definito con sentenza.
     Nelle  deduzioni  depositate  il  4  ottobre  1985   nell'interesse
 dell'avv.  Spirito  si  e'  sostenuto che la Corte di Cassazione non ha
 esposto argomenti che validamente si  contrappongano  alla  motivazione
 della  C. cost. 132/1974, ribadita con la ord. n. 130/1985 di manifesta
 infondatezza della Corte costituzionale sulla ord. 2 dicembre 1977  del
 Tribunale  di  Vicenza,  e  si sono richiamate le considerazioni svolte
 dalla Corte d'appello di Roma nella sent. 372/1982,  resa  sull'appello
 dell'avv. Spirito contro la sentenza del Tribunale di Frosinone.
     Tali  argomenti  ha  riassunto  l'Avvocatura  generale  dello Stato
 nell'atto depositato il 25 marzo  1986  a  sostegno  della  conclusione
 d'inammissibilita' e, comunque, d'infondatezza della questione.
     4.  -  Il  giudice  a  quo  non  ha  dettato parola per corroborare
 l'affermazione che la questione fosse "di fondamentale rilievo ai  fini
 della  decisionabilita'  del  ricorso"  (pag.  14  della  ordinanza  di
 rimessione) e siffatta  carenza  e'  di  per  se'  sufficiente  a  dire
 inammissibile  l'incidente,  ma  non e' inopportuno soggiungere che sul
 ricorso in Cassazione avverso la sentenza di rigetto nel  merito  della
 domanda  proposta dall'avv. Spirito contro la CHEMI in bonis resa dalla
 Corte d'appello di Roma a conferma della pronuncia di  prime  cure  non
 potrebbe influire in alcun modo la decisione che la Corte andasse in un
 senso  o  in  un  altro a rendere, e, pertanto, l'incidente si appalesa
 inammissibile per difetto di rilevanza della  questione  che  ne  forma
 oggetto.  Questione  che  soltanto  l'accoglimento del ricorso proposto
 dall'avv. Spirito varrebbe a rendere rilevante; ricorso che la Corte di
 Cassazione non ha esaminato.