ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 4 e 7 della legge 23 maggio 1950, n. 253 ("Disposizioni per le locazioni e sublocazioni di immobili urbani"), come modificato dall'art. 1-quinquies della legge 31 luglio 1975, n. 363 ("Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 giugno 1975, n. 255, concernente provvedimenti urgenti sulla proroga dei contratti di locazione e di sublocazione degli immobili urbani") - promosso con ordinanza emessa il 4 aprile 1977 dal Pretore di Lucera, iscritta al n. 835 del registro ordinanze 1984 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 301 dell'anno 1984. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio dell'11 novembre 1987 il Giudice relatore Francesco Paolo Casavola. Ritenuto che nel corso di un giudizio promosso dal locatore, proprietario di piu' immobili tutti locati, onde ottenere la cessazione della proroga nei confronti del conduttore sulla base della necessita' propria, il Pretore di Lucera, con ordinanza emessa il 4 aprile 1977, pervenuta alla Corte l'11 giugno 1984, ha sollevato - in riferimento agli artt. 3 e 42 della Costituzione - questione di legittimita' costituzionale degli artt. 4 e 7 della legge 23 maggio 1950, n. 253, quest'ultimo nel testo modificato dall'art. 1 quinquies dalla legge 31 luglio 1975, n. 363 di conversione del decreto-legge 25 giugno 1975, n. 255; che il giudice a quo osserva che l'inesistenza di limiti alla facolta' del locatore di scegliere il rapporto dal quale recedere - facendo valere la propria necessita' abitativa - nel caso in cui egli disponga di piu' immobili, e' di ostacolo ad una completa comparazione degli effettivi bisogni delle parti, ponendosi in contrasto con i principi di eguaglianza e di utilita' sociale della proprieta'; che l'Avvocatura dello Stato, intervenuta in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, ha concluso per l'infondatezza della questione. Considerato che il giudice rimettente si e' limitato ad affermare che la rilevanza della questione risulterebbe evidente dalla narrativa stessa dell'ordinanza; che viceversa e' necessario che la questione dedotta rivesta nel giudizio a quo un'incidenza attuale e non meramente eventuale (sent. 5 ottobre 1983, n. 300), mentre nella fattispecie non e' stato chiarito menomamente quale effetto avrebbe nel processo citato l'esito del giudizio di legittimita' costituzionale; che quest'ultimo non puo', pertanto, essere ammesso. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.