ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 112, secondo comma, prima parte, del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 ("Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato"), promosso con ordinanza emessa il 31 maggio 1984 dal T.A.R. per la Lombardia - sede di Milano, sul ricorso proposto da Crea Antonino c/la Commissione provinciale di disciplina per il personale non docente, iscritta al n. 1 del registro ordinanze 1986 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21, 1a serie speciale, dell'anno 1986; Udito nell camera di consiglio del 13 gennaio 1988 il Giudice relatore Gabriele Pescatore; Ritenuto in fatto Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia ha emesso l'ordinanza 31 maggio 1984 (R.O. n. 1 del 1986), in occasione del giudizio di legittimita' di un procedimento disciplinare, cui era stato sottoposto un dipendente, della categoria del personale non docente, dell'Amministrazione della pubblica istruzione. A costui (respingendo una sua esplicita richiesta) era stato negato il diritto ad avvalersi dell'assistenza di un avvocato, nella seduta di trattazione orale della questione. Osserva il giudice remittente che, trattandosi di un procedimento qualificato, che puo' incidere sulla posizione di stato, con indubbi riflessi morali ed economici, esso assomiglia al procedimento penale, del quale riproduce alcuni tratti. Donde la necessita' di una difesa tecnica. Richiamata la giurisprudenza di questa Corte sull'inviolabilita' del diritto di difesa nello svolgimento di qualsiasi processo (come, ad es., in quelli di applicazione di misure di prevenzione e di sicurezza ecc. o in quello istruttorio), si afferma che tale esigenza non puo' essere esclusa nel procedimento disciplinare, che - ad avviso del Tribunale - e' da assimilare agli anzidetti tipi di processo, piuttosto che a quelli amministrativi puri. Tale peculiarita' deve indurre a superare gli elementi formalistici, che hanno finora portato ad escludere il diritto di difesa. E, in correlazione al soddisfacimento di tale esigenza, il T.A.R. ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 112, secondo comma, del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, nella parte in cui non prevede, nella fase della trattazione orale avanti la commissione di disciplina, nei procedimenti a carico dei dipendenti statali, l'intervento e l'assistenza di un difensore, in relazione all'art. 24, secondo comma, Cost. Considerato in diritto Questa Corte ha ritenuto che la garanzia del diritto di difesa di cui all'art. 24, secondo comma, Cost., e' limitata al procedimento giurisdizionale e a quei procedimenti istruttori o preistruttori strettamente connessi e preordinati alla attivita' giurisdizionale (sent. 8 maggio 1974, n. 122), mentre non si estende all'attivita' amministrativa (sent. 26 giugno 1974, n. 189; 13 febbraio 1974, n. 32), anche se relativa a procedimenti disciplinari (sent. 8 giugno 1981, n. 100). Sebbene l'art. 112, secondo comma, prima parte, del d.P. n. 3 del 1957, censurato dall'ordinanza di rimessione, non faccia menzione di codesta esigenza nella fase del procedimento disciplinare, alla quale esso si riferisce, il legislatore, nella visione di un sempre piu' adeguato sistema di garanzie del pubblico dipendente, non soltanto ha esplicitamente riconosciuto il buon fondamento del diritto di difesa in quel procedimento, ma ne ha prescritto la necessita' di concreta formulazione. Al riguardo la legge quadro sul pubblico impiego dispone che "siano regolati in ogni caso con legge dello Stato e, nell'ambito di competenza, con legge regionale o delle province autonome di Trento e di Bolzano, ovvero, sulla base della legge, per atto normativo od amministrativo, secondo l'ordinamento dei singoli enti o tipi di enti.......le garanzie del personale in ordine all'esercizio delle liberta' e dei diritti fondamentali" (art. 2 n. 6 l. 29 marzo 1983, n. 93). In tal guisa si affida alla discrezionalita' del legislatore la disciplina primaria (ovvero si demanda, sulla base di essa, il potere di stabilire alla potesta' normativa secondaria ovvero a quella contrattuale) per adeguare il procedimento disciplinare alle esigenze di tutela del dipendente, anche ai fini del buon andamento dell'amministrazione (cfr. art. 3, primo comma, l. n. 93 del 1983 cit.). E' previsto, cosi', di regolare non soltanto le specifiche modalita' della garanzia defensionale (autodifesa, difesa tecnica, difesa resa da un legale), ma si demandano ai "procedimenti e agli accordi" "le procedure relative all'attuazione delle garanzie del personale" (art. 3, n. 8 legge cit.). In presenza di siffatta espressa ed ampia devoluzione all'intervento legislativo e ad autonomi o conseguenti procedimenti di normazione subordinata ovvero ad accordi, appare chiaro che questa Corte non puo' sostituirsi al legislatore nella sua produzione discrezionale e non puo' addivenire, con la pronuncia additiva richiesta, alla dichiarazione di incostituzionalita' dell'art. 112, secondo comma, del d.P. n. 3 del 1957. Peraltro i precetti, ora ricordati, della legge n. 93 del 1983, letti alla stregua del secondo comma dell'art. 24 Cost., rendono ormai non rinviabile l'intervento normativo e l'esplicazione dell'autonomia collettiva, che diano completa attuazione al diritto di difesa del pubblico dipendente sottoposto a procedimento disciplinare. Alla stregua di quanto premesso va intesto il dispositivo di inammissibilita' della questione proposta.