ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 35, 36 e
 47 della legge della Regione Lombardia 29 novembre 1984, n. 60, dal
 titolo "Norme sullo stato giuridico e sul trattamento economico del
 personale regionale", promossi con le seguenti ordinanze:
   1) ordinanza emessa il 10 maggio 1985 dal T.A.R. per la Lombardia
 - Sez. staccata di Brescia - sul ricorso proposto da Ruffinoni
 Renato ed altri contro la Regione Lombardia ed altri, iscritta al
 n. 774 del registro ordinanze 1985 e pubblicata nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 10 prima serie speciale dell'anno
 1986;
   2) ordinanza emessa il 9 maggio 1985 dal T.A.R. per la Lombardia
 sui ricorsi riuniti proposti da Pinardi Roberto ed altri contro
 la Regione Lombardia ed altri, iscritta al n. 33 del registro
 ordinanze 1986 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 22 prima serie speciale dell'anno 1986;
   3) ordinanza emessa il 20 dicembre 1985 dal TAR per la Lombardia
 - Sez. staccata di Brescia - sui ricorsi proposti da Valseriati
 Gianfranca ed altri contro la Regione Lombardia, iscritta al
 n. 393 del registro ordinanze 1985 e pubblicata nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 41 prima serie speciale dell'anno
 1986;
   4) ordinanza emessa il 9 maggio 1985 dal T.A.R. per la Lombardia
 sui ricorsi riuniti proposti da Senes Fabio ed altri contro
 la Regione Lombardia ed altri, iscritta al n. 429 del registro
 ordinanze 1986 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 45 prima serie speciale dell'anno 1986;
   Visti gli atti di costituzione di Ruffinoni Renato ed altri, di
 Restani Walter ed altri, di Valseriati Gianfranca ed altri e di
 Senes Fabio ed altri, nonche' gli atti di intervento della Regione
 Lombardia.
   Udito nell'udienza pubblica del 12 gennaio 1988 il Giudice
 relatore Antonio Baldassarre;
   uditi gli Avvocati Cesare Ribolzi per Ruffinoni Renato ed altri,
 Restani Walter ed altri e Senes Fabio ed altri, Giorgio Berti per
 Valseriati Gianfranca ed altri e Umberto Pototschnig per la Regione
 Lombardia.
                            Ritenuto in fatto
   1. - La prima ordinanza introduttiva dei presenti giudizi e' stata
 sollevata nel corso di un giudizio amministrativo promosso da
 funzionari della Regione Lombardia, inquadrati nell'ottava qualifica
 funzionale, che chiedevano l'annullamento del decreto del Presidente
 della Giunta regionale n. 47065 del 15 gennaio 1985, con cui era
 stata loro negata la partecipazione al corso-concorso riservato per
 l'accesso alla prima qualifica dirigenziale, in quanto, alla data del
 29 marzo 1983, non erano investiti della responsabilita' di un
 ufficio. Nel corso di tale giudizio, il T.A.R. per la Lombardia -
 sezione staccata di Brescia, ritenendo che gli atti impugnati erano
 stati adottati in attuazione della legge regionale 29 novembre 1984,
 n. 60, ha sollevato, con ordinanza del 10 maggio 1985, una duplice
 questione di costituzionalita': a) verso l'art. 35, primo e secondo
 comma, della citata legge, per contrasto con gli artt. 3, 4, 51, 97 e
 113 Cost.; b) dell'art. 47, primo comma, della stessa legge, per
 contrasto con l'art. 81, quarto comma, della Costituzione.
   Il giudice a quo, osserva innanzitutto che l'art. 35, nel riservare
 l'ammissione al corso-concorso per il conseguimento della prima
 qualifica dirigenziale ai dipendenti provenienti dal settimo livello
 funzionale e inquadrati nell'ottava qualifica funzionale, che fossero
 investiti, ai sensi dell'art. 29 della legge regionale 1 agosto 1979,
 n. 42, dell'incarico di responsabile di un ufficio, viola i principi
 di eguaglianza e di imparzialita' (artt. 3 e 97 Cost.), in quanto
 attribuisce efficacia decisiva ad una qualita' soggettiva, che, lungi
 dal costituire un requisito normale del settimo livello funzionale,
 e' espressione di una scelta ampiamente discrezionale degli organi di
 governo della Regione. In tal modo, senza alcuna ragionevolezza,
 verrebbe favorito un determinato e ristretto gruppo di funzionari
 dell'ottava qualifica, in ragione di presupposti eventuali e
 temporanei, che, oltretutto, non sono acquisibili mediante ordinarie
 procedure di selezione meritocratica o per anzianita' di servizio.
   Sempre ad avviso del giudice a quo, il sistema disciplinato
 dall'art. 35 sarebbe in se' contraddittorio, in quanto, mentre per
 principio generale l'affidamento di mansioni superiori puo' avere
 valore, ai fini dell'accesso alla qualifica superiore, solo quando si
 prevede l'inquadramento diretto senza ulteriori accertamenti di
 carattere concorsuale, al contrario il requisito assunto dal
 legislatore come elemento discriminante non e' poi ritenuto tale da
 poter obiettivamente attestare, da solo, il possesso di effettive
 attitudini allo svolgimento di funzioni dirigenziali. La disposizione
 impugnata, pertanto, violerebbe, gli artt. 3, 4, 51 e 97 Cost.
   Il giudice a quo ravvisa un ulteriore profilo di illegittimita' in
 riferimento all'art. 113 Cost., in quanto, avendo l'art. 35 il
 contenuto di un provvedimento amministrativo e la forma di una legge,
 la tutela giurisdizionale accordata agli interessati risulterebbe
 gravemente limitata e ridotta, in sostanza, alla formulazione di una
 eccezione di legittimita' costituzionale.
   Infine, riguardo all'art. 47, primo comma, della stessa legge
 regionale, il giudice a quo ravvisa la violazione dell'art. 81,
 quarto comma, Cost. poiche' tale disposizione, quanto agli oneri
 derivanti dall'applicazione delle disposizioni di cui all'art. 35,
 indica solo genericamente i relativi mezzi di copertura, facendo, tra
 l'altro, rinvio alle leggi di bilancio degli esercizi - di
 riferimento.
   1.1. - Si sono costituiti i ricorrenti del giudizio a quo
 riservando ogni deduzione ad una successiva memoria e concludendo per
 la dichiarazione di illegittimita' costituzionale delle disposizioni
 impugnate.
   1.2. - E' intervenuta altresi' la Regione Lombardia chiedendo che
 le questioni sollevate dal T.A.R. Lombardia - sezione staccata di
 Brescia - vengano dichiarate non fondate.
   Per quel che concerne le censure proposte in riferimento agli artt.
 3, 4, 51 e 97 Cost., la Regione osserva che non e' affatto
 irragionevole che venga attribuito rilievo particolare alla posizione
 di chi, avendo svolto funzioni comportanti la responsabilita' di un
 ufficio, e' indubbiamente in possesso di una esperienza specifica,
 che lo rende maggiormente idoneo a partecipare ad un corso-concorso
 per accedere alla qualifica dirigenziale.
   La situazione di chi e' stato nominato responsabile di un ufficio,
 infatti, non sarebbe eguale a quella di chi, pur facendo parte della
 medesima qualifica funzionale, non abbia ricevuto tale incarico. Ne'
 potrebbe considerarsi contraddittorio il fatto che il conferimento
 dell'incarico non valga ai fini dell'inquadramento automatico nella
 prima qualifica funzionale, in quanto la previsione del corso-
 concorso e' volta a valorizzare lo sviluppo e la maturazione delle
 capacita' ed attitudini professionali dei dipendenti.
   Quanto alla pretesa violazione dell'art. 113 Cost., la Regione
 Lombardia assume che la tutela giurisdizionale degli interessati non
 e' minimamente ridotta per il fatto che le condizioni ed i
 procedimenti necessari per l'inquadramento del personale siano
 disciplinati dettagliatamente da una legge piuttosto che da un
 provvedimento amministrativo. Del resto, essa aggiunge, a dimostrarlo
 inequivocabilmente sta l'azione degli stessi interessati proposta
 dinanzi al T.A.R., dalla quale ha origine il presente giudizio.
   Infine, riguardo alla prospettata violazione dell'art. 81, quarto
 comma, Cost., da parte dell'art. 47, primo comma, la Regione osserva
 che, poiche' la disposizione impugnata e' compresa in una legge di
 ordinamento e non di spesa, non si pone alcun problema di copertura
 finanziaria di nuove o maggiori spese.
   2. - Con ordinanza emessa il 9 maggio 1985, nel corso di tre
 giudizi poi riuniti, il T.A.R. per la Lombardia ha sollevato
 questione di costituzionalita' sulle medesime disposizioni impugnate
 con la precedente ordinanza, per contrasto con gli artt. 3, 51, 97 e
 81 della Costituzione.
   Il giudice a quo, movendo dalla premessa che la razionalita' della
 disciplina di una procedura concorsuale debba esser valutata alla
 luce delle finalita' cui la selezione e' preordinata, osserva che la
 procedura del corso-concorso, di cui all'art. 35, e' diretta a
 selezionare personale da immettere nella prima qualifica
 dirigenziale, e cioe' personale al quale, in base all'art. 5 della
 stessa legge regionale n. 60 del 1984, verranno attribuite sia
 funzioni di responsabile di un ufficio o di un centro di formazione
 professionale o di scuole regionali, sia, in aggiunta o in via
 esclusiva, "attivita' di studio e di ricerca dirette alla
 formalizzazione e alla realizzazione dei programmi nell'ambito delle
 competenze per materia o per obiettivo". In questa prospettiva, la
 disposizione impugnata che, oltre all'inquadramento nell'ottava
 qualifica funzionale, richiede come requisito di ammissione al corso-
 concorso anche l'incarico, alla data del 29 aprile 1983, della
 responsabilita' di un ufficio, appare irrazionale, in quanto il
 personale inquadrato nell'ottava qualifica deve ritenersi dotato di
 elevata specializzazione nel settore dello studio, della ricerca e
 della elaborazione dei programmi (all. A alla l.r. n. 60 del 1984) e,
 pertanto, gia' in possesso, per il solo fatto dell'inquadramento
 nell'ottava qualifica, di una professionalita' che lo rende idoneo a
 svolgere attivita' di studio e di ricerca anche nelle qualifiche
 funzionali piu' elevate.
   In definitiva, secondo il giudice a quo, l'esclusione di questi
 funzionari dalla partecipazione al corso-concorso se, da un lato,
 diminuendo senza ragione le possibilita' di scelta dei candidati piu'
 idonei, contrasta con l'art. 97 Cost., dall'altro, attribuendo un
 diverso trattamento a soggetti appartenenti alla medesima qualifica
 funzionale e precludendo ad alcuni l'accesso alle qualifiche
 superiori, viola gli artt. 3 e 51 della Costituzione.
   Lo stesso giudice a quo, mentre ha ritenuto manifestamente
 infondato il dubbio circa l'incostituzionalita' dell'art. 35, primo e
 secondo comma, rispetto all'art. 113 Cost., ha impugnato l'art. 47
 l.r. n. 60 del 1984 con le stesse motivazioni prospettate dalla
 precedente ordinanza.
   2.1. - Si sono costituiti i funzionari regionali, ricorrenti nel
 giudizio a quo, chiedendo che venga dichiarata la illegittimita'
 costituzionale delle disposizioni impugnate.
   2.2. - Non e' intervenuta la Regione Lombardia.
   3. - Il T.A.R. per la Lombardia - sezione staccata di Brescia -
 adito, con due distinti ricorsi, da tre funzionari della Regione
 Lombardia che chiedevano l'annullamento degli atti con cui erano
 stati esclusi dal corso-concorso, in quanto incaricati della
 responsabilita' di un ufficio con delibera anteriore al 29 aprile
 1983, ma resa esecutiva successivamente a tale data, ha sollevato,
 con ordinanza emessa il 20 dicembre 1985, questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 35 della l.r. n. 60 del 1984 per contrasto
 con gli artt. 3, 4, 51 e 97 della Costituzione.
   Secondo il giudice rimettente, poiche' la procedura concorsuale e'
 sostanzialmente ordinata quale prova di idoneita' assoluta - tenuto
 conto della possibilita' di nomine anche in soprannumero non risulta
 chiara, ne' ragionevole l'esclusione da quella procedura, non tanto
 degli altri dipendenti collocati al settimo livello funzionale,
 quanto di ogni altro dipendente egualmente nominato responsabile di
 un ufficio, ancorche' in data posteriore al 29 aprile 1983. Per
 quest'ultima categoria di dipendenti, infatti, la partecipazione al
 corso ed il superamento delle prove costituirebbero condizioni
 necessarie per la conservazione della responsabilita' dell'ufficio,
 dalla quale i funzionari esclusi o non vittoriosi decadono
 automaticamente.
   La scelta di una scriminante temporale in un quadro caratterizzato
 da inquadramenti soprannumerari apparirebbe, quindi, lesiva del
 principio di eguaglianza, in relazione, oltreche' all'art. 97 Cost.
 (sotto il profilo del buon andamento), agli artt. 4 e 51 della
 Costituzione.
   E, anche se si volesse sostenere che la individuazione della data
 del 29 aprile 1983 risponda ad esigenze di contenimento della spesa,
 potrebbe egualmente ravvisarsi una violazione delle predette
 disposizioni costituzionali, in quanto i posti disponibili dovrebbero
 essere assegnati in ogni caso ai piu' meritevoli.
   3.1. - Si sono costituiti i ricorrenti del giudizio a quo chiedendo
 che venga dichiarata la illegittimita' costituzionale della
 disposizione impugnata con argomenti analoghi a quelli svolti
 nell'ordinanza.
   3.2. - Non e' intervenuta, invece, la Regione Lombardia.
   4. - Il T.A.R. per la Lombardia, adito da numerosi dirigenti della
 Regione Lombardia che chiedevano l'annullamento della delibera della
 Giunta regionale n. III/45597 dell'11 dicembre 1984 e del decreto del
 Presidente della Giunta regionale n. 18174 del 17 gennaio 1985, con i
 quali e' stato indetto un concorso per titoli per la copertura di 152
 posti della seconda qualifica dirigenziale del ruolo organico della
 Giunta regionale, ha sollevato, con ordinanza del 9 maggio 1985,
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 36 della legge
 della Regione Lombardia 29 novembre 1984, n. 60, per contrasto con
 gli artt. 3 e 51, nonche' 97 e 117 Cost., e dell'art. 47 della stessa
 legge, per contrasto con l'art. 81 della Costituzione.
   In ordine all'accesso alla seconda qualifica dirigenziale, l'art.
 36 dispone che i titoli valutabili siano costituiti: a) dal servizio
 svolto presso la Regione dal 15 dicembre 1973, per un massimo di 15
 punti; b) dai titoli di studio, per un massimo di 10 punti; c) dallo
 svolgimento di funzioni, per un massimo di 40 punti. Tra questa
 ultima categoria di titoli, l'incarico in atto di funzioni di
 dirigente di servizio da' diritto, di per se', a 20 punti.
   Il giudice a quo osserva che, mentre deve ritenersi in armonia con
 i principi fondamentali della materia desumibili dalla legge quadro
 sul pubblico impiego, il fatto che venga privilegiato, nella
 valutazione dei titoli, l'esercizio delle funzioni di dirigente di
 servizio, al contrario appare irragionevole che l'affidamento
 dell'incarico di dirigente di un servizio possa consentire di per se'
 un apprezzamento di merito, a prescindere dal servizio effettivamente
 prestato in tale funzione, che riceve una autonoma valutazione (6
 punti per ogni anno). L'irragionevolezza deriva, secondo il giudice a
 quo, dal fatto che la legge n. 42 del 1979, nel disciplinare il
 conferimento di tali incarichi, non ha previsto alcuna procedura
 diretta a verificare il merito e la professionalita' degli
 interessati, attribuendo in proposito alla Giunta Regionale la
 discrezionalita' piu' assoluta.
   La previsione di un punteggio pari a circa un terzo dei punti a
 disposizione non sarebbe, pertanto, in armonia con i principi di cui
 all'art. 97, primo comma, Cost., e con i principi fondamentali della
 materia (art. 117 Cost.), quali si desumono dagli artt. 4, 17 e 20
 della legge quadro sul pubblico impiego (che impongono di valutare
 per le qualifiche piu' elevate, non gia' il conferimento di un
 incarico, ma il suo svolgimento).
   Secondo il giudice a quo, sarebbe ravvisabile, poi, una violazione
 degli artt. 3 e 51 Cost. a causa del differente trattamento, non
 giustificato dalle finalita' della procedura concorsuale, riservato
 ai soggetti che non dispongono del requisito considerato. Per le
 stesse ragioni, l'art. 36 della l.r. n. 60 del 1984 sarebbe
 illegittimo per contrasto con gli artt. 97 e 117 (in relazione ai
 ricordati principi fondamentali del pubblico impiego), 3 e 51 Cost.,
 nella parte in cui limita la valutazione dei servizi pregressi a
 quelli prestati in servizio di ruolo presso le regioni, escludendo
 con cio' la valutazione di servizi che, pur prestati in posizioni
 giuridiche diverse o presso altri enti, sono tuttavia tali da
 coinvolgere la stessa professionalita' e la stessa responsabilita'.
   Da ultimo, il giudice a quo, con considerazioni identiche a quelle
 svolte nelle ordinanze precedenti, dubita della legittimita'
 costituzionale dell'art. 47 della l.r. n. 60 del 1984, in riferimento
 all'art. 81, quarto comma, della Costituzione.
   4.1. - Si sono costituiti i ricorrenti del giudizio a quo,
 riservando ogni deduzione ad una successiva memoria e chiedendo che
 venga dichiarata la illegittimita' costituzionale delle disposizioni
 impugnate.
   4.2. - E' intervenuta, altresi', la Regione Lombardia chiedendo che
 le questioni vengano dichiarate non fondate.
   La Regione osserva, in primo luogo, che l'attribuzione di un alto
 punteggio ai dirigenti attualmente incaricati della responsabilita'
 di un servizio non e' arbitraria, ma risponde alle obiettive esigenze
 dell'amministrazione regionale, ove si consideri l'ampiezza dei
 poteri riconosciuti ai dirigenti, le responsabilita' di questi ultimi
 per l'esatto adempimento delle funzioni loro affidate e la necessita'
 che un buon andamento degli uffici sia assicurato dalla fase di avvio
 della ristrutturazione dell'organizzazione del personale regionale.
 Non sarebbe pertanto ravvisabile alcuna violazione dell'art. 97
 Cost., ne' dell'art. 117 Cost., in quanto le disposizioni impugnate
 sarebbero del tutto in linea con i principi della legge quadro sul
 pubblico impiego, che anzi, proprio per le qualifiche piu' elevate,
 richiedono, tra l'altro, valutazioni soprattutto connesse alle
 esperienze professionali e ai compiti di guida di gruppo, di ufficio
 o di organi e alle relative responsabilita' burocratiche (art. 17).
   Ne', secondo la Regione, potrebbe attribuirsi rilievo alla
 circostanza che il conferimento delle responsabilita' del servizio
 sia avvenuto sulla base di scelte discrezionali, in quanto l'art. 36
 si limita a privilegiare la posizione di coloro che abbiano adempiuto
 a tali incarichi, valutando l'esperienza maturata dagli stessi per il
 solo fatto di esservi stati preposti e di non essere stati revocati
 dall'incarico per risultati giudicati non corrispondenti alle
 attribuzioni loro affidate. Tali considerazioni valgono, sempre ad
 avviso della Regione, ad escludere anche qualsiasi possibilita' di
 contrasto con gli artt. 3 e 51 Cost., tanto piu' che le situazioni
 comparate dal giudice a quo non sarebbero affatto omogenee.
   Secondo la Regione, anche la scelta legislativa sottostante alla
 disposizione contenuta nell'art. 36, che limita la valutazione
 concorsuale ai soli servizi prestati presso le regioni, risponde ad
 un criterio logico ed e' finalizzata al buon andamento
 dell'amministrazione. Non sarebbe arbitrario, infatti, che per la
 prima copertura di posti, che richiedono elevata professionalita' e
 comportano rilevanti responsabilita', venga attribuito rilievo solo
 ai servizi prestati presso la regione in posizione di ruolo.
   Infine, per quel che concerne la censura proposta nei confronti
 dell'art. 47, in riferimento all'art. 81 Cost., la Regione svolge
 considerazioni analoghe a quelle precedentemente ricordate.
   5. - Nell'imminenza dell'udienza, i ricorrenti nei giudizi a quibus
 hanno depositato due memorie nelle quali vengono svolte ulteriori
 considerazioni sulla fondatezza delle questioni di legittimita'
 costituzionale all'esame di questa Corte.
   5.1. - Nella prima memoria, si sottolinea come l'art. 35 riferisca
 erroneamente l'incarico di responsabile di ufficio ad una nomina, in
 quanto l'art. 29 della l.r. n. 42 del 1979 aveva ad oggetto
 l'affidamento sostanzialmente transitorio e provvisorio di funzioni
 sulla base di motivazioni esclusivamente fiduciarie, che
 prescindevano da qualsiasi accertamento meritocratico. Pertanto,
 l'incarico assunto dalla disposizione impugnata a requisito
 condizionante l'ammissione al corso-concorso non costituirebbe
 affatto un requisito in piu' per chi lo possiede, ne' sarebbe
 possibile desumere dallo stesso alcuna sicura professionalita' o
 esperienza nelle funzioni, tanto piu' che nella prima qualifica
 dirigenziale risultano inquadrati i funzionari dell'ottavo livello
 funzionale che non avevano la responsabilita' di un ufficio.
   Con riferimento alla prima delle questioni concernenti l'art. 36
 della l.r. n. 60 del 1984, nella stessa memoria si rileva come, con
 la forma della legge, sia stato in realta' adottato un provvedimento
 amministrativo, che, non solo bandisce il concorso per l'accesso alla
 seconda qualifica dirigenziale, ma si sostituisce del tutto alla
 commissione giudicatrice, cui tradizionalmente spetta il compito di
 predeterminare i criteri di valutazione. Infatti, il punteggio
 attribuito ai dirigenti di servizio solo per l'incarico "in atto" (20
 punti su un totale di 65), nonche' la valutazione, sotto altro
 profilo, dell'anzianita' maturata nell'incarico (6 punti per ogni
 anno), fanno si' che solo questi dirigenti possano risultare
 vincitori, mentre tutti gli altri, che non abbiano avuto lo stesso
 incarico, non possono aspirare neanche alla idoneita'. Tutt'al piu',
 si conclude, l'incarico potrebbe costituire elemento professionale a
 parita' degli altri titoli, ma giammai titolo esclusivo per il
 conseguimento della seconda qualifica dirigenziale.
   Nella stessa memoria si insiste, inoltre, sul secondo profilo di
 illegittimita' dell'art. 36 prospettato dal medesimo giudice a quo.
 In relazione a questo, si sottolinea come il sistema di valutazione
 dei punteggi non consenta di attribuire alcun rilievo al servizio
 prestato dai dirigenti di primo livello anteriormente al definitivo
 inquadramento nei ruoli regionali, che e' avvenuto per i ricorrenti,
 in base alla legge n. 29 del 1982, con decorrenza 1 gennaio 1981.
 Tale scelta del legislatore regionale sarebbe gravemente lesiva della
 posizione giuridica soggettiva dei dipendenti, che non si vedono
 riconosciuto il servizio prestato alle dipendenze della Regione in
 posizione di comando, di trasferimento temporaneo o di altro.
   Nella stessa memoria, si ribadisce, infine, l'illegittimita'
 costituzionale dell'art. 47 della legge n. 60 del 1984, in
 riferimento all'art. 81 Cost., e si contesta l'assunto della Regione
 Lombardia secondo il quale l'art. 47 e' una disposizione di
 ordinamento e non di spesa, e come tale non vincolata alla
 indicazione dei mezzi di copertura.
   5.2. - Nella seconda memoria, relativa al giudizio introdotto con
 l'ordinanza del 20 dicembre 1985 (sub 3), si sottolinea che la
 fissazione della data del 29 aprile 1983, quale limite ultimo per la
 effettivita' del conferimento dell'incarico di responsabile di un
 ufficio, e' priva di qualsiasi ragionevolezza, sia perche' e' la
 nomina a responsabile - in quanto tale e a prescindere dal momento di
 perfezionamento dell'efficacia del provvedimento - ad attestare una
 positiva valutazione da parte dell'amministrazione, sia perche'
 quella data e' del tutto svincolata dalla procedura concorsuale,
 nella quale, per regola generale, i requisiti devono sussistere alla
 data di scadenza del termine di presentazione delle domande.
   6. - Anche la Regione Lombardia ha depositato una memoria per
 dimostrare la ragionevolezza e la non arbitrarieta' della
 attribuzione di 20 punti (su 65) ai responsabili di servizio in atto.
   La Regione sottolinea innanzitutto il carattere di norma
 transitoria della disposizione impugnata, la quale, inserendosi in un
 complesso di norme diretto a riformare profondamente l'assetto
 organizzativo regionale, si premura, nella sua prima ed unica
 applicazione, di non stravolgere le preesistenti posizioni dei
 dipendenti, che, con gli incarichi conferiti dalla Giunta nel
 rispetto degli indirizzi generali previsti dall'art. 27, terzo comma
 della l.r. n. 42 del 1979, avevano dato buoni risultati.
   In secondo luogo, la Regione, pur riconoscendo che la norma
 impugnata privilegia i responsabili di servizio in atto, rileva che
 gli incarichi conferiti dalla Giunta hanno semplicemente confermato
 le funzioni gia' svolte da anni in servizi che, seppur formalmente
 istituiti solo con la l.r. n. 42 del 1979, erano gia' esistenti e
 diretti, nella quasi totalita', dai medesimi funzionari cui e' stata
 attribuita formalmente la responsabilita' del servizio.
   In terzo luogo, la Regione fa presente che gli incarichi di
 responsabile di servizio conferiti dalla Giunta hanno rispettato gli
 indirizzi previsti dal citato art. 27, i quali fanno riferimento: a)
 alla preparazione specialistica dimostrata nello svolgimento del
 servizio prima dell'entrata in vigore della l.r. n. 42 del 1979; b)
 alle capacita' dirigenziali espresse nell'esercizio delle funzioni,
 di cui all'art. 28 l.r. n. 42 del 1979; c) allo svolgimento di
 incarichi con funzioni analoghe o assimilabili alle medesime; d)
 all'espletamento di altri incarichi, svolti a seguito di delibere
 della Giunta regionale; e) ad ogni altra esperienza culturale o
 scientifica utile a caratterizzare l'impiegato in relazione alle
 funzioni di dirigente del servizio per il quale viene proposto.
   Infine, la Regione afferma che la scelta di assegnare la seconda
 qualifica dirigenziale ai funzionari che avevano gia' avuto il
 riconoscimento delle loro capacita' da parte della Giunta regionale
 puo' essere discussa in questa sede solo sotto il profilo della
 ragionevolezza e non arbitrarieta'. E, ricorda la Regione, e' questo
 un giudizio che non comporta la medesima profondita' di analisi
 implicata dal vizio di eccesso di potere degli atti amministrativi,
 dal momento che spetta alla legge una discrezionalita' maggiore
 rispetto a quella propria degli atti amministrativi. In ogni caso,
 conclude la Regione, la non arbitrarieta' e irragionevolezza della
 disposizione impugnata sarebbe dimostrata a posteriori anche dalla
 circostanza di fatto che nel corso-concorso qui discusso quattro
 dirigenti incaricati della responsabilita' di un servizio non sono
 risultati vincitori, mentre sono risultati vincitori ben 13 dirigenti
 che non erano precedentemente responsabili di servizio.
                         Considerato in diritto
    1.  -  Le quattro ordinanze introduttive dei presenti giudizi, che
 hanno ad oggetto l'impugnazione degli artt. 35, 36 e 47  della  legge
 della  regione  Lombardia  29 novembre 1984, n. 60, pongono questioni
 identiche oppure connesse. I relativi giudizi vanno pertanto  riuniti
 e decisi con un'unica sentenza.
    2. - La prima questione riguarda l'art. 35, primo e secondo comma,
 della citata legge regionale n. 60  del  1984,  nella  parte  in  cui
 stabilisce   che   al  corso-concorso  per  l'ammissione  alla  prima
 qualifica dirigenziale  possono  partecipare  soltanto  i  dipendenti
 inquadrati  nell'ottava  qualifica  funzionale, che, alla data del 29
 aprile 1983, risultassero  incaricati  della  responsabilita'  di  un
 ufficio.     Delle     disposizioni     anzidette     si     sospetta
 l'incostituzionalita'  per  l'asserito  contrasto  con   i   seguenti
 articoli:
       a)  art.  3 Cost., sotto l'aspetto della irragionevolezza della
 disciplina stabilita, con particolare riguardo  alla  fissazione  del
 riferimento  temporale  al  29 aprile 1983 del possesso dei requisiti
 richiesti per la partecipazione al corso-concorso di cui  alla  legge
 impugnata,  nonche'  sotto  l'aspetto  della violazione del principio
 della parita' di trattamento;
       b)   art.  97  Cost.,  in  quanto  il  possesso  del  requisito
 dell'incarico della  responsabilita'  di  un  ufficio,  il  quale  e'
 previsto come titolo di ammissione per il predetto corso-concorso, e'
 ritenuto dai  giudici  a  quibus  contrario  al  principio  del  buon
 andamento della pubblica amministrazione, sia perche' appare illogico
 che quel requisito  non  sia  considerato  elemento  sufficiente  per
 l'automatico  inquadramento  nella  qualifica superiore, sia perche',
 essendo l'effetto di una scelta  meramente  discrezionale,  restringe
 arbitrariamente   l'area   dei   funzionari   che  possono  utilmente
 concorrere per il conseguimento della prima  qualifica  dirigenziale,
 tanto  piu'  che  i  dipendenti  esclusi  sarebbero  in  possesso  di
 professionalita' ritenute dalla stessa legge astrattamente idonee  al
 passaggio  alla suddetta qualifica (cioe' l'inquadramento nell'ottava
 qualifica funzionale);
       c)   art.   51   Cost.,   perche',   essendo   l'ammissione  al
 corso-concorso in questione condizionata al  requisito  dell'incarico
 della  responsabilita'  di  un  ufficio  ed  essendo  il  possesso di
 quest'ultimo il frutto di una scelta  puramente  discrezionale  della
 Giunta  regionale, ne risulterebbe violato il principio meritocratico
 del concorso pubblico;
       d)  art.  4  Cost.,  per  l'asserita  violazione del diritto al
 lavoro, sotto specie di  un  preteso  diritto  alla  progressione  in
 carriera;
       e)  art. 113 Cost., in quanto, avendo le disposizioni impugnate
 un contenuto provvedimentale, esse finirebbero per conferire forza  o
 valore  di  legge  ad  atti  che  dovrebbero  essere di competenza di
 autorita' amministrative, limitando cosi' le possibilita'  di  tutela
 giurisdizionale degli interessati.
    2.1.  -  E'  infondata  la  censura di incostituzionalita' avverso
 l'art. 35, primo e secondo comma, della  legge  impugnata,  sotto  il
 profilo  della  presunta  irragionevolezza  (art.  3  Cost.)  e della
 violazione  del  principio  del   buon   andamento   della   pubblica
 amministrazione (art. 97 Cost.).
    2.2.   -   La  legge  impugnata  e'  stata  adottata  al  fine  di
 ristrutturare lo stato  giuridico  e  il  trattamento  economico  del
 personale della regione Lombardia per adeguarlo ai principi contenuti
 nell'accordo nazionale 1983-1984. Nel preesistente ordinamento  degli
 uffici, che si basava sulla legge regionale 1› agosto 1979, n. 42, la
 Lombardia, a differenza di tutte le altre regioni, aveva adottato  un
 modello  organizzativo  che prevedeva uffici e servizi, ad ognuno dei
 quali era preposto un  dipendente  al  fine  di  evidenziare  precise
 responsabilita'.  Mentre  ai  servizi,  che costituivano aggregazioni
 funzionali di piu'  uffici,  erano  preposti  funzionari  dell'ottavo
 livello,  agli uffici, invece, operavano come responsabili dipendenti
 di livello non inferiore al settimo, i quali  erano  prescelti  sulla
 base  dei  criteri  fissati  dalla ricordata legge regionale del 1979
 (art. 29), senza peraltro godere di  alcun  aumento  retributivo  per
 tale   funzione,  non  essendo  stata  questa  prevista  nell'accordo
 nazionale allora vigente.
    E'  poi  intervenuto  l'accordo  nazionale per gli anni 1983-1984,
 che,  delineando  un  ordinamento  del  personale  basato   su   otto
 qualifiche  funzionali  (sostitutive degli altrettanti livelli allora
 esistenti)  piu'  due  qualifiche  dirigenziali,  stabiliva,  per  le
 funzioni  superiori,  il seguente meccanismo di adeguamento: mentre i
 dipendenti dell'ottavo livello sarebbero passati automaticamente alla
 prima  qualifica  funzionale dirigenziale, quelli del settimo livello
 sarebbero stati inquadrati  nell'ottava  qualifica  funzionale  senza
 possibilita'   di  ulteriore  progressione  di  carriera.  Lo  stesso
 accordo, inoltre, prevedeva tanto la figura del  dirigente  di  prima
 qualifica,   cui  si  riconosceva  la  responsabilita'  di  strutture
 organizzative di base (cioe' di quelli che nella legge  lombarda  del
 1979  erano  definiti  "uffici")  e  la relativa indennita', tanto la
 figura del dirigente di seconda  qualifica,  cui  si  riconosceva  la
 responsabilita'  delle  strutture  organizzative  piu' complesse, che
 nella legge lombarda del 1979 erano qualificate come "servizi".
    Con  la  legge  n.  60 del 1984 la regione Lombardia ha tentato di
 adeguare la propria organizzazione  amministrativa  alle  indicazioni
 dell'anzidetto  accordo  nazionale, cercando di non pregiudicare, per
 quanto possibile, la struttura di fondo che  si  era  precedentemente
 data  e,  in particolare, l'articolazione in servizi e uffici. Cosi',
 mentre  i  responsabili  dei  servizi,  cioe'   i   funzionari   gia'
 appartenenti  all'ottavo  livello  e  ora  automaticamente inquadrati
 nella prima qualifica dirigenziale, vengono agevolati da tale  legge,
 con  il  riconoscimento  di  un punteggio particolarmente elevato per
 l'incarico posseduto (venti punti su un totale di sessantacinque), ai
 fini dell'accesso alla seconda qualifica dirigenziale, i responsabili
 di uffici, invece, sono trattati  diversamente  a  seconda  del  loro
 livello  di  appartenenza: quelli gia' inquadrati all'ottavo livello,
 passando automaticamente  alla  prima  qualifica  dirigenziale  (come
 previsto dall'accordo nazionale), potevano conservare la posizione di
 responsabili di ufficio senza bisogno  di  alcun  esame  d'idoneita';
 quelli  gia'  inquadrati  al  settimo  livello  erano automaticamente
 trasferiti  all'ottava  qualifica  funzionale  (in  armonia  con   il
 predetto   accordo  nazionale),  ma,  non  potendo  in  questa  nuova
 posizione conservare la responsabilita' di un ufficio, era data  loro
 la  possibilita'  di  superare  questo  sbarramento partecipando a un
 corso-concorso  ad  essi  riservato,  superando  il  quale   potevano
 accedere  alla  prima  qualifica  dirigenziale  e  mantenere cosi' la
 responsabilita' dell'ufficio.
    2.3.  -  Proprio  quest'ultima  disposizione, stabilita come norma
 transitoria  dall'art.  35,  primo  e  secondo  comma,  della   legge
 regionale  n.  60  del 1984, e', come s'e' gia' detto, oggetto di una
 prima censura sotto il  profilo  della  sua  irragionevolezza  e  per
 contrasto con il principio del buon andamento (artt. 3 e 97 Cost.).
    Questa   Corte   ha   costantemente   affermato   che   le  scelte
 discrezionali del legislatore possono esser sindacate sotto l'aspetto
 della    loro    ragionevolezza    e    possono   essere   dichiarate
 incostituzionali nei  casi  di  palese  arbitrarieta'  delle  stesse.
 Tuttavia,  la  norma impugnata non rientra sicuramente fra le ipotesi
 di uso manifestamente irragionevole del potere legislativo.
    La   decisione   della   regione   Lombardia  di  dare  attuazione
 all'accordo nazionale del 1983 e il conseguente  travaso  nell'ottava
 qualifica  funzionale  dei  dipendenti  prima  inquadrati nel settimo
 livello avevano  creato  un  vuoto  nell'ordinamento  del  personale,
 dovuto  al  fatto  che, mentre per l'innanzi la responsabilita' di un
 ufficio poteva esser affidata a un dipendente  del  settimo  livello,
 con la nuova struttura, delineata dall'accordo nazionale del 1983, la
 medesima  responsabilita'  non  poteva  piu'   essere   affidata   ai
 dipendenti  collocati  nell'ottava  qualifica  funzionale,  ma doveva
 esser data soltanto a quelli ora  inquadrati  nella  prima  qualifica
 dirigenziale.   Di   fronte  a  questa  difficolta',  il  legislatore
 regionale  ha  ritenuto,  in  sede  di  prima  attuazione,  di  poter
 ricoprire  parte di quei posti, che sarebbero rimasti temporaneamente
 scoperti per l'insufficienza del personale  passato  automanticamente
 alla   prima  qualifica  dirigenziale,  attraverso  il  bando  di  un
 corso-concorso, diretto a verificare l'idoneita' dei candidati per il
 passagio  alla qualifica superiore, che fosse riservato a coloro che,
 alla data della stipula dell'accordo nazionale del  1983  (29  aprile
 1983),  rivestivano  l'incarico di responsabile di un ufficio. Che in
 via del tutto transitoria il legislatore regionale  abbia  utilizzato
 lo  strumento  del  corso-concorso  riservato,  al  chiaro  scopo  di
 agevolare la continuita' delle funzioni di chi  gia'  era  incaricato
 della  responsabilita'  di  un  ufficio,  non  puo' esser considerato
 frutto di una decisione arbitraria  o  irragionevole,  ove  si  tenga
 conto,  per  un  verso,  che il passaggio alla qualifica superiore e'
 subordinato a un giudizio d'idoneita' e non e', quindi, automatico e,
 per  un  altro,  che  quello  strumento  rientra,  comunque,  in  una
 disciplina di prima attuazione, essendo previsto, in quella a regime,
 il ricorso agli ordinari meccanismi concorsuali. In altre parole, non
 appare irragionevole, soprattutto con riferimento  al  principio  del
 buon  andamento  dell'amministrazione  (art.  97  Cost.),  che, nella
 delicata fase di passaggio da un  regime  all'altro  dell'ordinamento
 del  personale,  il  legislatore regionale abbia inteso privilegiare,
 con le garanzie appena ricordate, la continuita' delle funzioni.
    Del  resto, contrariamente a quanto supposto dai giudici a quibus,
 va  altresi'  considerato,   sempre   ai   fini   del   giudizio   di
 ragionevolezza,  che il conferimento dell'incarico di responsabile di
 un ufficio non poteva avvenire, a norma dell'art.  29,  primo  comma,
 l.r.  1›  agosto  1979, n. 42, sulla base di una scelta assolutamente
 discrezionale della Giunta regionale. Al contrario, l'articolo appena
 citato  stabilisce  che,  ai  fini anzidetti, occorre tener conto del
 servizio  complessivamente  prestato,  della   figura   professionale
 rivestita   in  relazione  alle  funzioni  attinenti  all'ufficio  in
 considerazione, nonche' dell'esperienza vantata in materie  identiche
 o  analoghe  a  quelle  in  questione.  Si  tratta, certo, di criteri
 elastici, ma comunque tali da restringere la  discrezionalita'  della
 Giunta  regionale  in sede di conferimento del suddetto incarico e da
 permettere una tutela, anche giurisdizionale, di fronte ad  eventuali
 abusi.  Su  questa specifica base, non e' dunque irragionevole che il
 legislatore  regionale  abbia  previsto  un  corso-concorso  per   il
 passaggio  alla  prima  qualifica dirigenziale riservato a coloro che
 avessero la responsabilita' di un ufficio, ove si consideri  che  sia
 il conferimento della stessa, sia l'effettivo svolgimento dei compiti
 corrispondenti  a  quell'incarico  possono   essere   ragionevolmente
 considerati  come  indici  di  esperienza  professionale  in grado di
 consentire di trattare  diversamente  coloro  che  si  trovassero  in
 quella posizione.
    2.4.  -  Di  una piu' particolare censura, sempre sotto il profilo
 della ragionevolezza, e' oggetto l'art. 35, primo comma, nella  parte
 in   cui  viene  esclusa  la  partecipazione  al  corso-concorso  dei
 funzionari che erano stati incaricati  della  responsabilita'  di  un
 ufficio in data successiva al 29 aprile 1983. Questa censura e' stata
 prospettata dall'ordinanza del 20 dicembre 1985,  emessa  dal  T.A.R.
 della   Lombardia  nel  corso  di  un  giudizio  promosso  da  alcuni
 dipendenti che, pur essendo stati incaricati della responsabilita' di
 un  ufficio  con  una delibera adottata prima del 29 aprile 1983, non
 sono  stati  ammessi  al  corso-concorso  di  cui  alla  disposizione
 impugnata,  in  quanto  la  relativa  delibera  e' divenuta esecutiva
 successivamente a quella data.
    Quando  l'art.  35,  l.r.  n.  60  del  1984,  stabilisce che puo'
 partecipare al corso-concorso soltanto il personale incaricato  della
 responsabilita'  di  un ufficio che "risulti esser nominato alla data
 del 29 aprile 1983", pone una norma chiaramente  diretta  ad  evitare
 eventuali  abusi  nel  conferimento  dei  predetti  incarichi  e,  in
 particolare,  quello   di   gonfiare   arbitrariamente   l'area   dei
 legittimati  a  partecipare  al  corso-concorso  attraverso nomine di
 comodo effettuate tra la stipula dell'accordo nazionale e  l'adozione
 della  legge  regionale  diretta  ad  attuarlo. Il 29 aprile 1983 e',
 infatti,  la  data  della  firma  dell'accordo  nazionale  alla   cui
 attuazione  era diretta la legge impugnata. Pertanto il termine posto
 dall'art. 35, l.r. 29 novembre 1984, n. 60, non appare  irragionevole
 ove  sia interpretato come uno sbarramento verso i conferimenti degli
 anzidetti incarichi effettuati dopo la data della firma  dell'accordo
 nazionale  del  1983  e,  come tali, sospetti di non essersi attenuti
 alla dovuta imparzialita'. Ma, cosi' interpretato, l'art.  35,  primo
 comma,  comporta  l'irrilevanza  del  momento dell'esecutivita' della
 delibera di conferimento dell'incarico, nel senso che il termine  ivi
 previsto sbarra la strada per l'ammissione al corso-concorso soltanto
 a chi abbia ricevuto l'incarico con un atto  deliberato  dopo  il  29
 aprile 1983, non gia' a chi lo abbia avuto con una decisione adottata
 prima di quella data, ma divenuta esecutiva successivamente.
    Cosi' interpretata, la norma oggetto della presente censura appare
 immune dai vizi prospettati dal giudice a quo.
    2.5.  - L'art. 35, primo e secondo comma, e' stato impugnato anche
 per l'asserita violazione del principio della parita' di trattamento,
 come si desume dalla garanzia costituzionale dell'eguaglianza a tutti
 i  cittadini  (art.  3,  primo  comma,  Cost.)  e  dal  principio  di
 imparzialita'  della  pubblica  amministrazione  (art.  97  Cost.). A
 motivo dell'impugnazione si assume che la riserva  di  partecipazione
 al  corso-concorso,  di cui all'art. 35, a favore dei soli dipendenti
 inquadrati nell'ottava  qualifica  funzionale  con  l'incarico  della
 responsabilita'   di   un   ufficio   comporterebbe   un  trattamento
 discriminatorio a danno di quelli inquadrati nella  stessa  qualifica
 senza  avere  la  responsabilita'  di un ufficio. In altre parole, si
 assume che  l'art.  35,  primo  e  secondo  comma,  avrebbe  trattato
 diversamente due situazioni effettivamente eguali.
    La censura non e' fondata.
    In  realta',  la  premessa  da  cui  muovono le argomentazioni dei
 giudici a quibus non trova conferma nell'ordinamento degli  uffici  e
 del  personale  che la regione Lombardia si e' legislativamente dato.
 Le due categorie di dipendenti cui l'art. 35, primo e secondo  comma,
 riserva  un  trattamento  diseguale  non  possono  essere considerate
 eguali di fronte alla legge. Infatti, pur se  e'  vero  che  l'una  e
 l'altra  appartengono  alla medesima qualifica funzionale (cosi' come
 prima appartenevano allo stesso  livello),  il  fatto  che,  a  norma
 dell'art.   29,  primo  comma,  l.  r.  4  agosto  1979,  n.  42,  la
 responsabilita' di un ufficio deve essere affidata, come si  e'  gia'
 detto,  in  considerazione  del  complessivo servizio prestato, della
 specifica figura professionale rivestita in relazione  alla  funzione
 da svolgere e dell'esperienza di lavoro acquisita, porta a concludere
 che gli incaricati della responsabilita' di un  ufficio  siano  stati
 selezionati    in    quanto   riconosciuti   in   possesso   di   una
 professionalita'  o  di  un'esperienza  di  servizio   superiori   o,
 comunque,  diverse  rispetto a quelli esclusi da quell'incarico. Cio'
 significa che lo stesso legislatore  regionale  ha  ritenuto  le  due
 categorie di dipendenti ora considerate come diverse sotto il profilo
 professionale e che, pertanto, non puo' ritenersi in contrasto con il
 principio della parita' di trattamento l'averle trattate diversamente
 ai  fini  della  partecipazione  al  corso-concorso   di   cui   alla
 disposizione impugnata.
    2.6.  -  Quanto  alle  restanti  censure prospettate dai giudici a
 quibus in relazione al medesimo art. 35, primo e secondo comma,  l.r.
 n. 60 del 1984, nessuna di esse puo' essere accolta.
    Non  quella con cui si prospetta la possibile violazione dell'art.
 51 Cost., poiche', come questa  Corte  ha  gia'  avuto  occasione  di
 affermare  (sent.  n. 217 del 1986), la norma invocata come parametro
 costituzionale si riferisce  espressamente  all'accesso  ai  pubblici
 uffici,  non  gia'  al  passaggio  da  un  livello all'altro o da una
 qualifica all'altra del personale  gia'  in  servizio.  Beninteso,  a
 quest'ultima ipotesi resta comunque applicabile il generale principio
 di eguaglianza, sotto la duplice veste della parita' di trattamento e
 della  non  arbitrarieta'  della  disciplina adottata. Ma, come si e'
 mostrato nei punti  precedenti  della  motivazione,  la  disposizione
 impugnata  ha  gia'  superato  il vaglio di costituzionalita' sotto i
 predetti profili.
    Del  pari  infondata e' la censura prospettata nei confronti della
 garanzia a tutti i cittadini del diritto al lavoro  (art.  4  Cost.).
 Se,   infatti,   non  vi  puo'  esser  dubbio  che  da  questa  norma
 costituzionale siano desumibili diritti  piu'  particolari,  come  ad
 esempio  la liberta' di professione o il diritto dei lavoratori a non
 subire  licenziamenti   arbitrari,   non   e'   tuttavia   possibile,
 contrariamente  a  quel  che suppongono i giudici a quibus, trarre da
 essa criteri  di  decisione  aventi  un  qualche  significato  per  i
 problemi  relativi  alla  progressione  delle  carriere  nel pubblico
 impiego (regionale). Sotto tale aspetto, come questa  Corte  ha  piu'
 volte  affermato, pur se ad altro proposito (v. sent. n. 10 del 1980,
 punto 6 della motivazione, nonche' sentt. nn. 22  del  1967,  10  del
 1970, 98 del 1973), l'infondatezza della questione puo' esser dedotta
 sulla base di un modello di giudizio, per il quale la norma  invocata
 come  parametro  e'  troppo  ampia o troppo indeterminata per poterne
 trarre un preciso criterio di decisione in relazione al caso  cui  si
 pretende di applicarla.
    Anche  la  censura  prospettata  dall'ordinanza  del  T.A.R. della
 Lombardia - Sez. staccata di Brescia, del 10 maggio 1985 (r.o. n. 774
 del  1985),  relativa alla presunta incostituzionalita' dell'art. 35,
 primo e secondo comma, della legge  regionale  n.  60  del  1984  nei
 confronti dell'art. 113 Cost., deve ritenersi infondata.
    Il  giudice a quo, partendo dalla premessa che una legge regionale
 non possa avere un contenuto provvedimentale e riscontrando  siffatto
 carattere   nelle   statuizioni   impugnate,   ritiene   che   l'aver
 ingiustificatamente dato la forma di legge a  un  atto  materialmente
 amministrativo  abbia  prodotto una limitazione delle possibilita' di
 tutela giurisdizionale garantite agli interessati dall'art. 113 della
 Costituzione.
    Questa  argomentazione  e',  tuttavia,  errata  proprio  nella sua
 premessa.
    Come  si  e'  gia'  affermato per le leggi statali e per quelle di
 alcune regioni a statuto speciale (sentt. nn. 20  del  1956,  60  del
 1957,  61  del  1958),  anche  per  le  leggi delle regioni a statuto
 ordinario si deve escludere che esse non possano avere  un  contenuto
 particolare  e concreto. Per un verso, infatti, tanto la Costituzione
 (artt. 70 e 121) quanto  gli  Statuti  regionali  definiscono  la  la
 legge, non gia' in ragione del suo contenuto strutturale o materiale,
 bensi' in dipendenza dei suoi caratteri formali, quali la provenienza
 da  un  certo  organo  o  potere,  il procedimento di formazione e il
 particolare valore giuridico (rango primario delle norme, trattamento
 giuridico in sede di controllo o di sindacato, etc). Per altro verso,
 nessuna disposizione costituzionale o statutaria prevede che gli atti
 a  contenuto  particolare e concreto debbano necessariamente avere la
 forma di atto  amministrativo.  Su  questa  base  si  deve  escludere
 qualsiasi  fondamento  alla  pretesa del giudice a quo di individuare
 nell'adozione di un atto particolare e concreto in forma  legislativa
 la  causa  della  lesione  dei  diritti garantiti dall'art. 113 della
 Costituzione.
    3. - Con ordinanza emessa il 9 maggio 1985 (r. o. n. 429 del 1986)
 il T.A.R. per la Lombardia ha posto una  duplice  questione  relativa
 all'art.  36  della  legge  regionale 29 novembre 1984, n. 60. Con la
 prima questione  si  dubita  della  legittimita'  costituzionale  del
 predetto  articolo  nella  parte  in  cui,  ai fini dell'accesso alla
 seconda  qualifica  dirigenziale  attraverso  un  concorso  per  soli
 titoli,  prevede  l'attribuzione  di  venti  punti,  su  un totale di
 sessantacinque, oltre a quelli spettanti per lo svolgimento pregresso
 delle medesime funzioni (sei punti ogni anno), a favore dei dirigenti
 inquadrati nella prima qualifica dirigenziale che avessero l'incarico
 in  atto  delle  funzioni  di  dirigente di servizio. Questa norma e'
 sospettata d'incostituzionalita' sotto un triplice  profilo:  a)  per
 violazione   del   principio   del   buon  andamento  della  pubblica
 amministrazione (art. 97 Cost.);  b)  per  violazione  del  principio
 fondamentale,  secondo il quale il conferimento delle qualifiche piu'
 elevate deve avvenire nel rispetto della parita'  delle  posizioni  e
 sulla  base  di  determinati  requisiti  culturali  e  di  esperienza
 professionale (art. 117 Cost., in relazione agli artt.  4,  17  e  20
 della legge 29 marzo 1983, n. 93); c) per lesione del principio della
 parita' di trattamento e di quello del concorso (artt. 3 e 51 Cost.).
    Nei  termini  in  cui  sono  poste, le predette questioni non sono
 fondate.
    3.1.   -   Sul  presupposto  del  massimo  rispetto  delle  scelte
 legislative  nella  predisposizione  dei  mezzi  piu'   idonei   onde
 assicurare  l'efficienza  degli  uffici  pubblici,  questa  Corte  ha
 costantemente interpretato il principio del  buon  andamento  di  cui
 all'art.   97   Cost.  come  un  criterio  di  congruenza  e  di  non
 arbitrarieta' della disciplina posta in essere in relazione  al  fine
 che  si  vuol  perseguire  (v.  sent.  n.  10 del 1980, con specifico
 riferimento alla materia del pubblico impiego). Pertanto,  anche  per
 le  censure  proposte  contro  l'art.  36  della  legge impugnata, va
 seguito il paradigma del giudizio di ragionevolezza, non diversamente
 da    quanto    compiuto    in   relazione   all'analoga   questione,
 precedentemente affrontata, riguardo all'art. 35 della stessa  legge.
    Innanzitutto,   anche   le  disposizioni  oggetto  della  presente
 impugnazione dettano norme per la prima attuazione,  e  non  norme  a
 regime.  Anch'esse,  dunque, pongono una disciplina transitoria, resa
 necessaria  dalla  decisione  regionale  di  modificare  la   propria
 struttura organizzativa secondo le indicazioni contenute nell'accordo
 nazionale del 1983. Quest'ultimo, dopo aver previsto  l'inquadramento
 automatico  dei  dipendenti dell'ottavo livello nella prima qualifica
 dirigenziale, stabiliva poi che l'accesso alla  qualifica  superiore,
 la  sconda  appunto,  dovesse  avvenire, in sede di prima attuazione,
 attraverso una selezione per  titoli  (e/o  una  prova  d'esame)  per
 almeno  il  90%  dei  posti disponibili, lasciando la copertura degli
 altri a normali concorsi pubblici per titoli ed esami.
    La  regione  Lombardia, con la legge impugnata, si e' uniformata a
 questo modello organizzativo e vi  ha  dato  attuazione  cercando  di
 salvaguardare  al  massimo  le  posizioni  preesistenti, nel senso di
 travasare queste ultime nelle nuove qualifiche  agevolando  l'accesso
 alla piu' elevata qualifica dirigenziale di chi gia' si trovava nella
 posizione a questa corrispondente, vale a dire dei  responsabili  dei
 servizi.  A tal fine, l'impugnato l'art. 36 riconosce a questi ultimi
 funzionari, sempreche' incaricati in atto della responsabilita' di un
 servizio, ben venti punti su un totale di sessantacinque, nonche' sei
 punti per ogni anno di servizio per lo  svolgimento  pregresso  delle
 medesime funzioni.
    Analizzata  sotto il profilo del buon andamento, non si puo' certo
 negare che nelle concrete circostanze del caso appaia tutt'altro  che
 irragionevole  una  disposizione  di  legge  regionale, la quale, nel
 ristrutturare sostanzialmente l'organizzazione  degli  uffici,  abbia
 tentato  di  evitare  uno  sconvolgimento delle posizioni attualmente
 ricoperte dai dipendenti e abbia pertanto  predisposto,  in  sede  di
 prima  attuazione,  criteri  di  selezione  diretti  a  facilitare il
 mantenimento effettivo della responsabilita' di  un  servizio  a  chi
 gia'  l'aveva,  soprattutto  in considerazione della delicata fase di
 avvio   della   ristrutturazione   dell'ordinamento   del   personale
 regionale.  Si  puo' dire, anzi, che questo interesse alla stabilita'
 delle posizioni, con riguardo alla specifica fase transitoria cui  si
 riferisce   la   disciplina   impugnata,  non  sia  irragionevolmente
 disgiunto dall'obiettivo di garantire l'efficienza amministrativa  e,
 quindi,  il  buon  andamento  degli  uffici regionali, tanto piu' che
 nelle norme a regime  sono  previsti,  per  l'accesso  alla  medesima
 qualifica dirigenziale, gli ordinari meccanismi concorsuali.
   3.2. - Un altro aspetto della medesima questione va individuato nel
 rilievo  dello  stesso  giudice   a   quo   relativo   alla   pretesa
 arbitrarieta' della concessione di venti punti per l'incarico in atto
 della responsabilita' di un servizio, la quale si baserebbe sul fatto
 che  il  predetto  incarico  e' considerato frutto di una valutazione
 totalmente discrezionale della Giunta regionale, e non  gia'  di  una
 selezione basata sui titoli di professionalita'.
    Posto  che  il  giudice a quo non solleva il problema del rispetto
 della  riserva  di  legge  ex  art.  97  Cost.,  per  il   quale   la
 giurisprudenza  di  questa  Corte ritiene sufficiente che la legge si
 limiti   a   fornire   una   base   al   potere   di   organizzazione
 dell'amministrazione  (v.  ad  es.  sentt.  nn.  221 del 1976, 21 del
 1980),  va   ricordato   che,   contrariamente   a   quanto   opinato
 nell'ordinanza di rimessione, l'art. 27, terzo comma, l. r. n. 42 del
 1979, dispone che  la  nomina  dei  responsabili  di  servizio  debba
 avvenire,  sulla  base di indirizzi formulati dalla Giunta regionale,
 previo  parere  delle  organizzazioni   sindacali   contro   la   cui
 violazione,   come  e'  noto,  e'  possibile  attivare  i  meccanismi
 processuali della tutela giurisdizionale. Con delibera n.  25839  del
 18  settembre  1979,  la  Giunta della Regione Lombardia ha stabilito
 tali indirizzi,  alcuni  dei  quali  sono  diretti  ad  accertare  il
 possesso  di  capacita' dirigenziali generiche e altri il possesso di
 quelle relative alle specifiche  funzioni  proprie  del  servizio  in
 questione.
    Piu'  precisamente,  i  criteri  di  valutazione per la nomima dei
 dirigenti  dei  servizi  sono  dati  da:   a)   congruita'   tra   la
 qualificazione tecnico-professionale posseduta e quella richiesta dal
 servizio in considerazione; b) preparazione specialistica  dimostrata
 nello  svolgimento  delle  funzioni prestate anteriormente alla legge
 istitutiva dei servizi;
  c)  capacita' dirigenziali espresse nell'esercizio delle funzioni di
 dirigente di servizio o di funzioni equivalenti  o  assimilabili;  d)
 svolgimento di incarichi connessi a funzioni analoghe o assimilabili,
 espletate  a  seguito  di  disposizioni  di  servizio  adottate   dal
 Presidente   della  Giunta  o  dagli  assessori;  e)  svolgimento  di
 incarichi attinenti alle funzioni di cui ai punti b) o c),  espletate
 a  seguito  di  delibere  della  Giunta;  f)  ogni  altra  esperienza
 culturale o scientifica in grado di caratterizzare  professionalmente
 il dipendente in relazione al servizio in considerazione.
    Non  si puo' certo negare che i predetti criteri non siano tali da
 vincolare    la    discrezionalita'    della     Giunta     regionale
 nell'accertamento   dei   requisiti   richiesti   per   la  nomina  a
 responsabile di un servizio, tanto piu' che, in base  alla  ricordata
 delibera,  la  stessa  Giunta, quando procede a nomine del genere, e'
 tenuta a motivare, seppure sinteticamente, in  relazione  a  ciascuno
 dei  criteri  ora  menzionati.  Sicche',  non  potendosi  considerare
 l'incarico di dirigente di un servizio  come  frutto  di  una  scelta
 assolutamente  discrezionale  e  sostanzialmente  priva di criteri di
 valutazione   delle   attitudini   professionali    dei    nominandi,
 l'attribuzione   di   un   punteggio  particolare  a  chi  rivestisse
 quell'incarico non puo' ritenersi contrastante  con  l'obiettivo  del
 buon andamento dell'amministrazione regionale.
    Del resto, occorre aggiungere, per raccogliere un dubbio adombrato
 in pressoche' tutte le ordinanze introduttive dei  presenti  giudizi,
 che,  anche se cosi' non fosse, vale a dire anche se nella scelta dei
 dirigenti del massimo livello dell'amministrazione regionale  dovesse
 pesare  in modo rilevante l'aspetto fiduciario della relativa nomina,
 non potrebbe per cio' stesso ritenersi violato il principio del  buon
 andamento,  di  cui  all'art. 97 della Costituzione. Anzi, proprio il
 massimo rispetto di quest'ultimo  principio  potrebbe  legittimamente
 indurre  anche  il  legislatore  regionale a prevedere, cosi' come ha
 fatto il legislatore statale (D.P.R. 30 giugno  1972,  n.  478,  art.
 25),    un    sistema    di    selezione    dei   massimi   dirigenti
 dell'amministrazione  che,  partendo  da   una   base   obiettiva   e
 riconosciuta  di  competenze  e  di  esperienze  professionali, fosse
 modellato sul carattere fiduciario dell'incarico nei confronti  della
 Giunta o dei singoli assessori regionali.
    In  un'amministrazione  nella  quale aumentano le zone d'ombra del
 principio di  legalita'  e  si  manifesta  fortemente  l'esigenza  di
 consistenti  settori  di delegificazione; nella quale la complessita'
 dell'organizzazione e la qualita' e quantita' dei servizi da  erogare
 possono esser adeguatamente risolte soprattutto con il riconoscimento
 di un'ampia discrezionalita' dei funzionari piu'  elevati  e  di  una
 piu'  spiccata  capacita'  manageriale degli stessi; e nella quale le
 accresciute  responsabilita'  dei  massimi  dirigenti  amministrativi
 richiedono  forme organizzative nuove e non piu' riassumibili in toto
 nei classici dogmi della  responsabilita'  politica  (ministeriale  o
 assessorile),  in  un'amministrazione  del genere la previsione di un
 rapporto fiduciario tra i dirigenti di  vertice  dell'amministrazione
 regionale e gli organi di Giunta sarebbe tutt'altro che in contrasto,
 se assistito da idonee modalita' che garantiscano un adeguato livello
 di  competenza  e di professionalita' dei prescelti, con il principio
 del buon andamento sancito dall'art. 97 della Costituzione.
    3.3.  -  Infondate  sono altresi' le ulteriori questioni sollevate
 dall'ordinanza da ultimo menzionata nei confronti delle  disposizioni
 dell'art. 36, l. r. n. 60 del 1984.
    Per  le censure prospettate in relazione al principio fondamentale
 che esige, per la classificazione del personale nelle qualifiche piu'
 elevate, che si tenga prevalentemente conto dei requisiti culturali e
 di esperienza professionale, nonche' dei compiti di guida di  gruppo,
 di   uffici   o   di   organi   e   delle  derivanti  responsabilita'
 amministrative (art. 117 Cost.,  in  riferimento  all'art.  17  della
 legge  quadro  sul pubblico impiego, 29 marzo 1983, n. 93) valgono le
 medesime considerazioni gia' svolte  nel  punto  3.2  della  presente
 motivazione.  Da esse si desume che le esigenze prospettate dall'art.
 17 della legge quadro  sul  pubblico  impiego  sono  sufficientemente
 soddisfatte   dal   sistema   di   selezione  dei  massimi  dirigenti
 amministrativi,  di  cui  alle   disposizioni   oggeto   dell'attuale
 impugnazione.
    Anche  per  le  censure  rivolte  alle  medesime  disposizioni nei
 confronti  degli  artt.  3  (parita'  di  trattamento)  e  51   Cost.
 (principio  del  concorso per l'accesso nei pubblici uffici), nonche'
 nei confronti dell'art. 117 Cost., in relazione alle norme interposte
 di  cui  all'art.  4  (princi'pi  di omogeneizzazione delle posizioni
 giuridiche e di perequazione) e all'art. 20 (principio  del  concorso
 nel  reclutamento  del  personale)  della  legge  quadro sul pubblico
 impiego, l'infondatezza deriva da considerazioni  analoghe  a  quelle
 gia' svolte nei punti 2.5 e 2.6 della presente motivazione.
    4. - Un secondo gruppo di questioni riguarda l'art. 36 della legge
 regionale n. 60 del 1984, nella parte in cui limita  il  computo  dei
 servizi  pregressi utili (fino al massimo di quindici punti) soltanto
 a quelli prestati come dipendente inquadrato nei ruoli regionali, con
 esclusione  dei  servizi  prestati  come  dipendente regionale non di
 ruolo o come dipendente di altri enti pubblici,  compreso  lo  Stato.
 Questa norma e' impugnata sotto un duplice profilo: a) per violazione
 degli artt.  3  e  51  Cost.,  in  quanto  comporta  un'irragionevole
 discriminazione  nella  valutazione  di  titoli  analoghi ai fini del
 conseguimento della medesima idoneita'  per  l'accesso  alla  seconda
 fascia dirigenziale; b) per violazione del principio di imparzialita'
 della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.), nonche' dei princi'pi
 desumibili  dagli  articoli  della  legge quadro sul pubblico impiego
 prima menzionati (art. 117 Cost., in relazione agli artt. 4, 17 e  20
 della legge 29 marzo 1983, n. 93).
    La  questione e' fondata per la parte in cui l'art. 36, l.r. n. 60
 del 1984, non  considera  affatto,  riguardo  alla  formazione  della
 graduatoria  del concorso per titoli per la copertura dei posti della
 seconda qualifica dirigenziale, il servizio di ruolo prestato  presso
 enti pubblici diversi dalla regione.
    Poiche'  la  considerazione  dei titoli in un concorso come quello
 appena ricordato e' essenzialmente diretta ad accertare  l'esperienza
 professionale e le capacita' organizzative e direttive dei candidati,
 e' privo di  qualsiasi  giustificazione  che  il  servizio  di  ruolo
 prestato   presso  enti  diversi  dalla  regione  non  venga  affatto
 valutato. La totale mancanza di valutazione di tale servizio  appare,
 infatti,  in stridente contraddizione con il pricipio della qualifica
 funzionale, il quale, come e'  noto,  da'  rilievo  alle  prestazioni
 lavorative,  considerate  nei  loro contenuti oggettivi e non gia' in
 ragione dei particolari ambiti  organizzativi  in  cui  quelle  siano
 state  svolte.  Se  pure  nei  limiti  anzidetti,  si deve, pertanto,
 considerare incostituzionale tale omissione, che, fra l'altro, non ha
 alcun  riscontro nelle leggi adottate in altre regioni, nessuna delle
 quali in ipotesi analoghe esclude da  una  qualche  considerazione  i
 servizi prestati presso enti pubblici diversi dalla regione.
    Diverso  e'  invece il discorso relativo alla mancata valutazione,
 sempre ai fini della formazione della graduatoria di cui al  predetto
 concorso,  dei  servizi  prestati  presso la regione in una posizione
 diversa da quella di ruolo.
    Il  servizio  non  di  ruolo  e'  per sua natura precario, sia per
 mancanza del posto in pianta organica, sia perche' i posti  di  ruolo
 vengono  temporaneamente  coperti  con personale comandato. E poiche'
 (come rilevato anche nell'ordinanza n. 33 del 1986), la  razionalita'
 della  disciplina  di una procedura concorsuale va valutata alla luce
 delle finalita' cui la selezione e' preordinata, non e' irragionevole
 che  il  legislatore  regionale abbia deciso di non dare rilevanza al
 servizio non di ruolo  in  una  selezione  che  mira  a  scegliere  i
 dirigenti delle strutture regionali di vertice, ai quali - al pari di
 quanto richiesto dall'art. 17, secondo comma, della legge quadro  sul
 pubblico  impiego  n.  93  del  1983  - si richiedono prevalentemente
 compiti   di   guida   di   strutture   complesse,   risultanti   dal
 raggruppamento di strutture di base.
    Tale  conclusione e' confortata dalla considerazione che lo stesso
 art. 36 nega qualsiasi rilevanza al servizio svolto presso la regione
 prima  del  15 dicembre 1973, e cioe' in un periodo in cui mancava un
 assetto stabile degli uffici. Sicche' non puo' dubitarsi che nel caso
 si  tratti  di  un'insindacabile scelta del legislatore regionale, la
 quale non puo' considerarsi palesemente arbitraria  o  irragionevole,
 tanto  piu'  se si considera che anche le leggi delle altre regioni a
 volte da'nno rilevanza ai servizi non  di  ruolo  e  altre  volte  la
 negano.
    Va  pertanto  dichiarata  non fondata la questione di legittimita'
 costituzionale  proposta  nei  confronti  dell'art.  36  della  legge
 regionale  n.  60  del  1984, nella parte in cui quest'ultimo non da'
 rilevanza, ai fini della  valutazione  dei  titoli  di  servizio,  ai
 servizi prestati come dipendente regionale non di ruolo.
    Le  considerazioni  gia'  esposte giustificano la dichiarazione di
 non fondatezza della questione anche in riferimento al  principio  di
 imparzialita'  della  pubblica  amministrazione, nonche' ai princi'pi
 desumibili dagli artt. 4, 17 e 20 della legge n. 93 del  1983,  prima
 menzionati,  dal  momento che, per tali profili di costituzionalita',
 cosi' come sono proposti dal  giudice  a  quo,  valgono  le  medesime
 motivazioni esposte ai punti 3.1 e 3.2 della presente motivazione.
   5. - L'ultima questione, sollevata con le ordinanze iscritte ai nn.
 774 del 1985, 33 e 429 del 1986, concerne  l'art.  47,  primo  comma,
 della  medesima  legge  regionale  29  novembre  1984,  n. 60. Questa
 disposizione stabilisce che "agli oneri  derivanti  dall'applicazione
 della presente legge, salvo quanto disposto dai precedenti artt. 30 e
 31, si provvede mediante utilizzo delle somme che verranno  stanziate
 nello  stato  di  previsione  delle spese di bilancio per l'esercizio
 finanziario 1984 e successivi, sui capitoli relativi  al  trattamento
 economico  previdenziale ed assistenziale del personale regionale". I
 giudici a quibus prospettano il dubbio che tale  norma  violi  l'art.
 81, quarto comma, Cost., in quanto omette di indicare tanto gli oneri
 finanziari  derivanti  dall'applicazione  della  legge  in  questione
 (salvo quelli considerati negli artt. 30 e 31 della stessa), quanto i
 relativi mezzi di copertura.
    La questione non e' fondata.
    La  disposizione  impugnata e' una diretta attuazione dell'art. 2,
 della legge quadro in materia di bilancio  e  di  contabilita'  delle
 regioni (l. 19 maggio 1976, n. 335), il quale stabilisce testualmente
 che "le leggi  regionali  che  prevedono  attivita'  o  interventi  a
 carattere  continuativo  o  ricorrente  determinano di norma solo gli
 obiettivi da raggiungere e le procedure da  seguire,  rinviando  alla
 legge  di  bilancio  la  determinazione  dell'entita'  della relativa
 spesa". Si tratta, piu' precisamente, di una corretta  attuazione  di
 tale articolo, poiche' gli oneri cui si riferisce l'impugnato art. 47
 sono indubbiamente di carattere  continuativo  o  ricorrente,  mentre
 quelli  che  non  posseggono questa stessa natura sono previsti negli
 artt. 30 e 31 della stessa legge, che vi provvedono con una copertura
 a parte.
    La conformita' del sistema previsto dall'art. 2 della legge quadro
 sulla  contabilita'  regionale  e,  quindi,  dell'art.  47,  che   ne
 rappresenta  una fedele attuazione, e' legata alla prescrizione che i
 bilanci delle regioni devono essere necessariamente in pareggio (art.
 4  della  legge  19 maggio 1976, n. 335). Su tale premessa, il rinvio
 della quantificazione delle spese continuative e ricorrenti,  nonche'
 dei  relativi  mezzi  di  copertura,  al  momento  della  redazione e
 dell'approvazione del bilancio, non  puo'  avere  il  significato  di
 un'elusione  dell'obbligo di cui all'art. 81, comma quarto (e terzo),
 Cost., dovendo comunque le regioni  equilibrare  in  questa  sede  le
 spese  con  le  entrate.  Al  contrario,  esso risponde a esigenze di
 maggiore e di globale ponderazione degli oneri che ciascun  bilancio,
 necessariamente   in   pareggio,   deve  sopportare  per  il  miglior
 soddisfacimento dei bisogni della collettivita' regionale.