ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nei  giudizi  di legittimita' costituzionale dell'art. 22 della legge
 28 febbraio 1985, n. 47 e successive modifiche ed integrazioni (Norme
 in   materia   di   controllo   dell'attivita'  urbanistico-edilizia,
 sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie) promossi con  le
 seguenti ordinanze:
    1)  ordinanza  emessa  il 23 ottobre 1985 dal Pretore di Pizzo nel
 procedimento penale a carico di Vavala' Basilio ed altro, iscritta al
 n.  845  del  registro  ordinanze  1985  e  pubblicata nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 11,  prima  serie  speciale,  dell'anno
 1986;
   2) ordinanza emessa il 10 giugno 1986 dal Pretore di Mascalucia nel
 procedimento penale a carico di Marletta Giovanni, iscritta al n. 692
 del  registro  ordinanze  1986  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 57, prima serie speciale, dell'anno 1986;
    3)  ordinanza emessa il 9 febbraio 1987 dal Pretore di Catania nel
 procedimento penale a carico di Di Fede Antonino, iscritta al n.  150
 del  registro  ordinanze  1987  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell'anno 1987;
    4)  ordinanza  emessa il 19 dicembre 1986 dal Pretore di Avola nel
 procedimento  penale  a  carico  di  Tarascio  Sebastiano  ed  altri,
 iscritta  al  n.  151  del registro ordinanze 1987 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  19,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1987;
    Visti  gli  atti  di  intervento  del Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  27  ottobre  1987  il  Giudice
 relatore Renato Dell'Andro;
    Udito  l'Avvocato  dello Stato Antonio Tallarida per il Presidente
 del Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1.1.  - Con ordinanza del 23 ottobre 1985 (Reg. ord. n. 845/85) il
 Pretore   di   Pizzo   ha   sollevato   questione   di   legittimita'
 costituzionale,  in riferimento agli artt. 112, 101, 32, 2 e 3 Cost.,
 dell'art. 22 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di
 controllo  dell'attivita'  urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e
 sanatoria delle opere edilizie) sia nella parte  in  cui  dispone  la
 sospensione  dell'azione  penale  sia  in  quella in cui ricollega al
 rilascio della concessione in sanatoria l'effetto dell'estinzione dei
 reati  urbanistici, soprattutto ove si ritenga sottratto al sindacato
 del giudice penale il giudizio sulla legittimita' della stessa.
    Osserva  innanzitutto  il  Pretore  che  solo  ove  il primo comma
 dell'art.  22  cit.  potesse  interpretarsi  in  senso   restrittivo,
 limitando  la  sospensione dell'azione penale al periodo di 60 giorni
 stabilito dall'art. 13, secondo comma, la temporanea  inibizione  non
 costituirebbe  violazione  dell'art.  102  Cost. La disposizione deve
 pero' interpretarsi nel senso che il procedimento e'  sospeso  almeno
 fino  alla decisione del T.A.R., la quale non interverra' certo entro
 tre mesi dalla presentazione  del  ricorso,  trattandosi  di  termine
 ordinatorio  e  che  concerne  l'udienza  di  discussione  e  non  la
 decisione del ricorso. Si tratta, quindi, di una sospensione a  tempo
 indeterminato,  diversa da quella stabilita dall'art. 20 c.p.p., tale
 da poter intervenire pure nella fase delle indagini preliminari e  da
 paralizzare  l'azione  penale  in maniera indefinita in contrasto col
 principio d'obbligatorieta' della stessa.
    Appare  poi  in  contrasto  con  l'art.  101, secondo comma, Cost.
 vincolare   il   giudice   penale   all'esito    d'un    procedimento
 amministrativo  in  ordine  alla  sussistenza  d'un reato oppure alla
 configurabilita' d'una causa d'estinzione dello stesso.
    Inoltre, la generica espressione "reati contravvenzionali previsti
 dalle norme urbanistiche vigenti" puo' includere  anche  disposizioni
 attinenti  all'incolumita'  pubblica  ed  alla salute pubblica, onde,
 potendosi la sospensione protrarre  per  un  lungo  periodo,  possono
 venire compromessi beni primari tutelati dagli artt. 32 e 2 Cost.
    Infine,  poiche' la possibilita' di ottenere questa speciale causa
 d'estinzione del reato  e'  demandata  all'autorita'  amministrativa,
 puo'  crearsi  una  disparita'  di  trattamento  tra  chi  ottiene la
 concessione e chi, trovandosi  nelle  medesime  condizioni  stabilite
 nell'art.  13,  non  riesce  a fruirne per una differente valutazione
 della P.A.
    Inoltre,  dovendo  procedersi  ad  un'interpretazione  restrittiva
 dell'ultimo comma dell'art. 22 cit., data la natura  personale  delle
 cause   d'estinzione,   puo'   accadere,   come   nella  specie,  che
 l'estinzione non si applichi al direttore  dei  lavori,  non  essendo
 questi  un  soggetto  legittimato  a  richiedere  la  concessione  in
 sanatoria ex art. 13 cit.  (art.  4  legge  n.  10  del  1977)  cosi'
 determinando un'ulteriore ingiustificata disparita' di trattamento.
    Il  Pretore rileva infine che la finalita' sottesa agli artt. 13 e
 22 cit. e cioe'  ritenere  penalmente  irrilevanti  i  c.d.  illeciti
 formali,  comunque  tutelando beni costituzionalmente garantiti quale
 il paesaggio (art. 9 Cost.)  puo'  essere  raggiunta  attribuendo  al
 giudice   penale  il  potere  d'accertare  le  condizioni  prescritte
 dall'art. 13 cit., si' da eliminare quella possibilita'  d'abuso  del
 diritto  di  difesa  conseguente  ad un ricorso al T.A.R. palesemente
 infondato.
    Le  questioni,  conclude  il  Pretore,  sono poi rilevanti pur non
 essendo trascorso tutto l'iter procedimentale di cui agli artt. 13  e
 22,  perche'  prescindono  dal  rilascio  o meno della concessione in
 sanatoria riguardando, invece, il meccanismo predisposto (sospensione
 dell'azione  penale  e devoluzione all'autorita' amministrativa della
 definizione del  procedimento  penale).  La  sospensione  dell'azione
 penale  e'  infatti  strumentale  rispetto alla decisione della P.A.,
 alla quale, sia essa di accoglimento o di  rigetto  dell'istanza,  il
 giudice penale rimarrebbe soggetto per la decisione del processo.
    1.2. - Nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
 ministri, chiedendo che le questioni siano  dichiarate  inammissibili
 o, comunque, infondate.
    Osserva  l'Avvocatura  generale dello Stato, quanto alla questione
 relativa all'art. 22 nella parte in cui  si  dispone  la  sospensione
 automatica dell'azione penale, che il primo comma dell'art. 22 sembra
 ricollegare la sospensione del giudizio  penale  alla  sola  pendenza
 della  procedura  amministrativa  di  sanatoria  e non anche a quella
 della eventuale fase giurisdizionale  amministrativa,  per  la  quale
 detta   specifica   regola  il  successivo  secondo  comma.  La  fase
 giurisdizionale puo' infatti essere attivata solo  se  la  precedente
 procedura  si  e' conclusa con un diniego e dunque dopo che l'effetto
 sospensivo temporaneo sull'azione penale e' venuto meno. Cio'  sembra
 significare  che, intervenuto il diniego, l'azione penale riprende il
 suo corso ed il processo penale si svolge in parallelo ed in concorso
 con   quello   giurisdizionale  amministrativo  (salvo  eventualmente
 sospendersi  qualora,  in  conseguenza  d'una  pronuncia   definitiva
 d'annullamento  del  diniego da parte del giudice amministrativo, sia
 presentata una nuova istanza di sospensione in  via  amministrativa).
 In  ogni caso, qualora fosse esatta l'interpretazione del Pretore, la
 sospensione non sarebbe sine die  e  comunque  sarebbe  razionalmente
 giustificata  da  un pubblico interesse e quindi non lesiva dell'art.
 112 Cost.
    Quanto  alla questione relativa all'effetto d'estinzione dei reati
 urbanistici ricollegato al rilascio della concessione  in  sanatoria,
 l'Avvocatura rileva preliminarmente che essa appare inammissibilmente
 proposta in via  eventuale  ed  ipotetica.  In  ogni  caso  l'effetto
 estintivo   e'  opera  di  speciale  causa  d'estinzione  del  reato,
 introdotta dal legislatore e  che  quindi  il  giudice  e'  tenuto  a
 rispettare  proprio  in forza dell'art. 101, secondo comma, Cost. Che
 poi la fattispecie cui  l'effetto  estintivo  si  ricollega  comporti
 anche   l'emanazione   d'una   concessione   in  sanatoria  e'  fatto
 irrilevante sul piano costituzionale ove si pensi, da un  lato,  alla
 presunzione   di   conformita'   della   concessione  alla  legge  e,
 dall'altro, al fatto che l'effetto estintivo d'un reato  puo'  talora
 discendere  anche  da  un  negozio  privato, come la remissione della
 querela.
    2.1.  -  Una  questione  in  parte analoga e' stata sollevata, con
 ordinanza del 10 giugno 1986 (Reg. ord. n.  692/86)  dal  Pretore  di
 Mascalucia,  il  quale  denuncia,  in riferimento all'art. 112 Cost.,
 l'art. 22, primo e secondo comma, della legge 28  febbraio  1985,  n.
 47,  e successive modificazioni e integrazioni, in quanto, disponendo
 la sospensione necessaria dell'azione penale in  attesa  che  vengano
 definiti  il  procedimento  di sanatoria o il ricorso giurisdizionale
 amministrativo,  determina  l'impossibilita'  di  concreto  esercizio
 dell'azione penale stessa o la sua procrastinazione sine die.
    Il  giudice  a  quo  osserva innanzitutto che il termine di trenta
 giorni dalla recezione della denuncia entro il quale il  sindaco,  ai
 sensi  dell'art.  4,  ultimo  comma, legge n. 47/85, deve adottare le
 sanzioni amministrative, non ha natura perentoria e quindi la  misura
 amministrativa   (ingiunzione   di  demolizione  o  di  riduzione  in
 pristino)  puo'  essere  "ritardata"  con  conseguente  ritardo   per
 l'ammissibilita'   della   domanda  di  sanatoria  e  della  connessa
 sospensione dell'azione penale. Qualora  poi  il  sindaco  adotti  la
 misura    amministrativa,   il   termine   per   l'adempimento   puo'
 discrezionalmente essere dilazionato all'infinito o,  a  seconda  dei
 casi,   fissato   ad   libitum,   cosi'   consentendo  una  "perenne"
 possibilita' di presentazione  della  domanda  e  di  condizionamento
 all'infinito  della  sospensione  dell'azione penale. Inoltre, l'art.
 13, primo comma, prevede che, al di  la'  della  scadenza  dei  detti
 termini,  la  domanda  di  sanatoria puo' essere presentata "comunque
 fino alla irrogazione delle sanzioni amministrative".  Cio'  dimostra
 sia  che  i  termini  suddetti  hanno  natura  dilatoria sia che essi
 attengono a sanzioni non  definitive  (ossia  alla  "ingiunzione"  di
 demolizione o riduzione in pristino). Cosicche', anche se sia scaduto
 il  termine  fissato  nell'ingiunzione,  il  soggetto   puo'   sempre
 presentare  la  domanda finche' l'autorita' non abbia provveduto alla
 concreta  irrogazione  delle  sanzioni  definitive   (demolizione   o
 acquisizione). E poiche' la legge tace del tutto sul termine entro il
 quale la P.A. debba procedere alle  sanzioni  definitive,  esse  sono
 rimesse alla piena discrezionalita' amministrativa, che puo' pertanto
 procrastinare sine die l'ammissibilita' della domanda di sanatoria  e
 di conseguenza la sospensione dell'azione penale.
    Qualora  poi la P.A. pervenga al provvedimento d'ingiunzione e poi
 alla sanzione definitiva e' sempre possibile che l'autore dell'abuso,
 senza  aver  presentato  domanda di sanatoria, impugni l'ordinanza in
 sede giurisdizionale amministrativa, ottenendone  preliminarmente  la
 sospensiva,  il  che  basta  ad  imporre  la  sospensione dell'azione
 penale. Ne' puo' dimenticarsi che, in pratica, il procedimento potra'
 essere  definito solo dopo parecchi anni, anche perche' il ricorrente
 non ha interesse a presentare l'istanza di fissazione.
    2.2.  -  E'  intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
 chiedendo il rigetto della questione  sulla  base  di  considerazioni
 analoghe  a  quelle  svolte in relazione alla questione sollevata dal
 Pretore di Pizzo.
    3.1.  -  Analoga  questione  di  legittimita'  costituzionale,  in
 riferimento all'art. 112 Cost., dell'art. 22, primo e secondo  comma,
 della  legge  28  febbraio  1985, n. 47, e successive modificazioni e
 integrazioni, in quanto, prevedendo la sospensione dell'azione penale
 a  seguito  della presentazione della domanda di sanatoria, determina
 l'impossibilita' di concreto esercizio dell'azione penale stessa o la
 sua  procrastinazione  sine  die,  e'  stata sollevata dal Pretore di
 Catania, con ordinanza del 9 febbraio 1987 (Reg. ord.  n.  150/87)  e
 dal  Pretore  di Avola, con ordinanza del 19 dicembre 1986 (Reg. ord.
 n. 151/86) entrambe motivate analogamente a  quella  del  Pretore  di
 Mascalucia.
    3.2.  -  In  entrambi  i  giudizi e' intervenuto il Presidente del
 Consiglio dei ministri, riportandosi alle difese svolte nel  giudizio
 promosso dal Pretore di Mascalucia.
    4.   -   Tutte  le  suddette  ordinanze  sono  state  regolarmente
 notificate, comunicate e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale.
                         Considerato in diritto
    1.  -  Le  ordinanze in epigrafe propongono questioni identiche od
 analoghe: le stesse questioni possono, pertanto,  essere  decise  con
 unica sentenza.
    2.  -  Il  primo  problema  che  le  citate  ordinanze pongono, in
 riferimento all'art. 112 Cost., e' quello relativo  alla  sospensione
 dell'azione penale di cui all'art. 22 della legge n. 47 del 1985.
    Le  predette  ordinanze ritengono, sulla base del collegamento tra
 il primo ed il secondo comma del citato articolo 22, che la  predetta
 sospensione  debba protrarsi almeno fino alla decisione del Tribunale
 amministrativo regionale.
    A  dire il vero, la "lettera" del primo comma dell'art. 22 e' tale
 da  non  poter  far  dubitare  della  limitazione  dell'ivi  prevista
 sospensione  del  procedimento  penale  al solo tempo necessario allo
 svolgimento del procedimento amministrativo (non giurisdizionale)  in
 sanatoria.  Anzitutto, una sospensione dell'azione penale tanto ampia
 da protrarsi per lo svolgimento di tutti  o  di  alcuni  procedimenti
 giurisdizionali    amministrativi    sarebbe    stata   espressamente
 specificata gia' nel primo comma; e non ci  si  sarebbe  "rifugiati",
 linguisticamente,    nell'indicazione   del   "genere"   procedimenti
 amministrativi ove si fosse voluto fare specifico  riferimento  anche
 ad  alcuni  od a tutti i procedimenti giurisdizionali amministrativi.
 Ma, di piu', nello stesso primo comma si precisa che "l'azione penale
 rimane  sospesa  finche'  non  siano  stati  esauriti  i procedimenti
 amministrativi di sanatoria di cui al presente capo".
    V'e'  anzitutto  da  sottolineare che, nell'ambito della tesi alla
 quale si riportano le ordinanze  di  rimessione,  davvero  ben  pochi
 sostengono,   di  fronte  agli  ovvi  inconvenienti  pratici  che  ne
 deriverebbero,   che   l'azione   penale   rimanga    sospesa    fino
 all'esaurimento  anche  di  tutte  le  fasi  e gradi dei procedimenti
 giurisdizionali  instaurati  a  seguito  del  diniego  di  sanatoria;
 generalmente ci si limita ad affermare che la sospensione dell'azione
 penale debba protrarsi almeno fino alla decisione del T.A.R. Ma,  ove
 s'acceda  all'interpretazione  qui  contrastata,  e'  appunto  questa
 limitazione che non risulta certamente ne' dalla  lettera  ne'  dalla
 ratio  dell'articolo  22,  tenuto  conto che la disposizione relativa
 alla fissazione d'ufficio dell'udienza dinanzi al T.A.R. non e' certo
 ne'   esplicita  ne'  univoca  determinazione  dell'allargamento  dei
 termini di sospensione del processo penale fino  all'esito  di  tutto
 intero   o   di   alcune   "fasi"   del  procedimento  amministrativo
 giurisdizionale eventualmente instaurato. Ma (e si tratta di decisiva
 considerazione in ordine alla "lettera" del primo comma dell'art. 22)
 nello stesso comma si chiarisce,  come  s'e'  ora  accennato,  che  i
 procedimenti  amministrativi  in  sanatoria sono quelli previsti "nel
 capo I della legge': or non v'e' chi non  riesca  a  controllare  che
 nello  stesso  capo I si tratta solo e soltanto del provedimento (non
 giurisdizionale) amministrativo in sanatoria (oltre, s'intende,  alle
 norme  sostanziali  di  disciplina  ed  alle  sanzioni  per  la  loro
 violazione) e mai (se non nel secondo  comma  dell'art.  22,  che  e'
 stato   "aggiunto",   fra   l'altro,   dal  Senato)  di  procedimenti
 giurisdizionali amministrativi.
    Senonche',  nelle  ordinanze  di  rimessione  si  afferma  che  la
 "lettera" del  secondo  comma  dell'art.  22  sia  in  contrasto  con
 l'interpretazione   qui   sostenuta:   e'  doveroso  pertanto  almeno
 accennare alla natura della sanatoria che, ai sensi del  terzo  comma
 dell'art. 22 della legge in esame, estingue i reati contravvenzionali
 previsti dalle norme urbanistiche vigenti e,  conseguentemente,  alle
 ragioni  della  sospensione  dell'azione penale di cui al primo comma
 dello stesso articolo.
    Va,  intanto,  premesso che la fattispecie penale estintiva di cui
 al capo I della legge in  discussione  e'  nettamente  diversa  dalla
 fattispecie  estintiva di cui al capo quarto: mentre quest'ultima, ai
 sensi del secondo comma dell'art. 38, non necessariamente contiene il
 rilascio  della concessione in sanatoria, la prima, al contrario, non
 puo' non includere la concessione di cui all'art. 13 della  legge  in
 esame.  La  fattispecie  estintiva prevista dal capo quarto contiene,
 per  sintetizzare,  la  domanda  di  concessione  in  sanatoria,   il
 procedimento  relativo,  di  cui  agli  artt.  31  e  35 ed infine il
 versamento  dell'integrale  oblazione  prevista  dal  secondo   comma
 dell'art.  38.  La fattispecie prevista dal capo I della legge e che,
 ai  sensi  del  terzo  comma   dell'art.   22,   estingue   i   reati
 contravvenzionali    urbanistici,   deve,   invece,   necessariamente
 contenere, oltre alla richiesta ed oltre al procedimento in sanatoria
 (che   non   a   caso   e',  nella  rubrica  dell'art.  13,  definita
 "Accertamento  in   conformita'")   ed   oltre   alla   dimostrazione
 dell'avvenuto   versamento   dell'oblazione,  anche  l'effetto,  gia'
 amministrativamente conseguito, del  rilascio  della  concessione  in
 sanatoria.  Mentre una stessa fattispecie, secondo le disposizioni di
 cui al capo IV, risulta estintiva di reati e, di regola  (escluse  le
 ipotesi  d'insanabilita'  delle opere) contemporaneamente costitutiva
 del rilascio della concessione  "amministrativa"  in  sanatoria,  nel
 capo  I  della legge in esame e' prevista una fattispecie costitutiva
 della concessione in sanatoria (di cui all'art. 13) ed altra, diversa
 fattispecie  estintiva  (condizionata dalla perfezione della prima) e
 contenente tutti gli elementi della  prima  oltre  all'effetto,  gia'
 verificatosi,  della medesima: insomma, l'effetto estintivo dei reati
 di cui al terzo  comma  dell'art.  22  si  produce  solo  e  soltanto
 allorche'  e'  gia'  stata  rilasciata la concessione in sanatoria ai
 sensi dell'art. 13 della legge in esame.
   Tutto cio' discende dalla natura dell'"accertamento in conformita'"
 (e della relativa sanatoria)  ex  art.  13,  diversa  da  quella  del
 procedimento  in  sanatoria  di cui all'art. 35: il primo, infatti, e
 non quest'ultimo, si conclude  positivamente  soltanto  allorche'  si
 accerti  che,  gia'  nel  momento  in  cui  sono state realizzate, e,
 tuttora, nel momento della domanda di cui allo  stesso  art.  13,  le
 opere  non  si  rivelano  contrastanti  con gli strumenti urbanistici
 generali e di attuazione, pur essendo state costruite nella  mancanza
 od in difformita' dalla concessione od autorizzazione: la concessione
 in sanatoria di cui all'art. 13 accerta,  pertanto,  la  natura  solo
 "formale" e non "sostanziale" dell'abuso edilizio.
    Si  noti ancora che, gia' prima dell'entrata in vigore della legge
 in discussione, in dottrina, si distingueva la sanatoria propria,  da
 concedere alle opere, abusive, conformi agli strumenti urbanistici in
 vigore al momento della loro esecuzione e la sanatoria impropria,  da
 concedere alle opere che soltanto nel momento della concessione della
 stessa sanatoria, per un mutamento degli strumenti  urbanistici,  non
 erano  (piu') in contrasto con i medesimi. Or l'art. 13, primo comma,
 della legge in  esame  accoglie  la  sanatoria  propria,  non  quella
 impropria: "il responsabile dell'abuso puo' ottenere la concessione o
 l'autorizzazione in sanatoria quando  l'opera,  benche'  eseguita  in
 assenza   della  concessione  od  autorizzazione,  e'  conforme  agli
 strumenti urbanistici generali e di attuazione  approvati  e  non  in
 contrasto  con  quelli  adottati  sia  al momento della realizzazione
 dell'opera sia al momento della presentazione  della  domanda".  Cio'
 significa  che  l'accertamento in sanatoria, di cui all'art. 13 della
 legge, riguarda anche, e soprattutto, la conformita'  agli  strumenti
 urbanistici  delle opere realizzate, gia' all'epoca della costruzione
 delle opere stesse. E'  da  sottolineare,  pertanto,  la  particolare
 natura  della  sanatoria  ex  art. 13 della legge in discussione: tal
 sanatoria presuppone l'accertamento, a seguito di  riesame  "ora  per
 allora"   dell'illiceita'   delle   opere,  l'intrinseca  "giustizia"
 sostanziale delle opere stesse (conformi agli  strumenti  urbanistici
 gia'  nel  momento  della loro costruzione) e vien concessa appunto a
 causa dell'accertata inesistenza del danno urbanistico.  La  mancanza
 di tale danno conduce, in conseguenza, anche all'estinzione del reato
 urbanistico. Ad una  estinzione,  tuttavia,  del  tutto  particolare;
 tant'e'  vero  che, come si dira' oltre, si comunica ai compartecipi.
 Il terzo comma dell'art. 22 adotta la formula "usuale": "il  rilascio
 in  sanatoria estingue i reati contravvenzionali previsti dalle norme
 urbanistiche vigenti"; ma  l'esame  della  particolare  natura  della
 sanatoria  ex art. 13 mostra che l'intera fattispecie estintiva degli
 illeciti penali ha una particolare natura, risolvendosi  essa  in  un
 accertamento   dell'inesistenza   del   danno  urbanistico,  e  cioe'
 dell'inesistenza ex tunc dell'antigiuridicita' sostanziale del  fatto
 di reato.
    S'intende, cosi', la ratio della sospensione dell'azione penale di
 cui al primo comma dell'art. 22 della legge in  discussione:  poiche'
 il rilascio della concessione in sanatoria e' l'ultimo elemento della
 fattispecie  che  produce  l'estinzione  dei  reati  urbanistici,  e'
 davvero "inutile" far svolgere un'azione penale nel momento stesso in
 cui viene posta  in  discussione,  con  l'illiceita'  amministrativa,
 l'antigiuridicita'   penale  (sostanziale)  del  reato,  che  dovra',
 nell'ipotesi di conclusione positiva del procedimento  amministrativo
 in  sanatoria,  esser  dichiarato  estinto.  Ma  s'intende anche che,
 rifiutata la concessione in  sanatoria,  vien  meno  ogni  motivo  di
 deroga    ad    uno    dei    principi   fondamentali   del   sistema
 penalprocessualistico.  Il   giudice   penale   non   ha   competenza
 "istituzionale"  per  compiere  l'accertamento  di  conformita' delle
 opere agli strumenti urbanistici; ma, quand'anche si ritenga  che  lo
 stesso  giudice  abbia la dovuta competenza, sarebbe sempre opportuna
 l'interruzione del processo, almeno al fine  di  evitare  difformita'
 tra  la  decisione  penale  e  quella  dell'autorita' amministrativa.
 Concessa la  sanatoria,  il  danno  (che  sempre  e'  prodotto  dalle
 interruzioni   delle   vicende  processuali)  inerente  al  ritardato
 svolgimento del processo (ritardata acquisizione delle prove ecc.; la
 celerita'  processuale e' gia', per se', un bene che ogni sospensione
 del  giudizio  necessariamente   lede)   risulta   ben   "compensato"
 dall'acquisizione,  in sede penale, d'un atto amministrativo che, per
 sua natura e  per  essere  destinato  dalla  legge  a  completare  la
 fattispecie estintiva dei reati contravvenzionali, consente la rapida
 conclusione del giudizio. Ma, nell'ipotesi di rigetto  della  domanda
 di  sanatoria,  il  bloccare  ulteriormente  le attivita' processuali
 penali per  tempi  generalmente  imprevedibili  (quelli  dovuti  allo
 svolgimento     delle     vertenze     da    risolversi    in    sede
 amministrativo-giurisdizionale) non solo incrementerebbe il danno  al
 quale  s'e'  accennato  ma  rischierebbe  di  renderlo irreversibile,
 senza,  peraltro,  alcuna  garanzia   sull'esito   dei   procedimenti
 giurisdizionali,   instaurati,   ad   libitum,   da  privati,  spesso
 interessati piu' al ritardo che  all'accelerazione  dei  procedimenti
 stessi.  Ma,  in  piu',  il blocco delle attivita' processuali penali
 "per lunghi tempi" non puo' non violare il principio di cui  all'art.
 112  Cost., che, invece, la breve, necessaria sospensione dell'azione
 penale, di cui al primo comma dell'art. 22, sicuramente non lede.
    Deve,  dunque, ritenersi che, ai sensi dell'art. 22 della legge in
 esame, esaurito il procedimento amministrativo in  sanatoria,  i  due
 procedimenti giurisdizionali (ove, s'intende, venga instaurato quello
 amministrativo) debbano  proseguire  autonomamente.  Sara'  cura  dei
 privati   e   del   giudice  amministrativo  accelerare,  sulla  base
 dell'indicazione di cui all'art. 22, secondo comma,  della  legge  47
 del  1985,  il  relativo  giudizio  in  modo  che quello penale possa
 concludersi  con  la  sentenza  di  non  doversi  procedere  ove   il
 contenzioso  amministrativo si concluda, prima e definitivamente, con
 la concessione dell'inizialmente rifiutata sanatoria.
   In  ogni  caso,  neppure  al legislatore e' consentito vulnerare il
 principio costituzionale di cui all'art. 112 Cost.: pertanto,  mentre
 la  temporanea,  limitata  sospensione  dell'azione penale per i fini
 "razionali",  innanzi  precisati,  non  solleva   alcun   dubbio   di
 costituzionalita',  come  s'e'  gia'  rilevato e come questa Corte ha
 piu' volte chiarito, l'interpretazione dell'art. 22  della  legge  in
 esame  proposta dai giudici a quibus, viola, certamente, il principio
 dell'obbligatorieta' dell'esercizio dell'azione penale. E non  v'  e'
 dubbio  che  tra due interpretazioni d'una legge ordinaria dev'essere
 preferita   quella   che   non   solleva   dubbi   di    legittimita'
 costituzionale.
    A  conforto della tesi qui sostenuta valgono, ancora, due rilievi.
    Il  primo  attiene  all'impossibilita' di ravvisare, nella specie,
 una "classica"  pregiudiziale,  quale  configurata  dalla  tradizione
 dottrinale  od  una  pregiudiziale  amministrativa  (facoltativa)  al
 giudizio penale ex art. 20 c.p.p.  Sarebbe  ravvisabile  la  "tipica"
 relazione  di  pregiudizialita'  allorche'  l'inizio del procedimento
 penale fosse subordinato all'accertamento negativo di  corrispondenza
 delle   opere   realizzate   alla  normativa  urbanistica,  da  parte
 dell'autorita' amministrativa. Cio' non avviene nella specie. Ne'  in
 questa  sono ravvisabili i presupposti per l'applicabilita' dell'art.
 20 c.p.p.
    Il  secondo  rilievo,  connesso al primo: se il legislatore avesse
 inteso  disporre  una  pregiudiziale  interamente  devolutiva   circa
 l'abusivita'  delle opere realizzate avrebbe certamente protratto (ed
 esplicitamente) i termini  di  sospensione  dell'azione  penale  fino
 all'esito  definitivo  del  giudizio  amministrativo.  E, si badi, la
 questione in  esame  non  puo'  non  essere  stata  considerata,  dal
 legislatore,  tenuto  conto  che  il testo approvato dalla Camera dei
 deputati faceva riferimento ai soli procedimenti di sanatoria e  che,
 appunto  perche'  interpretati  come  quelli  pendenti esclusivamente
 dinanzi  all'autorita'   amministrativa   non   giurisdizionale,   ha
 provocato  l'inserimento  del secondo comma dell'art. 22 da parte del
 Senato.
    Restano,  dunque,  la  lettera del primo comma e la ratio di tutto
 l'art.   22   a    definitivamente    confermare    l'interpretazione
 "restrittiva" in ordine alla sospensione dell'azione penale di cui al
 primo comma dell'art. 22 della legge in esame ed a far ritenere  che,
 appunto per l'ipotesi d'instaurazione di procedimenti giurisdizionali
 amministrativi sulla negata sanatoria, si sia inteso, con il  secondo
 comma  dello stesso articolo, tenuto conto dell'autonoma prosecuzione
 del procedimento penale, accelerare il primo procedimento,  affinche'
 l'eventuale    provvedimento    giurisdizionale   amministrativo   di
 concessione della sanatoria non trovi gia' concluso  il  procedimento
 penale.
    In  base  a quanto sopra precisato, la sospensione del corso della
 prescrizione indubbiamente opera, ai sensi dell'art. 59 c.p. (essendo
 la  sospensione  del  procedimento  penale imposta da una particolare
 disposizione di legge)  ma,  ovviamente,  per  il  solo  tempo  della
 predetta  sospensione  e  cioe'  fino  al  termine  del  procedimento
 amministrativo (non giurisdizionale) in sanatoria previsto dal capo I
 della legge in esame.
    3.  -  La  seconda  questione sollevata dalla citata ordinanza del
 Pretore  di  Pizzo  attiene  all'assunta  violazione  dell'art.  101,
 secondo  comma,  Cost.: si sostiene dal giudice a quo che, vincolando
 il giudice penale all'esito d'un procedimento amministrativo,  l'art.
 22,  terzo  comma, subordini il giudice penale ad altro giudice e non
 alla legge.
    La  questione  va  dichiarata ammissibile, essendo stata invocata,
 nel procedimento a quo, l'applicazione  del  citato  articolo  22  ed
 essendo stata chiesta la sospensione del procedimento penale ai sensi
 dello stesso articolo.
    Gia'  l'enunciazione dell'assunto di merito rivela la "fragilita'"
 della proposta questione:  a  voler  seguire  lo  stesso  assunto  si
 dovrebbe  giungere  a  sostenere  che  tutte le volte in cui la legge
 impone al giudice penale d'attenersi ad accertamenti  extragiudiziali
 lo subordini non alla legge ma ad altre autorita' o ad altri giudici.
    Nella   specie,   va   in   ogni  caso  rilevato,  non  si  tratta
 dell'accertamento dell'esistenza d'un reato, che un  giudice  diverso
 da  quello  penale  "svolgerebbe" ma dell'accertamento d'una speciale
 causa d'estinzione.
    Chi,  peraltro,  sostenesse  che  l'accertamento della conformita'
 delle opere agli strumenti  urbanistici  vada  demandata  al  giudice
 penale   spoglierebbe   l'autorita'   amministrativa   delle  proprie
 istituzionali competenze.
    D'altro  canto, l'art. 22 della legge in esame non puo' certamente
 essere letto, come e' stato efficacemente sottolineato, nel senso che
 l'autorita' amministrativa costituisca una specie di "filtro" di cio'
 che deve assumere  rilevanza  nel  procedimento  penale:  il  giudice
 penale,   oltre   all'accertamento   sull'esistenza,   in   concreto,
 dell'intera fattispecie estintiva prevista dal capo I della legge  in
 discussione,  conserva  tutti  i poteri che l'ordinamento normalmente
 gli  conferisce  in  ordine  alla  valutazione   della   legittimita'
 dell'atto  amministrativo. E non si puo' dubitare che la sanatoria ex
 art. 13 sia un atto amministrativo.
    4.  -  Poiche',  come  si e' chiarito, la sospensione del processo
 penale ex art. 22, primo comma,della legge in  discussione  non  puo'
 prolungarsi  "a  tempo indeterminato", come teme il Pretore di Pizzo,
 va dichiarata non fondata la sollevata questione di costituzionalita'
 del  precitato  art.  22,  in riferimento agli artt. 32 e 2 Cost. Non
 potendosi la predetta sospensione protrarre "per  lungo  tempo",  non
 puo'   neppure   compromettere  i  beni  costituzionalmente  tutelati
 dell'incolumita' pubblica e della salute pubblica, nelle  ipotesi  in
 cui  si proceda per reati violativi delle norme urbanistiche previsti
 da leggi (come la legge antisismica n. 64 del 1974 od il Testo  unico
 delle   leggi   sanitarie   n.  1265  del  1934)  diverse  da  quelle
 specificatamente "urbanistiche".
    5.  -  Ammissibile,  ma  infondata  nel merito, e' la questione di
 costituzionalita' dell'art. 22 della legge 28 febbraio 1985,  n.  47,
 sollevata  dal  Pretore  di  Pizzo,  in riferimento all'art. 3 Cost.,
 secondo la quale il  predetto  art.  22  creerebbe  un'ingiustificata
 disparita'  di  trattamento  tra  chi  ottiene  la concessione e chi,
 trovandosi nelle stesse condizioni ( ex art. 13) non riesce a fruirne
 per una differente valutazione della Pubblica Amministrazione.
    Poiche'  il  Pretore  di  Pizzo  riferisce  che  gli  imputati nel
 procedimento a quo hanno presentato regolare domanda di sanatoria, ex
 art.  13  della  legge  n. 47 del 1985, al competente Comune ed hanno
 invocato l'applicazione dell'art. 22 della stesse legge, chiedendo la
 sospensione  del  procedimento  penale,  la  proposta  questione deve
 ritenersi ammissibile.
    La  stessa questione va dichiarata infondata nel merito, giacche',
 a parte il rilievo  che  sempre  e'  data  l'"astratta"  possibilita'
 d'esser  diversamente  trattati da diverse autorita' amministrative o
 giurisdizionali, le decisioni  amministrative  in  sanatoria,  ed  in
 particolare  il diniego di sanatoria ex art. 13, rimangono pur sempre
 soggette alle revisioni, ossia ai giurisdizionali  (e  non)  "rimedi"
 legislativamente previsti.
    6.   -  Data  la  particolare  natura,  innanzi  precisata,  della
 sanatoria ex art. 13 della legge n. 47 del 1985, deve  ritenersi  che
 la  sospensione del processo penale e l'estinzione del reato, chiesta
 da uno dei concorrenti giovi anche agli altri.  Poiche'  la  predetta
 sanatoria  e'  concessa  a  seguito  dell'accertamento  che mai si e'
 prodotto un danno  urbanistico  e  poiche'  l'estinzione  del  reato,
 conseguentemente,  e'  dovuta  alla  "constatazione" dell'inesistenza
 dell'antigiuridicita' sostanziale del fatto imputato, a  prescindere,
 pertanto,  del  tutto da valutazioni personali, sarebbe "irrazionale"
 che un'estinzione determinata da tale "constatazione", e cioe' da  un
 dato  che  attiene  all'oggettivita' lesiva del fatto, giovi ad uno e
 non ad altro concorrente. Come la dottrina ha sottolineato, quel  che
 viene  in  rilievo,  nella  causa  estintiva di cui all'art. 22 della
 legge in esame, non e' la posizione dei singoli ma la  mancanza  d'un
 disvalore  oggettivo  del  fatto.  Una  ragione  in  piu',  deve  qui
 aggiungersi,  per  esaminare,   particolarmente,   le   ragioni,   il
 fondamento ed i meccanismi operativi delle diverse cause d'estinzione
 (la fattispecie estintiva di cui al capo I della legge n. 47 del 1985
 e',  come s'e' gia' sottolineato, diversa da quella di cui al capo IV
 della  stessa  legge)  e  per   non   includere   (senza   i   dovuti
 approfondimenti relativi alle singole cause) nel concetto generale di
 causa d'estinzione del reato ipotesi  tanto  varie  e  produttive  di
 effetti  tanto  diversi che la comune c.d. "estinzione del reato" non
 vale certo a formalisticamente unificare.
    L'espressione  "il  responsabile  dell'abuso", di cui all'art. 13,
 primo comma, va, pertanto, interpretata come legittimazione di  tutti
 i concorrenti, appunto responsabili dell'abuso, a proporre la domanda
 in sanatoria prevista dallo stesso articolo.
    La  questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 22 della
 legge 28 febbraio 1985 n. 47, sollevata, in  riferimento  all'art.  3
 Cost.,  dal  Pretore  di  Pizzo (questione secondo la quale lo stesso
 articolo determinerebbe un'ingiustificata disparita'  di  trattamento
 tra  i  diversi  concorrenti  nel  reato)  va, dunque, dichiarata non
 fondata nei sensi di cui in motivazione.  Tale  disparita',  infatti,
 non esiste, in quanto della norma impugnata va data l'interpretazione
 innanzi precisata.