ha pronunciato la seguente SENTENZA nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 37 del t.u. 23 gennaio 1973, n. 43, (Disposizioni urgenti in materia tributaria), promossi con le seguenti ordinanze: 1) ordinanza emessa il 2 aprile 1982 dal Tribunale di Catania nel procedimento civile vertente tra la Societa' Esercizio magazzini generali di Catania e l'Amministrazione finanziaria dello Stato, iscritta al n. 761 del registro ordinanze 1982 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 81 dell'anno 1983; 2) ordinanza emessa il 2 aprile 1982 dal Tribunale di Catania nel procedimento civile vertente tra la ditta Garibaldi e l'Amministrazione finanziaria dello Stato, iscritta al n. 762 del registro ordinanze 1982 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 81 dell'anno 1983; 3) ordinanza emessa il 5 luglio 1984 dalla Corte di appello di Genova nel procedimento civile vertente tra la s.p.a. San Giacomo provveditorie marittime e l'Amministrazione finanziaria dello Stato, iscritta al n. 1175 del registro ordinanze 1984 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 62 bis dell'anno 1985. Visti gli atti di costituzione della Societa' Esercizio magazzini generali, della ditta Garibaldi e della s.p.a. San Giacomo provveditorie marittime, nonche' gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nell'udienza pubblica del 26 gennaio 1988 il Giudice relatore Francesco Saja; Uditi l'avv. Ugo Monterosso per la Soc. Esercizio magazzini generali e la ditta Garibaldi e l'Avvocato dello Stato Ivo M. Braguglia per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto 1. Nel corso di un procedimento avente ad oggetto l'opposizione della Societa' esercizio magazzini generali ad un'ingiunzione emessa dall'Ufficio di Catania per diritti doganali gravanti su merci gia' in deposito e risultanti mancanti nel corso di una verifica straordinaria, il Tribunale della stessa citta', con ordinanza del 2 aprile 1982 (reg. ord. n. 761 del 1982), sollevava, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., questione di legittimita' costituzionale dell'art. 37 d.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43, come autenticamente interpretato dall'art. 22 ter d.l. 31 ottobre 1980 n. 693, conv. in l. 22 dicembre 1980 n. 891. Il citato art. 37 stabiliva doversi considerare come non avverato il presupposto dell'obbligazione tributaria doganale in caso di "perdita o distruzione della merce per caso fortuito o forza maggiore o per fatti imputabili a titolo di colpa non grave a terzi o allo stesso soggetto passivo". Il citato art. 22 ter, poi, stabiliva che la parola "perdita" dovesse essere intesa nel significato di dispersione, ma non di sottrazione della disponibilita' del prodotto. Il Tribunale, premesso che nel caso di specie la merce era stata oggetto di furto, riteneva che il suo assoggettamento al tributo malgrado l'assenza di qualsiasi colpa del soggetto passivo desse luogo ad un'ingiustificata disparita' di trattamento rispetto ai casi in cui la merce stessa fosse andata perduta o distrutta, e percio' ad una violazione dell'art. 3 Cost. L'assoggettamento a tributo di merce sottratta sembrava inoltre al collegio rimettente interrompere qualsiasi collegamento tra l'imposizione e la capacita' contributiva del cittadino, intesa come indice concretamente rivelatore di ricchezza, e percio' pareva dar luogo ad un contrasto della norma impugnata con l'art. 53 Cost. 2. La stessa questione di legittimita' costituzionale veniva sollevata dal medesimo Tribunale con ordinanza in pari data (n. 762 del 1982), in procedimento iniziato dall'impresa Garibaldi, nonche' dalla Corte d'appello di Genova con ordinanza del 5 luglio 1984 (n. 1175 del 1984) in procedimento s.p.a. San Giacomo provveditorie marittime. 3. In tutti i giudizi interveniva la Presidenza del Consiglio dei ministri, osservando che l'assoggettamento al tributo della merce oggetto di furto, a differenza di quella distrutta, si giustificava con la presunzione della sua immissione al consumo; ne', ai fini della capacita' contributiva, poteva rilevare lo stato soggettivo di assenza di qualsiasi negligenza del contribuente, posto che il debito d'imposta sorgeva con il fatto oggettivo della destinazione della merce al consumo entro il territorio doganale. Nel giudizio n. 1175 del 1984 la Presidenza del Consiglio notava come la Corte di giustizia delle Comunita' europee, sollecitata dal Tribunale di Catania ex art. 177 del Trattato CEE, avesse negato che la direttiva del Consiglio n. 79/623 del 25 giugno 1979, escludendo l'obbligazione doganale per perdita definitiva o distruzione totale della merce, si riferisse anche alla sottrazione. In conclusione la questione doveva ritenersi infondata. 4. La Societa' esercizio magazzini generali di Catania e la s.p.a. San Giacomo provveditorie marittime si costituivano (la seconda tardivamente), aderendo alle argomentazioni delle ordinanze di rimessione. 5. In prossimita' dell'udienza le parti depositavano memorie, insistendo nelle loro richieste. In particolare la Societa' Esercizio magazzini generali sosteneva l'irretroattivita' della norma impugnata, di carattere non interpretativo, ossia la sua non applicabilita' al caso di specie. Considerato in diritto 1. I giudizi promossi con le tre ordinanze in epigrafe hanno identico contenuto e pertanto debbono essere riuniti e decisi con unica sentenza. 2. L'art. 37 d.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43, come interpretato autenticamente dall'art. 23 ter d.l. 31 ottobre 1980 n. 693, convertito nella l. 22 dicembre 1980 n. 891, stabilisce che l'obbligazione doganale e' esclusa in caso di perdita della merce, da intendere come dispersione e non pure come sottrazione della disponibilita' della stessa. I giudici rimettenti dubitano che tale disposizione contrasti: a) con il principio di eguaglianza (art. 3 Cost.), in quanto tratterebbe in modo ingiustificatamente deteriore, nell'ambito della categoria degli importatori, il soggetto che, avendo subito una sottrazione, e' stato privato del bene e tuttavia viene assoggettato al tributo; b) con il principio della capacita' contributiva (art. 53 Cost.), in quanto non collegherebbe il tributo ad un indice concretamente rivelatore di ricchezza. 3. Al riguardo occorre premettere che l'art. 36, primo comma, d.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43 stabilisce testualmente, quale presupposto dei diritti di confine sulle merci estere (i piu' importanti nell'ambito dei diritti doganali: art. 24 d.P.R. cit.), la loro destinazione al consumo entro il territorio doganale: destinazione da indicare nella dichiarazione ex art. 56 d.P.R. cit., con cui l'operatore economico rende noto all'Amministrazione finanziaria l'intenzione di importare definitivamente la merce stessa. Aggiunge l'art. 37 che si considera non avvenuto il presupposto dell'obbligazione tributaria quando il soggetto passivo dimostri, tra l'altro, che la mancanza in tutto o in parte della merce (estera) dipende dalla sua "perdita"; ed il citato art. 22 ter del cit. d.l. n. 693 del 1980 convertito dalla legge n. 891 del 1980, interpretando autenticamente la suddetta espressione "perdita", dispone - come s'e' detto - che essa va intesa come "dispersione" e non come "sottrazione della disponibilita' del prodotto". Tale norma, com'e' chiaro, da' rilievo unicamente all'elemento oggettivo, nel senso che esclude l'obbligazione tributaria soltanto se la merce, per essere venuta meno nella sua consistenza fisica, non possa essere immessa nel circuito commerciale nazionale; per contro, non attribuisce importanza al fatto che tale immissione avvenga ad opera dell'importatore ovvero di persona che ne abbia acquistato la materiale disponibilita' anche mediante reato. E' appena il caso di aggiungere che la disposizione impugnata, secondo l'intenzione del legislatore esplicitamente dichiarata nel capoverso dell'art. 23 ter cit., ha funzione interpretativa e percio' efficacia retroattiva, consentita nel nostro sistema costituzionale, che la esclude soltanto nella materia penale. 4. Cio' premesso, osserva la Corte che le ordinanze di rimessione deducono, come gia' si e' detto, la violazione del principio di eguaglianza in quanto il legislatore irrazionalmente avrebbe distinto tra "dispersione" e "sottrazione della disponibilita' del prodotto". La proposta questione non e' fondata. L'obbligazione tributaria doganale per le merci e' indissolubilmente collegata all'ingresso delle medesime nel mercato nazionale, e proprio in cio' trova il suo fondamento e la sua ragion d'essere. La distruzione od il completo deterioramento dei beni rendono impossibile tale ingresso e percio' impediscono il sorgere dell'obbligazione tributaria. Per converso, la perdita della soggettiva disponibilita' non rende il bene inutilizzabile, trasferendosi soltanto ad altra persona la concreta possibilita' di disporne e di effettuarne cosi' l'immissione nel circuito commerciale: dal che consegue l'esclusione di una immutazione oggettiva della situazione da cui nasce l'obbligazione tributaria, conformemente a quanto disposto dalla normativa impugnata. 5. Vale aggiungere che tale disciplina, essendo connaturata, secondo la comune concezione, alla finalita' intrinseca del tributo doganale, non e' esclusiva del nostro Paese, ma e' significativamente accolta in altri ordinamenti. Essa, invero, si applica nell'ambito della Comunita' economica europea, secondo il disposto della direttiva del Consiglio delle Comunita' 25 giugno 1979 n. 623, emanata per armonizzare le diverse norme nazionali sull'obbligazione doganale (art. 4): ed in tale senso e' la sentenza della Corte di giustizia emessa dalla IV Sez. il 5 ottobre 1983 in cause 186 e 187/82, la quale ha espressamente dichiarato la disciplina italiana, attualmente impugnata, conforme a quella comunitaria. Inoltre la stessa regola e' accolta, al di la' dello spazio europeo, anche su piano internazionale, in base alla convenzione di Kioto 18 maggio 1973 sulla semplificazione ed armonizzazione dei regimi doganali: essa, infatti, dopo aver disposto al punto 22 dell'allegato E3 che "les marchandises entrepose'es qui sont de'truites ou irre'me'diablement perdues, par suite d'accident ou de force majeure, ne sont pas soumises au droits et taxes a' l'importation", precisa poi nell'allegato B1 che "les marchandises vole'es ne sont pas conside're'es de'truites ou irre'mediablement perdues". 6. Da tutto cio' discende chiaramente come il principio di eguaglianza sia stato invocato fuor di proposito per effetto della diversita' - generalmente riconosciuta - delle due situazioni messe a raffronto, non sussistendo nell'una, a differenza dell'altra, la possibilita' di immissione in commercio della merce importata. Ne' certo possono valere le affermazioni, peraltro assiomatiche e approssimative, svolte dalle ordinanze in base a pretese ragioni d'equita', giacche', a parte ogni altra, intuitiva considerazione, e' evidente come sia il contribuente stesso a decidere spontaneamente di tenere in deposito le merci destinate alla circolazione commerciale, sicche' il rischio, che dipende dalla sua scelta, deve essere da lui sopportato senza che sia possibile addossarlo all'Amministrazione finanziaria. 7. Circa il riferimento all'art. 53 Cost., dopo quanto e' stato sopra osservato sono sufficienti brevissime notazioni. Invero, la capacita' contributiva consiste, com'e' noto, nell'idoneita' ad eseguire la prestazione coattivamente imposta, correlata non gia' alla concreta capacita' del singolo contribuente, bensi' al presupposto economico al quale l'obbligazione e' collegata. Quando tale presupposto sussista e sia, come nella specie, non irragionevolmente definito dal legislatore, l'imposizione della prestazione tributaria e' certamente legittima, e gli accadimenti successivi non sono idonei, salvo diversa disposizione di legge, ad escludere la sussistenza dell'indicato presupposto. Conseguentemente risulta del tutto irrilevante che in concreto il contribuente consegua o no l'utilita' sperata, restando inalterato, per quanto si e' detto, il rapporto tributario. Devesi in conclusione ritenere che, sotto entrambi i profili dedotti, la proposta questione non e' fondata.