ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale degli artt. 1, secondo
 comma, e 2, della legge 8 luglio 1980, n. 319 (compensi spettanti  ai
 periti,  ai  consulenti  tecnici,  interpreti  e  traduttori  per  le
 operazioni eseguite a richiesta dell'autorita' giudiziaria)  e  degli
 artt.  1,  2,  3, 4, 6, 8, 11, 13, 14, 15 e 17 del d.P.R. 14 novembre
 1983, n. 820 (Approvazione delle tabelle contenenti la  misura  degli
 onorari  fissi  e  di  quelli  variabili  dei periti e dei consulenti
 tecnici ecc.), promosso con ordinanza emessa il 7 novembre  1984  dal
 Tribunale  di Messina, iscritta al n. 355 del registro ordinanze 1985
 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  226-  bis
 dell'anno 1985;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 24 febbraio 1988 il Giudice
 relatore Francesco Saja;
    Ritenuto  che nel giudizio di opposizione ex art. 11 della legge 8
 luglio 1980, n. 319 avverso il  decreto  del  giudice  istruttore  di
 liquidazione  dell'onorario  al  consulente  tecnico  di  ufficio  il
 Tribunale di Messina ha sollevato d'ufficio questione di legittimita'
 costituzionale,  in  riferimento  agli  artt.  3,  101  e  104  della
 Costituzione, degli artt. 1, secondo comma, e 2 della legge 8  luglio
 1980,  n.  319,  nella  parte in cui - disponendo che gli onorari dei
 consulenti tecnici sono variabili, fissi o commisurati al tempo e che
 la misura di quelli variabili e' stabilita con tabelle redatte avendo
 riguardo alle tariffe professionali -  consentono  la  determinazione
 degli onorari variabili dei consulenti tecnici secondo la percentuale
 sul valore della controversia e, conseguentemente, limitano al  detto
 criterio  la  determinazione quantitativa delle prestazioni soggette,
 senza tenere nella  debita  considerazione  la  natura  pubblicistica
 dell'incarico;
      che  inoltre  il  dubbio di legittimita' costituzionale e' stato
 esteso sia all'art. 1 del d.P.R. 14  novembre  1983,  n.  820,  nella
 parte  in  cui  stabilisce che, per la determinazione degli onorari a
 percentuale, si abbia riguardo, per la consulenza tecnica, al  valore
 della controversia, sia agli artt. 2, 3, 4, 6, 8, 11, 13, 14, 15 e 17
 del d.P.R. sopracitato che determinano, per i consulenti tecnici, gli
 onorari a percentuale per una serie di prestazioni;
      che,  secondo  il giudice rimettente, il criterio del compenso a
 percentuale sul valore  della  controversia  viola  il  principio  di
 eguaglianza  sancito dall'art. 3 Cost., privilegiando ingiustamente i
 consulenti tecnici delle cause di  valore  piu'  elevato  rispetto  a
 quelli  delle  cause  di  minor  valore,  nonostante  che  a  tutti i
 consulenti  tecnici  d'ufficio  sia  richiesto  il  massimo   impegno
 professionale,  e determinando, cosi', una disparita' di trattamento,
 non sanabile neppure con l'esercizio della facolta' di aumento  degli
 onorari  fino  al  doppio, prevista dall'art. 5 della citata legge n.
 319 del 1980;
      che  e'  intervenuto  il  Presidente del Consiglio dei ministri,
 sostenendo, in primo luogo,  l'inammissibilita'  della  questione  di
 legittimita' costituzionale sollevata in ordine al d.P.R. 14 novembre
 1983,  n.  820  che,  in  quanto  atto  amministrativo,  sarebbe   da
 considerare   estraneo   alle   previsioni  dell'art.  134  Cost.  ed
 argomentando, inoltre, per l'infondatezza della questione concernente
 gli artt. 1, secondo comma, e 2 della legge 8 luglio 1980, n. 319;
      che,  secondo  l'interveniente,  non  possono essere considerate
 irragionevoli o lesive del principio di eguaglianza  le  disposizioni
 della legge n. 319 del 1980, che prevedono per i consulenti d'ufficio
 onorari variabili secondo criteri e misure rimessi ad  un  successivo
 provvedimento  amministrativo,  in  quanto  esse  consentono di tener
 conto,   in   sede   applicativa,   di   situazioni    oggettivamente
 diversificate  e  stabiliscono il principio del contemperamento delle
 disposizioni delle tariffe professionali, assunte come  parametro  di
 riferimento, con la natura pubblicistica dell'incarico;
      che,   ad   avviso   dell'interveniente,  l'ipotesi  prospettata
 nell'ordinanza di rinvio, secondo cui i consulenti potrebbero  essere
 indotti  ad aumentare artificiosamente i valori stimati allo scopo di
 far lievitare i loro compensi, rientra nella patologia  e  non  nella
 fisiologia  della  funzione  e  non  puo'  percio' essere addotta per
 sostenere il contrasto della normativa impugnata con gli artt. 101  e
 104   Cost.,   soprattutto   in  considerazione  del  fatto  che  gli
 accertamenti dei consulenti restano soggetti al  vaglio  critico  del
 giudice, peritus peritorum;
    Considerato  che il d.P.R. 14 novembre 1983 n. 820, che approva le
 tabelle  contenenti  la  misura  degli  onorari  fissi  e  di  quelli
 variabili  dei  periti  e  dei  consulenti tecnici, per le operazioni
 eseguite su disposizione dell'autorita' giudiziaria in materia civile
 e  penale,  non puo' essere qualificato atto avente forza di legge ed
 e' percio' sottratto al sindacato di questa Corte;
      che  pertanto  va  dichiarata  manifestamente  inammissibile  la
 questione di legittimita' costituzionale degli artt. 1, 2, 3,  4,  6,
 8, 11, 13, 14, 15 e 17 del citato d.P.R.;
      che  le disposizioni contenute negli artt. 1, secondo comma, e 2
 della legge 8 luglio 1980,  n.  319  -  alle  quali  va  limitato  il
 riscontro  di legittimita' costituzionale - non appaiono in contrasto
 con l'art. 3 Cost., perche' la previsione, per i  consulenti  tecnici
 d'ufficio, di onorari variabili, "con tabelle redatte con riferimento
 alle   tariffe   professionali...   concernenti   materie   analoghe,
 contemperate  dalla natura pubblicistica dell'incarico", consente, da
 un lato, di adeguare gli onorari stessi a  situazioni  diverse  e  di
 ancorare,  con  la  necessaria elasticita', i compensi dei consulenti
 d'ufficio  a  quelli  degli  altri  professionisti;  essa   permette,
 dall'altro  lato,  di  tenere  nel  debito  conto  sia  la  specifica
 posizione  dei  consulenti  tecnici  d'ufficio  (che  agiscono   come
 ausiliari del giudice e non sono percio' assimilabili ai soggetti che
 lavorano in regime di lavoro autonomo) sia  l'esigenza  di  mantenere
 entro  limiti  ragionevoli  le  spese  giudiziali grazie ad opportuni
 correttivi;
      che  in  particolare  la  normativa  censurata non e' di per se'
 idonea a dar  vita  alle  ingiustificate  disparita'  di  trattamento
 denunciate  nell'ordinanza di rinvio, soprattutto se si considera che
 il giudice e' chiamato a determinare gli  onorari  variabili  tenendo
 conto delle difficolta' dell'indagine, della completezza e del pregio
 della prestazione fornita (art. 2, secondo comma, legge  n.  319  del
 1980)  ed  ha facolta' di aumentare fino al doppio gli onorari per le
 prestazioni di eccezionale  importanza,  complessita'  e  difficolta'
 (art. 5 legge cit.);
      che,  in  un  siffatto  contesto  normativo,  l'esistenza di una
 correlazione (come si e' visto non assoluta e non automatica) tra  il
 valore  economico  della  controversia  e la misura degli onorari dei
 consulenti tecnici d'ufficio e' tutt'altro che irrazionale,  giacche'
 essa riflette il grado, normalmente differente, di complessita' delle
 indagini e delle  attivita'  strumentali  svolte  dal  consulente  in
 controversie  di  differente  valore  economico  ed  e',  inoltre, da
 considerare collegata alla misura delle responsabilita'  assunte  dal
 consulente  stesso per gli eventuali danni che egli abbia a cagionare
 alle parti;
      che  infine  -  come e' stato giustamente osservato nell'atto di
 intervento della Presidenza del Consiglio dei ministri -  le  censure
 di illegittimita' costituzionale formulate con riferimento al rischio
 di  parzialita'  del  consulente  tecnico  d'ufficio,   che   sarebbe
 interessato   ad  un  artificioso  aumento  dei  valori  stimati  per
 aumentare la misura del proprio onorario, si appuntano esclusivamente
 sulla  patologia  della  funzione,  ignorando,  tra  l'altro,  che al
 giudice  spetta  il  controllo  sull'utilita'  e   necessita'   degli
 accertamenti posti in essere dai consulenti;
      che  per  le  ragioni  sopraesposte la questione di legittimita'
 costituzionale degli artt. 1, secondo comma, e 2 della legge  n.  319
 del 1980 va dichiarata manifestamente infondata;
    Visti  gli  artt.  26  legge  11 marzo 1953, n. 87 e 9 delle Norme
 integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;