ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 265 del r.d. 25
 luglio 1940, n. 1077  ("Regolamento  sui  Servizi  del  lotto  e  sul
 personale delle ricevitorie"), nel testo sostituito dall'art. 8 della
 legge 6 giugno 1973, n. 341 ("Norme in  materia  di  personale  delle
 ricevitorie  del  lotto")  promosso con ordinanza emessa il 21 maggio
 1980 dal TAR per  la  Sicilia  sul  ricorso  proposto  da  D'Ambrogio
 Sebastiano conto l'Intendenza di Finanza di Palermo ed altro iscritta
 al n. 263 del registro ordinanze 1981  e  pubblicata  nella  Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 255 dell'anno 1981;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 24 febbraio 1988 il Giudice
 relatore Vincenzo Caianiello;
                           Ritenuto in fatto
    L'Intendente  di  finanza  di  Palermo  con  provvedimento dell'11
 settembre 1979, dispose la sospensione immediata dal servizio e dalla
 corresponsione  dei  conseguenti emolumenti dell'aiuto ricevitore del
 lotto signor Sebastiano D'Ambrosio.
    Con  ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia,
 notificato  all'Intendente  ed  al  Ministro  delle  finanze   presso
 l'Avvocatura  distrettuale dello Stato di Palermo il 20 novembre 1979
 e depositato  in  Segreteria  il  14  dicembre  1979,  il  D'Ambrosio
 impugno' il provvedimento dell'intendente di finanza.
    Nel  ricorso  chiese  l'annullamento  del provvedimento impugnato,
 limitatamente  alla  parte  con  la  quale  era  stata  disposta   la
 sospensione  della corresponsione degli emolumenti, previa rimessione
 alla   Corte   costituzionale   della   questione   di   legittimita'
 costituzionale dell'art. 265 R.D. 25 luglio 1940, n. 1077, sostituito
 dall'art. 8 della legge 6 giugno 1973, n. 341.
    Con  ordinanza  in data 21 maggio 1980 il Tribunale amministrativo
 adito,  sollevava  questione  di  legittimita'  costituzionale  della
 cennata norma, in riferimento all'art. 3 Cost.
    Secondo  il  giudice  a  quo, la questione non poteva considerarsi
 manifestamente  infondata,   contrastando   con   il   principio   di
 uguaglianza  l'avere  riservato  ai  pubblici dipendenti addetti alle
 ricevitorie del lotto un  trattamento  deteriore  rispetto  a  quello
 dettato per la generalita' degli impiegati civili dello Stato.
    Non  si  sono  costituite  le parti, ne' ha spiegato intervento la
 Presidenza del Consiglio dei ministri.
                         Considerato in diritto
    1.  -  Oggetto  della  questione di legittimita' costituzionale e'
 l'art.  265,  quinto  comma,  del  R.D.  25  luglio  1940,  n.   1077
 ("Regolamento   sui   servizi   del   lotto  e  sul  personale  delle
 ricevitorie"), nel testo sostituito dall'art. 8 della legge 6  giugno
 1973,  n.  341, ("Norme in materia di personale delle ricevitorie del
 lotto"), il  quale  prevede  che  al  dipendente  del  lotto  sospeso
 cautelarmente  dal  servizio,  a  seguito  di  ordine o di mandato di
 cattura, non spetti l'assegno alimentare di cui al quarto comma dello
 stesso articolo.
    2.  -  La questione, sollevata in riferimento all'art. 3 Cost., e'
 fondata.
    E' regola generale del rapporto di pubblico impiego quella secondo
 cui  al  dipendente  sospeso  cautelarmente  dall'impiego  spetti  un
 assegno  alimentare determinato in una certa misura (per i dipendenti
 statali in genere, v. art. 92 ultimo  comma,  del  d.P.R.  n.  3  del
 1957).
    La ratio della norma consiste nel garantire comunque al dipendente
 un  sussidio,  che,  secondo  un'opinione  pacifica,  non  ha  natura
 retributiva  essendo  previsto  per  consentirgli  di  sopperire alle
 necessita' sue e della famiglia.
    Appare   percio'   ingiustificatamente   discriminatorio   che  al
 personale delle ricevitorie del lotto, prima che  ne  fosse  disposta
 l'immissione  nei  ruoli  organici  dell'amministrazione  centrale  e
 periferica del Ministero delle finanze (L. 9 agosto  1986,  n.  494),
 l'assegno alimentare fosse previsto, dalla norma denunciata, solo per
 le ipotesi  di  sospensione  cautelare  in  seguito  a  provvedimento
 disciplinare,  mentre  era  esplicitamente  escluso qualora, come nel
 caso oggetto del giudizio a quo, la sospensione cautelare fosse stata
 disposta a seguito di ordine o mandato di cattura.
    La  cennata  discriminazione,  rispetto  a quanto previsto per gli
 altri impiegati pubblici e, nell'ambito  della  stessa  categoria  di
 impiegati,  con riferimento al titolo in base al quale e' disposta la
 sospensione, non puo' trovare  giustificazione  nella  diversita'  di
 disciplina  del  personale  in  parola, rispetto a quella degli altri
 dipendenti  pubblici.  Difatti,  la  finalita'  propria  dell'assegno
 alimentare,   teste'   posta  in  evidenza,  prescinde  dallo  status
 determinato  dal  contenuto  della  disciplina  relativa  a  ciascuna
 carriera   perche'   si   tratta  di  una  provvidenza  di  carattere
 assistenziale che, una volta riconosciuta per i  dipendenti  pubblici
 in  generale,  non  puo'  essere  esclusa con riferimento ad una sola
 categoria di essi.