ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale degli artt. 195, 512 e
 513 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa  il
 9  luglio  1973  dal  Tribunale  di  Padova nel procedimento penale a
 carico di Ferraresso Gino ed altro, iscritta al n. 697  del  registro
 ordinanze 1987 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 49, prima serie speciale, dell'anno 1987;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 24 febbraio 1988 il Giudice
 relatore Giovanni Conso;
    Ritenuto  che  il Tribunale di Padova - nel decidere, fra l'altro,
 su un appello proposto  dalla  parte  civile  avverso  una  pronuncia
 assolutoria  del  Pretore  appellata anche dal pubblico ministero, ma
 con impugnazione successivamente rinunciata da quest'ultimo - ha, con
 ordinanza  del  9  luglio  1973 (pervenuta a questa Corte l'8 ottobre
 1987),  sollevato,  in  riferimento  agli  artt.   3   e   24   della
 Costituzione,  questione  di  legittimita' del "disposto" degli artt.
 195, 512 e 513 del codice di procedura penale, nella  parte  in  cui,
 "denegandosi alla parte civile il diritto di proporre - autonomamente
 dal P.M. - appello rispetto  alla  sentenza,  che  non  riconosce  la
 responsabilita'  di  un  imputato in relazione ad un evento dannoso",
 pone "un limite ad una attivita' di  quella  parte,  che,  una  volta
 assunta tale qualita', pare debba poterne esercitare tutti i diritti,
 che dalla stessa discendono, primo fra tutti quello  di  impugnativa,
 fondamentale a proposito dell'accesso, in pratica, al doppio grado di
 giurisdizione";
      e  che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
 dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  Generale  dello
 Stato,  chiedendo  che  la  questione  sia dichiarata non fondata, in
 quanto gia' decisa dalla Corte con sentenza n. 1  del  1970,  nonche'
 con ordinanza n. 154 del 1970;
    Considerato   che,   a  prescindere  da  qualsiasi  rilievo  circa
 l'ammissibilita'  dell'appello  proposto  nella  specie  dalla  parte
 civile,  in  presenza non solo dell'appello, poi rinunciato, proposto
 dal  pubblico  ministero,  ma  anche  degli  appelli  proposti  dagli
 imputati  contro la medesima sentenza, la questione sollevata risulta
 gia' decisa da questa Corte con la sentenza n. 1 del 1970, la quale -
 nel  dichiarare  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  195 del
 codice di procedura penale per la "parte in cui pone limiti a che  la
 parte   civile  possa  proporre  ricorso  per  cassazione  contro  le
 disposizioni della sentenza che concernono i suoi interessi civili" -
 ha  avuto  modo di precisare (punto 3 del Considerato in diritto) che
 il diniego, in certi casi, del diritto di appellare alla parte civile
 "si  giustifica con la singolare posizione che essa, come parte lesa,
 ha nel processo penale; per cui non  sembra  irragionevole  che,  nel
 silenzio  del pubblico ministero e dell'imputato, le manchi il potere
 di provocare il riesame sul fatto";
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;