ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale dell'art. 4 della legge
 della Regione Veneto 24 agosto  1979,  n.  64  (Norme  di  attuazione
 dell'art.   6,   ultimo  comma,  del  decreto  del  Presidente  della
 Repubblica 20 settembre 1973, n. 962. Tutela della citta' di  Venezia
 e  del  suo  territorio  dall'inquinamento delle acque), promossi con
 ordinanze emesse il 26 marzo e il 20 giugno 1984 (n. 2 ordinanze) dal
 Pretore  di  Venezia nei procedimenti penali a carico di De Conciliis
 Generoso, di Lippi Manlio ed altro e di  Lazzari  Alberto  ed  altra,
 rispettivamente iscritte ai nn. 495, 997 e 998 del registro ordinanze
 1984 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  280
 dell'anno 1984 e n. 13- bis dell'anno 1985;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 27 gennaio 1988 il Giudice
 relatore Giovanni Conso;
                            Ritenuto in fatto
    1.  -  Nel  corso  di  tre procedimenti penali per il reato di cui
 all'art. 9, ultimo  comma,  della  legge  16  agosto  1976,  n.  319,
 convertito, con modificazioni, nella legge 8 ottobre 1976, n. 690, il
 Pretore di Venezia, con tre ordinanze dal  contenuto  sostanzialmente
 identico,  la  prima  emessa  il  26  marzo 1984 e le altre due il 20
 giugno 1984, ha  denunciato,  in  riferimento  all'art.  24,  secondo
 comma,  della Costituzione, l'art. 4 della legge della Regione Veneto
 24 agosto 1979, n.  64,  nella  parte  in  cui  non  prevede  che  il
 Laboratorio  provinciale di igiene e profilassi competente dia avviso
 all'interessato  dell'esecuzione  dell'analisi   ne'   contempla   la
 possibilita' di richiederne la revisione.
    2.  -  Secondo  il  giudice  a  quo, allorche', come nella specie,
 l'elemento fondamentale dell'accusa  deriva  dall'analisi  effettuata
 dal  Laboratorio  provinciale  di  igiene  e  profilassi  sui  reflui
 prelevati - analisi "assimilabile alla perizia" e,  in  quanto  tale,
 idonea a fondare il convincimento del giudice - "il diritto di difesa
 dell'imputato potrebbe dirsi adeguatamente tutelato soltanto  qualora
 la  vigente  normativa  imponesse  che  fosse  dato avviso alla parte
 interessata dell'inizio di  operazione  di  analisi  onde  la  stessa
 potesse   presenziarvi,  eventualmente  assistita  da  un  consulente
 tecnico di fiducia, ovvero qualora fosse  prevista  la  possibilita',
 per  la  parte  medesima,  di  richiedere la revisione dell'analisi".
 Nessuna di tali possibilita' sarebbe, invece, consentita dalla  norma
 impugnata.
    Le  ordinanze,  ritualmente  notificate  e  comunicate, sono state
 pubblicate, la prima nella Gazzetta Ufficiale n. 280 del  10  ottobre
 1984  e  le  altre  due  nella  Gazzetta  Ufficiale n. 13- bis del 16
 gennaio 1985.
    Nessuna  parte privata si e' costituita ne' ha spiegato intervento
 l'Avvocatura Generale dello Stato.
                         Considerato in diritto
    1.  -  Le tre ordinanze di rimessione - emanate tutte nel corso di
 procedimenti penali instaurati dal Pretore di Venezia  a  seguito  di
 controlli  eseguiti,  in  base  all'art.4  della  legge della Regione
 Veneto 24 agosto 1979, n.64, dal Laboratorio di igiene  e  profilassi
 della  Provincia  di  Venezia  su  effluenti scaricati da impianti di
 depurazione nelle acque della Laguna - sollevano una stessa questione
 di   legittimita'  costituzionale,  motivata  in  termini  pressoche'
 identici. I relativi giudizi vanno, quindi, riuniti per essere decisi
 con un'unica sentenza.
    2.  -  Ad  essere posto in discussione e', appunto, l'art. 4 della
 legge della Regione Veneto 24 agosto 1979, n.64, nella parte  in  cui
 "non  prevede  che  il Laboratorio provinciale di igiene e profilassi
 dia avviso all'interessato dell'esecuzione dell'analisi ne' contempla
 la  possibilita'  di  richiederne  la  revisione".  Tale  norma viene
 denunciata  con  riferimento   all'art.24,   secondo   comma,   della
 Costituzione,  in  quanto  l'analisi  cosi'  compiuta dal Laboratorio
 "costituisce atto d'accertamento assimilabile  alla  perizia  e  come
 tale  idoneo  a  fondare  il  convincimento del giudice" nel processo
 penale che ne puo' conseguire.
    3.  - Ad un primo esame, la questione si direbbe inammissibile per
 incertezza  del  petitum,  data  l'apparente   alternativita'   delle
 soluzioni che il giudice a quo prospetta per superare il contrasto da
 lui  lamentato.  In  realta',le  due  soluzioni   esplicitate   nella
 motivazione  delle  ordinanze  ("imporre  di  dare  avviso alle parti
 interessate dell'inizio delle operazioni d'analisi" oppure "prevedere
 la  possibilita',  per  le parti medesime, di richiedere la revisione
 d'analisi")  vengono,  cronologicamente  e   contenutisticamente,   a
 collocarsi  su  piani  ben distinti. Si e', cioe', in presenza di due
 doglianze nettamente  diverse,  che,  tenuto  conto  sia  del  logico
 succedersi delle operazioni di controllo (prima l'analisi, poi la sua
 revisione) sia della decrescente consistenza delle possibili forme di
 tutela  degli  interessati  (partecipare  all'analisi  o  richiederne
 soltanto la revisione), risultano proposte l'una in  via  principale,
 l'altra in via subordinata.
    Cosi'   puntualizzata,  la  situazione  si  presenta  lineare.  Le
 ordinanze di rimessione si dolgono, anzitutto,  che  l'art.  4  della
 legge  della  Regione  Veneto  24  agosto  1979, n.64, non imponga al
 competente Laboratorio provinciale di igiene e  profilassi  di  "dare
 avviso   all'interessato   dell'esecuzione  dell'analisi".  Solo  per
 l'eventualita' di un rigetto di tale prospettazione, il giudice a quo
 chiede  che  sia, per lo meno, dichiarata l'illegittimita' dell'art.4
 nella parte in cui neppure "contempla la possibilita'  di  richiedere
 la revisione" dell'analisi.
    4. - La questione principale e' fondata.
    Essa  riecheggia i termini di un'analoga, piu' lontana, questione,
 che ha avuto per oggetto l'art.15,  settimo  comma,  della  legge  10
 maggio  1976,  n.  319,  come  sostituito dall'art. 18 della legge 24
 dicembre 1979, n. 650, nella parte in cui anch'esso si  limitava  "ad
 attribuire  ai  laboratori  provinciali  di  igiene  e  profilassi le
 funzioni di controllo sugli scarichi", senza prevedere che lo  stesso
 ufficio  dovesse "dare avviso al titolare dello scarico del giorno in
 cui verranno effettuate le analisi sicche' l'interessato possa essere
 presente con la eventuale assistenza di un consulente tecnico".
    Pur non contenendo cenno alcuno alla sentenza n. 248 del 1983, con
 cui questa Corte ha dichiarato illegittimo, per violazione  dell'art.
 24,  secondo  comma,  della  Costituzione,  l'art. 15, settimo comma,
 della legge 10 maggio 1976,  n.  319,  come  sostituito  dall'art.18,
 primo  comma,  della  legge 24 dicembre 1979, n. 650, "nella parte in
 cui non prevede che il Laboratorio provinciale di igiene e profilassi
 dia  avviso  al  titolare  dello scarico affinche' possa presenziare,
 eventualmente   con   l'assistenza   di   un   consulente    tecnico,
 all'esecuzione   delle   analisi",   le   ordinanze  in  esame  fanno
 significativamente  uso  di  espressioni  e  concetti  che  riportano
 direttamente  a  quel  precedente: specie la' dove era stata messa in
 risalto la "particolare efficacia probatoria" delle analisi  compiute
 dal   Laboratorio   provinciale   di  igiene  e  profilassi  "con  un
 procedimento che e' un  vero  e  proprio  accertamento  assimilabile,
 nella  sostanza,  ad una perizia, fonte, quindi, di convincimento del
 giudice".
    Ovviamente,  la  presente  questione  in  tanto  viene proposta in
 quanto il giudice a quo non ritiene utilizzabile il suddetto art. 15,
 settimo comma, della legge 10 maggio 1976, n. 319, nei casi che, come
 quelli di specie, riguardano il  bacino  sfociante  nella  Laguna  di
 Venezia,  e  cio'  perche',  a  suo  avviso,  il  generale  ambito di
 applicazione di tale comma troverebbe un limite nelle  particolarita'
 della  regolamentazione dettata per la tutela della citta' di Venezia
 e   del   suo   territorio   dall'inquinamento   delle   acque.   Una
 regolamentazione  che,  dopo la legge 5 marzo 1963, n. 366, ha i suoi
 punti fermi nella legge  16  aprile  1973,  n.  171,  nel  d.P.R.  20
 settembre  1973, n. 962, e nella legge della Regione Veneto 24 agosto
 1979, n. 64, emessa in attuazione dell'art.6, ultimo comma, d.P.R. n.
 962 del 1973.
    Proprio  l'art.  4  della  legge  regionale,  nel  mentre mantiene
 "ferma...la competenza degli organi  dello  Stato  all'interno  della
 conterminazione  lagunare",  statuisce che "nel rimanente territorio,
 di cui  al  terzo  comma  dell'art.  2"  (ovverosia,  nel  territorio
 "delimitato  nella  planimetria di cui all'allegato A" della medesima
 legge) i controlli previsti dagli articoli precedenti "sono  eseguiti
 dal  personale  dei  laboratori  provinciali di igiene e profilassi",
 cosi' ripetendo sostanzialmente  il  dettato  dell'art.  15,  settimo
 (allora  -  cioe', prima della sostituzione operata dall'art.18 della
 legge 24 dicembre 1979, n. 650 - sesto) comma, della legge 10  maggio
 1976,   n.  319,  circa  l'affidamento  delle  funzioni  tecniche  di
 controllo sugli  scarichi  ai  laboratori  provinciali  di  igiene  e
 profilassi.
    L'interpretazione che dei rapporti tra le due norme da' il giudice
 a quo non puo' certamente essere oggetto di sindacato in questa sede.
 D'altra   parte,   la   stessa   ratio   decidendi  sottostante  alla
 declaratoria di parziale illegittimita' dell'art.15,  settimo  comma,
 della  legge  10  maggio  1976, n. 319, come sostituito dall'art. 18,
 primo comma, della legge 24 dicembre  1979,  n.  650,  non  puo'  non
 valere  nei  confronti  di  una  previsione  normativa  che,  per  la
 particolare delicatezza ed importanza degli interessi tutelati,  deve
 farsi  tanto  piu'  carico  delle esigenze inviolabili del diritto di
 difesa.
    5.  -  Anche in ordine all'art. 4 della legge della Regione Veneto
 24 agosto 1979, n. 64, va, dunque, ribadito, in linea con la sentenza
 n.  248  del  1983, che "se e' logico che l'Autorita' amministrativa,
 cui compete il diritto di effettuare i campionamenti delle  acque...,
 non abbia l'obbligo di preavvisare il titolare dello scarico circa il
 momento in cui verranno effettuate  le  operazioni  di  prelievo  per
 evitare  che  possano  essere  apportate modifiche agli scarichi e di
 conseguenza fatte  sparire  le  tracce  di  ogni  irregolarita',  non
 altrettanto  puo'  dirsi per quanto riguarda il momento delle analisi
 delle acque campionate. Infatti queste debbono essere  esaminate  con
 la  massima  tempestivita' stante la loro deteriorabilita' e pertanto
 le  analisi  non  sarebbero  utilmente  ripetibili  nel   corso   del
 successivo   procedimento   penale".  Pure  qui  e'  la  "particolare
 efficacia probatoria del risultato delle analisi" ad imporre "che sia
 dato  avviso"  all'interessato  "onde  consentirne  la  presenza  con
 l'eventuale assistenza di un consulente tecnico". In altre parole, il
 fatto che un'analisi non ripetibile in sede processuale a causa della
 rapida deteriorabilita' del suo oggetto sia idonea a diventare  fonte
 di  convincimento  del  giudice  non  puo' non rendere necessaria una
 pronta e, quindi, immediata tutela del diritto di difesa, a sua volta
 realizzabile  soltanto  con  l'avvisare  dell'inizio delle operazioni
 d'analisi  chi  dal  loro  esito   sfavorevole   potrebbe   risultare
 irrimediabilmente pregiudicato.
    Con   l'accoglimento  della  questione  come  prospettata  in  via
 principale resta assorbita  l'altra  prospettazione  subordinatamente
 formulata.