ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 10 della legge
 6 gennaio 1963, n. 13 (Modifiche alla  legge  30  dicembre  1959,  n.
 1236,   concernente  il  trattamento  giuridico  ed  economico  degli
 assuntori dell'Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato), promosso
 con  ordinanza emessa il 6 marzo 1981 dalla Corte dei Conti - Sezione
 III giurisdizionale, iscritta al n. 801 del registro ordinanze 1982 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 114 dell'anno
 1983;
    Visti l'atto di costituzione di Parisi Salvatore nonche' l'atto di
 intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 13 gennaio 1988 il Giudice
 relatore Francesco Greco;
    Ritenuto  che  la  Corte  dei Conti, con ordinanza in data 6 marzo
 1981,   ha   sollevato   questione   incidentale   di    legittimita'
 costituzionale  dell'art.  10  della  legge  6  gennaio  1963  n.  13
 (concernente  il  trattamento  pensionistico  del   personale   delle
 Ferrovie  dello Stato), nella parte in cui, in violazione degli artt.
 3 e 36 Cost., stabilisce che il riscatto del periodo di servizio reso
 in  qualita'  di  "assuntore"  e' riconoscibile per intero fino ad un
 massimo di venti anni anteriori al 1› gennaio  1958,  salvo  che  non
 risulti  piu'  favorevole  l'applicazione dell'art. 31 della legge n.
 1236 del 1959;
     che,  ad  avviso  del  giudice a quo, la norma censurata viola la
 proporzione tra la pensione, intesa come retribuzione differita, e la
 quantita'  del lavoro prestato, allorquando esclude dall'ammissione a
 riscatto - e, quindi, dalla valutabilita' a fini pensionistici  tutto
 il  servizio  eccedente  i  venti  anni anteriori alla data suddetta,
 ancorche'  trattasi  di  servizio  che  sarebbe  utile,  come   nella
 fattispecie,  a raggiungere il massimo del trattamento di quiescenza,
 con conseguente diversita' di trattamento, in ordine alla valutazione
 degli anni di "assuntorato", fra chi ha prestato per lungo periodo il
 relativo servizio e chi lo ha prestato al massimo per venti anni;
      che  il Presidente del Consiglio dei ministri, costituendosi per
 il  tramite  dell'Avvocatura  dello  Stato,  ha  concluso  nel  senso
 dell'infondatezza della questione;
      che  la  parte privata si e' costituita spiegando conclusioni di
 segno  opposto  e  sollecitando  la  declaratoria  di  illegittimita'
 costituzionale  della  norma  impugnata con argomenti sostanzialmente
 sovrapponibili a quelli svolti dal giudice a quo;
      che la questione appare manifestamente infondata;
      che,  invero, in materia previdenziale, nel valutare il rispetto
 del principio di proporzionalita' del trattamento di quiescenza  alla
 qualita'  e  quantita'  del  lavoro  prestato,  deve  aversi riguardo
 altresi' al precetto di cui all'art. 38 Cost.,  che  e'  disposizione
 speciale  ed  assorbente  rispetto a quelle di cui agli artt. 35 e 36
 Cost. (sent. n. 128/73) e non appare  in  contrasto  con  l'impugnata
 disposizione   limitativa   della  riscattabilita'  del  servizio  di
 "assuntoria", la quale non preclude  il  diritto  del  lavoratore  di
 vedersi  assicurati  "mezzi  adeguati"  alle sue esigenze di vita, in
 caso di vecchiaia;
      che,  inoltre,  il  servizio  di  "assuntoria",  solo a far data
 dall'entrata in vigore della legge 30 dicembre  1959  n.  1236  venne
 configurato   come   idoneo   a   consentire,   ai  relativi  agenti,
 l'attribuzione di uno stato giuridico parallelo a quello degli  altri
 dipendenti  ferroviari, con elementi di novita' e diversita' rispetto
 alla pregressa situazione, regolata da speciali capitolati;
      che  la  diversa  "qualita'" del lavoro prestato anteriormente a
 quella  data  giustifica  l'assenza  della  previsione  di  una   sua
 automatica  ricongiungibilita',  a  fini  pensionistici,  al servizio
 successivamente prestato;
      che     la     riscattabilita'    costituisce    un    beneficio
 discrezionalmente accordato dal legislatore ed i limiti ad essa posti
 trovano   giustificazione   sia   nella  necessita'  di  riferirsi  a
 situazioni  di  non  antichissima  data  e  percio'  piu'  facilmente
 documentabili,  sia nella valutazione del quadro delle compatibilita'
 finanziarie, al fine  di  non  dilatare  eccessivamente  ed  in  modo
 indeterminato  i  riflessi onerosi che la suddetta concessione poteva
 comportare a carico del bilancio dello Stato;
      che  il  corretto  esercizio  della discrezionalita' legislativa
 vale anche ad  escludere  la  dedotta  violazione  del  principio  di
 eguaglianza;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, legge 11 marzo 1953, n. 87, e
 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti  alla
 Corte costituzionale;