ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 69 della legge
 30 aprile 1969, n. 153 (Revisione degli ordinamenti  pensionistici  e
 norme in materia di sicurezza sociale), promosso con ordinanza emessa
 il 15 ottobre 1987 dal  Pretore  di  Ivrea  nel  procedimento  civile
 vertente  tra  Ferrero Vercelli Giacomo e Bolongaro Anita iscritta al
 n. 803 del  registro  ordinanze  1987  e  pubblicata  nella  Gazzetta
 Ufficiale  della  Repubblica  n.  54,  prima serie speciale dell'anno
 1987;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del  9 giugno 1988 il Giudice
 relatore Mauro Ferri;
                            Ritenuto in fatto
    1. - Il Pretore di Ivrea, con ordinanza emessa il 15 ottobre 1987,
 ha  sollevato  la  questione  di  legittimita'   costituzionale,   in
 riferimento all'art. 3 Cost., dell'art. 69 della L. 30 aprile 1969 n.
 153 nella parte in cui sottrae al pignoramento  ed  al  sequestro  le
 pensioni e gli altri assegni erogati dall'INPS ai lavoratori privati,
 cosi' determinando un trattamento sfavorevole per i loro creditori.
    2.  -  Il  giudice a quo, adito in sede di opposizione promossa da
 Ferrero  Vercelli  Giacomo  avverso  il  pignoramento  della  propria
 pensione  ad  istanza  della  coniuge  separata  Bolongaro  Anita per
 crediti da contributi per il mantenimento della figlia,  ha  rilevato
 che,  ai  sensi  dell'art.  69  della legge 30 aprile 1969 n. 153, la
 pensione erogata dall'INPS ai lavoratori dipendenti da  privati  puo'
 essere  ceduta, pignorata o sequestrata esclusivamente entro i limiti
 e per i debiti verso l'INPS individuati nella stessa norma.
    Tale pensione (come pure gli altri assegni ed indennita') non puo'
 pertanto essere oggetto di pignoramento su istanza di privati  (o  di
 altri  soggetti pubblici che non siano l'INPS) ne' per crediti comuni
 o per tributi nei limiti di un quinto (art. 545 quarto comma c.p.c.),
 e neppure per crediti alimentari nella misura autorizzata dal pretore
 (art. 545, terzo comma).
    Ne'   potrebbe   sostenersi,   prosegue   il  giudice  remittente,
 l'inapplicabilita' alla fattispecie della norma di  cui  all'art.  69
 legge  n. 153/1969 citata, in quanto avente ad oggetto esclusivamente
 i rapporti debitori dell' assicurato nei  confronti  dell'INPS.  Come
 puo' essere facilmente desunto dalla semplice lettura della norma, il
 contenuto di essa e' nel senso di vietare qualsiasi atto di cessione,
 pignoramento  o  sequestro  avente  ad  oggetto  le prestazioni INPS,
 tranne che  ricorra  uno  dei  crediti  dell'Istituto  tassativamente
 previsti.  La  norma  sarebbe  pero'  sospettabile  di illegittimita'
 costituzionale, per  violazione  del  principio  di  eguaglianza,  in
 quanto  produttiva  di  un  ingiustificato trattamento di sfavore dei
 creditori di titolari di pensione erogata  dall'INPS,  nei  confronti
 dei  creditori  di  titolari  di pensione (o altri assegni) erogati a
 seguito di rapporto di pubblico impiego.
    Infatti,   a   seguito  della  sentenza  n.  89/1987  della  Corte
 Costituzionale,  che  ha  sancito   l'illegittimita'   costituzionale
 dell'art. 2, primo comma n. 3 d.P.R. 5/1//1950 n. 180, nella parte in
 cui, in contrasto con l'art. 545, quarto comma c.p.c. non prevede  la
 pignorabilita'  fino  al  limite  di  un  quinto di stipendi ed altri
 emolumenti corrisposti al proprio personale da enti pubblici  diversi
 dallo  Stato,  si sarebbe venuta a determinare, ad avviso del Pretore
 di Ivrea, una disparita' di trattamento tra  i  creditori  delle  due
 diverse categorie di pensionati.
    Tale  disparita' non troverebbe giustificazione in alcuna esigenza
 di salvaguardia di interessi costituzionalmente rilevanti  e  sarebbe
 inoltre  del  tutto  illogica  in quanto non risulta comprensibile il
 motivo  del  trattamento  di  favore  che,  allo  stato  attuale,  la
 normativa  riserva  ai pensionati gia' lavoratori privati rispetto ai
 pensionati gia' dipendenti da enti pubblici diversi dallo Stato.
    3.  -  Circa  la  rilevanza  della  questione,  infine, il giudice
 remittente sostiene  che,  ove  venisse  dichiarata  l'illegittimita'
 costituzionale della norma di cui all'art. 69, primo comma, L. n. 153
 del 1969,  alla  fattispecie  in  esame  troverebbe  applicazione  la
 normativa di cui all'art. 545 c.p.c..
                         Considerato in diritto
    1.   -  La  questione  sollevata  dal  Pretore  di  Ivrea  risulta
 inammissibile per un duplice ordine di motivi.
    In  primo luogo il giudice a quo ritiene che la norma impugnata si
 ponga in contrasto con l'art. 3 Cost.  in  quanto  produttiva  di  un
 ingiustificato  trattamento  di  sfavore dei creditori di titolari di
 pensione erogata dall'INPS nei confronti dei creditori di titolari di
 pensioni  erogate  a  seguito di rapporto di pubblico impiego, cui la
 sentenza n. 89 del 1987 di questa Corte avrebbe esteso la  disciplina
 dettata dall'art. 545, quarto comma c.p.c.
    Il presupposto e' manifestamente errato.
    La  citata  pronuncia,  infatti,  nel  dichiarare l'illegittimita'
 dell'art. 2, primo comma, n. 3 d.P.R. 5 gennaio 1950  n.  180,  nella
 parte  in cui, in contrasto con l'art. 545, quarto comma, c.p.c., non
 prevede la pignorabilita' fino al limite di un quinto, di stipendi ed
 altri  emolumenti  corrisposti  al proprio personale da enti pubblici
 diversi dallo  Stato,  ha  chiaramente  escluso  dal  dispositivo  le
 pensioni;  come infatti viene specificato nella parte motiva di detta
 pronuncia, il giudizio di costituzionalita' e'  stato  limitato,  per
 ragioni di rilevanza nel giudizio a quo, agli emolumenti derivanti da
 rapporto di lavoro in corso.
    Erroneamente  pertanto  il giudice a quo, nel delineare un'ipotesi
 di  disparita'  di  trattamento  ai  sensi  dell'art.  3  Cost.,   ha
 richiamato  quale  tertium  comparationis  una  fattispecie giuridica
 inesistente nell'ordinamento in quanto il citato art. 2 n. 3 della L.
 n.  180  del  1950  non e' stato modificato dalla pronuncia n. 89 del
 1987 nel senso ritenuto dall'ordinanza di  rimessione.  Non  e'  dato
 nemmeno  comprendere, inoltre, in base a quali motivi il raffronto e'
 stato posto con il n. 3 dell'art. 2 L. n. 180 del 1950, in luogo  del
 n.  1  della  stessa norma che disciplina specificatamente la materia
 della pignorabilita' delle retribuzioni e  pensioni,  corrisposte  ai
 pubblici dipendenti, per causa di alimenti dovuti per legge.
    2. - In secondo luogo, ed il rilievo appare assorbente in ordine a
 tutte le  argomentazioni  svolte  nell'ordinanza  di  rimessione,  il
 Pretore  di Ivrea, sul punto della rilevanza della questione, afferma
 che, ove venisse  dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale  della
 norma impugnata, alla fattispecie in esame troverebbe applicazione la
 disciplina dettata dall'art. 545 c.p.c.
    Anche  questa  affermazione  appare  chiaramente  errata in quanto
 quest'ultima norma non prende affatto in considerazione  le  pensioni
 ma  solo  le  "somme  dovute  dai  privati  a titolo di stipendio, di
 salario o altre indennita'  relative  al  rapporto  di  lavoro  o  di
 impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento".