ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 4 della legge
 9 dicembre 1977, n. 903 ("Parita' di trattamento tra uomini  e  donne
 in  materia  di  lavoro")  e  42, terzo comma, del d.P.R. 29 dicembre
 1973, n. 1092 ("T.U. delle norme sulle  prestazioni  previdenziali  a
 favore  dei  dipendenti civili e militari dello Stato"), promosso con
 ordinanza emessa il 13 novembre 1987 dal Consiglio di Stato - Sezione
 VI  giurisdizionale sul ricorso proposto da Pieretto Silvio contro il
 Ministero della Pubblica Istruzione, iscritta al n. 55  del  registro
 ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 9, prima serie speciale, dell'anno 1988;
    Visti  l'atto di costituzione di Pieretto Silvio nonche' l'atto di
 intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del  9 giugno 1988 il Giudice
 relatore Gabriele Pescatore;
    Ritenuto  che  il  Consiglio  di  Stato, Sez. VI, con ordinanza 13
 novembre 1987 (R.O. n. 55  del  1988)  -  emanata  nel  corso  di  un
 giudizio  promosso  da  un  dipendente  statale di sesso maschile, il
 quale chiedeva di essere collocato a riposo fruendo  dell'aumento  di
 cinque  anni  previsto  per le lavoratrici coniugate o con prole - ha
 sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4  della
 l.  9  dicembre 1977, n.  903 e dell'art. 42, terzo comma, del d.P.R.
 29 dicembre 1973, n.  1092, sotto il profilo che  essi  limiterebbero
 ingiustificatamente  alle  sole  dipendenti  statali, coniugate o con
 prole a carico, il beneficio di un  aumento  del  servizio  effettivo
 fino   al   massino   di   cinque   anni,   ai  fini  del  compimento
 dell'anzianita' per il diritto alla pensione ordinaria,  in  caso  di
 dimissioni, escludendone i dipendenti di sesso maschile;
      che secondo il giudice a quo le norme anzidette contrasterebbero
 con gli artt. 3 e 51 Cost., non sussistendo valide ragioni  per  tale
 esclusione;
    Considerato che l'art. 4 della legge n. 903 del 1977 consente alla
 lavoratrice, per la quale la legge prevede  limiti  di  eta'  per  il
 collocamento  a riposo inferiori rispetto agli uomini, la facolta' di
 restare in servizio sino al raggiungimento  degli  stessi  limiti  di
 eta'  previsti per gli uomini (cfr. al riguardo Corte cost. 29 aprile
 1988, n. 498 e 18 giugno 1986, n. 137);
      che   tale   norma,   pertanto,  non  attiene  al  beneficio  in
 discussione e non e' applicabile  nel  giudizio  a  quo,  essendo  la
 facolta'  di  pensionamento  anticipato,  riservata  alla  dipendente
 statale coniugata o con prole, disciplinata unicamente  dall'art.  42
 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092;
      che  la  questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 4
 della l. 9 dicembre 1977, n. 903 va percio' dichiarata manifestamente
 inammissibile (cfr. al riguardo Corte cost. 3 marzo 1988, n. 251);
      che,  quanto  alla  questione relativa all'art. 42 del d.P.R. 29
 dicembre 1973, n. 1092, questa Corte ha gia' affermato  (sentenza  29
 aprile  1988, n. 498) che l'attribuzione alla donna di un trattamento
 di maggior favore rispetto all'uomo  in  tema  di  pensionamento  per
 vecchiaia  non  contrasta  col  principio  di  parita'  in materia di
 lavoro;
      che,   infatti,   l'attribuzione   di   benefici   ai  fini  del
 collocamento anticipato in pensione delle  lavoratrici,  rispetto  ai
 lavoratori,   trova   razionale   giustificazione  nella  particolare
 vocazione familiare della donna, riconosciutale dall'art. 37 Cost. in
 relazione alla sua attivita' lavorativa;
      che  tale  giustificazione  appare  ancor piu' valida riguardo a
 benefici che, come quello in questione,  tendono  a  consentire  alla
 donna  una  tempestiva scelta in favore di una maggiore realizzazione
 della propria personalita' nell'ambito familiare;
      che,  pertanto,  la  differenza  di  trattamento  lamentata  dal
 giudice a quo non e' irragionevole e spetta unicamente al legislatore
 di  valutare,  in  relazione  all'evoluzione  della  societa' ed alle
 implicazioni   finanziarie   inerenti   al   sistema   previdenziale,
 l'opportunita'  di  abrogare o modificare la norma in esame (come del
 resto ha, in parte, gia' fatto con l'art.  10  del  D.L.  29  gennaio
 1983, n. 17, conv. nella l. 25 marzo 1983, n. 79);
      che  appare  manifesto,  quindi,  che  la  norma  impugnata  non
 contrasta con l'art. 3 Cost., ne' tanto meno con l'art. 51 Cost.  non
 frapponendo  essa  alcun ostacolo alla parita' di accesso agli uffici
 pubblici da esso garantita;
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della l. 11 marzo 1953, n. 87 e
 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti  alla
 Corte costituzionale;