ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio promosso con ricorso della Regione Lombardia notificato
 l'11 maggio 1984, depositato  in  cancelleria  il  23  successivo  ed
 iscritto  al  n.  17  del  registro  ricorsi  1984,  per conflitto di
 attribuzione   sorto   a   seguito   del   decreto    del    Ministro
 dell'Agricoltura  e  Foreste  del 21 febbraio 1984 (G.U. del 15 marzo
 1984, n. 75) dal titolo:  "Attribuzione  ai  capi  degli  Ispettorati
 provinciali   dell'agricoltura   nelle   province   di   trascurabile
 importanza  olivicola  dei   compiti   assegnati   alla   commissione
 provinciale olio, relativamente alla campagna 1983-84 e successive";
    Visto  l'atto  di  costituzione  del  Presidente del Consiglio dei
 Ministri;
    Udito  nell'udienza pubblica dell'8 marzo 1988 il Giudice relatore
 Antonio Baldassarre;
    Uditi  l'Avvocato  Maurizio Steccanella per la Regione Lombardia e
 l'Avvocato  dello  Stato  Giorgio  Azzariti  per  il  Presidente  del
 Consiglio dei Ministri;
                           RITENUTO IN FATTO
    1.  -  La Regione Lombardia ha sollevato conflitto di attribuzione
 nei  confronti  dello  Stato  a  seguito  del  decreto  del  Ministro
 dell'agricoltura e delle foreste, emesso in data 1 febbraio 1984, con
 il  quale  si  e'  stabilito  che,  per  le  province   ritenute   di
 trascurabile  interesse  per la produzione olivicola (fra cui ne sono
 state individuate otto facenti parte della Lombardia: Bergamo,  Como,
 Cremona,  Mantova,  Milano,  Pavia,  Sondrio  e  Varese),  i  compiti
 spettanti alle "Commissioni provinciali olio" (disciplinate dall'art.
 11  del  d.l.  21  novembre  1967, n. 1051, convertito nella legge 18
 gennaio 1968, n. 10)  siano  attribuiti,  a  partire  dalla  campagna
 1983-1984, ai capi degli ispettorati provinciali dell'agricoltura. La
 ricorrente ritiene che con tale decreto sia stata invasa la sfera  di
 competenza  regionale  in  materia  di  "organizzazione  interna" dei
 propri uffici (che l'art. 123 Cost. demanda agli  Statuti),  dato  il
 carattere regionale che i detti ispettorati e i relativi uffici hanno
 assunto a seguito dell'art. 11, lett. b, del d.P.R. 15 gennaio  1972,
 n.  11,  che  annovera  esplicitamente  i  citati ispettorati tra gli
 uffici trasferiti. Su di essi, del resto, la stessa Regione Lombardia
 ha  gia'  dettato le norme organizzative e sul personale con le leggi
 regionali 3 luglio 1972, n. 16 (art. 9) e 1 agosto 1979, n. 42  (art.
 48 e allegato, parte quarta).
    In  altri  termini,  ad  avviso della ricorrente, lo Stato, mentre
 sarebbe legittimato a delegare con proprio atto legislativo  funzioni
 amministrative  alle regioni, non potrebbe affidare compiti, mansioni
 ed esercizio di proprie funzioni  a  uffici  e  dipendenti  regionali
 attraverso  un  decreto  ministeriale,  basato,  oltretutto, su leggi
 anteriori all'attuazione dell'ordinamento regionale. Tanto piu'  cio'
 vale,  conclude la ricorrente, se si considera che, nell'affidare gli
 anzidetti compiti, il decreto impugnato  ha  direttamente  attribuito
 potesta'  provvedimentali  a  dipendenti  regionali  (le  quali  sono
 riservate,  per  Statuto,  alla  sola   Giunta)   ed   ha   stabilito
 un'organizzazione interna degli uffici diversa da quella disposta dal
 legislatore regionale, che non ha minimamente previsto la figura  dei
 "capi degli ispettorati provinciali dell'agricoltura".
    2.  -  Si e' regolarmente costituito in giudizio il Presidente del
 Consiglio  dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
 Generale dello Stato, per chiedere il rigetto del ricorso.
    L'Avvocatura  osserva,  innanzitutto, che il decreto-legge n. 1051
 del 1967, nel dare attuazione ai regolamenti C.E.E. 22 settembre 1966
 n.  133  e  26  ottobre  1967  n.  754 in materia di grassi e di olio
 d'oliva e nel demandare all'A.I.M.A. la corresponsione ai  produttori
 dell'integrazione di prezzo ivi prevista (art. 1), ha disciplinato la
 relativa procedura (artt. 3 e  segg.)  stabilendo  che  al  pagamento
 avrebbe   provveduto   l'ispettorato  provinciale  dell'alimentazione
 previo parere di commissioni provinciali appositamente istituite,  le
 quali,   nelle   province   con  trascurabile  produzione  olivicola,
 sarebbero state surrogate dai  "capi  degli  ispettorati  provinciali
 dell'agricoltura  (art. 11), i cui compiti in materia sarebbero stati
 determinati con  un  successivo  decreto  ministeriale.  Il  D.M.  21
 febbraio  1984,  qui  impugnato,  ha  dato  attuazione a quest'ultima
 disposizione individuando le  province  con  trascurabile  produzione
 olivicola  e attribuendo ai capi degli ispettorati gli stessi compiti
 affidati alle predette commissioni.
    Secondo  la  difesa  dello  Stato,  in  base  al  principio  della
 necessaria cooperazione fra organi centrali e periferici,  desumibile
 dall'art.   118   Cost.,  potrebbe  ammettersi  che  lo  Stato  possa
 utilizzare direttamente, per funzioni minori  (specie  se  esecutive)
 gli  uffici  e il personale degli enti autonomi, comprese le regioni.
 Il principio invocato, sempre secondo l'Avvocatura, oltre  ad  essere
 stato riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale, avrebbe avuto
 una puntuale conferma nell'art.  107,  primo  comma,  del  d.P.R.  24
 luglio  1977,  n.  616,  che,  ancorche'  si  riferisca espressamente
 all'avvalimento di uffici od organi tecnici statali  da  parte  delle
 regioni,   intenderebbe   riconoscere   un   piu'   ampio   principio
 collaborativo, di cui quella indicata rappresenterebbe solo una delle
 possibili applicazioni.
    L'istituto  dell'avvalimento  di uffici di altro ente, che esprime
 un principio di economia di strutture e di mezzi amministrativi,  non
 deve  comportare,  secondo  la  difesa dello Stato, alterazioni di un
 certo momento nello svolgimento della normale attivita' degli  stessi
 uffici,  dovendo  essere  demandati compiti che possano venir assolti
 nell'ambito di funzioni connaturali alla loro  ordinaria  competenza,
 con l'usuale dispiego di mezzi materiali e procedure e secondo tipici
 schemi organizzatori propri dell'ufficio attributario.  Nel  caso  in
 esame,   ad   avviso   dell'Avvocatura,   questi  principi  sarebbero
 pienamente osservati, in quanto il complesso di compiti, per lo  piu'
 vincolati, attribuito dal decreto impugnato agli uffici regionali non
 determinerebbe apprezzabile modificazione  delle  mansioni  ordinarie
 degli stessi, esigendosi da essi un impegno, anche quantitativo, solo
 marginale negli adempimenti istruttori ad essi demandati.
    Per  tali  ragioni,  conclude  l'Avvocatura,  l'atto impugnato non
 comporterebbe  un'interferenza  da  parte  dello  Stato  nel   potere
 organizzatorio spettante alle regioni, tanto piu' che non si potrebbe
 dare soverchio peso all'espressione usata dal decreto ministeriale in
 relazione  ai  "capi  degli  ispettorati",  volendosi riferire l'atto
 impugnato alla persona o alle persone preposte ai suddetti uffici,  e
 non gia' istituire figure non previste nell'organizzazione regionale.
                         CONSIDERATO IN DIRITTO
    1. - Il conflitto di attribuzione oggetto del presente giudizio e'
 stato sollevato  dalla  Regione  Lombardia,  che  ritiene  invasa  la
 propria  sfera  di  competenza  in  materia di organizzazione interna
 regionale  (art.  123  Cost.)  da  parte  del  decreto  del  Ministro
 dell'agricoltura  e  foreste  21 febbraio 1984 ("Attribuzione ai capi
 degli ispettorati  provinciali  dell'agricoltura  nelle  province  di
 trascurabile   importanza   olivicola   dei  compiti  assegnati  alla
 commissione provinciale olio, relativamente alla campagna  1983-84  e
 successive"), che, in attuazione dell'art. 11, u.c., d.l. 21 novembre
 1967, n. 1051 (convertito nella legge 18 gennaio 1968, n.  10),  dopo
 aver  individuato  le  province  di  trascurabile  importanza  per la
 produzione olivicola (fra le quali otto  situate  in  Lombardia),  ha
 "attribuito" ai capi degli ispettorati provinciali dell'agricoltura i
 compiti di  norma  spettanti  alle  "commissioni  provinciali  olio",
 previste  dall'art.  11, comma quinto, del ricordato d.l. n. 1051 del
 1967.
    A  sostegno  del  proprio  ricorso, la Regione Lombardia argomenta
 che, poiche'  i  predetti  ispettorati  sono  stati  trasferiti  alle
 regioni  dall'art. 11, lett. b, del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11, il
 decreto  impugnato  realizzerebbe  un'illegittima   assegnazione   di
 compiti  statali  a  uffici  regionali,  la  quale sarebbe tanto piu'
 ingiustificata  in  quanto  atterrebbe  a  potesta'  provvedimentali,
 riservate  per  Statuto  alla  Giunta, e concernerebbe figure, come i
 "capi degli ispettorati", che non sono  previsti  nell'organizzazione
 della Regione stessa.
    2. - Il ricorso e' infondato, poiche' quella che impropriamente e'
 definita nel decreto impugnato  come  "attribuzione"  ai  capi  degli
 ispettorati  provinciali  dell'agricoltura dei compiti spettanti alle
 commissioni di cui all'art. 11, comma quinto, del d.l.  n.  1051  del
 1967,  e'  in realta' una forma di avvalimento di uffici regionali da
 parte dello Stato, che in ipotesi e' esercitata  nell'osservanza  dei
 criteri di validita' e dei limiti propri di codesto istituto.
    2.1. - Va preliminarmente precisato che, come questa Corte ha gia'
 affermato (sent. n.  216  del  1987),  le  funzioni  che  il  decreto
 impugnato intende "attribuire" ai "capi degli ispettorati provinciali
 dell'agricoltura" sono indubbiamente di spettanza statale.
    Esse,  infatti,  ineriscono  a  un regime di aiuto alla produzione
 dell'olio di oliva,  che,  avendo  come  obiettivo  la  tutela  della
 produzione   interna   rispetto   a  quella  extra-comunitaria  e  la
 promozione di una  sufficiente  offerta  di  olio  d'oliva,  tende  a
 garantire  un  reddito  adeguato  ai  produttori operanti all'interno
 della  C.E.E.  attraverso  la   corresponsione   di   un   contributo
 integrativo  pari  alla  differenza  fra  il  prezzo  indicativo alla
 produzione e quello indicativo di mercato,  in  genere  inferiore  al
 primo. In altre parole, come questa Corte ha precisato nella sentenza
 prima   citata,   le   funzioni   considerate,   essendo    collegate
 all'erogazione  di  un'integrazione  del  reddito  che  il produttore
 ricava dal libero gioco della domanda e dell'offerta  e  configurando
 pertanto  una  misura  di  sostegno  del  mercato agricolo attraverso
 un'integrazione di prezzo diretta a remunerare gli elevati  costi  di
 produzione   dell'olio   di   oliva,   attengono   sicuramente   alla
 "regolazione del mercato" (v. anche sentt. nn. 304 e 433  del  1987).
 Inoltre, inserendosi in un regime di aiuti che e' correlato a un piu'
 generale intervento  comunitario  (dettagliatamente  disciplinato  da
 molteplici  regolamenti  del  Consiglio  e  della  Commissione  della
 C.E.E.) e che e' diretto a soddisfare  l'interesse  della  produzione
 olivicola  su  tutto  il  territorio  nazionale  in  base a indirizzi
 unitari e non frazionabili, le predette  funzioni  danno  vita  a  un
 intervento  di  interesse  nazionale (v. sentt. nn. 142 del 1972, 216
 del 1987). Per tali caratteri, dunque, esse ricadono nella competenza
 dello  Stato,  ai  sensi dell'art. 71, lett. b, del d.P.R. n. 616 del
 1977.
    Nel  disciplinare  l'esercizio  di  tali  funzioni, il legislatore
 nazionale, a partire dal d.l. 6 novembre  1966,  n.  912  (convertito
 nella  legge  23  dicembre 1966, n. 1143), ha stabilito una complessa
 procedura  (confermata,  poi,   da   numerosi   altri   provvedimenti
 legislativi, fra cui il ricordato d.l. n. 1051 del 1967), per effetto
 della quale, mentre e' dato all'Azienda di Stato per  gli  Interventi
 nel   Mercato   Agricolo   (A.I.M.A.)  il  compito  di  corrispondere
 l'integrazione di prezzo sopra menzionata, e' nel  contempo  previsto
 che,  per  tale  compito,  l'Azienda  si  avvalga  degli  Ispettorati
 provinciali dell'alimentazione, ai quali sono affidate,  allo  scopo,
 funzioni  istruttorie  (ricevimento  delle  domande,  verifica  della
 quantita' di olio da ammettere all'aiuto, quantificazione  dell'aiuto
 stesso) ed esecutive (liquidazione dell'integrazione).
    Sempre  per  effetto  dei  medesimi provvedimenti legislativi, gli
 ispettorati,  nello  svolgimento  delle   predette   funzioni,   sono
 affiancati  dalle  "commissioni  provinciali olio", aventi compiti di
 proposta (poi venuti meno), consultivi e di controllo,  fra  i  quali
 sono  ricompresi  tanto  quello di esprimere pareri sulla concessione
 dell'integrazione di prezzo, quanto quello di quantificare l'olio  da
 ammettere all'integrazione, sulla base di un procedimento di verifica
 degli altri dati allegati (quantita' e tipo di olive date, etc.), nei
 casi  eccezionali in cui venisse a mancare la denuncia del frantoiano
 sulla quantita' di olio molita. Gli  stessi  provvedimenti  prevedono
 poi  -  ed e' a questo proposito che e' sorto il presente conflitto -
 che,  per  le  zone  ritenute  di  trascurabile  importanza  per   la
 produzione olivicola - zone da individuarsi con un successivo decreto
 ministeriale -, i compiti spettanti alle commissioni  provinciali  da
 ultimo  menzionate  sarebbero  stati  affidati,  sempre con il futuro
 decreto  ministeriale,  ai   capi   degli   ispettorati   provinciali
 dell'agricoltura (art. 11, u.c., d.l. n. 1051 del 1967).
    2.2. - Intervenuto, con il d.P.R. n. 11 del 1972, il trasferimento
 alle regioni degli uffici periferici del Ministero dell'agricoltura e
 foreste, il rapporto di avvalimento gia' esistente tra l'A.I.M.A. e i
 predetti  ispettorati,   divenuti   nel   frattempo   regionali,   e'
 automaticamente  continuato  in virtu' delle regole che presiedono al
 trasferimento  di  funzioni  e,  in  particolare,  al  principio   di
 integrita'  delle  funzioni  trasmesse agli uffici succeduti a quelli
 trasferiti.  Piu'  precisamente,  poiche'  i  compiti  istruttori  ed
 esecutivi   che   gli   ispettorati   dovevano   compiere  per  conto
 dell'A.I.M.A., come uffici statali periferici  di  cui  l'Azienda  si
 avvaleva, erano determinati, quanto a contenuti e a titolo giuridico,
 dai ricordati provvedimenti legislativi anteriori al d.P.R. n. 11 del
 1972  e  poiche'  con il trasferimento alle regioni degli ispettorati
 medesimi gli uffici regionali erano succeduti  agli  stessi  in  ogni
 loro  rapporto  e  funzione, l'avvalimento da parte dell'A.I.M.A. dei
 predetti uffici non poteva non continuare sulla base  e  nei  termini
 stabiliti  dai menzionati provvedimenti legislativi (d.l. n. 1051 del
 1967 e successive modificazioni), quantomeno fintantoche' le  regioni
 non  avessero  ridisciplinato  la materia modificando la ripartizione
 dei compiti tra gli uffici trasferiti.
    Siffatta   continuita'   dell'esercizio,  da  parte  dei  suddetti
 Ispettorati, delle funzioni istruttorie  ed  esecutive  collegate  al
 rapporto   di   avvalimento  con  l'A.I.M.A.  e'  stata,  del  resto,
 confermata da una duplice esplicita manifestazione  di  volonta'  sia
 della   Regione  Lombardia,  sia  dello  Stato.  La  prima,  infatti,
 contrariamente a quanto  affermato  dalla  sua  difesa  nel  presente
 giudizio,  non  ha  ancora  ridisciplinato le anzidette funzioni, ma,
 proprio attraverso una delle norme che erroneamente  vengono  addotte
 come  prova del contrario, ha stabilito che gli uffici periferici del
 Ministero dell'agricoltura  trasferiti  alla  regione  "continuano  a
 esercitare  le attivita' istruttorie ed esecutive in atto svolte", in
 attesa di una nuova disciplina legislativa regionale  delle  funzioni
 dei corrispondenti servizi (art. 9, comma primo, legge Reg. Lombardia
 3 luglio 1972, n. 16). Da parte sua, lo Stato - pur dopo l'entrata in
 vigore   della  legge  14  agosto  1982,  n.  610,  che,  riordinando
 l'A.I.M.A., ha riconosciuta la  possibilita'  che  tale  azienda,  in
 relazione  alle  funzioni  in  considerazione,  instauri  rapporti di
 "avvalimento collaborativo" con  le  regioni,  "stipulando  con  esse
 apposite convenzioni di durata anche poliennale" (art. 3, lett. e) ha
 confermato, attraverso il decreto  del  Ministro  dell'agricoltura  2
 gennaio 1985 (art. 20), di voler continuare ad avvalersi degli uffici
 regionali in questione, sulla base delle funzioni da questi  prestate
 in  base  al  d.l.  n.  1051  del 1967, come modificato da successive
 disposizioni di legge e, in particolare, dal d.l. 18  dicembre  1970,
 n. 1012 (convertito in legge 12 febbraio 1971, n. 8).
    Posto  in  questione  da  un ricorso per conflitto di attribuzione
 sollevato dalla stessa Regione Lombardia, il rapporto di  avvalimento
 sopra descritto - che fino a questo momento si e' conservato identico
 alla disciplina ricevuta dai provvedimenti legislativi  anteriori  al
 d.P.R.  n.  11  del  1972,  per  effetto  del  ricordato principio di
 integrita' delle funzioni passate alle  regioni  in  conseguenza  del
 trasferimento  alle medesime degli uffici ad esse preposti - e' stato
 ritenuto  da  questa  Corte  pienamente   rispettoso   dei   principi
 costituzionali  concernenti  la possibilita' dello Stato di avvalersi
 di uffici regionali, nell'ambito della  necessaria  cooperazione  che
 presiede  ai rapporti tra apparati statali e enti regionali (v. sent.
 n. 216 del 1987).
    2.3. - Con il ricorso della Regione Lombardia in esame si contesta
 un ulteriore aspetto della disciplina  ora  descritta,  che,  pur  se
 riguarda  funzioni  ausiliarie  svolte  a favore degli ex ispettorati
 utilizzati dall'A.I.M.A. e, come  tali,  accessorie  al  rapporto  di
 avvalimento  oggetto  della pronunzia appena citata, presenta profili
 giuridici diversi dal caso precedente. E la diversita'  e'  data  dal
 fatto  che i compiti spettanti alle "commissioni speciali olio", che,
 nelle zone  a  trascurabile  produzione  olivicola,  dovevano  essere
 attribuiti  con  un  successivo  decreto  ministeriale ai "capi degli
 ispettorati provinciali dell'agricoltura" in base all'art. 11,  u.c.,
 del  d.l.  n.  1051  del  1967,  non erano ancora stati concretamente
 conferiti a questi ultimi al  momento  del  loro  trasferimento  alle
 regioni.
    Detto  in altre parole, mentre nel caso precedentemente giudicato,
 questa Corte ha potuto arguire che le  funzioni  regionali  ereditate
 dagli   uffici  periferici  del  Ministero  dell'Agricoltura  e  gia'
 esercitate da questi per conto dell'A.I.M.A. continuavano a permanere
 in  un  identico rapporto di avvalimento verso la suddetta azienda di
 Stato, in quanto trasferite nell'integrita' dei  loro  rapporti  come
 definiti  dai  provvedimenti  legislativi anteriori (d.l. n. 1051 del
 1967 e successive modificazioni), al contrario lo stesso ragionamento
 non  puo' valere per la risoluzione del conflitto qui in discussione,
 per  la  semplice  ragione  che  una   continuita'   delle   funzioni
 precedentemente  svolte non e' neppure concepibile in mancanza di una
 concreta attribuzione delle stesse prima del trasferimento.
    In  realta',  l'effettiva  imputazione  ai "capi degli ispettorati
 provinciali dell'agricoltura" dei compiti spettanti alla "commissione
 provinciale  olio"  -  in  particolare,  del parere sulla concessione
 dell'integrazione di prezzo di cui al d.l.  n. 1051 del 1967 e  della
 quantificazione dell'olio ammesso alla suddetta integrazione nel caso
 in cui quella non sia indicata - e' stata  operata  soltanto  con  il
 decreto  del  Ministro  dell'agricoltura  21 febbraio 1984, a seguito
 della (prima) individuazione delle province a trascurabile produzione
 olivicola ( ex art. 11, u.c., del decreto-legge appena citato). Ed e'
 proprio questo l'atto impugnato nel  presente  giudizio,  in  quanto,
 demandando   a   uffici   (divenuti)   regionali   compiti   connessi
 all'espletamento di funzioni  statali,  e'  ritenuto  invasivo  delle
 competenze  che  le  regioni  vantano,  a  norma dell'art. 123 Cost.,
 sull'organizzazione dei propri uffici.
    Per  la  verita',  tale  decreto  ministeriale  non  e'  privo  di
 improprieta', che sono tuttavia superabili in via interpretativa.  La
 prima concerne proprio il punto-chiave del decreto stesso, laddove si
 parla di "attribuzione" delle funzioni definite dall'art. 11 del d.l.
 n. 1051 del 1967 a uffici trasferiti da tempo alle regioni. E' chiaro
 che, interpretando il decreto sulla base delle norme di legge di  cui
 si  pone come attuazione (art. 11, u.c., del d.l. n. 1051 del 1967) e
 nel  quadro  della  ripartizione  di   competenze   (successivamente)
 delineato nella legislazione nazionale (dd.PP.RR. n. 11 del 1972 e n.
 616 del 1977), quell'espressione non sta a significare altro  che  la
 decisione  dello  Stato  di far esercitare le predette funzioni, che,
 giova ricordarlo, sono rimaste di  competenza  statale,  agli  uffici
 regionali  corrispondenti agli anzidetti ispettorati provinciali (per
 la Lombardia i "servizi provinciali per l'agricoltura" ex l.  reg.  1
 agosto  1979,  n. 42, allegato, parte quarta), in armonia, del resto,
 con il  rapporto  di  avvalimento  gia'  instaurato  in  ordine  alle
 funzioni di cui quelle in contestazione sono accessorie.
    Del  pari  superabile  in  via interpretativa e' una seconda, meno
 grave, improprieta': quella attinente agli organi  destinatari  delle
 funzioni  in  discussione,  che  sono  indicati  come  i  "capi degli
 ispettorati provinciali dell'agricoltura". Anche in tal caso, come ha
 sostenuto  l'Avvocatura  dello  Stato,  per le ragioni appena esposte
 deve intendersi che il riferimento sia diretto alle persone  preposte
 agli   uffici   regionali   corrispondenti  ai  predetti  ispettorati
 provinciali,   potendosi   giustificare   il    ricorso    all'antica
 denominazione   con   un'esigenza  di  economia  e  di  chiarezza  di
 linguaggio, dato che ogni regione puo'  conferire  ai  corrispondenti
 uffici collocazioni e sigle diverse.
    2.4.  -  Posto, dunque, che si tratta di un'ipotesi di avvalimento
 di uffici regionali da parte dello Stato - ipotesi che  questa  Corte
 ha  gia'  giudicato,  in  via  di  principio, conforme a Costituzione
 (sentt. nn. 23 del 1957, 216 del 1987) - ai  fini  della  risoluzione
 del  presente  conflitto occorre vagliare se lo Stato possa avvalersi
 di uffici regionali con decisione unilaterale, come  quella  adottata
 nel caso con il d.m. 21 febbraio 1984.
    Quando  l'avvalimento  non  sia direttamente disposto da una legge
 nazionale come particolare forma di collaborazione tra uffici statali
 e  uffici  regionali,  la possibilita' dello Stato di instaurare tale
 forma di cooperazione con le regioni, che risponde indubbiamente a un
 principio  di  economia nell'uso dei mezzi amministrativi, va in ogni
 caso  bilanciata  con  la  necessaria   salvaguardia   dell'autonomia
 organizzativa  che  ogni  regione  vanta  sui  propri uffici in forza
 dell'art. 123 della Costituzione. Questa  esigenza,  proprio  perche'
 postula  un bilanciamento, non puo' portare, come vorrebbe la Regione
 ricorrente, alla negazione totale della possibilita' dello  Stato  di
 instaurare   unilateralmente   rapporti  di  avvalimento  con  uffici
 regionali, ma conduce piuttosto a una diversa, piu' elastica, regola,
 la  quale  dipende  dall'eventualita', o meno, che l'utilizzazione da
 parte dello Stato di uffici regionali, per il tipo e la dimensione di
 prestazioni     richieste,    arrechi    alterazioni    significative
 nell'organizzazione delle  regioni  ovvero  comporti  un  sostanziale
 turbamento  nello  svolgimento  della  normale attivita' degli uffici
 regionali.
    Nel  caso  che  l'avvalimento  sia  tale  da  rendere probabile la
 realizzazione dell'una o dell'altra eventualita' ora accennate,  esso
 non  puo'  essere  stabilito senza la stipula di apposite convenzioni
 dirette a regolare i vari aspetti del reciproco rapporto che si  vuol
 istaurare.   In  tal  senso  e'  orientata,  del  resto,  proprio  la
 legislazione nazionale a proposito della  possibilita'  dell'A.I.M.A.
 di avvalersi degli uffici regionali per lo svolgimento in sede locale
 delle sue varie funzioni, compresa la  concessione  dell'integrazione
 di prezzo ai produttori di olio d'oliva (v. art. 3, lett. e, legge n.
 610 del 1982, sopraricordato). Nello stesso senso  e'  l'orientamento
 generale  dello  stesso  d.P.R.  n.  616  del  1977, il quale, quando
 prevede ipotesi di avvalimento dotate di un minimo  di  complessita',
 esige  appunto  la  convenzione tra le parti per regolare i reciproci
 rapporti (v. ad esempio, per restare nel campo dell'agricoltura,  gli
 artt.  68,  u.c., e 71, lett. c, del decreto medesimo). E al medesimo
 risultato porta soprattutto la giurisprudenza di  questa  Corte  che,
 nel  riconoscere un particolare valore e una particolare efficacia al
 principio  cooperativo,  ha  affermato  che  "quando   concorre   una
 molteplicita'  di interessi eterogenei, riferiti a soggetti diversi e
 tutti  di  rilievo  costituzionale,  alla  loro   composizione   deve
 provvedersi  attraverso  intese"  (sentt.  nn.  286 del 1985, 175 del
 1976).
    Tuttavia,  nel  caso  in  cui  l'avvalimento  non  e'  in grado di
 comportare alterazioni significative nell'organizzazione degli uffici
 che  si intende utilizzare, ne' di produrre un sostanziale turbamento
 nello svolgimento della normale attivita'  degli  stessi  uffici,  ma
 suppone,   piuttosto,  l'affidamento  di  compiti  di  non  rilevante
 entita', che siano connaturali alla loro ordinaria competenza e siano
 assolvibili  con l'usuale dispiego dei loro mezzi materiali e secondo
 gli schemi organizzatori loro propri, esso puo' essere disposto dallo
 Stato  con  atto  unilaterale  senza  comportare,  con  cio'  stesso,
 un'illegittima interferenza nell'autonomia organizzatoria dell'ente i
 cui uffici si intende utilizzare.
    Non  vi puo' essere dubbio che nel caso dedotto in giudizio con il
 presente conflitto  di  attribuzione  si  versi  nell'ultima  fra  le
 ipotesi   delineate.   Infatti,   come   ha   esattamente   osservato
 l'Avvocatura dello Stato, i compiti demandati agli  uffici  regionali
 istituiti   in   luogo   dei   "capi  degli  ispettorati  provinciali
 dell'agricoltura" non  comportano  apprezzabili  modificazioni  nelle
 funzioni  ordinariamente  espletate  da  quegli  uffici,  sia perche'
 suppongono   un   impegno   quantitativo   assolutamente    marginale
 (trattandosi  di  zone  a  trascurabile  produzione  olivicola),  sia
 perche'  non  esigono  strutture  o  mezzi  materiali   e   personali
 aggiuntivi  rispetto  a  quelli ordinariamente posseduti dagli stessi
 uffici (risolvendosi, quei compiti,  nell'espressione  di  un  parere
 sulla  concessione dell'integrazione di prezzo e nella determinazione
 dei quantitativi di olio ammissibili  all'integrazione  stessa  negli
 eccezionali casi in cui non siano attestati dal frantoiano).
    Per  tali  ragioni,  non si puo' non concludere che lo Stato abbia
 correttamente esercitato un suo potere quando,  con  il  decreto  del
 Ministro  dell'agricoltura 21 febbraio 1984, ha demandato agli uffici
 regionali  succeduti   ai   "capi   degli   ispettorati   provinciali
 dell'agricoltura"  i  compiti che l'art. 11 del d.l. n. 1051 del 1967
 attribuisce alla "commissione provinciale olio", ivi prevista.
    3.  -  Questa  conclusione  e', tuttavia, contestata dalla Regione
 ricorrente con un  argomento  anticipatamente  prospettato,  che  non
 appare comunque fondato.
    La   Regione   Lombardia   sostiene  che  i  compiti  affidati  in
 avvalimento ai responsabili degli uffici regionali  sopra  menzionati
 modificherebbero    sostanzialmente    un    connotato   fondamentale
 dell'organizzazione amministrativa della Regione  stessa,  in  quanto
 comporterebbero  un  conferimento  ai  predetti  uffici  di  potesta'
 provvedimentali, che sono  statutariamente  riservate  soltanto  alla
 Giunta  regionale  (art. 21, n. 11, St. Lomb.). Cosi', in realta' non
 e',  poiche'  l'esercizio  delle  funzioni  demandate,   con   l'atto
 impugnato,  agli  anzidetti  uffici  regionali  consiste in attivita'
 collegate a procedimenti amministrativi di secondo grado,  che,  come
 tali,   esauriscono  i  loro  effetti  all'interno  del  procedimento
 principale.
    Piu'  precisamente,  a  tali  uffici  si  richiede,  innanzitutto,
 l'espressione  di  un  parere  agli  organi  competenti  a  concedere
 l'integrazione  di  prezzo  prevista  da regolamenti comunitari e dal
 d.l. n. 1051 del 1967  (e  successive  modificazioni)  a  favore  dei
 produttori  di  olio  di  oliva  nelle zone a trascurabile produzione
 olivicola; in secondo luogo, la quantificazione  dell'olio  di  oliva
 prodotto  nelle  zone  ora ricordate da ammettere all'integrazione di
 prezzo nelle ipotesi eccezionali previste dall'art. 4, comma  quarto,
 del d.l. n. 1051 del 1967, quantificazione che, per espresso disposto
 legislativo, va compiuta attraverso una procedura di controllo di una
 serie  di  dati  allegati  alla domanda per l'integrazione (artt. 11,
 lett. b), e  4,  comma  quinto,  del  d.l.  appena  citato).  Appare,
 pertanto,  chiaro  da  questa sommaria descrizione che in nessuno dei
 casi  previsti  (espressione  di  un  parere  e  controllo  sui  dati
 denunciati   in   ordine   alla   quantificazione  dell'olio  ammesso
 all'aiuto) richiede agli uffici regionali di  cui  lo  Stato  intende
 avvalersi l'esercizio di potesta' provvedimentali.