ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio promosso con ricorso della Provincia Autonoma di Bolzano notificato il 25 febbraio 1988, depositato in Cancelleria il 4 marzo 1988 ed iscritto al n. 5 del registro ricorsi 1988 per conflitto di attribuzione sorto a seguito dei provvedimenti di cui ai telegrammi del Ministero della Difesa d.d. 31 dicembre 1987 e 16 gennaio 1988, con i quali lo stesso ha rifiutato di sottoporre all'esame del Comitato misto paritetico ex art. 3 l. 24 dicembre 1976, n. 898 ("Nuova regolamentazione delle servitu' militari") il progetto per la costruzione della nuova caserma di Velturno. Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nell'udienza pubblica dell'11 ottobre 1988 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello; Uditi l'avv. Sergio Panunzio per la Provincia Autonoma di Bolzano e l'Avvocato dello Stato Antonio Bruno per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto 1. - Con ricorso notificato il 25 febbraio 1988, la Provincia autonoma di Bolzano solleva conflitto di attribuzione nei confronti dei provvedimenti, di cui ai telegrammi del Ministero della difesa del 31 dicembre 1987 e del 16 gennaio 1988, con i quali l'autorita' statale ha rifiutato di sottoporre all'esame del Comitato misto paritetico, previsto dall'art. 3 della legge 24 dicembre 1976, n. 898 ("Nuova regolamentazione delle servitu' militari"), il progetto per la costruzione della nuova caserma dei carabinieri in Comune di Velturno (BZ). Dopo aver ricordato, quanto all'ammissibilita' del ricorso, il consolidato orientamento di questa Corte, secondo il quale il conflitto e' ammissibile, non soltanto ove si abbia invasione di competenza, ma anche quando l'ordinamento richieda la collaborazione di una pluralita' di enti e, per contro, uno di questi provveda autonomamente senza tener conto delle potesta' altrui (sentt. nn. 206 e 286 del 1985), la Provincia ricorrente assume la violazione del principio del coordinamento espresso nell'art. 3 della legge n. 898 del 1976 attraverso la previsione di un "comitato misto paritetico di reciproca consultazione per l'esame, anche con proposte alternative della regione (o della provincia autonoma) e dell'autorita' militare, dei problemi connessi alla armonizzazione tra i piani di assetto territoriale della regione (o della provincia) ed i programmi delle installazioni militari e delle conseguenti limitazioni". Cio' premesso, la Provincia ricorrente sostiene che, tenuto conto della sicura appartenenza della costruenda caserma alle installazioni militari, il relativo progetto avrebbe dovuto essere sottoposto all'esame del suddetto comitato misto paritetico. Quanto alla opinione contraria del Ministero - secondo cui, non comportando la nuova costruzione la imposizione di servitu', l'argomento esulerebbe dalle competenze del predetto organo di coordinamento - la Provincia rileva che essa si fonda su un'erronea interpretazione della disposizione legislativa, la quale viceversa, con l'uso della congiunzione "e" ('i programmi delle istallazioni militari e delle conseguenti limitazioni'), espressamente prevede lo strumento del coordinamento per ogni nuova installazione militare, pur se non comportante immediate limitazioni. La ricorrente conclude percio' per l'annullamento degli atti di rifiuto impugnati in questa sede. 2. - Si e' costituito nel presente giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato, eccependo in via preliminare la inammissibilita' del ricorso per mancanza del presupposto, secondo quanto gia' affermato da questa Corte (sent. n. 216 del 1985), la quale ha escluso che in materia di costruzione di infrastrutture militari (tra le quali rientrano pacificamente le caserme dei carabinieri) debba farsi ricorso alla pretesa forma di collaborazione; cio' in quanto, in tali casi, si deve "tener conto delle esigenze della difesa nazionale". Nel merito, l'Avvocatura ha comunque sostenuto la infondatezza del ricorso, non trovando applicazione, nella specie, l'art. 3 della legge n. 898 del 1976. Tale normativa, infatti, fa espresso riferimento alle servitu' militari che sorgono dalle installazioni militari; il che, nella fattispecie oggetto del conflitto, non ricorre. 3. - Nell'imminenza della udienza di discussione del ricorso hanno presentato memorie entrambe le parti del conflitto. L'Avvocatura generale dello Stato ha ribadito la tesi secondo la quale, alla luce della giurisprudenza di questa Corte, sarebbe da escludere, in materia di infrastrutture militari, il ricorso alla forma di collaborazione tra Stato e Provincia autonoma pretesa dalla ricorrente. In particolare, poi, quanto alla natura di "infrastrutture militari destinate alla difesa nazionale" che deve essere riconosciuta anche alle caserme dei Carabinieri, richiama la pronuncia di questa Corte (n. 216/85) che tale natura espressamente riconobbe a detti immobili, in quanto beni strumentali all'esercizio delle funzioni di difesa della nazione. La Provincia autonoma di Bolzano, dal canto suo, ha contestato la fondatezza della eccezione di inammissibilita' del ricorso proposta dall'Avvocatura dello Stato nell'atto di costituzione in giudizio, sotto il profilo del difetto del presupposto costituito dalla necessita' di una collaborazione tra i soggetti interessati (Stato e Provincia autonoma) in materia di costruzione di infrastrutture militari. Considerato in diritto 1. - La Provincia autonoma di Bolzano solleva conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato sostenendo che anche le progettazioni relative alla costruzione delle caserme dei Carabinieri debbano essere preventivamente esaminate dal Comitato misto paritetico previsto dall'art. 3 della legge 21 dicembre 1976, n. 898. Il conflitto trae origine dal rifiuto del Ministero della difesa di sottoporre all'esame del Comitato il progetto per la costruzione della caserma dei Carabinieri di Velturno, nell'assunto che l'installazione delle caserme non comporti imposizione di servitu' militari. 2. - Va preliminarmente disattesa l'eccezione di inammissibilita' sollevata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato, la quale - pur convenendo con la Provincia autonoma secondo cui ricorre invasione di competenza "anche quando l'ordinamento richiede la collaborazione di una pluralita' di enti e, per contro, uno di essi provveda autonomamente senza tener conto della potesta' altrui" (sentt. n. 206 e n. 286 del 1985) - sostiene che nella specie difetterebbe il presupposto del conflitto. Difatti, ad avviso dell'Avvocatura generale dello Stato, questa Corte, con la sentenza n. 216 del 1985, avrebbe gia' escluso che in materia di costruzione di infrastrutture militari (fra le quali rientrano le caserme dei Carabinieri) debba farsi ricorso ad ogni forma di "collaborazione" fra Stato e regioni o Province autonome. In proposito e' opportuno precisare che le considerazioni svolte dalla difesa dell'interveniente sembrerebbero piuttosto attenere, come si vedra' in prosieguo, al merito del conflitto, perche' lo stabilire se nella specie sia applicabile la modalita' collaborativa costituita dall'esame del Comitato paritetico, riguarda proprio la soluzione del thema decidendum proposto dalla Provincia. Comunque, la tesi sostenuta dall'Avvocatura dello Stato muove da una premessa che non trova riscontro nel contenuto della richiamata sentenza n. 216 del 1985. Questa, difatti, nel disattendere l'assunto della Provincia autonoma di Bolzano - la quale in occasione di tale giudizio aveva sostenuto che anche per le sedi di servizio dei Carabinieri occorresse la preventiva "intesa" fra Stato e regioni, prevista dall'art. 81, primo comma, del d.P.R. n. 616 del 1977, ai fini dell'accertamento di conformita' alle previsioni urbanistiche - aveva escluso che in tale materia fosse necessaria la "preventiva intesa", limitandosi ad affermare che tali sedi, in quanto beni strumentali di un Corpo militare, "rientrano nell'eccezione contenuta nella stessa disposizione" con riguardo alle opere di difesa nazionale, senza affrontare il profilo, che costituisce appunto il thema decidendum del presente conflitto, circa l'assoggettibilita' o meno di questo tipo di opere ad altre formalita' collaborative come nella specie quella del parere previsto dall'art. 3 della legge n. 898 del 1976. 3. - Nel merito il ricorso e' fondato. Secondo l'art. 3 della legge 21 dicembre 1976 n. 898, in ciascuna regione (ed in ciascuna delle Province autonome di Trento e di Bolzano) e' costituito un comitato misto paritetico di reciproca consultazione per l'esame, anche con proposte alternative della regione (o delle province autonome) e dell'autorita' militare, dei problemi connessi alla armonizzazione tra i piani di assetto territoriale della regione ed i programmi delle installazioni militari e delle conseguenti limitazioni. In tale ordine di idee l'art. 2 del d.P.R. 17 dicembre 1979 n. 780 (recante il regolamento di esecuzione della citata legge n. 898 del 1976) ribadisce che debbano essere "sottoposte all'esame del Comitato i piani di assetto territoriale della regione e i programmi delle installazioni militari e delle conseguenti limitazioni". La formulazione delle norme non consente di condividere la tesi, sostenuta in un primo momento dal Ministero della difesa nei confronti della Provincia autonoma di Bolzano ed in questa sede ribadita dall'Avvocatura generale dello Stato nell'interesse della Presidenza del Consiglio dei ministri, secondo cui la consultazione del Comitato sarebbe prevista solo per le installazioni che comportino l'imposizione di servitu' militari in senso proprio. Anche se la legge n. 898 del 1976 ed il d.P.R. n. 780 del 1979 si riferiscono nel loro titolo alla regolamentazione delle servitu' militari, le disposizioni particolari di tali testi normativi invocati dalla Provincia ricorrente, nel prevedere la consultazione del Comitato paritetico, non la circoscrivono solo alle ipotesi di imposizione di servitu' in senso stretto, ma la estendono ad ogni tipo di "installazioni militari e delle conseguenti limitazioni", e quindi la formula adoperata ha un significato cosi' ampio da non consentire l'interpretazione limitativa sostenuta dall'amministrazione statale. Ne' d'altronde le esigenze proprie della difesa militare vengono in tal modo ad essere vanificate, perche' la legge invocata ed il relativo regolamento di attuazione prevedono un procedimento tale da evitare che la richiesta di sottoposizione dei progetti delle opere militari al Comitato in parola, possa risolversi in uno strumento dilatorio. E' difatti espressamente previsto (art. 3, comma 11, della legge n. 898 del 1976) che le definitive decisioni sui programmi di installazioni militari e relative limitazioni sono riservate al Ministero della difesa, mentre la Regione (o la Provincia) interessata puo' richiedere al Presidente del Consiglio, entro quindici giorni dalla pubblicazione o comunicazione della decisione ministeriale, che la questione sia sottoposta al riesame da parte del Consiglio dei Ministri. Si e' quindi in presenza di modalita' procedimentali che, da un canto, assicurano una ponderata valutazione delle reciproche esigenze dello Stato e delle regioni (e delle provincie autonome) in un quadro ampiamente collaborativo e, d'altro canto, assicurano allo Stato di soddisfare ugualmente - nel caso in cui non venga risolto il contrasto in un tempo ragionevole, da valutarsi di volta in volta, in armonia con il principio del buon andamento, dall'organo cui spetta la presidenza del Comitato - le esigenze proprie della difesa nazionale e dell'attivita' dei Corpi militari.