ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 6, commi 1 e 3, del d.l. 29 gennaio 1983, n. 17 (Misure per il contenimento del costo del lavoro e per favorire l'occupazione), convertito in legge 25 marzo 1983, n. 79, e dell'art. 2, comma 2, del d.l. 17 aprile 1984, n. 70 (Misure urgenti in materia di tariffe, di prezzi amministrati e di indennita' di contingenza), convertito in legge 12 giugno 1984, n. 219 promosso con l'ordinanza emessa il 27 novembre 1987 dal Tribunale di Cosenza nel procedimento civile vertente tra INPS e Pisano Francesco iscritta al n. 179 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell'anno 1988; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 9 novembre 1988 il Giudice relatore Luigi Mengoni; Ritenuto in fatto 1. - Il Tribunale di Cosenza, con ordinanza del 27 novembre 1987, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale degli artt. 6, primo e terzo comma, del d.l. 29 gennaio 1983 n. 17, convertito nella legge 25 marzo 1983 n. 79, e 2, secondo comma, del d.l. 17 aprile 1984 n. 70, convertito nella legge 12 giugno 1984 n. 219, nella parte in cui, ai fini dell'attribuzione della maggiorazione degli assegni familiari, ricomprendono nel calcolo annuale del reddito familiare complessivo, assoggettabile all'IRPEF nell'anno precedente al periodo di paga in corso, anche gli emolumenti relativi ad anni anteriori e soggetti a tassazione separata, escludendo soltanto i trattamenti di fine rapporto. Tale disciplina e' ritenuta contrastante con l'art. 3 Cost., in quanto comporta per i lavoratori subordinati, che percepiscono con ritardo emolumenti afferenti ad anni precedenti il periodo di paga in corso, un trattamento deteriore rispetto agli altri lavoratori che, nell'identica situazione, hanno percepito tempestivamente gli stessi emolumenti. Il giudice remittente ravvisa inoltre una violazione dell'art. 31 Cost., "atteso che la normativa in esame pone limiti ingiustificati e irrazionali a provvidenze tendenti ad agevolare con misure economiche la famiglia". 2. - Nel giudizio davanti alla Corte non vi e' stata costituzione di parti. E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, contestando la fondatezza della questione. Osserva l'Avvocatura che il criterio di cassa adottato dal legislatore attraverso il richiamo all'imponibilita' IRPEF risponde razionalmente all'esigenza di adeguare l'intervento di sostegno economico al parametro concreto della disponibilita' di mezzi che si verifica, nel periodo in considerazione, per la famiglia cui deve provvedere il lavoratore". Percio', come non e' possibile tenere conto, nel valutare le condizioni economiche del lavoratore in un determinato anno, di cio' che egli avrebbe dovuto percepire, ma che di fatto non gli e' stato corrisposto - onde l'attribuzione delle maggiorazioni in questione e la definizione della loro misura possono risultare condizionate favorevolmente per il lavoratore da un ritardo nella corresponsione degli emolumenti dovutigli -, cosi' non v'e' ragione di non considerare, sempre ai fini della valutazione della situazione economica in cui versa la famiglia del lavoratore in un determinato anno le entrate in questo conseguite, pur se relative ad emolumenti maturati in anni precedenti. Data la diversita' concettuale tra l'imponibile annuale IRPEF (che ha carattere individuale) e il reddito (cumulativo) della famiglia rilevante ai fini della normativa denunziata, "non vale richiamare l'esclusione dal coacervo del reddito familiare del trattamento di fine rapporto (giustificata dalle peculiari finalita' di tale erogazione) per inferirne la necessita' di analoga esclusione di altri proventi solo perche' soggetti, a pari del trattamento di fine rapporto, a diverso e separato computo in sede di definizione degli imponibili IRPEF per lo stesso anno di tassazione". Privo di autonomo rilievo appare infine, a giudizio dell'Avvocatura, il riferimento all'art. 31 Cost. Rientra nell'autonomia del legislatore ordinario la definizione dei limiti di attuazione dei sostegni economici alle famiglie, in relazione alle diverse situazioni reddituali. Considerato in diritto 1. - Il Tribunale di Cosenza dubita della legittimita' costituzionale, alla stregua degli artt. 3 e 31 Cost., dell'art. 6, primo e terzo comma, del d.l. 29 gennaio 1983 n. 17, convertito in legge 25 marzo 1983 n. 79, nella parte in cui, ai fini della maggiorazione degli assegni familiari ai lavoratori dipendenti, prevista nel precedente art. 5, include nel computo del reddito familiare complessivo, assoggettabile all'IRPEF nell'anno precedente il periodo paga in corso, anche gli arretrati di retribuzione maturati in anni anteriori e soggetti a tassazione separata: inclusione confermata, per argomento a contrario, dall'art. 2, secondo comma, del successivo d.l. 17 aprile 1984 n.70, convertito in legge 12 giugno 1984 n. 219, pure impugnato, che ha escluso dal computo i soli trattamenti di fine rapporto. 2. - Le questioni non sono fondate. La maggiorazione degli assegni familiari e' concessa dal d.l. n. 17 del 1983 in ragione di un rapporto, che non deve essere inferiore al 70 per cento, tra i flussi salariali nella famiglia e il reddito familiare complessivo assoggettabile all'imposta personale sul reddito. Poiche' il rapporto deve essere verificato anno per anno in base alle risultanze delle dichiarazioni annuali dei redditi dei componenti il nucleo familiare, e' ragionevole che nel coarcevo dei redditi, da assumere come parametro per stabilire la spettanza o meno della maggiorazione di cui e' causa, siano compresi anche gli arretrati di retribuzione percepiti nel periodo paga considerato, posto che essi pure concorrono a integrare la disponibilita' di mezzi economici della famiglia in tale periodo. Se non fossero conteggiati nell'anno di percezione, i redditi soggetti a tassazione separata dovrebbero essere conteggiati nell'anno di maturazione. Ma questa soluzione in primo luogo contrasterebbe con la ratio della legge, in quanto la spettanza della maggiorazione in quell'anno verrebbe determinata in base alla capacita' economica potenziale, non effettiva, della famiglia; in secondo luogo offenderebbe il principio di economicita', addossando all'INPS l'onere di rifare i calcoli per quell'anno e provvedere alle rettifiche conseguenti, e ai lavoratori l'obbligo di restituire le somme che risultassero non spettanti. La sentenza auspicata dal giudice a quo non gia' eliminerebbe una discriminazione, in realta' inesistente, a danno dei lavoratori che ricevono in ritardo emolumenti maturati in un anno anteriore al periodo paga in corso, bensi' creerebbe una discriminazione a sfavore di "coloro che nell'identica situazione hanno percepito tempestivamente gli stessi emolumenti": i primi, infatti, avrebbero il privilegio di non vedere computati tali emolumenti ne' nell'anno in cui sono maturati, ne' nell'anno in cui sono stati (tardivamente) corrisposti. 3. - Il principio dell'art. 3 Cost. non e' violato nemmeno dall'art. 2 del d.l. n. 70 del 1984, convertito nella legge n. 219 del 1984, che ha escluso dal computo del reddito familiare complessivo i trattamenti di fine rapporto. Il trattamento di fine rapporto non e' formato da retribuzioni arretrate, anche se ai fini fiscali e' trattato come tale, e comunque l'eccezione prevista dalla legge citata si giustifica in considerazione della funzione previdenziale propria del detto trattamento, la quale si proietta nel futuro ben oltre il periodo di riferimento del calcolo ai fini della maggiorazione degli assegni familiari. 4. - Priva di consistenza e', infine, la pretesa violazione dell'art. 31 Cost. La determinazione delle forme e della misura delle provvidenze economiche a sostegno dei nuclei familiari, e in particolare delle famiglie numerose, e' materia di valutazione discrezionale del legislatore.