ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nei  giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 4, commi primo,
 terzo, ottavo, undicesimo e tredicesimo, l.  6  agosto  1984  n.  425
 (Disposizioni  relative  al  trattamento  economico  dei magistrati),
 promossi con ordinanza  emessa  il  14  gennaio  1987  dal  Tribunale
 amministrativo  regionale  per  la  Lombardia sul ricorso di Perrucci
 Ubaldo contro la Presidenza del  Consiglio  dei  ministri  ed  altri,
 nonche'  con  due ordinanze emesse il 30 giugno 1987 ed il 26 gennaio
 1988 dal Consiglio di Stato su ricorsi proposti da Laserra Giorgio  e
 da  Ingrassia Armando contro la Presidenza del Consiglio dei ministri
 ed altri, iscritte ai nn. 34, 182 e 345 del registro ordinanze 1988 e
 pubblicate  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 7, 20 e 31,
 prima serie speciale del 1988;
    Visti gli atti di costituzione di Perrucci Ubaldo, Laserra Giorgio
 ed Ingrassia Armando, nonche' gli atti di intervento  del  Presidente
 del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  22  novembre  1988  il Giudice
 relatore Francesco Saja;
    Uditi  l'avv.  Maurizio  Steccanella  per  Perrucci Ubaldo, l'avv.
 Michele Scudiero per Laserra Giorgio e l'avvocato dello  Stato  Mario
 Imponente per il Presidente del Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Nel  corso di un procedimento in cui l'avvocato dello Stato
 Ubaldo  Perrucci  chiedeva  il  nuovo  calcolo  del  suo  trattamento
 economico nonche' la dichiarazione di spettanza delle differenze, con
 la rivalutazione monetaria e gli interessi legali, con ordinanza  del
 9   novembre   1987   (reg.   ord.  n.  34  del  1988)  il  Tribunale
 amministrativo regionale della Lombardia  sollevava,  in  riferimento
 agli artt. 3, 36 e 97 Cost., questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 4, commi ottavo e undicesimo, l. 6 agosto 1984 n. 425.
    Il  Tribunale  osservava  che  il  detto  articolo,  ai fini della
 determinazione del nuovo trattamento economico dei magistrati e degli
 avvocati  dello Stato, distingueva tra un'anzianita' effettiva (comma
 ottavo) ed un'anzianita' convenzionale (comma secondo), concernente i
 periodi  di  servizio  e  di  attivita'  professionale  richiesti dai
 rispettivi ordinamenti per l'accesso alle carriere, e  fissata  nella
 misura di cinque anni.
    Al  ricorrente, entrato in carriera dopo essere stato avvocato del
 foro   libero,   era   stata   riconosciuta   la   detta   anzianita'
 convenzionale,   ma   non   anche  quella  effettiva  ossia  maturata
 nell'esercizio dell'attivita' professionale; per contro, ai  colleghi
 provenienti   dalle   carriere   di  cui  alla  l.  n.  27  del  1981
 (magistratura  ordinaria,  amministrativa,  della  Corte  dei  conti,
 militare,  nonche'  procuratori dello Stato) erano state riconosciute
 tanto l'anzianita' convenzionale quanto l'anzianita' effettiva.
    Cio'  premesso,  il  Tribunale,  disattese  le tesi del ricorrente
 circa  la  pretesa  illegittimita'  del  detto  comportamento   della
 pubblica  amministrazione,  dubitava  che  le denunciate disposizioni
 (l'undicesimo comma dell'art. 4 si limita  a  mantenere  distinte  le
 carriere  degli  avvocati  e dei procuratori dello Stato agli effetti
 della stessa legge), in quanto trattavano in modo diseguale  avvocati
 dello Stato di diversa provenienza professionale, ma tutti entrati in
 carriera grazie al medesimo concorso,  confliggessero  non  solo  col
 principio  di  eguaglianza  ma  anche con quello di adeguatezza della
 retribuzione (art. 36 Cost.)  e  di  buon  andamento  della  pubblica
 amministrazione (art. 97 Cost.).
    2.  -  Nel  corso  di  un procedimento in cui il consigliere della
 Corte dei conti Giorgio Laserra chiedeva il  nuovo  calcolo  del  suo
 trattamento  economico con i conseguenti provvedimenti a carico della
 controricorrente Presidenza del Consiglio dei ministri, con ordinanza
 del  30 giugno 1987 (reg. ord. n. 182 del 1988) il Consiglio di Stato
 sollevava, in riferimento agli artt.  3  e  97  Cost.,  questione  di
 legittimita'  costituzionale  dei  commi  primo,  terzo e tredicesimo
 dell'art. 4 sopra citato.
    Il  Collegio  rimettente  osservava che, a seguito dell'entrata in
 vigore della l.  n.  425  del  1984,  il  trattamento  economico  del
 ricorrente  aveva  subito  una  decurtazione. Infatti l'art. 3, terzo
 comma, l. 16 dicembre 1961 n. 1308 aveva  attribuito  ai  referendari
 della  Corte  l'anzianita'  di  servizio gia' maturata nella pubblica
 amministrazione a cui essi erano appartenuti in precedenza: cosi' era
 stato  per  il  Laserra,  gia' assistente universitario ordinario per
 piu' di vent'anni prima di divenire referendario della Corte.
    Successivamente,  l'art.  4, terzo comma, l. n. 425 del 1984 aveva
 limitato  il  riconoscimento   dell'anzianita'   pregressa,   per   i
 consiglieri  di  Stato  e  della  Corte  dei  conti (il Laserra aveva
 frattanto acquisito tale ultima qualifica), ai  soli  periodi  svolti
 nella  posizione  di  dirigente  generale  dello Stato o di pubbliche
 amministrazioni: in tale modo il ricorrente aveva perduto la suddetta
 anzianita', maturata come assistente universitario.
    Cio'  premesso,  il  Consiglio  di  Stato  - disattesa la tesi del
 ricorrente secondo cui la impugnata disposizione del 1984  non  aveva
 abrogato  quella  del 1961, stante l'espresso disposto abrogativo del
 tredicesimo comma del piu' volte citato art.  4  -  dubitava  che  la
 soppressione   del   beneficio   attribuito   dal  sistema  normativo
 previgente nonche' la disparita' di trattamento tra consiglieri  gia'
 dirigenti   generali  e  consiglieri  gia'  titolari  di  un  ufficio
 amministrativo di grado inferiore (ai quali il quarto comma dell'art.
 4 attribuiva soltanto un'anzianita' convenzionale di cinque anni e il
 tredicesimo escludeva qualsiasi  altra  anzianita'  convenzionale  in
 precedenza  riconosciuta), fosse irragionevole e ledesse il principio
 di buon andamento della pubblica amministrazione in quanto  idoneo  a
 generare malcontento nei pubblici dipendenti.
    3.  -  Nel corso di un procedimento in cui il consigliere di Stato
 Armando Ingrassia chiedeva  il  nuovo  calcolo  del  suo  trattamento
 economico   con   i   conseguenti   provvedimenti   a   carico  della
 controricorrente Presidenza del Consiglio dei ministri, con ordinanza
 del 26 gennaio 1988 (reg. ord. n. 345 del 1988) il Consiglio di Stato
 sollevava, in riferimento agli artt.  3  e  36  Cost.,  questione  di
 legittimita'  costituzionale dell'art. 4 sopra citato, nella parte in
 cui, per i magistrati dei tribunali amministrativi regionali nominati
 attraverso  il concorso per titoli di cui agli artt. 45 e segg. l. n.
 1034 del 1971, non equipara l'anzianita' maturata nelle  carriere  di
 cui  alla  citata  l.  n.  27  del  1981  a  quella relativa ad altre
 carriere.
    Infatti,  mentre  l'anzianita'  gia' maturata nelle magistrature o
 nell'avvocatura dello Stato veniva computata per  intero  (anzianita'
 effettiva: ottavo comma dell'art. 4), l'anzianita' conseguita altrove
 veniva calcolata solo nella misura fissa di cinque  anni  (anzianita'
 convenzionale:  secondo  comma dell'art. 4). In tal modo l'Ingrassia,
 gia' direttore di sezione nel  Ministero  dell'interno  con  diciotto
 anni  di  anzianita'  complessiva nella carriera direttiva, era stato
 trattato peggio di altri colleghi provenienti dalle  magistrature  ed
 entrati  nei  t.a.r.  grazie  al  medesimo  concorso,  il  cui  bando
 presupponeva evidentemente l'equivalenza delle pregresse carriere.
    Tale  disparita'  di trattamento appariva al Consiglio di Stato in
 contrasto  coi  principi  di  eguaglianza  e  di  adeguatezza   della
 retribuzione.
    4.  -  La  Presidenza  del  Consiglio dei ministri, intervenuta in
 tutti  i  giudizi,  chiedeva  dichiararsi  la  non  fondatezza  delle
 questioni,  sostenendo  la  ragionevolezza  dei  diversi  trattamenti
 stabiliti dal legislatore  del  1984,  il  quale  aveva  ritenuto  di
 differenziare    le    valutazioni    delle    precedenti   attivita'
 professionali, ai fini del calcolo  delle  anzianita',  in  relazione
 alla loro diversa qualificazione.
    5.  -  Si  costituivano  le  parti  private  Perrucci,  Laserra  e
 Ingrassia i quali  presentavano  anche  una  memoria  in  prossimita'
 dell'udienza,   sostanzialmente  riportandosi  agli  argomenti  delle
 ordinanze di rimessione.
                         Considerato in diritto
    1.  -  Data  l'analogia  del loro contenuto, i tre giudizi possono
 essere riuniti e decisi con unica sentenza.
    2.  -  Come  gia'  esposto  in narrativa, i giudici amministrativi
 rimettenti sottopongono a questa  Corte  tre  questioni,  concernenti
 tutte  l'art.  4 l. 6 agosto 1984 n. 425; il quale, nel determinare i
 nuovi stipendi per  i  magistrati  di  qualsiasi  ordine  e  per  gli
 avvocati  dello Stato, valuta diversamente le attivita' in precedenza
 da loro  svolte  prima  di  assumere  le  rispettive  funzioni.  Tale
 diversita'  di  valutazione,  che  determina  differenti  trattamenti
 economici, solo quanto all'anzianita', per i  magistrati  ovvero  gli
 avvocati  dello  Stato  pur  assunti  in servizio in base al medesimo
 concorso,   produrrebbe,   ad   avviso   dei   giudici    rimettenti,
 ingiustificate  disparita'  di  trattamento  e  in definitiva darebbe
 luogo alla violazione dei principi di eguaglianza (art. 3 Cost.),  di
 correlazione  del trattamento economico alla quantita' e qualita' del
 lavoro svolto (art. 36 Cost.) e infine di buon andamento dei pubblici
 uffici (art. 97 Cost.); principio, quest'ultimo, che, seppur riferito
 dalla formulazione letterale della Costituzione  alla  sola  pubblica
 amministrazione,  comprende  per  ius receptum anche l'organizzazione
 degli uffici giudiziari.
    Le lamentate disparita' consistono specificamente:
       a)  nell'essere  stata  attribuita  ad  un avvocato dello Stato
 proveniente dal foro  libero  la  sola  anzianita'  convenzionale  di
 cinque  anni  (art.  4  cit.,  secondo  comma)  e  non  anche  quella
 effettiva, attribuita ai colleghi provenienti dalle carriere  di  cui
 alla  l.  n. 27 del 1981, ossia magistrati o procuratori dello Stato,
 ai sensi dello stesso art. 4, ottavo comma (ord. n. 34 del 1988);
       b)  nell'essere  stata  attribuita  ad un magistrato di t.a.r.,
 assunto in servizio a seguito del concorso per  titoli  di  cui  agli
 artt.  45 e ss. l. n. 1034 del 1971, la sola anzianita' convenzionale
 di cinque anni (art. 4, quarto comma) e non anche, ai sensi dell'art.
 4,  terzo comma, quella effettiva maturata nell'amministrazione degli
 interni con posizione inferiore a dirigente generale (ord. n. 345 del
 1988);
       c)  analogamente,  nel  non  essere  stata  riconosciuta  ad un
 consigliere della Corte dei  conti  l'anzianita'  effettiva  maturata
 nell'amministrazione   della   pubblica  istruzione  come  assistente
 universitario ordinario, ossia con posizione inferiore  a  quella  di
 dirigente generale (ord. n. 182 del 1988).
    3.  -  In  realta' nessuna delle denunciate disposizioni confligge
 con le norme costituzionali invocate dai giudici rimettenti.
    Va  premesso  che la legge 6 agosto 1984 n. 425, nel riordinare il
 trattamento economico dei magistrati e degli avvocati dello Stato, ha
 innovato  rispetto  al sistema normativo precedente, facendo ricorso,
 ai  fini  della  determinazione  della  retribuzione,  non   ad   una
 disciplina  unica,  ma  conferendo posizioni differenziate alle varie
 categorie  dei  soggetti  interessati,  in  relazione,  tra  l'altro,
 all'anzianita', maturata prima e dopo l'attribuzione delle funzioni e
 considerata secondo diversi criteri.
    La  valutazione  differenziata  dell'anzianita'  non  si  pone  in
 contrasto con alcuna delle norme costituzionali denunciate e  neppure
 contraddice  il  fine,  perseguito  dal  legislatore  secondo  la sua
 discrezionale valutazione, di equilibrare le retribuzioni di tutte le
 categorie   dei   giudici,   ordinari,  amministrativi,  contabili  e
 militari, nonche' degli avvocati dello Stato (v.  sent.  n.  413  del
 1988).  La  circostanza  che  ad alcuni soggetti, appartenenti ad una
 determinata categoria, non sia  applicabile  la  medesima  disciplina
 dettata  per  altri  non da' luogo pertanto ad ingiusta disparita' di
 trattamento, se la diversita'  non  sia  priva  di  ogni  ragionevole
 giustificazione.
    Per  quanto  attiene  alle  questioni in esame, la valutazione del
 legislatore del 1984 e' stata determinata dall'intento di  attribuire
 una   maggiore  anzianita'  -  considerando  la  maggiore  esperienza
 culturale e pratica da loro raggiunta  -  ai  magistrati  o  avvocati
 dello  Stato  che,  prima  di  entrare  in  carriera, avessero svolto
 funzioni  analoghe  a  quelle  attuali,  oppure  avessero   raggiunto
 nell'apparato  amministrativo  la  piu' elevata funzione, vale a dire
 quella di dirigente generale.
    Conseguentemente, non appare destituito di razionale fondamento il
 fatto  che  ad  un  avvocato  dello  Stato  sia   stato   negato   il
 riconoscimento   dell'anzianita'   effettiva   (ma   non   di  quella
 convenzionale di cinque anni) relativa all'attivita' svolta nel  foro
 libero,  mentre  ad  altri  colleghi e' stato computato il periodo di
 servizio effettuato come procuratori dello  Stato,  chiaramente  piu'
 adatto  a  maturare un'esperienza utile al miglior espletamento delle
 funzioni attualmente svolte.  Parimenti,  non  e'  irragionevole  che
 magistrati  del Consiglio di Stato o della Corte dei conti non vedano
 computati nell'anzianita' effettiva periodi trascorsi nella  pubblica
 amministrazione  nelle  posizioni  piu' varie (ed anche eventualmente
 non  elevate),  ossia  senza  aver  raggiunto  la  massima  posizione
 nell'organizzazione  burocratica  dello  Stato,  in  cui e' possibile
 maturare  una  preparazione  idonea  alla  risoluzione  dei  delicati
 problemi solitamente sottoposti al giudice amministrativo ed a quello
 contabile.
    4.  -  La presente pronuncia non contrasta con la sent. n. 269 del
 1988, invocata dalla parte  privata  Laserra,  in  quanto  in  quella
 decisione  venne  dichiarata  incostituzionale una norma determinante
 un'alterazione dell'ordine d'anzianita' nella carriera degli avvocati
 dello   Stato,  alla  quale  conseguiva  un'arbitraria  e  immotivata
 posposizione in graduatoria a danno di avvocati forniti  di  maggiori
 titoli   professionali   e  di  carriera:  sicche'  era  evidente  la
 violazione dell'art. 3 della Costituzione.
    5. - I superiori rilievi escludono quindi, per la medesima origine
 delle due censure, la dedotta violazione del principio di eguaglianza
 ed escludono del pari la fondatezza della doglianza relativa all'art.
 97 Cost.
    Per  quanto  concerne,  invece,  la questione relativa all'art. 36
 Cost., osserva la Corte che tale norma non  puo'  esser  riferita  ad
 ogni  e  qualsiasi  pretesa  del  lavoratore,  ma  concerne  soltanto
 l'equilibrio   del   sinallagma   tra   prestazione   lavorativa    e
 controprestazione,  la quale deve assicurare al lavoratore e alla sua
 famiglia un'esistenza libera e dignitosa.
 Entro  questi limiti deve riconoscersi al legislatore ordinario, come
 gia' questa Corte ha piu' volte avvertito, un  potere  discrezionale,
 comprendente   la  facolta'  di  prevedere  un  migliore  trattamento
 economico per lavoratori che, pur esplicando la medesima attivita' di
 altri, si trovino, ad esempio, in condizioni soggettive idonee ad una
 piu'   favorevole   valutazione   dell'anzianita':   il   che    puo'
 ragionevolmente  comportare  un  trattamento  economico  di diversa e
 maggiore entita'.
    In  conclusione,  le  questioni  sollevate  con  le  ordinanze  di
 rimessione debbono dichiararsi non fondate.