ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge regionale del
 29 gennaio 1987 riapprovata il 5 marzo 1987 dal  Consiglio  regionale
 della Lombardia avente per oggetto: "Modifica alla legge regionale 27
 ottobre 1972, n. 34  concernente  provvidenze  e  contributi  per  il
 funzionamento dei gruppi consiliari ed alla legge regionale 23 giugno
 1977, n.  31  relativa  alla  assegnazione  di  personale  ai  gruppi
 consiliari"  promosso  con  ricorso  del Presidente del Consiglio dei
 Ministri, notificato il 31 marzo 1987, depositato in  cancelleria  il
 10 aprile successivo ed iscritto al n. 12 del registro ricorsi 1987;
    Visto l'atto di costituzione della Regione Lombardia;
    Udito nell'udienza pubblica del 21 giugno 1988 il Giudice relatore
 Antonio Baldassarre;
    Uditi  l'Avvocato dello Stato Sergio Laporta, per il ricorrente, e
 l'avv. Umberto Pototschnig per la Regione.
                           Ritenuto in fatto
    1.   -  Con  ricorso  regolarmente  notificato  e  depositato,  il
 Presidente del Consiglio dei Ministri ha proposto ricorso  contro  la
 legge  della  Regione  Lombardia,  intitolata "Modifica alla L. R. 27
 ottobre 1972, n. 34, concernente  provvidenze  e  contributi  per  il
 funzionamento  dei  gruppi  consiliari e alla L.R. 23 giugno 1977, n.
 31, relativa all'assegnazione di  personale  ai  gruppi  consiliari",
 riapprovata    il    5   marzo   1987,   affinche'   sia   dichiarata
 costituzionalmente illegittima per violazione del principio del  buon
 andamento della pubblica amministrazione, previsto dall'art. 97 della
 Costituzione.
    La  legge impugnata, oltre a prevedere il raddoppio dei contributi
 mensili costanti (ora di lire 2.400.000  per  ciascun  gruppo)  e  di
 quelli  ragguagliati a entita' numerica dei gruppi consiliari (ora da
 un minimo di lire 400.000 a 600.000 per ogni consigliere) e oltre  ad
 aumentare  i contributi mensili dovuti a titolo di aggiornamento e di
 documentazione da un minimo di 400.000 a un massimo di 2.500.000 lire
 per  gruppo,  ha  modificato  la  precedente disciplina del personale
 addetto ai gruppi consiliari, che risaliva al 1983.
    Quest'ultima stabiliva che ogni gruppo potesse disporre di addetti
 per un numero minimo di due unita', ove fosse  composto  da  meno  di
 nove  consiglieri,  e per un numero massimo di nove unita', ove fosse
 composto da piu' di trenta consiglieri. Inoltre,  disponeva  che  gli
 addetti  fossero  reclutati tra gli impiegati regionali con qualifica
 funzionale non superiore all'ottava o, limitatamente  a  due  unita',
 tra estranei all'amministrazione regionale.
    La  nuova  legge ha, innanzitutto, aumentato la disponibilita', da
 parte dei gruppi consiliari, del personale addetto,  differenziandone
 l'utilizzazione  in  sei  scaglioni,  oscillanti  da un minimo di due
 unita' per i gruppi composti da un solo consigliere a un  massimo  di
 tredici unita' per i gruppi composti da piu' di quindici consiglieri.
 In secondo luogo,  ha  ammesso  la  possibilita'  di  scegliere  come
 addetti   ai   gruppi   anche  il  personale  della  prima  qualifica
 dirigenziale. Infine, ha accresciuto la possibilita' di ricorrere  ad
 estranei  all'amministrazione  regionale,  permettendone l'assunzione
 fino a cinque unita' per i gruppi di oltre venticinque consiglieri.
    2.  - Nel proprio ricorso il Presidente del Consiglio dei Ministri
 ritiene, innanzitutto, che  l'aumento  dei  contributi  destinati  ai
 gruppi  consiliari  violi  il  principio  del  buon  andamento  della
 pubblica amministrazione (art.  97  Cost.),  in  quanto  l'erogazione
 prevista  sarebbe  sproporzionata  in eccesso rispetto alle oggettive
 necessita'  dei  servizi,  valutate  secondo   una   stima   empirica
 definibile  sulla  base  dei  corrispondenti  stanziamenti deliberati
 dalle altre regioni.
    In  secondo  luogo, oggetto di censura, sotto il medesimo profilo,
 e' la previsione relativa all'aumento della disponibilita' di addetti
 ai  gruppi,  con  la  correlativa  maggiore possibilita' di ricorso a
 personale esterno all'amministrazione regionale (da un minimo di  tre
 unita'  a  un  massimo  di cinque per gruppo). Secondo il ricorrente,
 siffatto  aumento  non  sarebbe  giustificato   da   un   altrettanto
 significativo  incremento  dei  compiti  e delle attivita' dei gruppi
 consiliari e violerebbe, pertanto, il principio del  buon  andamento,
 che  imporrebbe  una organizzazione e un dimensionamento dei pubblici
 uffici secondo criteri di economicita',  vale  a  dire  adeguando  il
 personale e i mezzi alle necessita' obiettive.
    Infine,  il  ricorrente  censura la possibilita' di impiegare come
 addetti ai gruppi anche dirigenti regionali  di  primo  livello,  che
 sarebbe  in  contrasto  con  il principio del buon andamento (art. 97
 Cost.),  in  quanto  il  funzionamento  dei  gruppi  consiliari   non
 comporterebbe   attivita'  comparabili  con  quelle  proprie  di  una
 qualifica  dirigenziale,  essendo   essi   privi   dell'articolazione
 strutturale e della complessita' di competenze proprie dell'esercizio
 di funzioni dirigenziali. Da  cio'  deriverebbe,  sempre  secondo  il
 ricorrente,  un  senso  di  frustrazione  nel  dipendente  e  un  suo
 rendimento  antieconomico,  oltreche'  un   fattore   di   discredito
 dell'apparato  amministrativo  regionale  agli  occhi  della pubblica
 opinione.
    3.  -  Si  e'  regolarmente  costituita  la  Regione Lombardia per
 chiedere che il ricorso governativo sia dichiarato  inammissibile  e,
 comunque, non fondato.
    A  sostegno  della richiesta di inammissibilita' la Regione rileva
 che, poiche'  il  ricorso  contesta  aspetti  meramente  quantitativi
 rispetto  ai  quali  non e' possibile determinare quale sia il limite
 oltre il quale le  norme  impugnate  diventerebbero  illegittime,  le
 censure proposte non avrebbero alcuna differenza rispetto a quelle di
 merito, di competenza del Parlamento.
    In  ogni  caso,  ove  la Corte non condividesse tale posizione, il
 ricorso, secondo la resistente, sarebbe infondato. Quanto all'aumento
 dei  contributi,  la  Regione  contesta l'allegazione del ricorrente,
 secondo  la  quale  il  finanziamento  sarebbe   stato   raddoppiato,
 sostenendo  che invece l'incremento effettivo del contingente e' meno
 di  un  terzo.  Quanto  alla  possibile  utilizzazione  di  dirigenti
 regionali  presso  i  gruppi  consiliari,  la  difesa  della  Regione
 respinge la censura governativa argomentando che caratteristica della
 dirigenza  regionale  sarebbe, non gia' la direzione di strutture con
 competenze complesse, ma il  perseguimento  e  il  raggiungimento  di
 obiettivi  in  termini  di qualita', di quantita' e di tempestivita'.
 Secondo la  Regione,  tali  caratteristiche  sarebbero  perfettamente
 adeguate  ai  compiti  esperibili  da  parte  dei  gruppi consiliari.
 Infine, anche l'aumentata possibilita' di ricorrere  ad  esterni  non
 violerebbe  il principio del buon andamento, in quanto immutata resta
 la previsione (contenuta nell'art. 3 della legge regionale 23  giugno
 1977,  n.  31) relativa alla cessazione dell'incarico per la scadenza
 (ordinaria o anticipata) della legislatura e alla revoca dello stesso
 in caso di scioglimento del gruppo cui l'esterno e' assegnato.
    In  generale,  la  Regione  contesta la tesi del ricorrente per la
 quale le decisioni delle altre regioni potrebbero limitare o  fissare
 il  tetto  massimo  in relazione a scelte spettanti ad altre regioni.
 Secondo la resistente, limiti del genere  potrebbero  essere  desunti
 soltanto  dalla  Costituzione  o,  in  via mediata, dalle leggi dello
 Stato  o,  in  mancanza  di  limiti  espressi,  da  criteri  di   non
 arbitrarieta'  delle scelte compiute. E, nel caso, tenuto anche conto
 dell'inflazione e dei  maggiori  compiti,  la  Regione  contesta  che
 l'incremento di contributi e di personale previsto sia irragionevole.
 Tanto piu' cio' vale, ad avviso della Regione, se si considera che in
 Lombardia   i   finanziamenti   sono   erogati,   per  legge,  previa
 deliberazione che  fissa  la  natura  delle  spese  per  le  quali  i
 contributi  possono essere spesi e salvo l'obbligo di rendicontazione
 periodica, in ottemperanza del quale le  erogazioni  successive  sono
 sospese  fino  all'avvenuta regolarizzazione (art. 1, legge regionale
 18 maggio 1983, n. 41).
    4.   -   In  prossimita'  dell'udienza  la  Regione  Lombardia  ha
 presentato una memoria con la quale, oltre  a  ribadire  quanto  gia'
 esposto  nei precedenti scritti difensivi, sottolinea che, dal giorno
 di presentazione del ricorso alla data di discussione  del  giudizio,
 il  Governo  ha  vistato  molte  altre leggi regionali che dispongono
 aumenti di finanziamenti  e  di  personale  da  destinare  ai  gruppi
 consiliari,  che  porterebbero  i  livelli  complessivi  degli  uni e
 dell'altro a un ammontare non di molto inferiore a quello  deliberato
 dalla  Lombardia.  Da  cio' si desumerebbe, secondo la resistente, la
 non  arbitrarieta'  della  legge  impugnata,  tenendo  conto  che  la
 mancanza  di  una  forte  differenziazione tra quanto stabilito nelle
 altre regioni e quanto previsto in Lombardia si  giustificherebbe  in
 considerazione   del   numero   dei  consiglieri  regionali  e  della
 popolazione rappresentata.
                         Considerato in diritto
    1.   -   L'oggetto   del   presente   giudizio   di   legittimita'
 costituzionale, introdotto dal ricorso del Presidente  del  Consiglio
 dei  Ministri indicato in epigrafe, e' dato dalla legge della Regione
 Lombardia, dal titolo "Modifica alla legge regionale 27 ottobre 1972,
 n.  34, concernente provvidenze e contributi per il funzionamento dei
 gruppi consiliari e alla legge  regionale  23  giugno  1977,  n.  31,
 relativa  all'assegnazione  di  personale  ai  gruppi consiliari", la
 quale e' stata approvata dal Consiglio regionale della  Lombardia  il
 29 gennaio 1987 e riapprovata, a seguito del rinvio governativo, il 5
 marzo 1987.
    Secondo  il ricorrente, la legge regionale impugnata violerebbe il
 principio  del  buon  andamento  degli  uffici  pubblici,   garantito
 dall'art. 97 Cost., sia allorche' permette ai gruppi consiliari della
 Regione di disporre di un maggior numero  di  addetti,  ivi  compresi
 dirigenti  della  prima qualifica funzionale e una quota piu' elevata
 di esterni all'amministrazione regionale, sia  allorche'  dispone  un
 aumento   dei   contributi  mensili  da  versare  ai  gruppi  stessi.
 L'illegittimita' costituzionale di  tali  previsioni  deriverebbe,  a
 giudizio del ricorrente, dalla sproporzione che sussisterebbe tra gli
 incrementi finanziari e di personale concessi e  la  possibilita'  di
 utilizzare  anche  dirigenti  regionali  o  esterni, da un lato, e le
 obiettive esigenze di qualita' e di quantita' dei servizi propri  dei
 gruppi consiliari, dall'altro.
    Contro   tale   censura   la   Regione   Lombardia  ha  presentato
 un'eccezione di inammissibilita'  -  che,  come  tale,  va  esaminata
 pregiudizialmente  -, asserendo che i rilievi proposti dal Presidente
 del Consiglio dei Ministri riguarderebbero l'opportunita' della legge
 impugnata.  Tali  rilievi, infatti, atterrebbero ad aspetti puramente
 quantitativi, rispetto  ai  quali,  secondo  la  resistente,  sarebbe
 impossibile  determinare  il  limite  oltre  il quale l'erogazione di
 somme o la messa a  disposizione  di  maggiore  personale  dovrebbero
 considerarsi costituzionalmente illegittime.
    2. - L'eccezione di inammissibilita' va rigettata.
    In  effetti, la censura prospettata con il presente ricorso contro
 la legge impugnata pone a questa Corte una questione che comporta  lo
 svolgimento  di  un  giudizio di ragionevolezza delle scelte compiute
 dal legislatore regionale.  Cio'  e'  pienamente  congruente  con  il
 particolare  profilo di costituzionalita' sollevato, poiche', secondo
 la costante giurisprudenza di questa Corte (v.,  ad  esempio,  sentt.
 nn.  123 del 1968, 10 e 16 del 1980, 185 del 1982, 277 del 1983, 1032
 del  1988),  "la  violazione  del  principio   del   buon   andamento
 dell'amministrazione non puo' essere invocata se non quando si assuma
 l'arbitrarieta' o  la  manifesta  irragionevolezza  della  disciplina
 impugnata".  Ed,  invero, il ricorrente sospetta che non sussista una
 giustificata proporzione tra i mezzi finanziari e  personali  che  la
 legge  impugnata  mette  a  disposizione  dei  gruppi consiliari e le
 esigenze obiettive cui questi ultimi debbono far  fronte  nella  loro
 attivita' istituzionale.
    Ne'  si  puo'  rilevare in senso contrario, come fa la resistente,
 che nel particolare giudizio, cui la Corte e' chiamata  nel  caso  di
 specie, mancherebbe ogni possibilita' di stabilire a priori il limite
 al di la' o al di qua del quale un'erogazione di somme o di personale
 debba  esser considerato contrario a Costituzione o meno. In realta',
 il giudizio di ragionevolezza, lungi  dal  comportare  il  ricorso  a
 criteri di valutazione assoluti e astrattamente prefissati, si svolge
 attraverso ponderazioni  relative  alla  proporzionalita'  dei  mezzi
 prescelti  dal  legislatore  nella sua insindacabile discrezionalita'
 rispetto alle esigenze obiettive da soddisfare o alle  finalita'  che
 intende   perseguire,   tenuto   conto   delle  circostanze  e  delle
 limitazioni  concretamente  sussistenti.  Sicche',  diversamente   da
 quanto suppone la resistente, l'impossibilita' di fissare in astratto
 un punto oltre il  quale  scelte  di  ordine  quantitativo  divengono
 manifestamente    arbitrarie   e,   come   tali,   costituzionalmente
 illegittime,  non  puo'  essere  validamente  assunta  come  elemento
 connotativo  di  un  giudizio  di  merito,  essendo  un tratto che si
 riscontra,  come  s'e'   appena   visto,   anche   nei   giudizi   di
 ragionevolezza.
    Del  resto,  come  questa  Corte  ha gia' rilevato in relazione ad
 un'analoga eccezione sollevata nel corso di  un  precedente  giudizio
 (sent.  n.  991  del  1988),  le  censure  di  merito  non comportano
 valutazioni strutturalmente diverse, sotto  il  profilo  logico,  dal
 procedimento  argomentativo  proprio dei giudizi valutativi implicati
 dal sindacato di legittimita', differenziandosene, piuttosto, per  il
 fatto  che  in  quest'ultimo  le  regole  o gli interessi che debbono
 essere assunti come parametro del giudizio sono  formalmente  sanciti
 in norme di legge o della Costituzione.
    3.  -  E'  infondata  la  questione di legittimita' costituzionale
 sollevata  contro  la  legge  regionale  indicata  in   epigrafe   in
 riferimento al principio del buon andamento dei pubblici uffici (art.
 97 Cost.).
    Non e' irragionevole, infatti, che il legislatore regionale doti i
 gruppi consiliari di mezzi finanziari  piu'  consistenti  e  metta  a
 disposizione degli stessi personale piu' numeroso e piu' qualificato,
 al fine  di  permettere  loro  di  perseguire  nel  modo  migliore  i
 molteplici  compiti  legati  al  buon  funzionamento  di un'assemblea
 legislativa  e  d'indirizzo   politico-amministrativo,   qual'e'   il
 Consiglio regionale della Lombardia.
    Secondo  l'art.  6 dello Statuto della Regione Lombardia (legge 22
 maggio 1971, n. 339), "il Consiglio regionale  determina  l'indirizzo
 politico  e amministrativo della Regione e ne controlla l'attuazione;
 esercita  le  potesta'  legislative  e  regolamentari  attribuite   o
 delegate   alla   Regione   (...),   determina  gli  indirizzi  della
 programmazione regionale; partecipa (...) all'elaborazione dei  piani
 e  programmi, generali e settoriali, della Regione; approva i piani e
 i programmi medesimi, nonche' i relativi aggiornamenti e  variazioni,
 e  ne  controlla  l'attuazione;  (...)  formula  le  indicazioni,  le
 proposte e i pareri  mediante  i  quali  la  Regione  partecipa  alla
 programmazione  nazionale".   Oltre a queste funzioni, ne spettano al
 Consiglio regionale molteplici altre  che  sono  attribuite  ad  esso
 dalla Costituzione, dallo Statuto e dalle leggi.
    Dal momento che i gruppi sono gli organi nei quali si raccolgono e
 si organizzano all'interno dell'assemblea  i  consiglieri  eletti  al
 fine  di elaborare congiuntamente le iniziative da intraprendere e di
 trovare  in  essi  gli  adeguati  supporti  organizzativi  per  poter
 svolgere  adeguatamente  i  propri  compiti,  non e' arbitrario che i
 gruppi consiliari vengano dotati di mezzi  adeguati  e  di  personale
 idoneo  affinche'  ogni  consigliere sia messo in grado di concorrere
 all'espletamento delle molteplici e complesse funzioni attribuite  al
 Consiglio  regionale e, in particolare, all'elaborazione dei progetti
 di legge, alla preparazione degli atti di indirizzo e  di  controllo,
 all'acquisizione  di  informazioni  sull'attuazione delle leggi e sui
 problemi  emergenti  dalla  societa',  alla  stesura  di  studi,   di
 statistiche  e di documentazioni relative alle materie sulle quali si
 svolgono le attivita' istituzionali del Consiglio regionale.
    In  considerazione  di tali compiti, l'erogazione dei contributi e
 la disponibilita' del personale nell'ammontare e  nel  tipo  previsti
 dalla    legge   oggetto   del   presente   giudizio   non   appaiono
 irragionevolmente sproporzionate ne' rispetto alle esigenze obiettive
 statutariamente   definite,   ne'   alle   finalita'  perseguite  dal
 legislatore regionale con l'atto  impugnato,  le  quali  sono  legate
 all'esigenza  di  un  miglioramento  quantitativo  e  qualitativo dei
 servizi resi dai gruppi consiliari.
    4.  -  In  senso  contrario non possono, certo, valere particolari
 argomentazioni svolte dal ricorrente.
    Prima  di  tutto,  la  difesa  del  Presidente  del  Consiglio dei
 Ministri sostiene che l'aumento del personale  previsto  dalla  legge
 impugnata  non  sarebbe giustificato da un corrispondente aumento dei
 compiti e delle attivita' dei gruppi. In realta', non e'  ragionevole
 pretendere  che  la dotazione del personale possa essere incrementata
 soltanto a  seguito  dell'affidamento  di  nuovi  compiti  ai  gruppi
 consiliari,    poiche'    affermazioni   del   genere   presuppongono
 arbitrariamente che il rapporto del numero  di  addetti  rispetto  ai
 servizi  da  prestare sia gia' ottimale nella situazione preesistente
 e, di conseguenza, escludono,  altrettanto  arbitrariamente,  che  si
 possa  provvedere  a  una maggiorazione del personale al solo fine di
 migliorare il livello di soddisfazione dei compiti attuali.  Ne',  in
 verita',  sotto il profilo della ragionevolezza puo' essere censurata
 una scelta legislativa che eleva il rapporto medio di un addetto  per
 tre  consiglieri,  esistente  nella  precedente  disciplina, a quello
 attuale di un addetto  per  due  consiglieri.  E,  tantomeno,  appare
 arbitraria  la  stessa  legge  allorche',  regolando  il  ricorso  al
 personale esterno all'amministrazione, modifica il precedente sistema
 a  cifra  fissa  (che  penalizzava  i gruppi maggiori e permetteva ai
 gruppi minori di avere piu' esterni che  interni),  articolandolo  in
 tre  scaglioni,  in  modo  da  assicurare  la  suddetta  possibilita'
 soltanto ai gruppi di una certa consistenza (con un minimo  di  dieci
 consiglieri)  e  in  misura proporzionale alla dimensione dei gruppi,
 secondo l'esplicita previsione dell'art. 14 dello Statuto Lombardo.
    In  secondo  luogo,  il  ricorrente  contesta  la disposizione che
 permette ai gruppi consiliari di utilizzare, per lo svolgimento delle
 proprie  attivita',  personale  della  prima  qualifica dirigenziale,
 argomentando   che   i   gruppi   mancherebbero    dell'articolazione
 strutturale  e  della  complessita'  di competenze, presupposte dalla
 suddetta funzione dirigenziale. Ma una tale  argomentazione  trascura
 di  considerare  la  peculiarita'  dell'amministrazione regionale, la
 quale, essendo legata alla  caratterizzazione  costituzionale  di  un
 apparato  al  servizio di un ente prevalentemente di programmazione e
 di indirizzo, e' in buona parte  un'amminsitrazione  "indiretta",  ai
 cui  vertici  sono,  pertanto,  collocati  sia  dirigenti  aventi  la
 responsabilita' di strutture organizzative, sia  dirigenti  investiti
 di  compiti  di  studio  e  di  ricerca.  Ebbene,  non  appare  certo
 irragionevole che, con riferimento a questi ultimi, l'assegnazione di
 dirigenti    ai    gruppi   consiliari   possa   essere   considerata
 particolarmente utile ai fini del  miglioramento  della  qualita'  di
 attivita'   di   ricerca,   di   studio,   di   documentazione  e  di
 progettazione, le quali sono necessarie per l'efficiente espletamento
 dei   compiti  istituzionali  piu'  importanti  affidati  ai  singoli
 consiglieri  o  ai  gruppi  (iniziativa  legislativa,  attivita'   di
 controllo, etc.).
    Infine,   il  ricorrente  afferma  che  l'aumento  dei  contributi
 previsto dalla legge impugnata sarebbe sproprorzionato rispetto  alle
 oggettive  necessita'  dei  servizi  richiesti  ai gruppi consiliari,
 valutate  secondo  una  stima  empirica  definibile  sulla  base  dei
 corrispondenti  stanziamenti  deliberati dalle altre regioni. Pur non
 potendo fare a meno di rilevare che,  in  linea  di  fatto,  esistono
 leggi   di  altre  regioni  che  conferiscono  ai  gruppi  consiliari
 contributi equivalenti o, addirittura, superiori per taluni  aspetti,
 appare  arbitrario  pretendere  di  valutare  la ragionevolezza della
 proporzione tra mezzi finanziari assicurati ed esigenze obiettive dei
 gruppi    consiliari    mediante   raffronti   con   altre   regioni.
 L'arbitrarieta'  della  comparazione  deriva  sia  dal  fatto  che  i
 consigli  delle varie regioni operano all'interno di forme di governo
 regionale differenti  e  possono,  pertanto,  svolgere  funzioni  non
 necessariamente  equivalenti, sia dal fatto che l'entita' dei compiti
 affidati ai consiglieri  e,  di  conseguenza,  ai  gruppi  consiliari
 dipende  da  variabili diverse, quali, ad esempio, la quantita' della
 popolazione rappresentata, la dimensione della regione, il numero dei
 consiglieri.
    Cio'   porta  a  concludere  che  la  valutazione  delle  esigenze
 obiettive proprie dei gruppi consiliari e' in gran parte lasciata  al
 discrezionale  apprezzamento  dei  consigli  di  ciascuna regione, di
 fronte al quale questa Corte, in sede  di  giudizio  di  legittimita'
 delle   leggi,   puo'   sindacare   ed,   eventualmente,   dichiarare
 incostituzionali unicamente  le  decisioni  di  spesa  manifestamente
 irragionevoli o arbitrarie. Poiche', nel caso, tale limite non appare
 oltrepassato, le  norme  impugnate  non  possono  essere  considerate
 costituzionalmente  illegittime  sotto  il  profilo  del rispetto del
 principio  del  buon  andamento  degli  uffici  pubblici,   garantito
 dall'art. 97 della Costituzione.
    Tuttavia,  proprio  il  riconoscimento dell'ampia discrezionalita'
 che il legislatore regionale possiede in materia induce questa  Corte
 ad  auspicare che il conferimento di contributi finanziari e di altri
 mezzi  utilizzabili  per  lo  svolgimento  dei  compiti  dei   gruppi
 consiliari  sia  sottoposto  a  forme di controllo piu' severe e piu'
 efficaci di quelle attualmente previste, le quali, pur  nel  rispetto
 delle  imprescindibili  esigenze  di  autonomia  garantite  ai gruppi
 consiliari, siano soprattutto  dirette  ad  assicurare  che  i  mezzi
 apprestati   vengano   utilizzati  per  le  finalita'  effettivamente
 indicate dalla legge.