ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 2 del d.l. 30
 dicembre 1979, n. 663 (Finanziamento del servizio sanitario nazionale
 nonche'    proroga    dei   contratti   stipulati   dalle   pubbliche
 amministrazioni in base  alla  l.  1›  giugno  1977,  n.  285,  sulla
 occupazione  giovanile),  convertito,  con modificazioni, in legge 29
 febbraio 1980, n. 33, nel testo sostituito dall'art. 15  della  legge
 23 aprile 1981, n. 155 (Adeguamento delle strutture e delle procedure
 per la liquidazione urgente delle pensioni e  per  i  trattamenti  di
 disoccupazione,   e   misure   urgenti  in  materia  previdenziale  e
 pensionistica), promosso con ordinanza emessa il 5 giugno 1987  dalla
 Corte  di  cassazione  sul ricorso proposto da Cianci Giuseppe contro
 I.N.P.S., iscritta al n. 166 del registro ordinanze 1988 e pubblicata
 nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19/I ss. dell'anno 1988;
    Visti  gli atti di costituzione di Cianci Giuseppe e dell'I.N.P.S.
 nonche'  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  29  novembre  1988  il Giudice
 relatore Francesco Greco;
    Uditi  gli  avv.ti  Franco  Agostini  per Cianci Giuseppe, Gaspare
 Benenati per l'I.N.P.S. e l'avvocato dello Stato Paolo D'Amico per il
 Presidente del Consiglio dei ministri.
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  In fattispecie nella quale l'I.N.P.S. non aveva concesso al
 lavoratore assicurato l'intero indennizzo  per  malattia,  in  quanto
 taluni certificati erano pervenuti in ritardo rispetto al termine (di
 due giorni dal rilascio) stabilito dall'art. 2 del d.l. n.  663/1979,
 come  successivamente modificato, la Corte di cassazione ha sollevato
 la questione  di  legittimita'  costituzionale  di  tale  norma,  sul
 rilievo  preliminare  che,  una  volta  ritenuto  dalle Sezioni Unite
 (sent. n. 4854/87) che  il  diritto  all'indennita'  di  malattia  e'
 condizionato dal tempestivo inoltro del certificato, l'impossibilita'
 di  addurre  il  giustificato  motivo  sia  coerente  con  l'istituto
 dell'"onere",  la  cui  inosservanza  produce effetti pregiudizievoli
 indipendentemente da un contegno colposo.
    Da  qui  il dubbio di incostituzionalita' (con riferimento al caso
 in cui il lavoratore sarebbe in grado di comprovare  il  giustificato
 motivo),  sia  sulla  scorta  del raffronto con la diversa disciplina
 nell'ambito  del  lavoro  subordinato   (dove   l'omessa   tempestiva
 comunicazione   non   comporta   conseguenze  irreparabili),  sia  in
 considerazione della circostanza che, nei casi nei quali identica  e'
 la  ratio  legis (quella di rendere possibili i controlli sullo stato
 di malattia del lavoratore assente dal lavoro), la legge  ammette  il
 correttivo   del  giustificato  motivo.  Cosi',  ad  esempio,  quanto
 all'obbligo del lavoratore di farsi trovare alla visita di controllo,
 sancito  a  pena  di  decadenza, ma non operativo in caso di ricovero
 ospedaliero, ovvero di malattia gia' in precedenza accertata (art. 5,
 quattordicesimo  comma,  del  d.l.  n.  463/1983,  conv.  in legge n.
 638/1983).
   2.  - Si sono costituite in giudizio le parti Cianci Giuseppe - che
 ha ribadito gli argomenti svolti nell'ordinanza di  rinvio,  instando
 per  la  declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale della norma
 denunciata  -  e  l'I.N.P.S.,  che  ha  posto  in  rilievo  come   il
 legislatore  non  abbia voluto negare al lavoratore mezzi adeguati in
 caso  di  malattia,  ma  solo  predisporre  i  dovuti  e   tempestivi
 controlli,  effettuabili soltanto al momento della denuncia del morbo
 e non in un periodo successivo; che la stessa  Corte  costituzionale,
 in   occasione   dell'esame   della  costituzionalita'  dell'art.  5,
 quattordicesimo comma, del citato d.l. n. 463/1983, ha affermato, con
 sentenza n. 78/1988, che non risulta violato il precetto dell'art. 38
 allorche', con apposita normativa, siano posti condizioni,  requisiti
 ed  oneri  per  l'insorgenza  e  l'esercizio del diritto dalla stessa
 norma garantito; che, infine, non e' possibile  alcuna  assimilazione
 concettuale  -  operata,  invece,  dal  giudice  a  quo  - tra le due
 fattispecie normative.
    3.  -  Il  Presidente  del  Consiglio dei ministri, intervenuto in
 giudizio tramite l'Avvocatura Generale dello Stato, ha chiesto che la
 questione venga dichiarata inammissibile e, comunque, infondata.
    L'Avvocatura   nega,   in   particolare,   che  la  norma  integri
 un'eccessiva compressione della sfera  giuridica  del  lavoratore  in
 relazione  allo  scopo perseguito che e' quello, segnatamente in caso
 di degenza di  breve  durata,  di  rendere  possibile  un  tempestivo
 controllo,   al   fine   di   ridurre   l'assenteismo  e  di  evitare
 un'ingiustificata erogazione di pubblico denaro. Esigenza, questa, di
 natura   prettamente   pubblicistica  e  non  assimilabile  a  quella
 correlata all'invio del certificato al datore di lavoro.
    Si  osserva,  infine,  nell'atto  di  intervento, che il ritardato
 adempimento dell'onere in questione non  determina  decadenza  totale
 dal  diritto  all'indennita'  ma  la sola perdita corrispondente alla
 durata del ritardo. Conseguenza non certo eccessiva in relazione alla
 mancata   osservanza   di   un   onere   ed  all'estrema  semplicita'
 dell'attivita' richiesta  nella  generalita'  dei  casi,  irrilevante
 essendo  che  il  caso  di specie presentasse caratteri assolutamente
 eccezionali.
    In   conclusione,   l'Avvocatura   osserva  che  il  rigore  della
 regolamentazione va giudicato anche in relazione all'interesse che si
 e'  inteso  perseguire, segnalando come sia, ad esempio, certo che il
 mancato rispetto  del  termine  imposto  per  l'impugnazione  di  una
 sentenza, anche se del tutto incolpevole, non puo' non determinare il
 passaggio in giudicato della sentenza pregiudizievole, senza che cio'
 possa in alcun modo riguardarsi come violazione dell'art. 24 Cost..
    Nell'imminenza  dell'udienza pubblica ha depositato una memoria la
 parte privata Cianci Giuseppe. In tale atto la difesa di detta parte,
 dopo avere riepilogato le vicende normative e giurisprudenziali della
 disciplina concernente la documentazione e la  giustificazione  delle
 assenze  dal  lavoro per malattia, critica il presupposto ermeneutico
 da cui muove la censura  di  illegittimita'  costituzionale  proposta
 dalla Corte di cassazione.
    Osserva,   infatti,   che  la  trasmissione  della  documentazione
 suddetta non puo' considerarsi oggetto di un onere in senso  tecnico,
 a  carico  dell'assicurato,  difettando  un'esplicita  qualificazione
 normativa in tal senso e mal conciliandosi la figura dell'"onere" con
 una  prestazione  previdenziale  come  l'indennita'  di  malattia,  a
 carattere giornaliero.
    Rileva,  infine,  che,  ove  si  dovesse ritenere indeclinabile il
 menzionato  presupposto,  apparirebbe   fondata   la   questione   di
 legittimita'  costituzionale  nei  sensi  esposti  nell'ordinanza  di
 rimessione, secondo quanto ribadito dalla stessa Corte di  cassazione
 che,  con  successiva  ordinanza  (R.O.  n. 728/88), ha riproposto la
 medesima questione, nonche' dal Tribunale di Siena (con ordinanza  in
 data 7 settembre 1988, ancora non pervenuta a questa Corte).
                         Considerato in diritto
    1. - La Corte di cassazione dubita della legittimita' dell'art. 2,
 secondo comma, del d.l. 30 dicembre 1979,  n.  663,  convertito,  con
 modificazioni,  nella  legge  29  febbraio  1980,  n.  33,  nel testo
 sostituito dall'art. 15 della legge 23 aprile  1981,  n.  155,  nella
 parte  in  cui  non  consente  al  lavoratore  assicurato, colpito da
 malattia ed avente diritto alla relativa indennita', la  possibilita'
 di  provare che la omessa trasmissione all'I.N.P.S., entro due giorni
 dalla visita medica, del certificato di malattia  sia  dipesa  da  un
 giustificato motivo.
    Sarebbero violati gli artt. 38, secondo comma, e 3 Cost.:
       a)  per  la  situazione  di  privilegio  attribuita  al momento
 strumentale dell'accertamento (invio del certificato medico) rispetto
 alla  reale esistenza della malattia, come evento da tutelare, con la
 grave  sanzione  della  perdita   del   diritto,   costituzionalmente
 garantito, all'indennita' di malattia;
       b)  per  la irrazionalita' della norma censurata che esclude la
 possibilita' di far valere una causa di  impedimento  dell'invio  del
 certificato  medico  solo  per  quanto  riguarda  il  rapporto tra il
 lavoratore  assicurato  e  l'I.N.P.S.,  mentre  nessuna  sanzione  e'
 prevista  per  quanto  attiene  al  rapporto  tra  le  due  parti del
 contratto di lavoro,  sicche'  il  datore  di  lavoro  e'  tenuto  al
 pagamento  della  indennita'  integrativa, mentre, invece, l'I.N.P.S.
 non deve l'indennita' di malattia;
       c) per l'eguale irrazionalita' rispetto ad altra norma (art. 5,
 quattordicesimo  comma,  del  d.l.  12  settembre   1983,   n.   463,
 convertito, con modificazioni, nella legge 11 novembre 1983, n. 638),
 ispirata  alla  stessa  ratio  (repressione  dell'assenteismo)   che,
 regolando  l'ipotesi  dell'assenza  del  lavoratore  in malattia alla
 visita domiciliare di controllo, non prevede alcuna sanzione nel caso
 che la mancata presenza sia dovuta a giustificato motivo.
    2. - La questione e' fondata.
    Il  d.l.  30 dicembre 1979, n. 633, convertito, con modificazioni,
 nella legge 29 febbraio 1980, n. 33,  e  ulteriormente  la  legge  23
 aprile  1981, n. 155, operanti nell'ambito della riforma sanitaria di
 cui alla legge n. 833 del 1978, hanno innovato il sistema  precedente
 di  regolamentazione  dell'erogazione  dell'indennita' di malattia al
 lavoratore colpito da detto  evento.  Questo  risultava  dalla  legge
 istitutiva  dell'I.N.A.M. 11 gennaio 1943, n. 138, e dagli artt. 1913
 e 1915 cod. civ., stante il disposto  dell'art.  1886  cod.  civ.  e,
 successivamente,   dal   Regolamento   delle  prestazioni  economiche
 approvato dal Ministro del Lavoro verso la fine degli anni cinquanta,
 che agli artt. 6 e 7 recepiva le norme del codice civile.
    L'attuale  sistema, invece, per la parte che interessa, stabilisce
 che il lavoratore deve inviare, a mezzo raccomandata  con  avviso  di
 ricevimento,  o  consegnare il certificato di malattia, rilasciatogli
 dal medico curante, rispettivamente  all'I.N.P.S.  o  alla  struttura
 sanitaria  pubblica,  da  esso indicata d'intesa con la Regione, e al
 datore di lavoro nel termine di due giorni: sullo stato di salute del
 lavoratore possono essere eseguiti controlli con i medici dei servizi
 sanitari indicati dalle Regioni (art. 2, terzo  comma,  d.l.  cit.  e
 art. 1, legge di conversione).
    La  disciplina  dello  svolgimento  dei  controlli  e'  dettata da
 convenzioni tra l'I.N.P.S. e le UU.SS.LL., da stipularsi sulla scorta
 di  appositi  schemi predisposti d'intesa tra l'I.N.P.S. e le Regioni
 ed approvati dal Ministro della Sanita' (d.l.  n.  168/1981,  art.  8
 bis,  introdotto  con  la  legge di conversione n. 331/1981) entro un
 certo tempo, decorso il  quale,  provvede  direttamente  il  Ministro
 della  Sanita' di concerto col Ministro del Lavoro e della Previdenza
 Sociale (artt. 8 bis e 10, ottavo comma, d.l. cit.).
    Successivamente,  il sistema e' stato modificato dal protocollo di
 intesa 22 gennaio 1983, conv. con modifiche in legge n. 638 del 1983,
 che  ha  apprestato misure urgenti in materia di previdenza e sanita'
 nonche' per il contenimento della  spesa  pubblica  in  vari  settori
 della pubblica amministrazione.
    E'  stata prevista, tra l'altro, una visita medica di controllo da
 effettuarsi al domicilio del lavoratore da parte di  medici  o  delle
 UU.SS.LL.  o  dell'I.N.P.S.,  iscritti  in  apposite  liste, in fasce
 orarie predeterminate.
    Al lavoratore assente senza giustificato motivo alla visita medica
 di controllo e'  inflitta  la  perdita  per  intero  del  trattamento
 economico di malattia per i primi dieci giorni.
    Per  quanto  interessa  la  questione,  si  rileva  che  la  norma
 censurata, cosi' come le precedenti, non prevede  alcuna  sanzione  a
 carico   del  lavoratore  che  non  inoltra,  entro  due  giorni,  il
 certificato medico di malattia che  costituisce  il  primo  atto  del
 procedimento  di  erogazione  dell'indennita' relativa, nel corso del
 quale e' prevista la visita medica  di  controllo  sulla  sussistenza
 della denunciata malattia.
    L'individuazione   della   sanzione   e'  opera  dell'elaborazione
 giurisprudenziale.
    Nella  vigenza della disciplina normativa precedente al 1› gennaio
 1980 si riteneva prevalentemente (piu' in  applicazione  degli  artt.
 1913  e  1915  cod.  civ.  che  del  sopra  citato  Regolamento delle
 prestazioni economiche, atteso il suo carattere di disciplina interna
 dell'Ente)  che,  al  lavoratore  il  quale avesse omesso o ritardato
 l'invio  del  certificato  medico,  rendendo  cosi'  impossibile   il
 controllo  sulla  effettiva  esistenza  della malattia, accertamento,
 questo, utile solo se svolto con immediatezza,  perdeva  l'indennita'
 per  intero  se  vi  era dolo o in misura ridotta se vi era colpa, in
 ragione del pregiudizio derivatone all'I.N.A.M.: pregiudizio  che,  o
 era in re ipsa o doveva essere provato dall'I.N.A.M. e consisteva nel
 danno patrimoniale che era derivato all'Istituto  a  causa  di  detta
 impossibilita'.
    Intervenute  le nuove leggi (n. 433 del 1980, n. 155 del 1981), in
 giurisprudenza si sono formati tre indirizzi: uno che ha continuato a
 ritenere  applicabili gli artt. 1913 e 1915 cod. civ., essendo quello
 all'indennita' un diritto gia' sorto per effetto della  malattia;  un
 secondo,   invece,   secondo   cui,   essendo   la  nuova  disciplina
 completamente esaustiva, l'invio del certificato medico,  finalizzato
 all'attuazione  del  tempestivo  controllo da parte dell'I.N.P.S., si
 configura come un onere il cui assolvimento e' condizione  essenziale
 per  avere  diritto  alla  indennita':  atteso,  cioe',  il carattere
 perentorio del termine, il ritardato invio della  certificazione  non
 farebbe  sorgere  il diritto, limitatamente ai giorni del ritardo; il
 terzo,  infine,  che,  pur  ritenendo  che  l'invio  del  certificato
 costituisce un onere a carico del lavoratore e che al ritardato invio
 consegue la perdita  della  indennita'  per  i  giorni  del  ritardo,
 ammette   la   possibilita'   della  prova,  da  parte  dell'onerato,
 dell'esistenza di giustificati motivi di ritardo nell'invio suddetto.
    Le  Sezioni  Unite della Corte di cassazione, chiamate a risolvere
 il contrasto di giurisprudenza, hanno statuito:
       a)  che  il  diritto alla prestazione previdenziale nasce dalla
 legge e la prestazione  viene  erogata  dall'I.N.P.S.  nell'esercizio
 della funzione pubblica, secondo il precetto costituzionale (art. 38,
 secondo comma, Cost.), a seguito di un atto di certazione che  incide
 sulla  situazione  soggettiva  dell'assicurato rendendo concretamente
 operante il suo diritto alla prestazione;
       b)  l'atto  di  impulso si configura come un onere a carico del
 lavoratore;
       c)  spetta  all'Istituto disporre gli opportuni controlli nelle
 forme previste dalla legge;
       d)  l'assicurato  per l'invio del certificato deve osservare il
 termine di due giorni che e' perentorio, avuto riguardo alla funzione
 commessagli dalla norma;
       e) il ritardo nell'invio fa perdere all'assicurato l'indennita'
 corrispondente ai giorni del ritardo.
    La  Corte  non ha precisato se l'assicurato potesse o meno addurre
 giustificato motivo del ritardo, ma il  giudice  a  quo,  che  e'  la
 Sezione  Lavoro  della  stessa  Corte  di cassazione, ha interpretato
 l'indirizzo giurisprudenziale instaurato nel senso  che,  trattandosi
 di onere, debba escludersi la rilevanza del giustificato motivo ed ha
 sollevato la questione di legittimita' costituzionale in esame.
    Ora,  indubbiamente non sussiste la dedotta violazione dell'art. 3
 Cost. per la pretesa irrazionalita' del diverso trattamento riservato
 all'Istituto,  non tenuto all'erogazione dell'indennita' per i giorni
 del ritardo nell'invio del certificato medico ed al datore di  lavoro
 rispetto  al  quale,  pur  dovendogli  essere trasmessa copia di tale
 certificato, continuano ad avere rilievo le ragioni che possono avere
 impedito  la  comunicazione nel termine dell'esistenza della malattia
 con la relativa documentazione. Trattasi di  situazioni  diverse  non
 essendo   la   funzione   dell'I.N.P.S.  assimilabile  agli  obblighi
 derivanti al  datore  di  lavoro  dal  rapporto  di  lavoro  e  dalla
 contrattazione     collettiva.     Mentre,     certamente    sussiste
 un'assimilazione tra la situazione in esame e quella che si  verifica
 a  seguito dell'assenza del lavoratore in malattia alla visita medica
 domiciliare di controllo, per cui e' ammessa, secondo  la  previsione
 normativa,  l'adduzione  di un giustificato motivo dell'assenza (art.
 5, comma quattordicesimo, d.l.  n.  463  del  1983,  convertito,  con
 modificazioni, nella legge n. 638 del 1983).
    Invero,  sia  il  tempestivo  invio  del certificato medico che la
 visita di controllo domiciliare realizzano la stessa finalita'  della
 repressione   dell'assenteismo,  mentre,  anche  secondo  l'indirizzo
 giurisprudenziale prevalente, il diritto al trattamento economico  di
 malattia  deriva  dalla  legge  e non dal certificato medico, sicche'
 entrambe le situazioni in comparazione presuppongono un diritto  gia'
 sorto  e  sono  dirette  a  soddisfare le esigenze del buon andamento
 dell'amministrazione  che   eroga   denaro   pubblico,   sebbene   il
 certificato  medico  costituisca l'atto iniziale del procedimento nel
 quale e' inserito il controllo, onde la necessita' del suo tempestivo
 inoltro entro un termine breve.
    Ma  anzitutto  si  osserva  che una delle due modalita' di inoltro
 previste  dalla  norma   censurata,   la   spedizione   cioe'   della
 raccomandata  con  avviso  di ricevimento, attesa la notoria lentezza
 del servizio postale, non  e'  certamente  idonea  ad  assicurare  la
 tempestivita'  della  recezione  e,  quindi,  il sollecito controllo.
 Inoltre, vale considerare che, al suddetto fine, ha  anche  rilevanza
 la  natura  della  malattia.  Vi  sono, infatti, malattie che possono
 essere  accertate  egualmente  nonostante  il  ritardato  invio   del
 certificato e malattie, invece, di cui il piu' tempestivo inoltro del
 certificato non assicura il controllo  effettivo  perche'  e'  idoneo
 solo quello fatto in concomitanza dell'evento morboso.
    A  parte  le  suddette  considerazioni,  non  puo'  dubitarsi  che
 l'imposizione di un onere legato ad un termine perentorio molto breve
 importa  violazione  dell'altro  precetto  costituzionale  (art.  38,
 secondo comma, Cost.) invocato, se non sia consentita all'onerato  la
 deduzione    dell'eventuale    giustificato    motivo   del   ritardo
 dell'inoltro, sia pure  con  il  conseguente  carico  della  relativa
 prova.
    Rileva  che,  per la stessa natura dell'onere, la sua inosservanza
 dipende dalla volonta' dell'onerato e, quindi, anche la  conseguenza,
 cioe'  la perdita totale o parziale del diritto e che manca una fonte
 normativa specifica di previsione della sanzione.
    Comunque, l'interpretazione giurisprudenziale che prevede un onere
 nella  materia  di  cui   trattasi,   per   quanto   finalizzato   al
 conseguimento  di  un  interesse  pubblico,  quale  e' la repressione
 dell'assenteismo, sia pure nella sfera  del  precetto  costituzionale
 del  buon  andamento  dell'amministrazione  (art. 97 Cost.), non deve
 importare violazione  di  altri  precetti  costituzionali,  quali  la
 tutela  della  salute  (art. 32 Cost.) e il diritto del lavoratore ad
 avere, in caso di malattia, i mezzi adeguati  alle  sue  esigenze  di
 vita  (art. 38, secondo comma, Cost.), onde la necessita' quanto meno
 di un bilanciamento degli interessi.
    Per quanto riguarda il precetto di cui all'art. 38, secondo comma,
 Cost., si e' affermato piu'  volte  che,  pur  essendo  rimessa  alla
 discrezionalita'  del legislatore la regolamentazione delle modalita'
 di  erogazione  della  prestazione   previdenziale   (nella   specie,
 l'indennita'  di malattia) non si possono porre condizioni, requisiti
 ed oneri vessatori ed eccessivamente gravosi, tali da  rendere  nulla
 la detta erogazione alla quale, invece, il lavoratore ha diritto.
    E  nella  specie  e'  eccessivamente  gravoso e vessatorio l'onere
 dell'invio del certificato medico relativo, entro il termine  di  due
 giorni,  classificato  come perentorio, all'I.N.P.S. o alla struttura
 pubblica indicata dallo stesso Istituto,  d'intesa  con  la  Regione,
 senza consentire al lavoratore ammalato di addurre, a giustificazione
 dell'eventuale ritardo dell'inoltro, un serio e apprezzabile  motivo,
 da  provarsi dallo stesso lavoratore, sia pure rigorosamente, perche'
 importa  indiscriminatamente   la   perdita,   sia   pure   parziale,
 dell'indennita'  quale mezzo diretto a soddisfare essenziali esigenze
 di vita, onde la violazione dell'art. 38, secondo comma, Cost..
    Pertanto,  va  dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale  della
 norma  censurata,  interpretata  nel  senso  che  non   consente   al
 lavoratore assicurato di addurre e provare un giustificato motivo del
 ritardato invio del certificato medico attestante la malattia che  lo
 ha colpito.