ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 2, secondo
 comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (Revisione della disciplina
 del  contenzioso  tributario),  e  dell'art. 10, comma secondo, n. 15
 della legge 9 ottobre 1971, n. 825  (Delega  legislativa  al  Governo
 della  Repubblica  per la riforma tributaria), promosso con ordinanza
 emessa il 26 ottobre 1987 dalla Commissione tributaria di primo grado
 di   Verbania   sul  ricorso  proposto  da  Falcicchio  Paolo  contro
 l'Intendenza di Finanza di Novara, iscritta al n.  364  del  registro
 ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 37, prima serie speciale, dell'anno 1988;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 25 gennaio 1989 il Giudice
 relatore Vincenzo Caianiello;
    Ritenuto  che, nel corso del giudizio tributario promosso da Paolo
 Falcicchio,   residente   in   Verbania    (Novara),    avverso    il
 silenzio-rifiuto  dell'Intendente  di  finanza di Novara in ordine ad
 istanze  di  rimborso  ILOR  relative  agli  anni  1978  e  1979,  la
 Commissione  tributaria di primo grado di Verbania adita ha sollevato
 questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 2, secondo  comma,
 del  d.P.R.  26 ottobre 1972, n. 636, per contrasto con gli artt. 3 e
 76 della Costituzione;
     che,  ad  avviso  del giudice a quo, la norma denunciata - per la
 quale la competenza  territoriale  delle  commissioni  tributarie  di
 primo   grado   e'  determinata  dal  luogo  ove  ha  sede  l'ufficio
 finanziario nei cui confronti e' proposto  il  ricorso  -  violerebbe
 l'art.  3,  primo  comma,  della Costituzione, in quanto, non tenendo
 conto della residenza  o  del  domicilio  fiscale  del  contribuente,
 affida  la  risoluzione  di  non  poche  controversie a collegi i cui
 componenti possono non essere del luogo in cui la ricchezza e'  stata
 prodotta o comunque assoggettata a tassazione;
      che lo stesso giudice a quo, pur consapevole del precedente gia'
 esaminato dalla Corte costituzionale e deciso  nel  senso  della  non
 fondatezza  (sent.  n.  214  del 1976), ritiene tuttavia di apportare
 nuove argomentazioni richiamando all'uopo la sentenza n. 210 del 1986
 delle S.U. della Corte di cassazione, in cui, tra l'altro, si afferma
 che  la  competenza  territoriale  delle  commissioni  tributarie  e'
 "funzionale  ad  un  diretto legame delle commissioni medesime con il
 territorio, affinche' le  controversie  siano  per  quanto  possibile
 conosciute dai giudici del luogo in cui la ricchezza viene prodotta e
 assoggettata a tassazione";
      che  il giudice rimettente ha, inoltre, prospettato il contrasto
 dello stesso art. 2, secondo comma, del d.P.R.  n. 636 con l'art.  76
 della  Costituzione,  in  riferimento all'art. 10, n. 15, della legge
 delega per la riforma  tributaria  n.  825  del  1971,  rilevando  la
 incongruenza della disposizione denunciata con la norma delegante, la
 quale prevede la designazione  di  alcuni  membri  delle  commissioni
 tributarie  da parte degli enti locali; sicche' non si comprenderebbe
 la ragione per la  quale  i  consigli  comunali  di  una  determinata
 circoscrizione  debbano  procedere  a  tali  designazioni, quando poi
 "molti ricorsi dei  cittadini  dei  Comuni  interessati  non  vengono
 decisi, anzi non possono essere decisi, dai suddetti membri";
      che, e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri con
 il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che  la
 questione  venga dichiarata inammissibile o, in subordine, infondata,
 osservandosi  in  particolare,  nell'atto  di  intervento,   che   le
 commissioni  tributarie sono organi giurisdizionali dello Stato e non
 organismi di "autodichia" delle comunita' locali e che  i  componenti
 designati  dai  Comuni  (per il primo grado) e dalle Province (per il
 secondo grado) non sono assimilabili a "giudici elettivi" e non  sono
 rappresentanti politici dei "cittadini contribuenti", e che, inoltre,
 nessun  parametro  costituzionale  impone  allo   Stato-apparato   di
 moltiplicare  e  disperdere  le  sedi  giudiziarie sul territorio per
 avvicinarle alla "utenza".
    Considerato  che  per  quanto  concerne  la  ipotizzata violazione
 dell'art. 3 della Costituzione, ad opera della  norma  impugnata,  la
 Corte  ha  gia'  esaminato  una  questione analoga, dichiarandola non
 fondata con la sent. n. 214 del 1976 (pur  richiamata  nell'ordinanza
 di  rimessione),  nella  quale e' stato tra l'altro affermato che "il
 giudice deve giudicare iuxta alligata et probata e non in  base  alla
 conoscenza  personale  che  puo'  avere  dei  fatti sottoposti al suo
 giudizio", dovendo le conoscenze occorrenti per vagliare  quei  fatti
 essere tratte dalle prove;
      che e' stato altresi' rilevato che lo stesso d.P.R. n. 636 (art.
 10), nel precisare che i componenti delle  commissioni  in  questioni
 "hanno   tutti   identica   funzione,   indirizzata  unicamente  alla
 applicazione della legge", impone loro di prescindere, nel  giudizio,
 da  ogni considerazioni di interessi territoriali o di categoria, si'
 che l'interesse degli enti locali nella designazione di una parte  di
 detti  componenti  non  puo'  che  essere  di  carattere  generico  e
 certamente  non  si  riconnette  in  alcun  modo   con   le   singole
 controversie che i collegi devono risolvere (sent. n. 196 del 1982);
      che, quanto alla asserita "novita'" di argomentazioni a sostegno
 della  questione,  a  mezzo  del  rinvio  operato  alla   motivazione
 contenuta  nella  sentenza  delle  S.U. della Corte di cassazione, si
 osserva  che  in  quella   pronuncia   sono   state   svolte   talune
 considerazioni   ad  esclusivo  sostegno  di  una  compatibilita'  ed
 armonizzazione tra processo civile e processo tributario, al fine  di
 pervenire  all'affermazione  della  inderogabilita'  della competenza
 territoriale  delle  commissioni  tributarie  e   della   conseguente
 ammissibilita'  del  regolamento  di  competenza,  nel silenzio della
 specifica normativa, di guisa che dalle cennate argomentazioni non e'
 possibile  ricavare elementi tali da indurre la Corte a modificare il
 proprio orientamento (sent. n. 214 del 1976);
      che,  in  ordine  al  preteso  contrasto  con  l'art.  76  della
 Costituzione, la questione e' manifestamente infondata perche',  come
 gia' rilevato dalla Corte (sent. n. 217 del 1984), la legge di delega
 (art. 10 n. 14 legge n. 825 del  1971)  si  limita  ad  affermare  la
 necessita'   della   revisione,   fra   l'altro,   delle   competenze
 territoriali delle commissioni tributarie senza specifici vincoli per
 il   legislatore   delegato,  il  quale  pertanto  ha  fissato  detta
 competenza nel modo ritenuto piu' idoneo e  conveniente  in  rapporto
 alla peculiarita' della materia;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale;