ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale degli artt. 17, 18 e 23
 della  legge  20  settembre  1980,  n.  576  (Riforma   del   sistema
 previdenziale  forense),  promosso  con ordinanza emessa il 1› agosto
 1988 dal  Pretore  di  Pisa  nel  procedimento  civile  vertente  tra
 Rainaldi Corrado e la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza per
 gli avvocati ed i  procuratori,  iscritta  al  n.  676  del  registro
 ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 48, prima serie speciale, dell'anno 1988;
    Visto  l'atto  di costituzione della Cassa nazionale di previdenza
 ed assistenza per gli avvocati ed i procuratori,  nonche'  l'atto  di
 intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica del 7 marzo 1989 il Giudice relatore
 Giovanni Conso;
    Udito  l'Avvocato  dello Stato Antonio Bruno per il Presidente del
 Consiglio dei ministri;
    Ritenuto che il Pretore di Pisa, con ordinanza del 1› agosto 1988,
 ha  sollevato,  in  riferimento  all'art.  53   della   Costituzione,
 questione  di  legittimita'  degli  artt.  17  e  18  della  legge 20
 settembre  1980,  n.  576,  nella  parte  in  cui  pongono  a  carico
 dell'assistito,  che  non comunichi il proprio reddito o effettui una
 comunicazione infedele, una sanzione pari al  doppio  dei  contributi
 evasi,  e,  in  riferimento  agli  artt.  3  e 24 della Costituzione,
 questione di legittimita' degli artt. 18 e 23 della stessa  legge  20
 settembre  1980,  n.  576, nella parte in cui consentono "l'immediata
 riscossione tramite ruoli delle sanzioni e  contributi"  dovuti  alla
 Cassa  nazionale  di  previdenza  ed assistenza per gli avvocati ed i
 procuratori;
      che  nel  giudizio  dinanzi alla Corte si e' costituita la Cassa
 nazionale  di  previdenza  ed  assistenza  per  gli  avvocati  ed   i
 procuratori,  rappresentata  e  difesa  dall'avv.  Maurizio  Cinelli,
 sostenendo  l'inammissibilita'  o  l'infondatezza   delle   questioni
 proposte;
      che  il  Presidente  del Consiglio dei ministri, rappresentato e
 difeso dall'Avvocatura  Generale  dello  Stato,  e'  intervenuto  nel
 giudizio,   chiedendo   che   le   due   questioni  siano  dichiarate
 inammissibili o non fondate;
    Considerato  che,  quanto  alla  prima questione, il giudice a quo
 muove dal presupposto che le somme percepite  a  titolo  di  sanzione
 dalla Cassa nazionale di previdenza ed assistenza per gli avvocati ed
 i procuratori mancherebbero "di una destinazione conforme allo  scopo
 dell'Ente",  per  trarne  la  conseguenza  che  le  norme  denunciate
 configurano una sorta di tributo "fuori dalle regole di cui  all'art.
 53 Cost.";
      che,   viceversa,   non   si  rinviene  nell'ordinamento  alcuna
 disposizione   dalla   quale   possa   ricavarsi   una   destinazione
 dell'ammontare  delle  sanzioni  pecuniarie  percepite  dalla Cassa -
 nonche' delle altre fonti di suo finanziamento -  diversa  da  quella
 volta a perseguire gli scopi istituzionali dell'ente;
      che  l'ordinanza  di  rimessione  non richiama, a sostegno della
 tesi addotta, alcun dato normativo, limitandosi ad un generico  "come
 pare nel caso di specie";
      e  che,  rimasta  indimostrata  la possibilita' di assimilare al
 prelievo tributario l'imposizione delle sanzioni  pecuniarie  oggetto
 delle   norme  denunciate,  anche  la  seconda  questione,  sollevata
 assumendo come tertium  comparationis  proprio  la  disciplina  della
 riscossione delle imposte, risulta del tutto priva di fondamento.
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;