ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.10, settimo comma, del decreto-legge 29 gennaio 1983, n.17 (Misure per il contenimento del costo del lavoro e per favorire l'occupazione) convertito, con modificazioni, nella legge 25 marzo 1983, n.79, promosso con ordinanza emessa l'11 maggio 1988 dal T.A.R. della Calabria - Sezione staccata di Reggio Calabria, sul ricorso proposto da Modica Orazio contro il Provveditore agli Studi di Reggio Calabria ed altro, iscritto al n. 296 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell'anno 1989; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella Camera di consiglio del 16 novembre 1989 il Giudice relatore Giuseppe Borzellino; Ritenuto in fatto 1. - Con ordinanza emessa l'11 maggio 1988, il Tribunale amministrativo regionale della Calabria - Sezione staccata di Reggio Calabria, sul ricorso proposto da Modica Orazio contro il Provveditore agli Studi di Reggio Calabria ed altro ha sollevato questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione, dell'art.10, settimo comma del decreto-legge 29 gennaio 1983, n.17 (Misure per il contenimento del costo del lavoro e per favorire l'occupazione) convertito, con modificazioni, nella legge 25 marzo 1983 n. 79. Il ricorrente, gia' docente di ruolo di educazione musicale, collocato a riposo a domanda per pensionamento anticipato, aveva poi prestato servizio quale supplente annuale di violino. Disposto dal Provveditorato agli studi il recupero delle somme percepite a titolo di pensione, per effetto del divieto di cumulo sancito dalla norma oggetto di censura, il Modica aveva impugnato il relativo provvedimento. Al riguardo, il Collegio ha ravvisato di proporre la questione di cui trattasi perche' la normativa, nei suoi contenuti, avrebbe esorbitato dai limiti della "ragionevolezza" ex art. 3 della Costituzione. Con atto depositato il 7 luglio 1989 e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, deducendo l'infondatezza della questione sollevata poiche', si assume, quando, con la legge ora all'esame della Corte costituzionale, si vieta il cumulo tra il trattamento di pensione e quello di servizio attivo, non si impone al dipendente di lavorare senza retribuzione, ma piu' semplicemente lo si invita ad operare una scelta. Considerato in diritto 1.1 - L'art.10 del decreto-legge 29 gennaio 1983, n.17 recante misure per il contenimento del costo del lavoro e per favorire l'occupazione, cosi' come sostituito dalla legge di conversione 25 marzo 1983, n.79 (articolo unico) stabilisce che nei confronti dei soggetti fruenti di pensionamento anticipato opera il divieto di cumulo tra pensione liquidata ed eventuale retribuzione percepita in costanza di rapporto di lavoro (art. 22 della legge 30 aprile 1969, n.153). 1.2 - Il giudice a quo sospetta di illegittimita' la disposizione che pone tale divieto, poiche' esso confliggerebbe, nell'impedire all' ex dipendente dimissionario di ricevere un'adeguata retribuzione, con i principi di ragionevole perequazione costituzionalmente garantiti (artt. 3, 36, 38 della Costituzione). 2. - La questione non e' fondata. La Corte ha gia' avuto modo di considerare (sent. n. 531 del 1988) che la norma di cui all'indicato art.10 (nel suo vigente testo) e' diretta a disincentivare il ricorso ai pensionamenti anticipati, ponendo freno e limiti a un meccanismo di "perversione" risultante dal cumulo, che indubbiamente veniva a creare sperequazioni con soggetti non fruenti di siffatta anticipazione della quiescenza. Questi essendo i validi presupposti della normativa in esame e fatta salva ogni possibile opzione, pacifica nell'area pubblica, per il trattamento concreto piu' favorevole fra pensione e stipendio, non v'e' motivo di discostarsi da quanto gia' affermato.