ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 738 del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 25 maggio 1989 dal Giudice relatore del Tribunale di Firenze nel procedimento di volontaria giurisdizione promosso con ricorso del notaio Mengacci dott.ssa Maria per la S.r.l. "M.T. Metalmeccanica Tavernelle", iscritta al n. 476 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell'anno 1989; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 18 gennaio 1990 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello; Ritenuto che nel corso di un procedimento camerale, instaurato dinanzi al Tribunale di Firenze per l'omologazione di una delibera societaria, il giudice relatore, con ordinanza in data 25 maggio 1989 (r.o. n. 476 del 1989), ha sollevato in riferimento all'art. 97 della Costituzione questione di legittimita' costituzionale dell'art. 738 del codice di procedura civile nella parte in cui, consentendo un controllo di "mera legittimita'" delle delibere societarie, risulterebbe del tutto inutile a garantire l'effettiva "liceita' dell'affare" e quindi il buon andamento, in senso sostanziale, dell'amministrazione giudiziaria; che, pertanto, ad avviso del giudice a quo, la disciplina dei controlli sulle delibere societarie, dovrebbe essere dichiarata illegittima da questa Corte nella parte in cui non prevede: a) il giudice monocratico per le delibere minori; b) un breve termine a provvedere con conseguente formazione del silenzio-assenso; c) l'estensione del giudizio anche al merito delle delibere e la loro immediata efficacia ex lege; d) un solo visto da parte del pubblico ministero; e) il rigoroso rispetto dell'ordine cronologico; f) l'omologazione delle delibere di assemblea ordinaria; che e' intervenuta l'Avvocatura generale dello Stato rilevando, preliminarmente, che il giudice a quo, chiamato a riferire al collegio, in ordine all'istanza di omologazione, da una parte, difetterebbe di quei poteri decisori che lo legittimano a sollevare la questione di costituzionalita', e, dall'altra, non sarebbe tenuto ad applicare il denunciato art. 738 del codice di procedura civile che disciplina soltanto i poteri del Presidente, gli obblighi del cancelliere e l'ufficio del pubblico ministero; che, peraltro, la questione risulterebbe comunque inammissibile, coinvolgendo scelte di merito rientranti nella esclusiva discrezionalita' del legislatore. Considerato che non sussistono nella specie poteri decisori propri del giudice che ha sollevato la questione, suscettibili di giustificare - secondo l'orientamento piu' volte espresso da questa Corte (cfr. ordinanza n. 157 del 1989, sentenza n. 1104 del 1988, sentenza n. 125 del 1980) - il promovimento da parte dello stesso della questione. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti la Corte costituzionale.