ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  9, secondo
 comma, della legge 2 aprile 1979, n. 97 (Norme sullo stato  giuridico
 dei  magistrati e sul trattamento economico dei magistrati ordinari e
 amministrativi, dei  magistrati  della  giustizia  militare  e  degli
 avvocati  dello  Stato),  in  relazione all'art. 5, ultimo comma, del
 d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1080 (Norme sulla  nuova  disciplina  del
 trattamento economico del personale di cui alla L. 24 maggio 1951, n.
 392), all'art. 2, lett. d), della legge 16  dicembre  1961,  n.  1308
 (Modifiche  alla  legge  29  dicembre  1956,  n. 1433, concernente il
 trattamento  economico  della  magistratura,   dei   magistrati   del
 Consiglio di Stato, della Corte dei conti, della Giustizia militare e
 degli avvocati e procuratori dello Stato), all'art. 10, ultimo comma,
 della  legge  20  dicembre 1961, n. 1345 (Istituzione di una quarta e
 una quinta Sezione speciale per i giudizi su ricorsi  in  materia  di
 pensioni  di  guerra  ed  altre  disposizioni relative alla Corte dei
 conti), cosi' come interpretato dall'art.  1,  secondo  comma,  della
 legge  6  agosto  1984,  n. 425 (Disposizioni relative al trattamento
 economico dei  magistrati),  nonche'  di  quest'ultima  disposizione,
 promossi  con  ordinanze  emesse il 25 gennaio 1989 (nn. 2 ordinanze)
 dal Tribunale amministrativo regionale per l'Umbria e il 14  dicembre
 1989  dal  Tribunale  amministrativo regionale per il Lazio, iscritte
 rispettivamente ai nn. 453, 454 e 486 del registro ordinanze  1989  e
 pubblicate  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica nn. 41 e 43,
 prima serie speciale, dell'anno 1989;
    Visti  gli  atti  di  intervento  del Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 18 gennaio 1990 il Giudice
 relatore Francesco Paolo Casavola;
    Ritenuto  che  con  due  ordinanze  di  identico  contenuto emesse
 entrambe il 25 gennaio 1989, il  Tribunale  amministrativo  regionale
 per  l'Umbria  ha sollevato, in relazione agli artt. 3, 36, 24, 102 e
 103 della  Costituzione,  questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  9,  secondo  comma,  della  legge 2 aprile 1979, n. 97, in
 riferimento all'art. 5, ultimo comma, del d.P.R. 28 dicembre 1970, n.
 1080, all'art. 2, lett. d), della legge 16 dicembre 1961, n. 1308, ed
 all'art. 10, ultimo comma, della legge 20  dicembre  1961,  n.  1345,
 cosi'  come  interpretato  dall'art.  1, secondo comma, della legge 6
 agosto 1984, n. 425;
      che il giudice a quo, adito da alcuni magistrati ordinari per il
 riconoscimento del diritto agli aumenti  periodici  e  figurativi  di
 stipendio  previsti  per  il  personale  della Corte dei conti, sulla
 premessa  del  carattere  unitario  della  giurisdizione  (la   quale
 imporrebbe  l'identita'  di trattamento economico di tutti i titolari
 della  funzione  giurisdizionale),   individua   nelle   disposizioni
 impugnate  l'intento  di svalutare la funzione del giudice, togliendo
 effetto alle sentenze gia' pronunciate, attraverso  un  uso  distorto
 dello strumento interpretativo;
      che, a parere del Tribunale amministrativo regionale rimettente,
 risulterebbe  sacrificato  il  diritto  di  difendersi  ed  agire  in
 giudizio  ed inoltre sarebbero stati in concreto violati il principio
 d'eguaglianza e quello di adeguatezza della retribuzione;
      che  questione  del  tutto  analoga  e'  stata  prospettata  dal
 Tribunale amministrativo regionale per il Lazio con ordinanza  emessa
 il  14  dicembre  1988,  in  cui  il  piu'  volte citato art. 1 viene
 denunciato sia come direttamente lesivo degli artt.  24,  102  e  103
 della  Costituzione,  sia in quanto contrastante con gli artt. 3 e 36
 della Costituzione per la sua  natura  interpretativa  del  complesso
 normativo costituito dall'art. 9, secondo comma, della legge 2 aprile
 1979, n. 97, dall'art. 5, ultimo comma, del d.P.R. 28 dicembre  1970,
 n.  1080,  dall'art.  2,  lett.  d), della legge 16 dicembre 1961, n.
 1308, e dall'art. 10, ultimo comma, della legge 20 dicembre 1961,  n.
 1345;
      che quest'ultimo giudice, adito da un magistrato amministrativo,
 riferisce la propria  censura,  oltre  che  alla  problematica  degli
 aumenti periodici, anche alla mancata estensione a tutto il personale
 di magistratura della speciale indennita' prevista dall'art. 3  della
 legge n. 27 del 1981;
      che  in  tutti  i  giudizi  e'  intervenuto  il  Presidente  del
 consiglio dei ministri, rappresentato  dall'Avvocatura  dello  Stato,
 che   ha  concluso  per  la  declaratoria  d'inammissibilita'  ovvero
 d'infondatezza della questione.
    Considerato  che  i  giudizi  possono  essere riuniti e decisi con
 un'unica ordinanza per analogia delle questioni;
      che  questa  Corte,  con  la  sentenza  n. 413 del 1988, ha gia'
 dichiarato   l'infondatezza   della   questione    di    legittimita'
 costituzionale dell'art. 1, secondo comma, della legge 6 agosto 1984,
 n. 425, escludendo, in particolare, la lesione degli artt. 24, 102  e
 103  della Costituzione sulla base della ratio della norma impugnata,
 la quale, oltre ad eliminare incertezze interpretative,  e'  volta  a
 costituire  "l'indispensabile  presupposto  logico  e  organizzatorio
 della  ristrutturazione  del  trattamento  economico  per  tutte   le
 categorie dei magistrati";
      che tale principio e' stato altresi' ribadito nelle ordinanze n.
 48 del 1989, n. 1047 del 1988 - con specifico riferimento agli  artt.
 3  e  36  della Costituzione - ed, in particolare, n. 23 del 1990, n.
 520 del 1989 e n. 1083 del 1988;
      che  nelle tre decisioni da ultimo citate la Corte ha dichiarato
 manifestamente  infondata  anche   la   questione   di   legittimita'
 costituzionale concernente l'art. 9, secondo comma, della legge n. 97
 del 1979, in  quanto  nella  denunziata  normativa  si  e'  ravvisato
 l'esercizio   di   discrezionalita'   legislativa   finalizzata  alla
 realizzazione del principio di eguaglianza nonche' di ragionevolezza;
      che  nelle  ordinanze  di  rimessione  non  vengono  prospettati
 argomenti nuovi rispetto a quelli a suo tempo esaminati;
      che le questioni sono pertanto manifestamente infondate.
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;