ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 35, quarto comma, e 39, prima parte (rectius: primo comma), del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (Revisione della disciplina del contenzioso tributario) nel testo modificato dal d.P.R. 3 novembre 1981, n. 739 (Norme integrative e correttive del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 636, concernente la revisione della disciplina del contenzioso tributario), promosso con ordinanza emessa il 24 maggio 1989 dalla Commissione Tributaria di secondo grado di Udine sul ricorso proposto dall'Ufficio IVA di Udine contro la Ditta individuale Foschiatti Lucina, iscritta al n. 478 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell'anno 1989; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 18 gennaio 1990 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello; Ritenuto che nel corso di un giudizio tributario avverso l'accertamento induttivo in materia di IVA, nel quale si era profilata la necessita' di disporre indagini istruttorie al fine di stabilire il numero e l'entita' delle cancellature, abrasioni e correzioni riscontrate nei registri di un contribuente per apprezzarne l'attendibilita' nonche' di determinare il ricarico applicabile ai dati di base acquisiti e non contestati, la Commissione tributaria di secondo grado di Udine ha sollevato di ufficio, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 53, prima parte (rectius: primo comma), della Costituzione, questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 35, quarto comma, e 39, prima parte (rectius: primo comma), del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, nel testo modificato dal d.P.R. 3 novembre 1981, n. 739, "nella parte in cui escludono che nel giudizio innanzi alle commissioni tributarie, in assenza di una specifica domanda di parte, possa procedersi a perizia o a richiesta di assistenza di un esperto o del consulente tecnico di ufficio, ponendone le spese in via definitiva o provvisoria a carico dei fondi di bilancio con cui gli uffici finanziari fanno fronte alle indagini sugli accertamenti"; che, ad avviso del giudice a quo, le norme denunciate comprometterebbero il diritto di difesa del cittadino-contribuente (art. 24, secondo comma, della Costituzione), porrebbero l'amministrazione finanziaria in una posizione di vantaggio rispetto al privato (art. 3 Cost.) dal momento che prevedono che il giudice si avvalga soltanto delle relazioni tecniche degli organi dello Stato (art. 35, terzo comma, d.P.R. n. 636), che e' anche parte nel processo, ed inoltre se, in applicazione del criterio dell'onere della prova, si dovesse respingere la pretesa impositiva, le stesse norme renderebbero piu' difficoltoso il perseguimento del principio secondo cui tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche (art. 53 Cost.); che non si e' costituita nel presente giudizio la parte privata; che e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata, in quanto le norme denunciate, disciplinando esclusivamente i poteri istruttori delle Commissioni tributarie, non sembrano incidere sui poteri processuali e sul diritto di difesa del contribuente, ed anzi il fatto che il giudice tributario non possa disporre direttamente la invocata consulenza tecnica, ma soltanto ammetterla ove il contribuente la richieda ed a spese di questi, risponde al principio della gratuita' del processo tributario, cui si riconnette appunto la previsione che il giudice si avvalga, per i necessari accertamenti tecnici, degli organi dell'Amministrazione dello Stato; Considerato che questa Corte, con sentenza n. 560 del 1989, ha gia' dichiarato non fondata la prima questione sollevata negli stessi termini con riferimento ad uno dei parametri ora invocati (art. 24 Cost.); che le medesime considerazioni svolte a tal proposito inducono ad escludere anche il contrasto con il secondo dei parametri costituzionali (art. 3 Cost.) cui fa riferimento l'ordinanza di rimessione, perche' l'acquisizione di ufficio da parte del giudice dei necessari elementi conoscitivi tecnici, per il tramite degli uffici statali, non concreta una violazione del principio di uguaglianza, dal momento che non puo' "negarsi che il loro apporto sia tale da assicurare quella perizia ed imparzialita'," (sent. n. 560 cit.) che l'ordinanza di rimessione mette in discussione, tanto piu' che l'art. 35, terzo comma, citato, nel prescrivere che la Commissione tributaria possa richiedere "relazioni ad organi tecnici dell'amministrazione dello Stato", non prevede che il compito debba essere espletato da organi "i quali gia' ebbero ad occuparsi delle questioni da risolvere", come erroneamente si sostiene nell'ordinanza di rinvio, ma consente invece al giudice di affidare l'incarico ad un organo amministrativo estraneo alla controversia, il che assicura il pieno rispetto delle garanzie proprie del processo; che anche la questione di legittimita' costituzionale, sollevata in riferimento all'art. 53 della Costituzione, non e' fondata perche', a parte la genericita' con cui essa e' formulata, va rilevato che il principio della capacita' contributiva riguarda la disciplina sostanziale del sistema tributario ed esula percio' dalla disciplina del processo tributario, oggetto di censura; che alle stesse conclusioni di infondatezza si deve pervenire anche per l'altra questione - concernente l'art. 39, primo comma, del medesimo d.P.R. n. 636 del 1972 - che il giudice a quo fa discendere come corollario da quella relativa alla prima delle norme impugnate; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti la Corte costituzionale;