ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge della Regione
 Calabria  riapprovata  il  18  ottobre  1989  avente   per   oggetto:
 "Elevazione  del  limite di eta' per collocamento a riposo", promosso
 con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato  il
 7  novembre  1989,  depositato  in  cancelleria  il  15 successivo ed
 iscritto al n. 97 del registro ricorsi 1989;
    Visto l'atto di costituzione della Regione Calabria;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  20  febbraio  1990  il Giudice
 relatore Ugo Spagnoli;
    Uditi  l'Avvocato  dello  Stato Antonio Bruno per il ricorrente, e
 l'avv. Enzo Silvestri per la Regione;
                           Ritenuto in fatto
    1.  - Con ricorso notificato il 7 novembre 1989, il Presidente del
 Consiglio   dei   ministri   ha   chiesto   che   venga    dichiarata
 l'illegittimita'  costituzionale,  in  riferimento agli artt. 3 e 117
 Cost., della legge della Regione Calabria, riapprovata, a seguito  di
 rinvio, il 18 ottobre 1989, avente ad oggetto: "Elevazione del limite
 di eta' per collocamento a riposo".
    L'articolo unico di tale legge integra il primo comma dell'art. 61
 della legge regionale n. 9 del 1975, disponendo  che  "il  dipendente
 inquadrato  nella  massima  qualifica  dirigenziale,  assunto in data
 anteriore al 6 aprile 1975, che abbia compiuto il 65Π anno  di  eta'
 senza aver raggiunto i 40 anni di servizio, puo' essere trattenuto, a
 domanda, sino al raggiungimento del  limite  massimo  di  servizio  e
 comunque non oltre il 70Πanno di eta'".
    Ad avviso del ricorrente, con tale disposizione viene travisato il
 principio fondamentale della legislazione statale  in  detta  materia
 enucleato  da  questa  Corte  nella sentenza n. 238 del 1988. Secondo
 tale decisione, infatti, la  regola  vincolante  per  il  legislatore
 regionale  "e' quella del divieto di adottare una disciplina generale
 che preveda per il personale della regione (o per alcune categorie di
 esso) un'eta' massima per il collocamento a riposo superiore a quella
 fissata dalle  leggi  statali  per  le  corrispondenti  categorie  di
 dipendenti";   e   l'"eccezionale   deroga"   a   tale  principio  e'
 esplicitamente circoscritta all'art. 38, secondo  comma,  Cost.,  nel
 senso  che  la  permanenza in servizio puo' essere consentita solo "a
 fini assicurativi  e  previdenziali"  per  il  "periodo  strettamente
 necessario"  a conseguire il diritto a pensione (e comunque non oltre
 il settantesimo anno di eta'). Con la legge impugnata, viceversa,  si
 attribuisce  alla  sentenza  una  portata  non  piu'  circoscritta al
 predetto parametro  costituzionale  e  si  perviene  percio'  ad  una
 sostanziale negazione del principio suenunciato.
    La   medesima   legge   inoltre,  risolvendosi  in  un  privilegio
 ingiustificato per i dirigenti della  Regione  Calabria,  viola  pure
 l'art. 3 Cost.
     2.  - La Regione Calabria ha chiesto il rigetto dell'impugnativa.
    E'  irrilevante,  a  suo avviso, che la legge in esame risponda ad
 un'esigenza "non identica" a quella  cui  era  preordinata  la  norma
 regionale  oggetto  della  citata  sentenza n. 238 del 1988. Cio' che
 conta e' invece che in  questa  decisione  si  sia  ritenuto  che  il
 principio fondamentale puo' consistere in "un complesso articolato di
 criteri  direttivi"  comprendente,  oltre  al   divieto,   anche   la
 possibilita'  di  deroghe  per  certe  ragioni  giustificative: quali
 sarebbero, a suo avviso, quelle esistenti nella legislazione  statale
 per  magistrati, professori universitari ordinari ed "altre categorie
 di dipendenti". Tali  deroghe  dovrebbero  considerarsi,  secondo  la
 resistente,   come  integranti  il  principio  direttivo,  e  percio'
 legittimerebbero le Regioni ad  introdurne  di  analoghe  per  talune
 categorie di propri dipendenti, qualora sussistano "esigenze simili a
 quelle sottese dalle corrispondenti deroghe del legislatore statale".
 Rispetto  a  queste  ultime vi sarebbe identita' di ratio, essendo la
 norma  impugnata  preordinata   all'ulteriore   utilizzazione   dello
 speciale  patrimonio di preparazione e professionalita' acquisito dai
 vertici dell'apparato regionale.
    Essa,  d'altra  parte,  avrebbe  anche  finalita' previdenziali ed
 assicurative in quanto  mirerebbe  a  far  conseguire  a  costoro  il
 massimo   del   trattamento   pensionistico   col  raggiungimento  di
 quarant'anni di servizio.
    Ed  il  fatto  che  nella  citata  sentenza  n.  238  siano  state
 considerate le sole deroghe miranti ad assicurare  ai  dipendenti  il
 conseguimento  del diritto a pensione non significa - ad avviso della
 resistente - che  tale  situazione  non  valga  per  esigenze  bensi'
 diverse,  ma  pur  sempre  identificabili  con  le medesime finalita'
 previdenziali ed assicurative: finalita' il cui  apprezzamento  -  ai
 fini  della  conformita'  della  deroga  all'art. 117 Cost. - sarebbe
 peraltro riservato alla Regione.
    Ma  anche  a  ritenere  che con detta sentenza siano state escluse
 deroghe diverse da quelle preordinate al conseguimento del diritto  a
 pensione,  il  principio  in  essa  affermato  legittima - secondo la
 Regione - quelle finalizzate all'utilizzazione  di  "professionalita'
 non facilmente maturabili", in quanto analoghe alle deroghe esistenti
 per talune categorie di personale statale (magistrati, ecc.).
    Nelle stesse argomentazioni la Regione ha insistito in una memoria
 illustrativa presentata in prossimita' dell'udienza.
                          Considerato in diritto
    1.  -  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha impugnato
 l'articolo unico della legge della Regione Calabria riapprovata il 18
 ottobre  1989  (Elevazione  del  limite  di  eta'  per collocamento a
 riposo), nella parte in cui prevede  che  "il  dipendente  inquadrato
 nella  massima qualifica dirigenziale, assunto in data anteriore al 6
 aprile 1975, che abbia compiuto  il  65Π anno  di  eta'  senza  aver
 raggiunto  i  40 anni di servizio, puo' essere trattenuto, a domanda,
 sino al raggiungimento del limite massimo di servizio e comunque  non
 oltre   il   70Π anno  di  eta'".  Ad  avviso  del  ricorrente  tale
 disposizione e' costituzionalmente illegittima  in  riferimento  agli
 artt.  3  e 117 Cost., in quanto contrasta col principio fondamentale
 della legislazione statale del collocamento a  riposo  al  compimento
 del  65Π anno  di eta', senza tuttavia rispondere a quelle finalita'
 che alla stregua della sentenza n.  238  del  1988  di  questa  Corte
 possono eccezionalmente legittimare una deroga.
    2.  -  La  censura  non  e'  fondata, perche' presuppone un quadro
 normativo di riferimento non piu' attuale.
    Occorre  innanzi  tutto premettere che la sentenza di questa Corte
 n. 238 del 1988, cui  si  richiamano  entrambe  le  parti  di  questo
 giudizio,  ha chiarito che i principi fondamentali della legislazione
 statale vincolanti il legislatore regionale possono consistere in  un
 complesso  articolato  di  criteri  direttivi risultanti dalla regola
 generale  vigente  nel  settore  integrata  dalle  possibili  deroghe
 stabilite dalla medesima legislazione. Pertanto lo stesso legislatore
 dovra' attenersi alla regola generale e potra' distaccarsene soltanto
 con  la  previsione  di  discipline  derogatorie  identiche  a quelle
 dettate dalle leggi dello Stato, ovvero riconducibili  alla  medesima
 ratio.
    Ora  non  e'  dubbio  che anche nel caso di specie, come in quello
 risolto dalla sentenza menzionata, nella materia oggetto della  legge
 impugnata la regola consiste nel divieto per il legislatore regionale
 di stabilire in via  generale  una  disciplina  che  preveda  per  il
 personale  della Regione un'eta' massima per il collocamento a riposo
 superiore a quella fissata dalle leggi statali per la  corrispondente
 categoria di dipendenti.
    Per  quanto  invece  concerne le ipotesi di deroga a detto divieto
 bisogna considerare che la situazione legislativa non e' piu'  quella
 tenuta presente dalla ripetuta decisione n. 238 del 1988, sulla quale
 le parti fondano le loro opposte  argomentazioni.  Infatti  un  nuovo
 caso  di  eccezionale  superamento del generale limite di eta' per il
 collocamento a riposo e' stato  di  recente  introdotto  dalla  legge
 statale  28  febbraio  1990,  n.  37  che, nel convertire in legge il
 decreto-legge 27 dicembre 1989, n. 413, ha disposto  (art.  1,  comma
 quarto - quinquies), che, a decorrere dalla data di entrata in vigore
 del detto decreto, siano estese ai dirigenti civili  dello  Stato  le
 disposizioni  prima  vigenti,  in  via  transitoria, per il personale
 ispettivo, direttivo, docente e non  docente  della  scuola  materna,
 elementare,  secondaria  e artistica dello Stato (artt. 15, secondo e
 terzo comma, legge n. 477 del 1973 e 10, sesto  comma,  decreto-legge
 n.  357  del  1989,  convertito  in  legge  n.  417  del  1989). Tali
 disposizioni consentono al menzionato personale, in  servizio  al  1Œ
 ottobre  1974,  di essere trattenuto in servizio, su richiesta, oltre
 il sessantacinquesimo anno  di  eta',  per  il  tempo  necessario  al
 raggiungimento  anche  del  limite massimo della pensione, e comunque
 non oltre il settantesimo anno di eta'.
    Poiche'   la  legge  della  Regione  Calabria  qui  impugnata  non
 stabilisce - nonostante il suo titolo possa far pensare il  contrario
 -  in via generale un limite di eta' per il collocamento a riposo dei
 propri dirigenti (inquadrati nella massima qualifica e in servizio da
 data  anteriore  al  6  aprile  1975) diverso da quello fissato per i
 corrispondenti dipendenti dello Stato, ma dispone  soltanto,  in  via
 transitoria,  una  deroga  a  tale  limite sostanzialmente identica a
 quella prevista a favore di questi ultimi,  non  puo'  dirsi  che  la
 stessa  legge  contrasti  con  i  "principi fondamentali" attualmente
 vigenti in materia ne' di conseguenza,  che  preveda,  in  violazione
 dell'art.  3  Cost., una disciplina ingiustificatamente differenziata
 rispetto a quella vigente in altre Regioni.