ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei  giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 1, terzo comma,
 lett. b), della legge 27 maggio 1959, n. 324 (Miglioramenti economici
 al  personale  statale  in attivita' ed in quiescenza); della legge 3
 marzo 1960, n. 185 (Modifica della legge  27  maggio  1959,  n.  324,
 recante  miglioramenti economici al personale statale in attivita' ed
 in quiescenza); degli artt. 3 e 38 del d.P.R. 29  dicembre  1973,  n.
 1032  (Approvazione  del  testo  unico  delle norme sulle prestazioni
 previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato);
 dell'art.  7,  primo  comma,  della  legge  29  aprile  1976,  n. 177
 (Collegamento delle pensioni del settore pubblico alla dinamica delle
 retribuzioni.   Miglioramento   del  trattamento  di  quiescenza  del
 personale statale e degli iscritti alle casse pensioni degli istituti
 di  previdenza)  e  della  legge  20  marzo  1980, n. 75 (Proroga del
 termine previsto dall'art. 1 della legge 6 dicembre 1979, n. 610,  in
 materia  di  trattamento  economico  del  personale civile e militare
 dello Stato in servizio ed in quiescenza; norme in materia di computo
 della  tredicesima  mensilita' e di riliquidazione dell'indennita' di
 buonuscita e norme di interpretazione e  di  attuazione  dell'art.  6
 della  legge  29 aprile 1976, n. 177, sul trasferimento degli assegni
 vitalizi al Fondo sociale e riapertura dei termini per  la  opzione),
 promossi  con  tre  ordinanze  emesse il 13 aprile 1989 dal Tribunale
 amministrativo  regionale  per  l'Abruzzo  -  Sezione  distaccata  di
 Pescara, iscritte ai nn. 400, 401 e 402 del registro ordinanze 1989 e
 pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  37,  prima
 serie speciale, dell'anno 1989;
    Visti  gli  atti  di  intervento  del Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 16 novembre 1989 il Giudice
 relatore Gabriele Pescatore;
    Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo -
 Sezione di Pescara, con tre ordinanze in data 13  aprile  1989  (R.O.
 nn.  400, 401 e 402 del 1989), ha sollevato questione di legittimita'
 costituzionale, in riferimento agli artt. 1, 3, 4, 35, 38,  97  e  98
 della  Costituzione,  dell'art. 1, comma terzo, lett. b), della legge
 27 maggio 1959, n. 344, della legge 3 marzo 1960, n. 185; degli artt.
 3  e  38  del  d.P.R.  29  dicembre 1973, n. 1032; dell'art. 7, comma
 primo, della legge 29 aprile 1976, n. 177; della legge 20 marzo 1980,
 n.  75;  nella  parte  in  cui  escludono  la  indennita' integrativa
 speciale  dal  computo   della   base   contributivo-retributiva   da
 considerarsi   ai   fini   della   liquidazione   dell'indennita'  di
 buonuscita;
      Considerato che questa Corte ha gia' dichiarato inammissibili (e
 poi manifestamente inammissibili), censurandosi una scelta  riservata
 alla discrezionalita' legislativa, analoghe questioni di legittimita'
 costituzionale (sentenza n. 220 del 1988; Ordinanze n. 419 del  1989;
 nn. 641, 869, 1070, 1072 del 1988);
      che il giudice a quo, sostanzialmente, si e' limitato a chiedere
 la declaratoria d'illegittimita' costituzionale delle norme impugnate
 per  non avere il legislatore raccolto l'invito della Corte (sentenza
 n. 220 del 1988) a procedere all'omogeneizzazione dei trattamenti  di
 quiescenza nell'ambito del pubblico impiego;
      che  - come e' stato rilevato nella recente ordinanza n. 143 del
 1990 - successivamente alla sentenza n. 220 del 1988 e con  esplicito
 riferimento  ad essa e' stata presentata alla Camera dei deputati una
 proposta di legge in tal  senso  e,  come  risulta  da  dichiarazione
 allegata  all'accordo  intercompartimentale  ex  art.  12 della legge
 quadro sul pubblico impiego 29 marzo 1983,  n.  93  per  il  triennio
 1988-90,  il Governo, in adesione alla richiesta delle Confederazioni
 sindacali ha convenuto sull'esigenza di eliminare  "le  sperequazioni
 esistenti  nel  pubblico  impiego  in  materia di trattamento di fine
 rapporto" e si e' impegnato a presentare "un  disegno  di  legge  per
 disciplinare  la  materia  del  trattamento  di fine rapporto in modo
 uniforme per tutti i pubblici dipendenti";
      che  in  tale  direzione  il  Governo  si  e' mosso anche con il
 recente decreto-legge 27 dicembre  1989,  n.  413  (convertito  nella
 legge 28 febbraio 1990, n. 37), col quale, a decorrere dall'1 gennaio
 1989, e' stata estesa  anche  al  personale  della  magistratura,  ai
 dirigenti  civili  dello  Stato  e agli altri dipendenti pubblici che
 godono di trattamenti equiparati, la norma dell'art. 15 del d.P.R. 17
 settembre  1987,  n.  494,  alla  stregua  della quale era gia' stato
 disposto   il   conglobamento   nello   stipendio   di   una    quota
 dell'indennita'  integrativa speciale per il personale dei ministeri,
 degli enti pubblici non economici, degli enti locali, delle aziende e
 delle  amministrazioni  dello  Stato  ad  ordinamento  autonomo,  del
 Servizio sanitario nazionale e della scuola;
      che,  pertanto, non sussistono ragioni per discostarsi da quanto
 in precedenza gia' statuito, pur  dovendosi  rinnovare  il  pressante
 invito al legislatore di procedere ad una sistemazione organica della
 materia che realizzi l'omogeneita' dei trattamenti;
    Visti  gli  artt.  26,  della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9 delle
 Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;