ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  degli artt. 3, 6 e 8
 della legge 4  gennaio  1990,  n.  1  (Disciplina  dell'attivita'  di
 estetista) promosso con ricorso della Regione Liguria notificato il 3
 gennaio 1990,  depositato  in  cancelleria  il  7  febbraio  1990  ed
 iscritto al n. 12 del registro ricorsi 1990;
    Visto  l'atto  di  costituzione  del  Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nell'udienza pubblica del 3 aprile 1990 il Giudice relatore
 Luigi Mengoni;
    Uditi  l'avv.  Giuseppe Pericu per la Regione Liguria e l'Avvocato
 dello Stato  Antonio  Bruno  per  il  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
                            Ritenuto in fatto
    1.  - Con ricorso notificato il 2 febbraio 1990 la Regione Liguria
 ha promosso questione di legittimita' costituzionale degli  artt.  3,
 primo  comma,  6,  secondo, terzo e quarto comma, e 8, quinto e sesto
 comma, della legge dello Stato 4 gennaio 1990, n. 1,  che  disciplina
 l'attivita'  di estetista, per preteso contrasto con gli artt. 3, 97,
 117 e 118 della Costituzione.
    Col  primo motivo di ricorso la Regione lamenta che l'art. 3 della
 legge, nel disciplinare le  condizioni  per  il  conseguimento  della
 qualificazione  professionale  di estetista, prenda in considerazione
 soltanto la formazione professionale svolta nell'ambito  di  rapporti
 di  apprendistato e non pure quella svolta nell'ambito di rapporti di
 formazione e lavoro. Tale  discriminazione  violerebbe  non  solo  il
 principio  di  eguaglianza,  ma  anche  le  attribuzioni regionali in
 materia di artigianato e formazione  professionale,  sottraendo  alla
 regione   la  competenza  a  valutare  il  grado  della  preparazione
 professionale acquisita mediante rapporti di formazione e lavoro.
    Col  secondo  motivo  si  denuncia "una penetrante invasione della
 sfera  delle  attribuzioni  regionali"  operata  dall'art.   6,   sia
 assegnando  al  Ministro  dell'industria  poteri  di  indirizzo  e di
 coordinamento dei contenuti tecnico-culturali dei programmi dei corsi
 e  delle  prove  di esame, in deroga non giustificata alla competenza
 del Consiglio dei ministri ai sensi della legge n. 400 del 1988,  sia
 accordando  al  Ministro  il  termine di un anno per l'emanazione dei
 relativi provvedimenti, mentre il primo comma dell'articolo prescrive
 alle  regioni il termine di sei mesi per la predisposizione dei detti
 programmi. In tal modo, in contrasto col principio di buon  andamento
 dell'amministrazione, si insinuerebbe un fattore di disfunzione nella
 programmazione regionale, che potrebbe essere vanificata  o  comunque
 sottoposta    alla    necessita'    di   revisione   in   conseguenza
 dell'irrazionale scoordinamento dei due termini.
    Il   terzo  motivo  si  riferisce  alle  disposizioni  transitorie
 dell'art. 8, quinto e sesto comma, il quale riconosce  senz'altro  la
 qualifica  professionale  di  estetista  a  coloro  che  alla data di
 entrata in vigore della  legge  siano  in  possesso  di  attestati  o
 diplomi  di  estetista rilasciati da scuole professionali autorizzate
 dallo Stato o dalle regioni, mentre per  gli  allievi  dei  corsi  di
 formazione  professionale,  che  abbiano  conseguito  l'attestato  di
 qualifica previsto dall'art. 14 della legge quadro n. 845  del  1978,
 il  conseguimento della qualifica e' subordinato al superamento di un
 esame tecnico-pratico, preceduto dalla frequenza di un corso  annuale
 di specializzazione.
    Ad  avviso  della ricorrente questa ingiustificata discriminazione
 lede  le  attribuzioni  della  regione  in  materia   di   formazione
 professionale  vanificando  gli  attestati di qualifica professionale
 rilasciati  in  esito  alla  frequenza  dei  corsi  regionali  e   al
 superamento dell'esame finale.
    2.  - Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
 Ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato,  domandando  che
 il  ricorso  sia  dichiarato  "in  parte  non  ammissibile e comunque
 infondato".
    Secondo  l'Avvocatura  il primo motivo del ricorso e' per un verso
 inammissibile, in quanto  censura  il  mancato  riconoscimento  della
 formazione  professionale  mediante  rapporti  di formazione e lavoro
 sotto il profilo dell'art. 3 Cost., per  altro  verso  infondato  la'
 dove  lamenta  una  supposta  invasione della competenza regionale in
 materia di formazione professionale, mentre oggetto  della  norma  e'
 tutt'altra  materia, cioe' la determinazione dei requisiti di accesso
 alla professione di estetista.
    Inammissibile  e'  pure  il  secondo  motivo  nella  parte in cui,
 denunciando una pretesa contrarieta' dell'art. 6 all'art.  97  Cost.,
 non   si  attiene  all'argomento  dell'invasivita'  delle  competenze
 regionali, e infondato nella parte in cui censura  l'attribuzione  al
 Ministro  dell'industria del potere di definire a livello nazionale i
 contenuti tecnico-culturali dei programmi dei corsi e delle prove  di
 esame.   Si  osserva  che  tale  provvedimento  non  e'  propriamente
 configurabile come atto di  indirizzo  e  di  coordinamento,  essendo
 piuttosto  destinato  a garantire uno standard minimo, comune a tutte
 le regioni, di preparazione  e  di  controllo  degli  aspiranti  alla
 professione  di  estetista,  e  che  comunque  la  legge generale che
 conferisce la funzione di indirizzo e di coordinamento  al  Consiglio
 dei  ministri,  essendo  una legge ordinaria, puo' essere derogata da
 leggi speciali.
    Quanto al terzo motivo, a parte i profili di inammissibilita' pure
 in esso presenti, l'Avvocatura rileva che il sesto comma dell'art. 8,
 lungi   dal  vanificare  gli  attestati  di  qualifica  professionale
 rilasciati in seguito alla frequenza dei corsi  regionali,  riconosce
 ad  essi una specifica rilevanza nel senso di consentire a coloro che
 ne sono in possesso un accesso  all'esame  teorico-pratico  agevolato
 rispetto alle modalita' previste dall'art. 3.
    3.  -  In  una  memoria  depositata in prossimita' dell'udienza di
 discussione  la  ricorrente,  oltre  a   sviluppare   gli   argomenti
 prospettati  nell'atto  di  costituzione,  precisa  che l'interesse a
 ricorrere non puo' essere  escluso  di  per  se'  quando  la  censura
 dedotta riguardi la violazione di parametri costituzionali diversi da
 quelli che  direttamente  tutelano  e  garantiscono  la  sfera  delle
 attribuzioni  regionali,  la  lesione  di  tali  attribuzioni potendo
 "derivare anche dalla violazione di precetti costituzionali collocati
 al di fuori del titolo V della Costituzione".
                         Considerato in diritto
    1.  -  La Regione Liguria contesta la legittimita' costituzionale,
 in riferimento agli artt. 3, 97, 117 e  118  Cost.,  degli  artt.  3,
 primo  comma,  6,  secondo,  terzo  e quarto comma, 8, quinto e sesto
 comma, della  legge  4  gennaio  1990,  n.  1,  portante  "disciplina
 dell'attivita'   di   estetista".   La  violazione  dei  principi  di
 eguaglianza e di buon andamento  dell'amministrazione  e'  denunciata
 non  per  se  stessa - il che non sarebbe ammissibile, trattandosi di
 ricorso in via principale ai sensi dell'art. 32 della legge n. 87 del
 1953 -, ma in quanto si ritiene concorra a determinare, aggravandola,
 la pretesa invasivita'  delle  norme  denunciate  nella  sfera  delle
 attribuzioni regionali in materia di formazione professionale.
    2. - Il ricorso non e' fondato.
    La  crescente  diffusione dell'attivita' di estetista, la quale ha
 assunto contenuti  sempre  piu'  elevati  di  professionalita'  e  di
 responsabilita'  (mentre  la  legge  14  febbraio  1963,  n.  161, la
 annoverava tra le attivita' collaterali a quella di parrucchiere),  e
 i  gravi  pericoli  per  la  clientela  che  essa comporta quando sia
 esercitata senza la necessaria  preparazione  teorico-pratica,  hanno
 indotto  il  legislatore  a intervenire con una disciplina che, da un
 lato,  prevede  condizioni  severe  di  accesso   alla   professione,
 dall'altro,   impone   a   livello   nazionale  standards  minimi  di
 preparazione e di valutazione dei candidati. Sotto il secondo profilo
 la  legge  n.  1 del 1990 e' una legge-quadro ai sensi e agli effetti
 dell'art. 117, primo comma, della Costituzione.
    In  funzione  della prima esigenza l'art. 3 subordina l'ammissione
 all'esame teorico-pratico  di  abilitazione  alternativamente  a  tre
 condizioni  complesse, la seconda delle quali esige, tra l'altro, che
 l'aspirante abbia lavorato in qualita' di apprendista in una  impresa
 di  estetista  per  un  periodo  di  tempo corrispondente alla durata
 dell'apprendistato  prevista  dalla  contrattazione   collettiva   di
 categoria.   La   ricorrente   lamenta   che   non   siano  presi  in
 considerazione anche coloro che hanno svolto  il  loro  tirocinio  in
 base  a  un  rapporto di formazione e lavoro ai sensi dell'art. 3 del
 d.-l. 30 ottobre 1984, n. 726, convertito  nella  legge  19  dicembre
 1984, n. 863. Tale discriminazione, oltre a offendere il principio di
 eguaglianza, violerebbe le attribuzioni delle regioni sotto l'aspetto
 della competenza a valutare il grado della preparazione professionale
 acquisita mediante rapporti di formazione e lavoro.
    E'   agevole   replicare  che  i  corsi  regionali  di  formazione
 professionale  abilitano,  per  la  via  mediata  dell'esame   finale
 teorico-pratico  previsto  dall'art.  3,  primo  comma, all'esercizio
 della professione di estetista nell'intero territorio  nazionale.  Ne
 consegue,  come  piu'  volte  questa  Corte  ha  avuto  occasione  di
 affermare (sentenze n. 216 del 1976, n. 89 del 1977 e nn. 165  e  372
 del  1989),  che  e'  riservata  allo  Stato  anche la valutazione di
 idoneita' della preparazione fornita dai vari strumenti di formazione
 professionale integrati dai detti corsi.
    La  preferenza  attribuita  dalla  norma  in esame alla formazione
 svolta mediante rapporti di apprendistato si giustifica razionalmente
 considerando   che  solo  l'apprendistato  -  per  gli  obblighi  che
 comporta, la durata e la specializzazione dell'addestramento  pratico
 e   dei   corsi   teorici   complementari  -  e'  un  mezzo  adeguato
 all'apprendimento   di   un   "mestiere"    altamente    qualificato,
 esercitabile  anche  in  qualita'  di  lavoratore autonomo, mentre il
 contratto  di  formazione  e  lavoro  ha  piuttosto  la  funzione  di
 facilitare   l'inserimento   dei   giovani   nelle  occupazioni  alle
 dipendenze  di  imprese  di  produzione  in  serie,  nelle  quali  il
 progresso  tecnologico  e  la connessa evoluzione dell'organizzazione
 del lavoro hanno prodotto una frantumazione degli antichi mestieri.
    3.  - In funzione della seconda delle esigenze indicate nel numero
 precedente l'art. 6, premesso che le regioni provvederanno entro  sei
 mesi dall'entrata in vigore della legge a predisporre i programmi dei
 corsi di  formazione  e  dell'esame  finale  di  abilitazione  (primo
 comma),  demanda  al  Ministro  dell'industria il compito di definire
 entro un anno, di concerto con i Ministri della pubblica istruzione e
 del  lavoro,  i contenuti tecnico-culturali dei programmi dei corsi e
 delle prove di esame (secondo comma); elenca le  materie  che  devono
 essere  comprese  tra  gli insegnamenti fondamentali dei corsi (terzo
 comma);  detta  criteri   per   la   formazione   delle   commissioni
 giudicatrici dell'esame di abilitazione (quarto comma).
    Tale  disciplina  non  risulta  contraddittoria  con la competenza
 riconosciuta alle regioni dal primo comma dell'art. 6, in conformita'
 degli  artt.  117  e 118 Cost., atteso lo scopo che essa si propone -
 sempre in ragione dell'efficacia abilitante in  tutto  il  territorio
 dello  Stato  della  qualifica  professionale  conseguita  a  livello
 regionale - di garantire criteri minimi inderogabili di  preparazione
 e  di valutazione degli aspiranti. La giurisprudenza sopra richiamata
 di questa Corte ha  pure  precisato  che  in  materia  di  istruzione
 professionale  le  attribuzioni  regionali  per  la  definizione  dei
 programmi e l'organizzazione dei corsi non escludono la  presenza  di
 forme  di  coordinamento  e di controllo centrale dirette a garantire
 standards minimi quantitativi e qualitativi, relativi ai corsi e alla
 valutazione  finale  del  profitto  conseguito da coloro che li hanno
 frequentati. In particolare si osserva che il terzo comma non vincola
 rigidamente  le  materie  fondamentali  dei  corsi,  ma  si  limita a
 indicare alcuni insegnamenti che devono essere previsti  tra  queste,
 lasciando  libere le regioni di aggiungerne altri in guisa da fornire
 una preparazione professionale superiore a livello  minimo  garantito
 dalla norma statale.
    Infondata  e'  pure  la  censura  di invasivita' del secondo comma
 nelle  competenze  programmatorie  delle  regioni  sotto  il  profilo
 dell'asserita  irrazionalita'  del  termine  di  un anno previsto per
 l'emanazione  del  decreto  ministeriale  di   omogeneizzazione   dei
 programmi regionali dei corsi e delle prove di esame, confrontato col
 termine di sei mesi assegnato alle regioni per la predisposizione  di
 tali  programmi.  La scansione dei due termini si spiega considerando
 che la formazione dei programmi regionali ai sensi dell'art. 6, primo
 comma,   costituisce   una  fase  di  prima  attuazione  della  nuova
 disciplina (non ancora "a regime"), destinata  a  fornire  al  potere
 centrale   di   controllo   la   base   conoscitivo-sperimentale   di
 acquisizione degli elementi occorrenti per definire i  contenuti  dei
 corsi  e  delle  prove  di  esame  "secondo  criteri di uniformita' e
 omogeneita'  a  livello  nazionale"  (cfr.  Camera  dei  deputati,  X
 legisl.,  Commissione  X, verbale della seduta del 2 marzo 1989, pag.
 6).  Non  si  tratta  propriamente  di  un  atto   di   indirizzo   e
 coordinamento,  come  giudica  la  ricorrente,  bensi'  di un atto di
 natura regolamentare.
    4.  - Con l'ultimo motivo di ricorso la Regione Liguria impugna la
 norma transitoria dell'art.  8,  comma  quinto  e  sesto,  in  quanto
 attribuisce  senz'altro  la qualifica di estetista a coloro che, alla
 data di entrata in vigore  della  legge,  risultino  in  possesso  di
 attestati  o  diplomi di estetista rilasciati in esito alla frequenza
 di  corsi  di  scuole  professionali  espressamente   autorizzati   o
 riconosciuti dallo Stato o dalle regioni, e non pure agli allievi dei
 corsi di formazione professionale che abbiano conseguito  l'attestato
 di qualifica di cui all'art. 14 della legge 21 dicembre 1978, n. 845,
 cosi' vanificando  l'attivita'  di  questi  corsi  organizzati  dalle
 regioni.
    Il  motivo e' infondato per la medesima ragione sopra opposta alle
 censure mosse all'art. 3:  la  determinazione  delle  condizioni  che
 abilitano  all'esercizio di una professione "controllata" nell'intero
 territorio nazionale appartiene alla sfera delle  attribuzioni  dello
 Stato, al quale compete pertanto, a questo fine, anche la valutazione
 del risultato della frequenza ai corsi.
    La  ricorrente  non  porta  alcun  argomento idoneo a infirmare la
 razionalita' della diversa valutazione degli attestati  di  qualifica
 considerati  nel sesto comma dell'art. 8 rispetto agli attestati e ai
 diplomi considerati nel comma precedente; ne' si puo'  dire  che  "la
 norma impugnata vanifica gli attestati di qualifica professionale che
 vengono rilasciati a seguito della frequenza dei  corsi  regionali  e
 del  superamento dell'esame finale, secondo le previsioni della legge
 quadro sulla formazione professionale". Al contrario  tali  attestati
 vengono  valorizzati  come  titolo di ammissione agevolata - rispetto
 alle condizioni richieste  dall'art.  3,  primo  comma,  lett.  a)  -
 all'esame   teorico-pratico   di   abilitazione  all'esercizio  della
 professione.