ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei  giudizi  di legittimita' costituzionale dell'art. 438 del codice
 di procedura penale del 1988, promossi con le seguenti ordinanze:
      1)  ordinanza  emessa  il 27 novembre 1989 dal Tribunale di Asti
 nel procedimento penale a carico di Lauricella Giovanni, iscritta  al
 n.  45  del  registro  ordinanze  1990  e  pubblicata  nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n.  7,  prima  serie  speciale,  dell'anno
 1990;
      2)  ordinanza  emessa  il 9 dicembre 1989 dal Pretore di Ravenna
 nel procedimento penale a carico di Lazzari Angelo, iscritta al n. 52
 del  registro  ordinanze  1990  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 7, prima serie speciale, dell'anno 1990;
     3)  ordinanza emessa l'8 gennaio 1990 dal Tribunale di Padova nel
 procedimento penale a carico di Besson Ettore, iscritta al n. 77  del
 registro  ordinanze  1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell'anno 1990;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del  4 aprile 1990 il Giudice
 relatore Giovanni Conso;
    Ritenuto che il Tribunale di Asti, prima di aprire un dibattimento
 promosso con rito direttissimo, ha, con  ordinanza  del  27  novembre
 1989,   sollevato,   in   riferimento   agli  artt.  3  e  102  della
 Costituzione, questione di legittimita' dell'art. 438 del  codice  di
 procedura  penale  del  1988,  "nella parte in cui non prevede per il
 giudice la possibilita' di sindacare il  mancato  consenso  del  P.M.
 alla  richiesta  di  giudizio  abbreviato, formulata dall'imputato al
 fine di applicare la riduzione  della  pena  prevista  dall'art.  442
 C.P.P.";
      e   che  un'analoga  questione  hanno  sollevato,  sempre  prima
 dell'apertura di dibattimenti  promossi  con  rito  direttissimo,  il
 Pretore  di  Ravenna, con ordinanza del 9 dicembre 1989, denunciando,
 in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, l'art.  438  del
 codice  di procedura penale del 1988, "laddove attribuisce al P.M. la
 facolta' di esprimere  un  dissenso  immotivato  sulla  richiesta  di
 giudizio  abbreviato  avanzata dall'imputato e laddove non prevede un
 controllo dell'organo giudicante sulla fondatezza delle  ragioni  del
 dissenso,   cosi'   impedendo   l'instaurazione   di   un   effettivo
 contraddittorio tra le parti e una verifica  del  giudice  in  ordine
 alla  causa  impeditiva dell'applicazione di una riduzione automatica
 della pena", e il Tribunale di Padova, con ordinanza  dell'8  gennaio
 1990,  denunciando,  in  riferimento agli artt. 3, 24, 101, 102 e 111
 della Costituzione, l'illegittimita'  dell'art.  438  del  codice  di
 procedura  penale  del  1988  - "il quale nel caso di specie dovrebbe
 trovare applicazione in relazione agli artt. 451 n.  5  e  452  n.  2
 dello  stesso codice" - in quanto "la decisione del P.M. di negare il
 consenso alla applicazione del giudizio abbreviato  e'  assolutamente
 discrezionale   ed   insindacabile  perche'  non  e'  previsto  alcun
 controllo dell'organo giudicante sulla fondatezza delle  ragioni  del
 dissenso,  sicche'  viene a dipendere esclusivamente dalla scelta del
 P.M. la possibilita' per l'imputato di fruire dei benefici in termini
 di pena ai sensi dell'art. 442 c.p.p.";
    Considerato  che  i giudizi, concernendo questioni analoghe, vanno
 riuniti;
      che  le  ordinanze  di rimessione - nonostante siano state tutte
 pronunciate anteriormente all'apertura di dibattimenti  promossi  dal
 pubblico  ministero  con  rito  direttissimo  ai sensi dell'art. 449,
 terzo comma, del codice di procedura penale del 1988, rito in  ordine
 al  quale  "il  ruolo  esplicato  dal consenso del pubblico ministero
 forma oggetto di autonoma previsione da parte dell'art. 452,  secondo
 comma",  del  codice  di procedura penale del 1988 - hanno denunciato
 l'art. 438 dello stesso codice, norma non applicabile nei  giudizi  a
 quibus (v. sentenza n. 183 del 1990);
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;