IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1397/87 proposto dall'I.T.A.C. Trasporti S.p.a. con sede in Tortona, in persona del presidente del consiglio di amministrazione Luigi Acerbi, rappresentata e difesa, per delega in atti, dall'avv. Riccardo Ludogoroff, presso lo studio del quale e' elettivamente domiciliata in Torino, via Rosolino Pilo, n. 11, con l'intervento di Officine Adice S.p.a., viale delle Nazioni n. 1, Verona, in persona del legale rappresentante, dott. ing. Giovanni Rifa, Off. Cardi S.p.a., associata al gruppo "Rimorchi" dell'A.N.F.I.A., con sede in Verona, in persona del legale rappresentante Cardi Roberto, S.p.a. Rimorchi V. Orlandi, con sede in Brescia, viale Duca d'Aosta, 28/30, associata al gruppo "Rimorchi" dell'A.N.F.I.A., in persona dei rappresentanti Orlandi Umberto e Orlandi Irene, Acerbi veicoli industriali S.p.a., con sede in Castelnuovo Scrivia, strada del Pontecurone n. 7, in persona del legale rappresentante dott. Alessandro Acerbi, Calabrese veicoli industriali S.p.a., associata al gruppo "Rimorchi" dell'A.N.F.I.A., con sede in Bari, in persona del legale rappresentante dott. Lorenzo Calabrese, Officine Zorzi S.p.a., con sede in Treviso, via L. Seitz, in persona del legale rappresentante Zorzi Fernando, Officine Viberti S.p.a., associata al gruppo "Rimorchi" dell'A.N.F.I.A., con sede in Nichelino, in persona del legale rappresentante dott. ing. Giovanni Ripa, E. Bertolletti S.p.a., con sede in Forli', via L. Da Vinci in persona del legale rappresentante Piero Marconi, Societa' rimorchi Bertoja S.p.a. con sede in Pordenone, via A. Malignani n. 6, in persona del legale rappresentante geom. Pierluigi Zambon Bertoja, Rolfo S.p.a., con sede in Bra, corso IV Novembre n. 30, associata al gruppo "Rimorchi" dell'A.N.F.I.A., in persona del legale rappresentante Bernardo Rolfo, Nuova O.M.T., Officine meccaniche tortonesi S.p.a. di Tortona (Alessandria), associata al gruppo "Rimorchi" dell'A.N.F.I.A. in persona del legale rappresentante ing. Franco Ercolani, Umberto Piacenza rimorchi S.p.a., associata al gruppo "Rimorchi" dell'A.N.F.I.A., con sede in Genova, in persona del legale rappresentante sig. Giovanni Dosi, tutte rappresentate e difese, per procure notarili in atti, dal prof. avv. Marco Siniscalco, con domicilio eletto in Torino, via del Carmine n. 2, contro il Ministero dei trasporti, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso dell'avvocatura distrettuale dello Stato di Torino, presso la quale e' domiciliato in corso Stati Uniti n. 45, per l'annullamento del provvedimento del direttore dell'ufficio provinciale di Alessandria della motorizzazione civile e dei trasporti in concessione prot. n. 5579 del 15 luglio 1987, col quale e' stata rigettata l'istanza inoltrata dalla ricorrente in data 8 giugno 1987 per ottenere l'autorizzazione al trasporto merci in conto terzi del semirimorchio Acerbi telaio ZAOAF001 - TO 1A000403 tipo AFOIT in aumento dell'autorizzazione n. 262 del 30 gennaio 1981 sul trattore stradale targa AL 522716; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'amministrazione resistente; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Udita alla pubblica udienza del 14 febbraio 1990 la relazione del referendario L. Barra Caracciolo; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue; ESPOSIZIONE IN FATTO La I.T.A.C. Trasporti S.p.a., con istanza 8 giugno 1987 ha chiesto all'ufficio provinciale M.C.T.C. di Alessandria l'autorizzazione al trasporto di merci in conto terzi del tipo A (piena, senza vincoli e limiti di esercizio) relativamente ad un semirimorchio di sua proprieta', da immatricolare in aumento all'autorizzazione n. 262 del 30 gennaio 1981 per il proprio trattore stradale tg. AL/522716. Il direttore dell'ufficio provinciale di Alessandria ha risposto a tale istanza emanando il provvedimento indicato in epigrafe (prot. n. 5579 del 15 luglio 1987), con cui l'autorizzazione viene negata "in quanto la ditta supera gia' il rapporto di uno a cinque previsto dall'art. 4, quarto comma, della legge 30 marzo 1987, n. 132". Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso la I.T.A.C. Trasporti S.p.a., deducendo, quale unico vizio, l'illegittimita' del provvedimento de quo "in quanto applicativo di una disposizione di legge (quella che istituisce il rapporto tra motrici e rimorchi) affetta da puntuali e specifici vizi di incostituzionalita'". La disposizione in questione e' indicata dalla ricorrente nell'art. 4 del d.-l. 6 febbraio 1987, n. 16, convertito in legge 30 marzo 1987, n. 132, il quale ha sostituito l'art. 41 della legge 6 giugno 1974, n. 298, in specie nella parte in cui, modificando il quarto comma dell'art. 41 stesso, ha disposto che l'immatricolazione di rimorchi e semirimorchi da parte delle imprese nonche' da parte dei consorzi e delle cooperative di cui al terzo comma e' subordinato al rispetto del rapporto di non piu' di cinque veicoli rimorchiati per ciascun veicolo a motore tecnicamente idoneo al loro traino (art. 4, primo comma, del d.-l. n. 16/1987). Correlativamente e' stata censurata altresi' la disposizione di cui al secondo comma dell'art. 4 del d.-l. de-quo, che recita: "per le imprese gia' iscritte all'albo, titolari di autorizzazioni e aventi in disponibilita' i relativi veicoli alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, e' fatto obbligo di adeguare il proprio parco al rapporto di cui al quarto comma dell'art. 41 della legge 6 giugno 1974, n. 298, come sostituito dal precedente primo comma, entro e non oltre tre anni dalla medesima data". Ha dedotto la ricorrente che le norme suindicate si inseriscono nella legislazione dettata per disciplinare il c.d. "trazionismo puro", cioe' il fenomeno per cui un'impresa di trasporto merci per conto terzi traina, con i veicoli a motore in propria disponibilita', rimorchi e semirimorchi in disponibilita' di altre imprese di trasporto: dopo una serie di provvedimenti legislativi (d.-l. 5 luglio 1986, n. 334; d.-l. 3 ottobre 1986, n. 627; d.-l. 5 dicembre 1986, n. 81), si e' pervenuti al succitato d.-l. 6 febbraio 1987, n. 16 (conv. in legge 30 marzo 1987, n. 132) che ha definitivamente previsto che l'autorizzazione all'effettuazione di trasporto cose per conto terzi "e' accordata per ciascun autoveicolo, di cui alle lettere d), e) ed f) dell'art. 26 del testo unico delle norme sulla circolazione stradale (cioe' veicolo trainante: motrice, trattore od autocarro)...; essa vale per il traino di rimorchi e semirimorchi che siano nella disponibilita' della stessa impresa o di altre imprese iscritte nell'albo degli autotrasportatori e che abbiano ottenuto autorizzazione ovvero siano nella disponibilita' di consorzi o cooperative cui partecipino imprese iscritte all'albo e che abbiano ottenuto autorizzazione" (art. 4, primo comma, cit. che, come sopra detto, ha sost. l'art. 41 della legge 6 giugno 1974, n. 298). La disposizione teste' riferita ha cosi' confermato l'ammissione normativa del c.d. "trazionismo", che viene consentito senza limitazioni; senonche', al contempo, si e' limitata, all'interno della singola impresa di trasporti, la concentrazione dei rimorchi, introducendosi il limite di cinque rimorchi per ogni motrice immatricolata in virtu' dell'art. 4, primo comma, del d.-l. n. 16/1987 nella parte soprariprodotta, censurata in ricorso sotto il profilo della illegittimita' costituzionale. Al riguardo la ricorrente ha argomentato che il limite cosi' posto all'immatricolazione dei rimorchi non ha evidenti connessioni logiche con la disciplina del fenomeno del "trazionismo" in quanto prescinde da esigenze di regolamentazione del fenomeno medesimo, ed ha pero' introdotto delle restrizioni alla liberta' di iniziativa economica nel settore del trasporto di cose per conto terzi, non giustificate da un fine di utilita' sociale: ha osservato infatti la ricorrente che la scelta legislativa in parola non palesa, ne' espressamente ne' in base ad un'interpretazione sistematica, l'intento di correggere una situazione di preesistente contrasto con l'utilita' sociale, non potendosi ravvisare alcun conflitto tre l'utilita' sociale medesima (secondo il limite posto dall'art. 41, secondo comma, della Costituzione con riguardo all'iniziativa economica), ed il fatto dell'immatricolazione dei rimorchi da parte di un'unica impresa di trasporto al di fuori di ogni considerazione del rapporto numerico con i "trattori" disponibili. D'altra parte, prosegue la ricorrente, la disciplina censurata neppure puo' dirsi che persegua positivamente l'obiettivo di autorizzare l'attivita' di trasporti verso "fini sociali", conformemente al disposto dell'art. 1, terzo comma, della Costituzione, giacche', individuando nella materia un concetto logico e materiale di "utilita' sociale" riferito all'erogazione di una migliore qualita' del servizio nei confronti dell'utenza, la limitazione del parco rimorchi non appare in alcun modo rivolta a perseguire un tale miglioramento, apparendo al contrario piu' idonea, a tal fine, una previsione di segno opposto. Osserva percio' la I.T.A.C. Trasporti S.p.a. che ne' la causa ne' il fine della norma de qua sono riferibili a motivi di utilita' sociali in senso proprio, onde la stessa "si pone certamente al di fuori dei limiti della legittimita' costituzionale". Sono intervenute in giudizio le societa' indicate in epigrafe, tutte esercenti imprese di produzione di rimorchi e semirimorchi; nei loro atti di costituzione hanno definito il proprio intervento ad adiuvandum, giustificandolo in base alla considerazione che, dall'applicazione della norma di cui il ricorso deduce l'illegittimita' costituzionale, deriva una drastica riduzione del mercato per i propri prodotti e la vanificazione di ogni prospettiva di sviluppo. Cio' non solo perche' il rapporto "cinque a uno" introdotto dalla disciplina in questione determina di per se' una domanda piu' esigua di rimorchi, ma altresi', in quanto l'art. 4, secondo comma, del d.-l. n. 16/1987 prevede che le numerose imprese che gia' superano, con i mezzi attualmente a disposizione, il rapporto numerico suddetto, sono obbligate entro tre anni dall'entrata in vigore della norma, ad adeguare al limite stesso il parco automezzi esistente: da cio' scaturisce una sicura redistribuzione di rimorchi e semirimorchi da queste imprese verso quelle che non raggiungono ancora il limite e, quindi, un'ulteriore diminuzione delle prospettive di mercato per la nuova produzione. Gli effetti cosi' indotti dalla normativa de qua, sia pure dettata per disciplinare il trasporto, provocano un "blocco" del settore produttivo dei mezzi da traino: pertanto, a giudizio delle societa' intervenute, se tale disciplina non pare ispirata da precise ragioni di utilita' sociale rispetto al settore di diretto intervento (trasporto conto terzi), essa certamente provoca effetti contrari all'utilita' sociale nell'ambito produttivo, generando la crisi delle imprese specializzate, con ripercussioni nell'occupazione e sulla stessa finanza pubblica. Si e' costituita l'amministrazione resistente deducendo che il provvedimento impugnato e' perfettamente conforme al dettato della legge, e che quest'ultima poneva dei limiti giustificati, sotto il profilo della legittimita' costituzionale, dall'"interesse pubblico a non voler superare il numero dei rimorchi rispetto ai veicoli di trazione". Secondo l'amministrazione cio' costituisce "un giusto limite alla iperproduttivita', quando questa puo' diventare dannosa al pubblico interessato". Ha osservato l'amministrazione che l'art. 4 della legge n. 132/1987 prevede la possibilita' di derogare al limite numerico imposto per le immatricolazioni di rimorchio di rimorchi, e cio' mediante decreto del Ministro dei trasporti, da emanarsi, sentito il comitato centrale per l'albo, in attuazione di norme internazionali, ovvero tenendo conto di particolari tecniche di trasporto, nonche' con decreti che recepiscono accordi economici collettivi conclusi fra le associazioni piu' rappresentative degli autotrasportatori, presenti nel comitato centrale per l'albo dell'utenza, ovvero tra associazioni di autotrasportatori (art. 41, sesto comma, della legge 6 giugno 1974, n. 298, mod. dall'art. 4, primo comma, del d.-l. n. 16/1987). Ove la ditta ricorrente avesse voluto ottenere una deroga al regime di limitazione dell'immatricolazione dei rimorchi, avvrebbe dovuto avvalersi del descritto meccanismo di cui al sesto comma dell'art. 41 della legge n. 298/1974, introdotto dall'art. 4 cit., senza richiedere tout-court un provvedimento contrario all'art. 41, quarto comma, della legge stessa (anch'esso introdotto dall'art. 4 del d.-l. n. 16/1987). Depositate memorie e prodotti documenti, la causa veniva discussa all'udienza pubblica del 14 febbraio 1990, onde veniva trattenuta in decisione. D I R I T T O 1. - Occorre anzitutto premettere che quanto sostenuto dalle societa' produttrici intervenute in giudizio, e cioe' che l'art. 4 del d.-l. 6 febbraio 1987, n. 16 (conv. in legge 30 marzo 1987, n. 132), deve ritenersi costituzionalmente illegittimo per violazione dell'art. 41 della Costituzione "poiche' pone limiti gravissimi ed irreparabili all'attivita' economica delle imprese produttici senza che cio' abbia alcuna giustificazioine ne' comunque una giustificazione logica e proporzionata al sacrificio che si impone", se puo' apparire idoneo a fondare la legittimazione delle societa' stesse ad intervenire ad adiuvandum (dimostrando che dall'accoglimento del ricorso esse possono ricevere un vantaggio rispetto alle loro posizioni giuridiche senza dubbio collegate con quella della ricorrente), non puo' del pari essere utilizzata per delibare la fondatezza della eccezione di incostituzionalita' sollevata col ricorso. Si vuol dire che il danno economico derivante da una norma imperativa di intervento nell'economia privata, arrecato ad un settore produttivo diverso da quello primariamente disciplinato dalla norma medesima, non puo' ritenersi "ingiustificato e sproporzionato" ove la disciplina dettata dalla legge sia sorretta dalla considerazione e dal perseguimento di finalita' corrispondenti al sistema costituzionale, con riguardo specifico al settore economico direttamente contemplato dalla legge stessa. In altre parole, intanto puo' affermarsi che il danno "riflesso" causato dall'applicazione di siffatta disciplina appaia contrario alla Costituzione, in quanto la normativa stessa sia priva di giustificazione, sotto il profilo del principio di ragionevolezza e degli altri valori di tutela costituzionale specificamente rilevanti nella materia regolata in via primaria dalla legge: diversamente ogni disposizione legislativa di intervento nell'economia, perfettamente conforme alle esigenze di tutela e di incremento dell'utilita' sociale di un determinato settore produttivo, sarebbe esposta ad un'indefinita serie di "veti" sollevabili dagli operatori privati appartenenti ad altri settori, originati pero' non dalla conformita' o meno ai criteri di intervento posti dall'art. 41 della Costituzione - necessariamente soggetti ad una considerazione specifica per ciascuna materia regolata - ma dagli inevitabili "effetti riflessi" che ciascun provvedimento legislativo nel campo economico sprigiona a causa dell'obiettivita' interdipendenza dei diversi settori del mercato. Cosi', ad esempio, le imprese costruttrici di strade non potrebbero, sol per questo, lamentare la irragionevolezza e la disutilita' sociale di una legge che favorisce ed ampliasse in gran misura il sistema di trasporto su rotaia, meramente allegando il danno economico ed occupazionale derivabile dalla attuazione di un tale ampliamento. Conseguentemente, la legittimita' costituzionale delle norme indicate in ricorso sara' qui' delibata, nei limiti della valutazione demandata al giudice a quo, con riguardo alle motivazioni addotte dalla ricorrente, in quanto impresa operante nel settore dell'autotrasporto, oggetto della disciplina legislativa qui in rilievo. 2. - Cio' posto, la questione di legittimita' costituzionale dovra' essere esaminata individuando previamente quali siano i parametri della disciplina costituzionale rilevanti nel settore specifico del trasporto di cose, e quale sia la loro portata applicativa, per poi procedere al confronto tra le norme censurate ed i risultati ditale operazione ermeneutica. La risposta al primo ordine di problemi considerati va naturalmente fornita nei limiti dell'eccezione di incostituzionalita' formulata in ricorso, che addita nell'art. 41 della Costituzione la norma costituzionale violata dalle censurate disposizioni di legge. Appare percio' necessario individuare il concetto di "utilita' sociale" riferibile al settore economico del trasporto, cosi' come rilevante dal dettato dell'art. 41 della Costituzione. Questo concetto puo' essere colto, anzitutto, nell'accezione indicata dalla ricorrente, che lo riferisce all'esigenza "di garantire una migliore qualita' del servizio nei confronti dell'utenza": tale accezione tiene in considerazione l'interesse collettivo, di sicura vastita' e prevalente rilevanza, degli utenti del servizio di trasporto, i quali possono essere singoli cittadini o imprese di tutti i settori, ed appare percio' corrispondere all'ottica che ab initio e' stata adottata dal legislatore nel porre una disciplina settoriale, predisponendo all'uopo un sistema di autorizzazioni che consente di valutare e controllare la serieta' e la professionalita' dell'imprenditore del settore, anche con riguardo al merito tecnico della sua attivita'. Una seconda accezione proponibile e' quella, adombrata in via di ipotesi dalla memoria del 2 febbraio 1990 di parte ricorrente, che fa leva sulla lettera dell'art. 41, ultimo comma, della legge 6 giugno 1974 (sul testo, naturalmente, modificato dall'art. 4 del d.-l. n. 16/1987) il quale reca "Il Ministro dei trasporti adotta i provvedimenti necessari affinche' l'offerta del trasporto di merci su strada sia adeguata alla domanda... Con tali provvedimenti il Ministro fissa i criteri di priorita' per l'assegnazione delle autorizzazioni contigentate". La disposizione in parola considera di interesse pubblico, eppercio' meritevole di porsi a base della previsione di un potere ministeriale di disciplina imperativa, l'adeguamento di domanda e offerta nel settore del trasporto merci: tale finalita' implica principalmente delle limitazioni all'accesso sul mercato di nuovi trasportatori, da cui la fissazione dei "criteri di priorita'" per l'assegnazione delle "autorizzazioni contigentate" onde impedire un eccesso di offerta, non potendo ritenersi che il Ministro possa agire in via autoritativa su un fronte tanto vasto e differenziato quale quello della domanda. E' tuttavia da osservare che l'adeguamento di domanda ed offerta e' valutabile come un obiettivo di interesse pubblico solo in quanto, limitando l'indiscriminato moltiplicarsi degli operatori, in un regime di concorrenza incontrollato, si eviti che siano spinti verso il basso i corrispettivi, trascurandosi la qualita' del servizio per ridurre i costi, ovvero che, tenendo ferme le tariffe, rimangano sul mercato imprese che ricerchino la remunerazione solamente riducendo i costi a detrimento della qualita' del servizio e della sicurezza della circolazione. Le considerazioni da ultimo svolte consentono quindi di riallacciarsi alla prima accezione del concetto di utilita' societa' qui' proposta rendendo comunque di prevalente importanza, ai fini definitori, la qualita' e la sicurezza del trasporto in uno con la economicita', a vantaggio dell'utenza ma, in definitiva, stante l'ampiezza e la multisettorialita' della stessa, dell'intero sistema economico nazionale. 3. - Le disposizioni qui in esame sono sostanzialmente censurate sotto un duplice profilo: a) la previsione del rapporto "uno a cinque" fra motrici e rimorchi non e' volta a correggere una preesistente situazione di contrasto con l'utilita' sociale (art. 41, secondo comma, della Costituzione); b) la previsione stessa non costituisce uno strumento utile per il perseguimento di "fini sociali" (art. 41, terzo comma, della Costituzione); per verificare la fondatezza di tali asserzioni si procedera' brevemente ad individuare gli effetti piu' evidenti delle disposizioni in questione (art. 4 del d.-l. n. 16/1987 nei suoi primo e secondo comma, segnatamente il primo nella parte in cui sostituisce l'art. 41 della legge 6 giugno 1974, n. 298, quarto comma). Tali effetti sono cosi' sintetizzatibili: I. - Si introduce una limitazione nella facolta' dell'imprenditore di utilizzare - oltre un certo indice quantitativo prefissato - un determinato bene strumentale (rimorchi), obbligandolo ad investire in un diverso bene strumentale (motrice) ove voglia superare il detto limite prefissato dalla legge; II. - Si provoca conseguentemente una restrizione della facolta' dell'imprenditore di ricercare il giusto equilibrio nella combinazioine dei fattori della produzioine - facolta' sicuramente ricompresa nella iniziativa economica la cui liberta' e' sancita dall'art. 41, primo comma, della Costituzione - e, pertanto, si induce un aumento dei costi di gestione dell'impresa, il cui livello minimo, infatti, corrisponde all'equilibrata combinazione dei mezzi di produzione impedita dalla misura legislativa de qua. Sul piano operativo, a conferma di quanto appena prospettato in via astratta, risulta evidente che la distribuzione sul territorio di una consistente qualita' di rimorchi da parte di un'unica impresa, trasportati in diverse destinazioni ma non riportati in sede in mancanza di un'immediata disponibilita' di caricamento di merci per il viaggio di ritorno, consente di espletare il servizio di trasporto con una organizzazione aziendale che riduce i costi di gestione: cio', infatti, sia evitando i costi dei viaggi di ritorno a vuoto, sia consentendo un'integrazione con le analoghe esigenze di altre imprese e quindi, grazie alla distribuzione dei rimorchi sul territorio sviluppata in parallelo con il fenomeno del "trazionismo puro", consentendo un'ottimale utilizzazione dei trattori in viaggi comunque caratterizzati dal trasporto di rimorchi a pieno carico. Ed allora, quando finora esposto, consente gia' di procedere ad un raffronto tra il meccanismo introdotto dalle disposizioni di cui si deduce l'illegittimita' costituzionale ed il concetto di "utilita' sociale" sopra enucleato con riferimento alla concreta operativita' dell'art. 41 della Costituzione nel settore economico considerato. E' agevole in proposito rilevare che, posto che l'utilita' sociale nella materia deve essere riferita alla qualita' ed alla economicita' del servizio nell'interesse dell'utenza e, piu' in generale - dato il rilievo peculiare del servizio di trasporto in tutte le attivita' economiche - dell'intero sistema produttivo, certamente non contrasta con l'utilita' sociale l'organizzazione del servizio che preveda l'utilizzazione di un'illimitata (compatibilmente con l'equilibrio dell'impresa) quantita' di rimorchi. Ne deriva immediatamente che le disposizioni in parola, non rilevandosi una pregressa situazione di contrasto con l'utilita' sociale e ponendo esso al contempo, dei limiti alla combinazione della produzione che alterano l'equilibrio di massima economicita' dell'impresa, neppure possono dirsi rivolte al perseguimento di "fini sociali", risultando cosi' estranee all'area di ragionevole "reattivita'" dell'art. 41 della Costituzione sull'iniziativa economica. Va altresi' osservato che, come giustamente rilevato dalla ricorrente e dalle societa' intervenute, l'imposizione dei limiti in questione provoca una distorsione del mercato, laddove le altre imprese di trasporto europee non si vedono gravare in via imperativa di costi aggiuntivi, mentre gli operatori italiani con maggiori disponibilita' economiche ed organizzative possono ricorrere alla costituzione di societa' di trasporto all'estero onde eludere la normativa nazionale limitatrice. 4. - Neppure puo' escludere il fondato dubbio di contrarieta' alle norme costituzionali delle disposizioni de quibus il rilievo, operato dall'amministrazione resistente, dell'esistenza del meccanismo di cui al sesto comma dell'art. 41 della legge 6 giugno 1974, n. 298, cosi' come mod. dall'art. 4 del d.-l. n. 16/1987, che prevede dei decreti del Ministro dei trasporti che consentano la deroga al limite di cui al precedente quarto comma, dell'art. 41 stesso in vista dell'"attuazione di norme internazionali, ovvero tenendo conto di particolari tecniche di trasporto, nonche' con decreti che recepiscono accordi economici collettivi conclusi fra le associazioni piu' rappresentative degli autotrasportatori...., e dell'utenza, ovvero tra associazioni di autotrasportatori". La norma citata, infatti, proprio in quanto derogatoria, lascia comunque ferma la regola generale piu' sopra esaminata, con tutti i suoi segnalati inconvenienti sul piano della legittimita' costituzionale, e, piu' ancora, propone un'ulteriore limitazione dell'iniziativa economica privata, ingiustificata per le stesse ragioni adducibili rispetto al limite ex art. 41, quarto comma, cit, subordinando l'iniziativa medesima a dei provvedimenti autoritativi che sono emanati sul presupposto di fatti solo eventuali (attuazione di norme internazionali, che peraltro sarebbe comunque dovuta indipendentementeda tale previsione), ovvero sul presupposto di una gestione collettiva della materia la cui attivazione sfugge al singolo imprenditore, che non ne ha la disponibilita' e che non puo' contare sulla sicurezza di un suo tempestivo intervento correttivo. 5. - Da quanto esposto risulta pertanto che, a giudizio di questo collegio, appare non manifestamente infondata la questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 41 della legge 6 giugno 1974, n. 298, cosi' come modificato dal primo comma dell'art. 4 del d.-l. 6 febbraio 1987, n. 16 (conv. in legge 30 marzo 1987, n. 132), nonche' del secondo comma dell'art. 4 del d.-l. n. 16/1987 medesimo, in relazione all'art. 41 della Costituzione. Appare evidente la rilevanza della questione, giacche' soltanto una sentenza di accoglimento della Corte costituzionale potrebbe consentire, con la rimozione delle disposizioni sopra dette, l'annullamento del provvedimento qui impugnato, che delle disposizioni stesse costituisce la concreta applicazione, provvedimento che fonda su tale applicazione l'unico motivo di diniego all'accoglimento della istanza proposta dalla I.T.A.C. Trasporti S.p.a.