IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  n.  1397/87
 proposto dall'I.T.A.C. Trasporti  S.p.a.  con  sede  in  Tortona,  in
 persona del presidente del consiglio di amministrazione Luigi Acerbi,
 rappresentata e  difesa,  per  delega  in  atti,  dall'avv.  Riccardo
 Ludogoroff,  presso  lo studio del quale e' elettivamente domiciliata
 in Torino, via Rosolino Pilo, n. 11,  con  l'intervento  di  Officine
 Adice S.p.a., viale delle Nazioni n. 1, Verona, in persona del legale
 rappresentante,  dott.  ing.  Giovanni  Rifa,  Off.   Cardi   S.p.a.,
 associata  al  gruppo "Rimorchi" dell'A.N.F.I.A., con sede in Verona,
 in persona del legale rappresentante Cardi Roberto,  S.p.a.  Rimorchi
 V. Orlandi, con sede in Brescia, viale Duca d'Aosta, 28/30, associata
 al gruppo "Rimorchi" dell'A.N.F.I.A., in persona  dei  rappresentanti
 Orlandi  Umberto  e Orlandi Irene, Acerbi veicoli industriali S.p.a.,
 con sede in Castelnuovo Scrivia, strada  del  Pontecurone  n.  7,  in
 persona  del legale rappresentante dott. Alessandro Acerbi, Calabrese
 veicoli  industriali   S.p.a.,   associata   al   gruppo   "Rimorchi"
 dell'A.N.F.I.A.,   con   sede   in   Bari,   in  persona  del  legale
 rappresentante dott. Lorenzo Calabrese, Officine  Zorzi  S.p.a.,  con
 sede  in  Treviso, via L. Seitz, in persona del legale rappresentante
 Zorzi  Fernando,  Officine  Viberti  S.p.a.,  associata   al   gruppo
 "Rimorchi"  dell'A.N.F.I.A.,  con  sede  in Nichelino, in persona del
 legale  rappresentante  dott.  ing.  Giovanni  Ripa,  E.  Bertolletti
 S.p.a.,  con  sede  in  Forli', via L. Da Vinci in persona del legale
 rappresentante Piero Marconi, Societa' rimorchi  Bertoja  S.p.a.  con
 sede  in  Pordenone,  via  A.  Malignani  n. 6, in persona del legale
 rappresentante geom. Pierluigi Zambon Bertoja, Rolfo S.p.a., con sede
 in  Bra,  corso  IV  Novembre  n.  30, associata al gruppo "Rimorchi"
 dell'A.N.F.I.A., in persona del legale rappresentante Bernardo Rolfo,
 Nuova   O.M.T.,  Officine  meccaniche  tortonesi  S.p.a.  di  Tortona
 (Alessandria), associata  al  gruppo  "Rimorchi"  dell'A.N.F.I.A.  in
 persona  del  legale  rappresentante  ing.  Franco  Ercolani, Umberto
 Piacenza   rimorchi   S.p.a.,   associata   al   gruppo    "Rimorchi"
 dell'A.N.F.I.A.,   con   sede   in  Genova,  in  persona  del  legale
 rappresentante sig. Giovanni Dosi, tutte rappresentate e difese,  per
 procure  notarili  in  atti,  dal  prof.  avv.  Marco Siniscalco, con
 domicilio eletto in Torino, via del Carmine n. 2, contro il Ministero
 dei  trasporti,  in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e
 difeso dell'avvocatura distrettuale dello Stato di Torino, presso  la
 quale  e'  domiciliato in corso Stati Uniti n. 45, per l'annullamento
 del  provvedimento  del   direttore   dell'ufficio   provinciale   di
 Alessandria   della   motorizzazione   civile   e  dei  trasporti  in
 concessione prot. n. 5579 del 15 luglio  1987,  col  quale  e'  stata
 rigettata  l'istanza inoltrata dalla ricorrente in data 8 giugno 1987
 per ottenere l'autorizzazione al trasporto merci in conto  terzi  del
 semirimorchio  Acerbi  telaio  ZAOAF001  -  TO 1A000403 tipo AFOIT in
 aumento dell'autorizzazione n. 262 del 30 gennaio 1981  sul  trattore
 stradale targa AL 522716;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio dell'amministrazione
 resistente;
    Viste  le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
 difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Udita  alla pubblica udienza del 14 febbraio 1990 la relazione del
 referendario L. Barra Caracciolo;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue;
                          ESPOSIZIONE IN FATTO
    La I.T.A.C. Trasporti S.p.a., con istanza 8 giugno 1987 ha chiesto
 all'ufficio provinciale M.C.T.C. di Alessandria  l'autorizzazione  al
 trasporto  di merci in conto terzi del tipo A (piena, senza vincoli e
 limiti  di  esercizio)  relativamente  ad  un  semirimorchio  di  sua
 proprieta', da immatricolare in aumento all'autorizzazione n. 262 del
 30 gennaio 1981 per il proprio trattore stradale tg. AL/522716.
    Il direttore dell'ufficio provinciale di Alessandria ha risposto a
 tale istanza emanando il provvedimento indicato in epigrafe (prot. n.
 5579  del  15 luglio 1987), con cui l'autorizzazione viene negata "in
 quanto la ditta supera gia' il rapporto  di  uno  a  cinque  previsto
 dall'art. 4, quarto comma, della legge 30 marzo 1987, n. 132".
    Avverso   tale  provvedimento  ha  proposto  ricorso  la  I.T.A.C.
 Trasporti S.p.a., deducendo, quale unico vizio, l'illegittimita'  del
 provvedimento  de  quo  "in quanto applicativo di una disposizione di
 legge (quella che istituisce il  rapporto  tra  motrici  e  rimorchi)
 affetta da puntuali e specifici vizi di incostituzionalita'".
    La   disposizione   in  questione  e'  indicata  dalla  ricorrente
 nell'art. 4 del d.-l. 6 febbraio 1987, n. 16, convertito in legge  30
 marzo  1987,  n.  132, il quale ha sostituito l'art. 41 della legge 6
 giugno 1974, n. 298, in specie nella parte  in  cui,  modificando  il
 quarto  comma dell'art. 41 stesso, ha disposto che l'immatricolazione
 di rimorchi e semirimorchi da parte delle imprese  nonche'  da  parte
 dei consorzi e delle cooperative di cui al terzo comma e' subordinato
 al rispetto del rapporto di non piu' di  cinque  veicoli  rimorchiati
 per ciascun veicolo a motore tecnicamente idoneo al loro traino (art.
 4, primo comma, del d.-l.  n.  16/1987).  Correlativamente  e'  stata
 censurata  altresi' la disposizione di cui al secondo comma dell'art.
 4 del d.-l.  de-quo,  che  recita:  "per  le  imprese  gia'  iscritte
 all'albo,  titolari  di  autorizzazioni  e aventi in disponibilita' i
 relativi veicoli alla data  di  entrata  in  vigore  della  legge  di
 conversione  del  presente  decreto,  e' fatto obbligo di adeguare il
 proprio parco al rapporto di cui al quarto comma dell'art.  41  della
 legge  6  giugno  1974,  n. 298, come sostituito dal precedente primo
 comma, entro e non oltre tre anni dalla medesima data".
    Ha  dedotto  la  ricorrente che le norme suindicate si inseriscono
 nella legislazione dettata  per  disciplinare  il  c.d.  "trazionismo
 puro",  cioe'  il  fenomeno per cui un'impresa di trasporto merci per
 conto terzi traina, con i veicoli a motore in propria disponibilita',
 rimorchi  e  semirimorchi  in  disponibilita'  di  altre  imprese  di
 trasporto: dopo una  serie  di  provvedimenti  legislativi  (d.-l.  5
 luglio  1986,  n. 334; d.-l. 3 ottobre 1986, n. 627; d.-l. 5 dicembre
 1986, n. 81), si e' pervenuti al succitato d.-l. 6 febbraio 1987,  n.
 16  (conv.  in  legge  30  marzo 1987, n. 132) che ha definitivamente
 previsto che l'autorizzazione all'effettuazione di trasporto cose per
 conto  terzi  "e'  accordata  per  ciascun  autoveicolo,  di cui alle
 lettere d), e) ed f) dell'art. 26 del testo unico delle  norme  sulla
 circolazione  stradale (cioe' veicolo trainante: motrice, trattore od
 autocarro)...; essa vale per il traino di rimorchi e semirimorchi che
 siano  nella  disponibilita'  della stessa impresa o di altre imprese
 iscritte nell'albo degli autotrasportatori  e  che  abbiano  ottenuto
 autorizzazione  ovvero  siano  nella  disponibilita'  di  consorzi  o
 cooperative cui partecipino imprese iscritte all'albo e  che  abbiano
 ottenuto  autorizzazione"  (art. 4, primo comma, cit. che, come sopra
 detto, ha sost. l'art. 41 della legge 6 giugno 1974, n. 298).
    La  disposizione  teste' riferita ha cosi' confermato l'ammissione
 normativa  del  c.d.  "trazionismo",  che  viene   consentito   senza
 limitazioni;  senonche',  al  contempo,  si  e' limitata, all'interno
 della singola impresa di trasporti, la concentrazione  dei  rimorchi,
 introducendosi   il  limite  di  cinque  rimorchi  per  ogni  motrice
 immatricolata in virtu'  dell'art.  4,  primo  comma,  del  d.-l.  n.
 16/1987  nella  parte  soprariprodotta, censurata in ricorso sotto il
 profilo della illegittimita' costituzionale.
    Al riguardo la ricorrente ha argomentato che il limite cosi' posto
 all'immatricolazione dei rimorchi non ha evidenti connessioni logiche
 con  la disciplina del fenomeno del "trazionismo" in quanto prescinde
 da esigenze di regolamentazione del fenomeno medesimo,  ed  ha  pero'
 introdotto  delle  restrizioni  alla liberta' di iniziativa economica
 nel settore del trasporto di cose per conto terzi,  non  giustificate
 da  un  fine  di utilita' sociale: ha osservato infatti la ricorrente
 che la scelta legislativa in parola non palesa, ne' espressamente ne'
 in  base  ad  un'interpretazione sistematica, l'intento di correggere
 una situazione di preesistente contrasto con l'utilita' sociale,  non
 potendosi  ravvisare  alcun conflitto tre l'utilita' sociale medesima
 (secondo  il  limite  posto  dall'art.  41,  secondo   comma,   della
 Costituzione  con  riguardo  all'iniziativa  economica),  ed il fatto
 dell'immatricolazione dei rimorchi da parte di  un'unica  impresa  di
 trasporto  al  di  fuori di ogni considerazione del rapporto numerico
 con i "trattori" disponibili.
    D'altra  parte,  prosegue  la  ricorrente, la disciplina censurata
 neppure  puo'  dirsi  che  persegua  positivamente   l'obiettivo   di
 autorizzare   l'attivita'   di   trasporti   verso   "fini  sociali",
 conformemente  al  disposto   dell'art.   1,   terzo   comma,   della
 Costituzione, giacche', individuando nella materia un concetto logico
 e materiale di "utilita'  sociale"  riferito  all'erogazione  di  una
 migliore   qualita'   del  servizio  nei  confronti  dell'utenza,  la
 limitazione del parco rimorchi non appare in  alcun  modo  rivolta  a
 perseguire un tale miglioramento, apparendo al contrario piu' idonea,
 a tal fine, una previsione di segno opposto.
    Osserva  percio' la I.T.A.C. Trasporti S.p.a. che ne' la causa ne'
 il fine della norma de qua  sono  riferibili  a  motivi  di  utilita'
 sociali  in  senso  proprio, onde la stessa "si pone certamente al di
 fuori dei limiti della legittimita' costituzionale".
    Sono  intervenute  in  giudizio  le societa' indicate in epigrafe,
 tutte esercenti imprese di produzione di rimorchi e semirimorchi; nei
 loro  atti  di  costituzione  hanno definito il proprio intervento ad
 adiuvandum,  giustificandolo  in  base   alla   considerazione   che,
 dall'applicazione    della   norma   di   cui   il   ricorso   deduce
 l'illegittimita' costituzionale, deriva una  drastica  riduzione  del
 mercato  per i propri prodotti e la vanificazione di ogni prospettiva
 di sviluppo.
    Cio'  non solo perche' il rapporto "cinque a uno" introdotto dalla
 disciplina in questione determina di per se' una domanda piu'  esigua
 di  rimorchi,  ma  altresi',  in  quanto l'art. 4, secondo comma, del
 d.-l. n. 16/1987 prevede che le numerose imprese che  gia'  superano,
 con   i  mezzi  attualmente  a  disposizione,  il  rapporto  numerico
 suddetto, sono obbligate entro tre anni dall'entrata in vigore  della
 norma,  ad adeguare al limite stesso il parco automezzi esistente: da
 cio' scaturisce una sicura redistribuzione di rimorchi e semirimorchi
 da  queste  imprese verso quelle che non raggiungono ancora il limite
 e, quindi, un'ulteriore diminuzione delle prospettive di mercato  per
 la nuova produzione.
    Gli effetti cosi' indotti dalla normativa de qua, sia pure dettata
 per disciplinare il trasporto,  provocano  un  "blocco"  del  settore
 produttivo  dei  mezzi da traino: pertanto, a giudizio delle societa'
 intervenute, se tale disciplina non pare ispirata da precise  ragioni
 di  utilita'  sociale  rispetto  al  settore  di  diretto  intervento
 (trasporto conto terzi), essa  certamente  provoca  effetti  contrari
 all'utilita' sociale nell'ambito produttivo, generando la crisi delle
 imprese specializzate, con  ripercussioni  nell'occupazione  e  sulla
 stessa finanza pubblica.
    Si  e'  costituita  l'amministrazione  resistente deducendo che il
 provvedimento impugnato e' perfettamente conforme  al  dettato  della
 legge,  e  che  quest'ultima poneva dei limiti giustificati, sotto il
 profilo della legittimita' costituzionale, dall'"interesse pubblico a
 non  voler  superare  il  numero  dei rimorchi rispetto ai veicoli di
 trazione". Secondo  l'amministrazione  cio'  costituisce  "un  giusto
 limite  alla  iperproduttivita', quando questa puo' diventare dannosa
 al pubblico interessato".
    Ha  osservato  l'amministrazione  che  l'art.  4  della  legge  n.
 132/1987 prevede la  possibilita'  di  derogare  al  limite  numerico
 imposto  per  le  immatricolazioni  di  rimorchio di rimorchi, e cio'
 mediante decreto del Ministro dei trasporti, da emanarsi, sentito  il
 comitato  centrale per l'albo, in attuazione di norme internazionali,
 ovvero tenendo conto di particolari tecniche  di  trasporto,  nonche'
 con decreti che recepiscono accordi economici collettivi conclusi fra
 le  associazioni  piu'   rappresentative   degli   autotrasportatori,
 presenti  nel  comitato  centrale  per l'albo dell'utenza, ovvero tra
 associazioni di autotrasportatori (art. 41, sesto comma, della  legge
 6  giugno  1974,  n. 298, mod. dall'art. 4, primo comma, del d.-l. n.
 16/1987). Ove la ditta ricorrente avesse voluto ottenere  una  deroga
 al regime di limitazione dell'immatricolazione dei rimorchi, avvrebbe
 dovuto avvalersi del descritto  meccanismo  di  cui  al  sesto  comma
 dell'art.  41  della  legge n. 298/1974, introdotto dall'art. 4 cit.,
 senza richiedere tout-court un provvedimento contrario  all'art.  41,
 quarto  comma,  della  legge stessa (anch'esso introdotto dall'art. 4
 del d.-l. n. 16/1987).
    Depositate  memorie e prodotti documenti, la causa veniva discussa
 all'udienza pubblica del 14 febbraio 1990, onde veniva trattenuta  in
 decisione.
                             D I R I T T O
    1.  -  Occorre  anzitutto  premettere  che  quanto sostenuto dalle
 societa' produttrici intervenute in giudizio, e cioe'  che  l'art.  4
 del  d.-l.  6  febbraio 1987, n. 16 (conv. in legge 30 marzo 1987, n.
 132), deve ritenersi costituzionalmente  illegittimo  per  violazione
 dell'art.  41  della  Costituzione "poiche' pone limiti gravissimi ed
 irreparabili all'attivita' economica delle imprese  produttici  senza
 che   cio'   abbia   alcuna   giustificazioine   ne'   comunque   una
 giustificazione logica e proporzionata al sacrificio che si  impone",
 se  puo'  apparire  idoneo a fondare la legittimazione delle societa'
 stesse   ad    intervenire    ad    adiuvandum    (dimostrando    che
 dall'accoglimento  del  ricorso  esse  possono  ricevere un vantaggio
 rispetto alle loro posizioni giuridiche senza  dubbio  collegate  con
 quella  della  ricorrente),  non  puo' del pari essere utilizzata per
 delibare  la  fondatezza  della  eccezione   di   incostituzionalita'
 sollevata col ricorso.
    Si  vuol  dire  che  il  danno  economico  derivante  da una norma
 imperativa  di  intervento  nell'economia  privata,  arrecato  ad  un
 settore produttivo diverso da quello primariamente disciplinato dalla
 norma medesima, non puo' ritenersi "ingiustificato e  sproporzionato"
 ove   la   disciplina   dettata   dalla   legge  sia  sorretta  dalla
 considerazione e dal perseguimento  di  finalita'  corrispondenti  al
 sistema  costituzionale,  con riguardo specifico al settore economico
 direttamente contemplato dalla legge stessa.
    In  altre  parole, intanto puo' affermarsi che il danno "riflesso"
 causato dall'applicazione di  siffatta  disciplina  appaia  contrario
 alla  Costituzione,  in  quanto  la  normativa  stessa  sia  priva di
 giustificazione, sotto il profilo del principio di  ragionevolezza  e
 degli  altri valori di tutela costituzionale specificamente rilevanti
 nella materia regolata in via primaria dalla legge: diversamente ogni
 disposizione  legislativa  di intervento nell'economia, perfettamente
 conforme alle  esigenze  di  tutela  e  di  incremento  dell'utilita'
 sociale  di  un  determinato  settore  produttivo, sarebbe esposta ad
 un'indefinita serie di "veti"  sollevabili  dagli  operatori  privati
 appartenenti  ad altri settori, originati pero' non dalla conformita'
 o meno ai criteri di intervento posti dall'art. 41 della Costituzione
 -  necessariamente  soggetti  ad  una  considerazione  specifica  per
 ciascuna materia regolata - ma dagli inevitabili  "effetti  riflessi"
 che ciascun provvedimento legislativo nel campo economico sprigiona a
 causa  dell'obiettivita'  interdipendenza  dei  diversi  settori  del
 mercato.
    Cosi',   ad   esempio,  le  imprese  costruttrici  di  strade  non
 potrebbero, sol  per  questo,  lamentare  la  irragionevolezza  e  la
 disutilita'  sociale  di una legge che favorisce ed ampliasse in gran
 misura il sistema di trasporto  su  rotaia,  meramente  allegando  il
 danno  economico  ed  occupazionale derivabile dalla attuazione di un
 tale ampliamento.
    Conseguentemente,   la  legittimita'  costituzionale  delle  norme
 indicate in ricorso sara' qui' delibata, nei limiti della valutazione
 demandata  al  giudice  a  quo, con riguardo alle motivazioni addotte
 dalla  ricorrente,   in   quanto   impresa   operante   nel   settore
 dell'autotrasporto,  oggetto  della  disciplina  legislativa  qui  in
 rilievo.
    2.  -  Cio'  posto,  la  questione  di legittimita' costituzionale
 dovra'  essere  esaminata  individuando  previamente  quali  siano  i
 parametri  della  disciplina  costituzionale  rilevanti  nel  settore
 specifico del  trasporto  di  cose,  e  quale  sia  la  loro  portata
 applicativa, per poi procedere al confronto tra le norme censurate ed
 i risultati ditale operazione ermeneutica.
    La   risposta   al   primo   ordine  di  problemi  considerati  va
 naturalmente fornita nei limiti dell'eccezione di incostituzionalita'
 formulata  in  ricorso, che addita nell'art. 41 della Costituzione la
 norma costituzionale violata dalle censurate disposizioni di legge.
    Appare  percio'  necessario  individuare  il concetto di "utilita'
 sociale" riferibile al settore economico del  trasporto,  cosi'  come
 rilevante dal dettato dell'art. 41 della Costituzione.
    Questo  concetto  puo'  essere  colto,  anzitutto,  nell'accezione
 indicata  dalla  ricorrente,  che  lo  riferisce   all'esigenza   "di
 garantire   una   migliore   qualita'   del  servizio  nei  confronti
 dell'utenza": tale  accezione  tiene  in  considerazione  l'interesse
 collettivo,  di  sicura vastita' e prevalente rilevanza, degli utenti
 del servizio di trasporto, i quali possono essere singoli cittadini o
 imprese   di   tutti  i  settori,  ed  appare  percio'  corrispondere
 all'ottica che ab initio e' stata adottata dal legislatore nel  porre
 una  disciplina  settoriale,  predisponendo  all'uopo  un  sistema di
 autorizzazioni che consente di valutare e controllare la  serieta'  e
 la professionalita' dell'imprenditore del settore, anche con riguardo
 al merito tecnico della sua attivita'.
    Una  seconda  accezione proponibile e' quella, adombrata in via di
 ipotesi dalla memoria del 2 febbraio 1990 di parte ricorrente, che fa
 leva  sulla  lettera dell'art. 41, ultimo comma, della legge 6 giugno
 1974 (sul testo, naturalmente, modificato dall'art. 4  del  d.-l.  n.
 16/1987)   il   quale  reca  "Il  Ministro  dei  trasporti  adotta  i
 provvedimenti necessari affinche' l'offerta del trasporto di merci su
 strada  sia  adeguata  alla  domanda...  Con  tali  provvedimenti  il
 Ministro fissa  i  criteri  di  priorita'  per  l'assegnazione  delle
 autorizzazioni contigentate".
    La   disposizione  in  parola  considera  di  interesse  pubblico,
 eppercio' meritevole di porsi a base della previsione  di  un  potere
 ministeriale  di  disciplina  imperativa,  l'adeguamento di domanda e
 offerta nel settore  del  trasporto  merci:  tale  finalita'  implica
 principalmente  delle  limitazioni  all'accesso  sul mercato di nuovi
 trasportatori, da cui la fissazione dei "criteri  di  priorita'"  per
 l'assegnazione  delle  "autorizzazioni contigentate" onde impedire un
 eccesso di offerta, non potendo ritenersi che il Ministro possa agire
 in  via  autoritativa  su un fronte tanto vasto e differenziato quale
 quello della domanda. E' tuttavia da osservare che  l'adeguamento  di
 domanda  ed  offerta  e'  valutabile  come  un obiettivo di interesse
 pubblico solo in  quanto,  limitando  l'indiscriminato  moltiplicarsi
 degli  operatori, in un regime di concorrenza incontrollato, si eviti
 che siano spinti verso il basso  i  corrispettivi,  trascurandosi  la
 qualita'  del servizio per ridurre i costi, ovvero che, tenendo ferme
 le  tariffe,  rimangano  sul  mercato  imprese  che   ricerchino   la
 remunerazione solamente riducendo i costi a detrimento della qualita'
 del servizio e della sicurezza della circolazione.
    Le   considerazioni   da   ultimo   svolte  consentono  quindi  di
 riallacciarsi alla prima accezione del concetto di utilita'  societa'
 qui'  proposta  rendendo  comunque  di prevalente importanza, ai fini
 definitori, la qualita' e la sicurezza del trasporto in  uno  con  la
 economicita',  a  vantaggio  dell'utenza  ma,  in  definitiva, stante
 l'ampiezza e la multisettorialita' della stessa, dell'intero  sistema
 economico nazionale.
    3.  -  Le disposizioni qui in esame sono sostanzialmente censurate
 sotto un duplice profilo:
       a)  la  previsione  del  rapporto  "uno a cinque" fra motrici e
 rimorchi non e' volta a correggere  una  preesistente  situazione  di
 contrasto  con  l'utilita'  sociale  (art.  41,  secondo comma, della
 Costituzione);
       b) la previsione stessa non costituisce uno strumento utile per
 il perseguimento di "fini  sociali"  (art.  41,  terzo  comma,  della
 Costituzione);  per  verificare  la  fondatezza di tali asserzioni si
 procedera' brevemente ad individuare gli effetti piu' evidenti  delle
 disposizioni in questione (art. 4 del d.-l. n. 16/1987 nei suoi primo
 e secondo comma, segnatamente il primo nella parte in cui sostituisce
 l'art.  41  della  legge  6  giugno 1974, n. 298, quarto comma). Tali
 effetti sono cosi' sintetizzatibili:
    I. - Si introduce una limitazione nella facolta' dell'imprenditore
 di utilizzare - oltre un certo indice quantitativo  prefissato  -  un
 determinato bene strumentale (rimorchi), obbligandolo ad investire in
 un diverso bene strumentale (motrice) ove voglia  superare  il  detto
 limite prefissato dalla legge;
   II.  -  Si  provoca conseguentemente una restrizione della facolta'
 dell'imprenditore   di   ricercare   il   giusto   equilibrio   nella
 combinazioine  dei  fattori  della produzioine - facolta' sicuramente
 ricompresa nella iniziativa economica  la  cui  liberta'  e'  sancita
 dall'art.  41,  primo  comma,  della  Costituzione  - e, pertanto, si
 induce un aumento dei costi di gestione dell'impresa, il cui  livello
 minimo,  infatti,  corrisponde all'equilibrata combinazione dei mezzi
 di produzione impedita dalla misura legislativa de qua.
    Sul  piano  operativo,  a conferma di quanto appena prospettato in
 via astratta, risulta evidente che la distribuzione sul territorio di
 una  consistente  qualita'  di rimorchi da parte di un'unica impresa,
 trasportati in diverse destinazioni  ma  non  riportati  in  sede  in
 mancanza  di  un'immediata disponibilita' di caricamento di merci per
 il viaggio di ritorno, consente di espletare il servizio di trasporto
 con  una  organizzazione  aziendale  che  riduce i costi di gestione:
 cio', infatti, sia evitando i costi dei viaggi di  ritorno  a  vuoto,
 sia  consentendo  un'integrazione  con  le analoghe esigenze di altre
 imprese  e  quindi,  grazie  alla  distribuzione  dei  rimorchi   sul
 territorio  sviluppata  in parallelo con il fenomeno del "trazionismo
 puro", consentendo un'ottimale utilizzazione dei trattori  in  viaggi
 comunque caratterizzati dal trasporto di rimorchi a pieno carico.
    Ed allora, quando finora esposto, consente gia' di procedere ad un
 raffronto tra il meccanismo introdotto dalle disposizioni di  cui  si
 deduce  l'illegittimita'  costituzionale  ed il concetto di "utilita'
 sociale" sopra enucleato con riferimento alla  concreta  operativita'
 dell'art. 41 della Costituzione nel settore economico considerato.
    E' agevole in proposito rilevare che, posto che l'utilita' sociale
 nella materia deve essere riferita alla qualita' ed alla economicita'
 del servizio nell'interesse dell'utenza e, piu' in generale - dato il
 rilievo peculiare del servizio di trasporto  in  tutte  le  attivita'
 economiche - dell'intero sistema produttivo, certamente non contrasta
 con l'utilita' sociale  l'organizzazione  del  servizio  che  preveda
 l'utilizzazione  di  un'illimitata  (compatibilmente con l'equilibrio
 dell'impresa) quantita' di rimorchi. Ne deriva immediatamente che  le
 disposizioni  in  parola, non rilevandosi una pregressa situazione di
 contrasto con l'utilita' sociale e  ponendo  esso  al  contempo,  dei
 limiti  alla  combinazione della produzione che alterano l'equilibrio
 di massima economicita' dell'impresa, neppure possono  dirsi  rivolte
 al   perseguimento  di  "fini  sociali",  risultando  cosi'  estranee
 all'area di ragionevole "reattivita'" dell'art. 41 della Costituzione
 sull'iniziativa economica.
    Va   altresi'  osservato  che,  come  giustamente  rilevato  dalla
 ricorrente e dalle societa' intervenute, l'imposizione dei limiti  in
 questione  provoca  una  distorsione  del  mercato,  laddove le altre
 imprese di trasporto europee non si vedono gravare in via  imperativa
 di  costi  aggiuntivi,  mentre  gli  operatori  italiani con maggiori
 disponibilita' economiche ed  organizzative  possono  ricorrere  alla
 costituzione  di  societa'  di  trasporto  all'estero onde eludere la
 normativa nazionale limitatrice.
    4. - Neppure puo' escludere il fondato dubbio di contrarieta' alle
 norme costituzionali delle disposizioni de quibus il rilievo, operato
 dall'amministrazione resistente, dell'esistenza del meccanismo di cui
 al sesto comma dell'art. 41 della legge 6 giugno 1974, n. 298,  cosi'
 come  mod.  dall'art. 4 del d.-l. n. 16/1987, che prevede dei decreti
 del Ministro dei trasporti che consentano la deroga al limite di  cui
 al   precedente   quarto   comma,   dell'art.   41  stesso  in  vista
 dell'"attuazione di norme internazionali,  ovvero  tenendo  conto  di
 particolari   tecniche   di   trasporto,   nonche'  con  decreti  che
 recepiscono accordi economici collettivi conclusi fra le associazioni
 piu'  rappresentative  degli  autotrasportatori....,  e  dell'utenza,
 ovvero tra associazioni di autotrasportatori".
    La  norma  citata,  infatti, proprio in quanto derogatoria, lascia
 comunque ferma la regola generale piu' sopra esaminata, con  tutti  i
 suoi   segnalati   inconvenienti   sul   piano   della   legittimita'
 costituzionale, e,  piu'  ancora,  propone  un'ulteriore  limitazione
 dell'iniziativa  economica  privata,  ingiustificata  per  le  stesse
 ragioni adducibili rispetto al limite ex art. 41, quarto comma,  cit,
 subordinando  l'iniziativa  medesima a dei provvedimenti autoritativi
 che sono emanati sul presupposto di fatti solo eventuali  (attuazione
 di   norme  internazionali,  che  peraltro  sarebbe  comunque  dovuta
 indipendentementeda tale previsione), ovvero sul presupposto  di  una
 gestione  collettiva  della  materia  la  cui  attivazione  sfugge al
 singolo imprenditore, che non ne ha la disponibilita' e che non  puo'
 contare sulla sicurezza di un suo tempestivo intervento correttivo.
    5.  - Da quanto esposto risulta pertanto che, a giudizio di questo
 collegio,  appare  non  manifestamente  infondata  la  questione   di
 illegittimita' costituzionale dell'art. 41 della legge 6 giugno 1974,
 n. 298, cosi' come modificato dal primo comma dell'art. 4 del d.-l. 6
 febbraio  1987, n. 16 (conv. in legge 30 marzo 1987, n. 132), nonche'
 del secondo comma dell'art. 4  del  d.-l.  n.  16/1987  medesimo,  in
 relazione all'art. 41 della Costituzione.
    Appare  evidente  la  rilevanza della questione, giacche' soltanto
 una sentenza di  accoglimento  della  Corte  costituzionale  potrebbe
 consentire,   con   la  rimozione  delle  disposizioni  sopra  dette,
 l'annullamento   del   provvedimento   qui   impugnato,   che   delle
 disposizioni    stesse    costituisce   la   concreta   applicazione,
 provvedimento che  fonda  su  tale  applicazione  l'unico  motivo  di
 diniego   all'accoglimento  della  istanza  proposta  dalla  I.T.A.C.
 Trasporti S.p.a.