ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 15, settimo comma, della legge 10 maggio 1976, n. 319 (Tutela delle acque dall'inquinamento) e successive modifiche, promosso con ordinanza emessa il 17 gennaio 1990 dal Pretore di Padova nel procedimento penale a carico di Falaguasta Ferdinando ed altri, iscritta al n. 181 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell'anno 1990; Visto l'atto di costituzione di Falaguasta Ferdinando, nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nell'udienza pubblica del 12 giugno 1990 il Giudice relatore Ettore Gallo; Uditi l'avvocato Emanuele Fracasso per Falaguasta Ferdinando e l'Avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei ministri; Ritenuto in fatto Con ordinanza 17 gennaio 1990 il Pretore di Padova sollevava questione di legittimita' costituzionale dell'art.15, settimo comma, della legge 10 maggio 1976 n. 319 (Tutela delle acque dall'inquinamento) e successive modificazioni, con riferimento agli artt. 24, secondo comma e 3 della Costituzione. La questione veniva sollevata nel corso di un processo penale contro un imprenditore, imputato, fra l'altro, di plurime violazioni all'art. 21, terzo comma della legge predetta che incrimina chi effettua scarichi di qualsiasi tipo in acque superficiali o sotterranee, sia pubbliche che private, o in fognature, superando i limiti di accettabilita' previsti dalle tabelle allegate alla legge. Lamenta il Pretore che la norma impugnata non imponga ai funzionari tecnici dei presidi e servizi multizonali di prevenzione di dare avviso al titolare dello scarico, nel corso delle operazioni di prelievo e campionamento, della facolta' di farsi assistere immediatamente da un difensore o da un tecnico di sua fiducia. Secondo l'ordinanza, tale omissione darebbe luogo ad irragionevole disparita' di trattamento rispetto alla disciplina delle perquisizioni, sia domiciliari che personali, prevista dagli artt. 304-bis, 304-ter, comma terzo, e 334 cod. proc. pen. 1930, nonche' dagli artt. 354 e 356 cod. proc. pen. vigente e 114 d.l. 28 luglio 1989 n. 271, e nel contempo violerebbe il diritto di difesa di cui all'art. 24, secondo comma della Costituzione: cio' tenendo conto della nozione di "procedimento penale" espressa dalla sentenza 15 luglio 1983 n. 248 di questa Corte. Orbene, secondo il Pretore, la Corte nella citata sentenza, pur avendo risolto positivamente, quanto all'esecuzione delle analisi, la questione in allora sollevata dal Pretore di Milano, non avrebbe invece affrontato il problema relativo al campionamento nell'angolazione proposta dallo stesso Pretore, e sarebbe percio' pervenuta sul punto ad implicito giudizio negativo. Ritiene, percio', l'ordinanza che la questione, limitatamente alla parte irrisolta (di cui e' cenno solo nella motivazione ma non nel dispositivo), possa essere utilmente riproposta. 2. - Si e' costituito innanzi a questa Corte, Ferdinando Falaguasta, imputato nel processo a quo, che deduce, senza alcuna motivazione, l'illegittimita' sollevata dall'ordinanza di rimessione. E' anche intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato dall'Avvocatura Generale dello Stato, che ha innanzitutto eccepito l'inammissibilita' della questione per difetto di motivazione sulla rilevanza, non avendo il Pretore riferito se le operazioni riguardassero scarichi relativi a sostanze inquinanti suscettibili di rapido deterioramento, presupposto essenziale - ad avviso dell'Avvocatura - per l'applicabilita' dei principi affermati nella sentenza 15 luglio 1983 n. 248 di questa Corte. La questione sarebbe, comunque, infondata perche' la fase di campionamento sarebbe fuori del processo e riguarderebbe attivita' meramente amministrativa di vigilanza e di controllo. Considerato in diritto 1. - Lamenta, in sostanza, il Pretore che la norma impugnata non imponga ai funzionari tecnici competenti di avvertire il titolare dello scarico, in occasione di prelievi e campionamenti, che ha facolta' di farsi subito assistere da difensore o da tecnico di sua fiducia. Ricorda il Pretore che questa Corte, con la sentenza n. 248 del 1983, ha riconosciuto spettare la garenzia del diritto di difesa a tutte le attivita' "preordinate ad una pronunzia penale, che si traducano in processi verbali di cui e' consentita la lettura al dibattimento": e cio' anche se si tratti di attivita' realizzate al di fuori dell'intervento del magistrato. Conseguentemente la Corte ebbe gia' a dichiarare l'illegittimita' costituzionale della norma, ora nuovamente denunziata, nella parte in cui non prevedeva che al titolare dello scarico fosse dato formale avviso affinche' potesse presenziare, anche con l'assistenza di difensore e consulente tecnico, alle operazioni di analisi. In tale occasione, pero', la Corte - secondo il rimettente - non avrebbe esaminato, nella indicata angolazione, il connesso problema che l'ordinanza di rimessione del Pretore di Milano aveva in allora proposto anche in relazione a prelievi e campionamenti. Era, percio', rimasto insoluto questo aspetto nella sua patente incompatibilita' rispetto agli artt. 24, secondo comma, e 3 della Costituzione, che ora il Pretore di Padova risolleva. Rilevava il Pretore che si tratta di tipici mezzi di ricerca della prova, come gli accertamenti urgenti sullo stato dei luoghi e delle cose che il codice di procedura penale prevede quali atti di vera e propria polizia giudiziaria: e, come questi, anche quelli possiedono requisiti di utilizzabilita' nel processo penale. 2. - Si costituiva nel giudizio innanzi alla Corte l'imputato del processo penale, senza peraltro nulla aggiungere all'atto di mera costituzione. Interveniva altresi' il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura Generale dello Stato, che chiedeva declaratoria d'inammissibilita' della questione o almeno d'infondatezza. Al dibattimento, parte privata ribadiva i motivi dell'ordinanza di rimessione di cui condivideva le conclusioni. L'Avvocatura Generale illustrava e confermava le richieste di cui sopra. 3. - L'eccezione di inammissibilita', opposta dall'Avvocatura Generale, non puo' essere accolta. Non e' esatto, infatti, che presupposto della sentenza n. 248 del 1983 fosse il particolare carattere di rapida deteriorabilita' delle acque di scarico da analizzare nella specie. La detta sentenza presuppone, invece, in via generale, per tutte le acque da scarico inquinate che, a causa della loro (naturale) deteriorabilita', debbano essere sottoposte ad analisi con la massima tempestivita', non essendo queste utilmente ripetibili nel corso del successivo procedimento penale. In altri termini, e' la deteriorabilita' in genere di tali acque ad essere assunta come ratio decidendi. 4. - Nel merito la questione non e' fondata. Il giudice a quo si e' reso ben conto che la Corte ha preso in esame nella citata sentenza del 1983 il punto relativo al momento del prelievo e del campionamento delle acque per escludere che ad esso potesse applicarsi quella declaratoria d'illegittimita' che si accingeva, invece, a pronunciare in ordine al successivo momento delle operazioni d'analisi; e cio' per l'ipotesi in cui il titolare dello scarico non fosse stato preavvertito del giorno e dell'ora in cui le analisi sarebbero seguite. La Corte, infatti, ha trovato "logico che l'Autorita' amministrativa, cui compete il diritto di effettuare i campionamenti delle acque, non abbia l'obbligo di preavvisare il titolare dello scarico circa il momento in cui verranno effettuate le operazioni di prelievo, per evitare che possano essere apportate modifiche agli scarichi, e di conseguenza fatte sparire le tracce di ogni irregolarita'". Il Pretore di Padova ripropone, pero', la questione rilevando che l'avviso potrebbe essere dato quando le operazioni sono gia' in corso e i funzionari tecnici sono in grado di controllare che la situazione non venga alterata. Ma si tratta di un equivoco. Il problema non e' quello della presenza del titolare dello scarico, o di un suo rappresentante, al momento del prelievo e della campionatura, perche' quella presenza e' pacifica, e dev'essere necessariamente sollecitata dai funzionari procedenti anche sulla base delle norme regolamentari. L'interessato, infatti, deve controfirmare il verbale e ricevere due delle quattro aliquote sigillate del campione. Il problema giuridico, che la Corte aveva gia' esaminato in occasione della precedente sentenza, e' invece quello del "preavviso", che la Corte ebbe ad escludere per le ragioni logiche indicate; ed ora e' quello in particolare sollevato dall'ordinanza in esame dell'avvertimento che si assume dovrebbe essere dato al titolare dello scarico, se presente, della facolta' di farsi assistere da un difensore o da altra persona di sua fiducia. 5. - E' esatto che questa Corte, nell'intento di garentire il cittadino, ha in piu' occasioni anticipato la tutela difensiva anche ad attivita' preprocessuali, quando queste sieno univocamente finalizzate alla ricerca della prova di un reato e si rendano utilizzabili nel dibattimento. Ma e' inconferente il richiamo a talune norme del precedente codice di procedura penale, sia perche' non e' nemmeno corretto (il confronto, infatti, poteva semmai essere instaurato con il secondo comma dell'art. 222 cod. proc. pen. 1930), sia perche' comunque sono, questi, atti di conservazione e di accertamento (ed eventualmente di sequestro) riguardanti il corpo o le tracce del reato, compiuti da ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, dopo che un reato e' stato commesso, allo scopo di assicurarne le tracce o le prove. Al contrario, i prelievi e i campionamenti delle acque di scarico vengono compiuti da funzionari ed agenti della pubblica amministrazione, nell'ambito di un'attivita' di normale (e per nulla urgente) controllo di carattere amministrativo che, per sua natura, non e' di per se stesso finalizzato all'accertamento di un reato. Inoltre poi, una volta che l'art. 22 della legge 24 dicembre 1979 n. 650 ha indicato agli operatori l'opportunita' di orientare la scelta delle modalita' del prelievo (vuoi attraverso campione istantaneo, vuoi tramite campione medio) a seconda del tipo di ciclo produttivo, dei tempi e dei modi di versamento, della portata e della durata dello scarico, e' evidente che gli operatori amministrativi dovranno dare atto a verbale del metodo prescelto e delle ragioni che lo giustificano: e il titolare dello scarico, o il tecnico dell'azienda che lo rappresenta, essendo presenti alle operazioni e dovendo sottoscrivere il verbale, ben possono chiedere che sieno inserite le loro eventuali osservazioni. Si tratta, dunque, di operazioni amministrative, di per se stesse neutre, e tuttavia sufficientemente assistite da garenzie per il cittadino.