ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 49, terzo comma, della legge 9 marzo 1989, n. 88 (Ristrutturazione dell'Istituto nazionale della previdenza sociale e dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro), promosso con ordinanza emessa il 24 aprile 1990 dal Pretore di Palermo nel procedimento civile vertente tra la S.p.a. Casa di cura Torina e l'I.N.P.S., iscritta al n. 433 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 27, prima serie speciale, dell'anno 1990; Visti gli atti di costituzione della S.p.a. Casa di cura Torina e dell'I.N.P.S., nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nell'udienza pubblica del 25 settembre 1990 il Giudice relatore Francesco Greco; Uditi gli avvocati Tullio Fortuna e Rosario Flammia per la S.p.a. Casa di cura Torina, Gianni Romoli per l'I.N.P.S. e l'Avvocato dello Stato Luigi Siconolfi per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto 1. - La Casa di cura Torina S.p.a., per effetto di giudicato, era inquadrata nel settore industria e, quindi, era ammessa a beneficiare degli sgravi contributivi. Intervenuta la legge 9 marzo 1989, n. 88, che, tra l'altro, prevedeva (art. 49) nuovi inquadramenti delle imprese, tale casa di cura era classificata dall'I.N.P.S. nel settore del commercio, con perdita degli sgravi. Adiva, quindi, il Pretore di Palermo perche' dichiarasse il suo diritto alla conservazione del beneficio anteriormente riconosciutole. L'I.N.P.S. eccepiva che, ai fini assistenziali e previdenziali, valeva il nuovo inquadramento perche' il citato art. 49 della legge n. 88 del 1989, al terzo comma, disponeva che erano "fatti salvi solo gli inquadramenti derivanti da leggi speciali o da decreti ministeriali emanati per le aziende plurime ai fini della erogazione degli assegni familiari (art. 4 del d.P.R. n. 797 del 1955)". Il giudice adito rilevava che la interpretazione della norma suggerita dall'I.N.P.S., oltre ad apparire in contrasto con l'intento, risultante dai lavori preparatori, di conservare gli inquadramenti in atto, importava violazione degli artt. 3 e 41 della Costituzione. Risultavano infatti accomunate in uno stesso regime previdenziale attivita' disomogenee; si determinava una irrazionale discriminazione tra aziende identiche operanti nello stesso settore, essendo alcune di esse ammesse al godimento di sgravi contributivi ed altre escluse solo in base al dato temporale. 1.1 - L'ordinanza e' stata regolarmente notificata, comunicata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale. 2. - Nel giudizio dinanzi a questa Corte si sono costituiti la Casa di cura e l'I.N.P.S. ed e' intervenuta l'Avvocatura Generale dello Stato in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri. 2.1 - La Casa di cura ha premesso che non emerge la volonta' espressa di abrogare la precedente normativa in materia di sgravi contributivi e che non e' ipotizzabile una abrogazione implicita in quanto le finalita' della legge n. 88 del 1989 sono solo quelle della ristrutturazione dell'I.N.P.S. e dell'I.N.A.I.L., mentre gli sgravi contributivi sono strumenti di politica economica. Ha osservato, poi, che effettivamente la disposizione censurata contrasta con l'art. 3 della Costituzione siccome irrazionale, in quanto risultano inquadrate nel settore industriale anche imprese di servizi (trasporti, comunicazioni, spettacolo) e nel settore terziario tutte le altre imprese che svolgono attivita' di produzione di servizi finanziari. Risulterebbe violato anche l'art. 41 della Costituzione perche' la norma censurata, classificando la produzione di servizi industriali o ausiliari dell'industria nel settore terziario, incide nell'assetto costituzionale di materie, quali l'industria e il commercio, vincolate nel loro contenuto o quanto meno, nei principi base e l'intervento autoritativo del legislatore in ordine alla natura dell'attivita' intrapresa dal datore di lavoro, limita le sue scelte ed elimina la liberta' della iniziativa economica. 3. - L'I.N.P.S. ha concluso per la infondatezza della questione. Per quanto riguarda la dedotta violazione dell'art. 3 della Costituzione, ha osservato che le parziali disomogeneita' rilevate dal giudice a quo, sono inevitabili allorquando una disposizione accomuni in una vasta categoria attivita' diverse, senza che per questo si determini la violazione del suddetto precetto costituzionale; che il giudice puo' certamente ovviare al preteso trattamento discriminatorio con una interpretazione della norma adeguatrice alla Costituzione; che per precedenti inquadramenti avvenuti in base a leggi speciali deve intendersi quello concernente intere categorie di datori di lavoro gia' classificati in settore diverso da quello ad essi spettante. 4. - L'Avvocatura Generale dello Stato ha affermato la insussistenza della rilevanza della questione sollevata in quanto il giudizio a quo riguarda un'impresa la cui posizione e' regolata dalla normativa precedente in base alla quale e' stata inquadrata nel settore "industria". Ha rilevato, poi, che il dato temporale assunto come termine di discriminazione risponde all'esigenza razionale di non interferire troppo drasticamente, nella ristrutturazione del sistema, su situazioni gia' verificatesi e di far salvi i diritti quesiti. Ha concluso per la inammissibilita' o infondatezza della questione. 5. - Nell'imminenza dell'udienza la parte privata ha presentato memoria nella quale ha osservato che l'interpretazione seguita dall'Avvocatura Generale dello Stato conferma l'ingiustificata e irrazionale discriminazione tra aziende identiche operanti nello stesso settore; che la nuova disciplina non puo' incidere sui diritti quesiti dagli imprenditori e sconvolgere l'organizzazione imprenditoriale strutturata in base al precedente modello normativo; che il legislatore ha irrazionalmente esercitato il suo potere discrezionale perche', inquadrandosi nel settore terziario le imprese che producono servizi, irrazionalmente si trascura la rilevanza della finalita' produttiva a favore di un modello di intermediazione, marginale o inesistente nelle attivita' industriali e costituente, invece, aspetto caratteristico di quelle commerciali. Considerato in diritto 1. - Il Pretore di Palermo dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 49, terzo comma, della legge 9 marzo 1989, n. 88, da lui interpretato nel senso che restano salvi gli inquadramenti gia' in atto nei settori dell'industria, del commercio e dell'agricoltura, o derivanti da leggi speciali o da decreti ministeriali emanati ai sensi dell'art. 34 del d.P.R. n. 797 del 1955 (Approvazione del testo unico delle norme concernenti gli assegni familiari), perche' risulterebbero violati gli artt. 3 e 41 della Costituzione, in quanto, essendo accomunate in uno stesso regime previdenziale attivita' disomogenee, si creerebbe una ingiustificata ed irrazionale disparita' di trattamento, con pregiudizio anche del libero esercizio dell'attivita' economica, tra aziende identiche operanti nello stesso settore, le une ammesse a godere gli sgravi contributivi e fiscali con conseguente riduzione del costo di lavoro, le altre escluse in base al solo dato temporale del loro inquadramento. 2. - La questione e' inammissibile. Invero, controvertendosi nella fattispecie sulla conservazione del beneficio dello sgravio contributivo riconosciuto alla ricorrente Casa di cura con sentenza passata in giudicato, non trova applicazione la disposizione censurata, ma la legge n. 1089 del 1968, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge n. 918 del 1968. Come si e' gia' affermato (sentenza di questa Corte n. 12 del 1987), la disciplina degli sgravi contributivi presenta caratteri di specialita' relativamente sia all'ambito territoriale degli interventi (Mezzogiorno o zone depresse del centro- nord), sia alle finalita' perseguite (incentivazione di alcune attivita' produttive, promozione occupazionale, ecc.). Nella suddetta legislazione si e' fatto generico riferimento alle aziende industriali, con utilizzazione della nozione di impresa desunta dall'art. 2195 del codice civile, prescindendosi completamente dal meccanismo apprestato o da altre leggi incentivanti o dal regime previdenziale; senza alcun riferimento o rinvio a leggi previdenziali di inquadramento, mentre lo Stato si e' assunto l'onere finanziario relativo. Peraltro, secondo l'indirizzo giurisprudenziale richiamato, e' possibile che la stessa azienda sia classificata nel settore industriale ai fini dello sgravio contributivo e nel settore commerciale ai fini previdenziali ed assistenziali. Si tratta di una legge speciale, con finalita' politico-economico-sociale, di carattere contingente, per cui non puo' derivarne discriminazione di sorta, in quanto anche altre imprese possono divenire destinatarie dei benefici concessi, dai quali prima risultavano escluse, mentre le stesse imprese beneficiarie possono subire la revoca della relativa attribuzione, sempre pero' con interventi legislativi, allorche' si ritengano ormai realizzate le finalita' che hanno ispirato le leggi in materia o le altre finalita' pubbliche (economiche, sociali, ecc.) che avevano consigliato la concessione dei benefici.