ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma primo,
 della legge regionale siciliana 29 dicembre 1989,  n.  19  (Esercizio
 provvisorio   del   bilancio   della  Regione  siciliana  per  l'anno
 finanziario 1990, norme per assicurare la riscossione delle entrate e
 norme  relative al bilancio dell'Ente acquedotti siciliani), promosso
 con ordinanza emessa il 28 marzo 1990 dal T.A.R.  per  la  Sicilia  -
 Sezione  staccata  di  Catania  -  nel  ricorso proposto dalla S.p.A.
 "Nuova G. Barbera" contro la  Presidenza  della  Regione  Sicilia  ed
 altri,  iscritta  al  n. 398 del registro ordinanze 1990 e pubblicata
 nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale
 dell'anno 1990;
    Visto  l'atto  di  costituzione  della  S.p.A.  "Nuova G. Barbera"
 nonche' l'atto di intervento della Regione Sicilia;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  25  settembre  1990 il Giudice
 relatore Enzo Cheli;
    Uditi  l'avv.  Andrea  Scuderi  per la S.p.A. "Nuova G. Barbera" e
 l'Avvocato dello Stato Franco Favara per la Regione Sicilia.
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Nel  corso  del  giudizio  promosso dalla "Nuova G. Barbera
 S.p.A." ai fini dell'annullamento di  taluni  provvedimenti  adottati
 dalla Regione siciliana in tema di nomina del commissario governativo
 delegato alla riscossione dei  tributi  nelle  Province  di  Catania,
 Messina, Ragusa e Siracusa, il Tribunale amministrativo regionale per
 la Sicilia - Sezione staccata di Catania - ha sollevato questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  3,  primo comma, della legge
 regionale 29 dicembre 1989, n. 19 (Esercizio provvisorio del bilancio
 della  Regione  siciliana  per  l'anno  1990, norme per assicurare la
 riscossione delle entrate e  norme  relative  al  bilancio  dell'Ente
 acquedotti  siciliani),  in  riferimento  all'art.  17  dello Statuto
 regionale  siciliano,  nonche'  ai  principi  stabiliti  dalla  legge
 statale  di  delegazione  4  ottobre 1986, n. 657 e dalla conseguente
 normazione delegata espressa nel d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, sulla
 istituzione e disciplina del servizio di riscossione dei tributi.
    La  norma  impugnata  stabilisce  che,  sino all'entrata in vigore
 della normativa regionale prevista dall'art. 132 del citato D.P.R. 28
 gennaio   1988,   n.   43,  la  Regione  affidi  transitoriamente  la
 riscossione dei tributi ad un commissario  governativo  da  nominarsi
 per  la  durata di tre mesi, prorogabili per un ulteriore periodo non
 superiore a tre mesi, scegliendolo fra gli istituti e le  aziende  di
 credito, o loro speciali sezioni autonome, di cui all'art. 5, lettere
 a ) e d), R.D.L. 12  marzo  1936,  n.  375  e  successive  modifiche,
 nonche'  fra  societa'  per  azioni,  con capitale non inferiore a 20
 miliardi, interamente costituite dai predetti istituti ed aziende  di
 credito.
    Ad  avviso  del  giudice  a  quo tale disposizione risulterebbe in
 contrasto con l'art. 17 dello Statuto della Regione Sicilia in quanto
 verrebbe  a  violare "i principi ed interessi generali cui si informa
 la legislazione dello Stato" in materia tributaria e, in particolare,
 i  principi  posti nell'art. 1, primo comma, lett. g ) ed e), punto 3
 della legge 4 ottobre 1986, n. 657 e  negli  artt.  24  e  31,  primo
 comma,  lett.  c)  del  d.P.R.  28  gennaio  1988,  n.  43,  anche in
 riferimento all'art. 132 di tale decreto delegato, in base  al  quale
 "i  principi  risultanti  dalla  legge  4  ottobre 1986, n.657, e dal
 presente decreto si  applicano  anche  alla  Regione  siciliana,  che
 provvede  con legge all'istituzione e alla disciplina del servizio di
 riscossione dei tributi nell'esercizio della  competenza  legislativa
 ad essa spettante in materia".
    Piu'  esattamente,  tra  i  principi  contenuti nella legislazione
 nazionale, risulterebbero illegittimamente disattesi dal  legislatore
 regionale  il  principio  secondo  cui  il  ricorso  all'istituto del
 commissario governativo e'  possibile  nel  solo  caso  di  revoca  o
 decadenza  della concessione (art. 1, primo comma, lett. g), legge n.
 657 del 1986 ed art. 24 d.P.R.  n.  43  del  1988)  ed  il  principio
 secondo   cui  la  riscossione,  anche  nel  caso  di  nomina  di  un
 commissario  governativo,  puo'  essere  affidata,  fra   gli   altri
 soggetti,  anche  alle  societa'  per  azioni  costituite non solo da
 aziende ed istituti di credito  ma  anche  da  persone  fisiche,  con
 capitale interamente versato non inferiore ad un miliardo, aventi per
 oggetto esclusivo la gestione in concessione del servizio,  (art.  1,
 primo  comma,  lett.  e),  punto  3, legge n. 657 del 1986; artt. 24,
 primo comma, e 31, primo comma, lett. c), d.P.R. n. 43 del 1988).
    In ordine alla rilevanza della questione, il Tribunale osserva che
 la Regione ha respinto la domanda di nomina a commissario  presentata
 dalla  societa' ricorrente, malgrado che questa fosse in possesso dei
 requisiti  prescritti  dalla  normativa  statale  (disponendo  di  un
 capitale  sociale  superiore  al miliardo) ma non di quelli richiesti
 dalla normativa  regionale  (capitale  sociale  non  inferiore  a  20
 miliardi),   mentre  ha  accolto,  in  base  alla  stessa  normativa,
 l'analoga domanda di altra societa', la SO.GE.SI S.p.A.
    Con  riferimento  al  merito  il  Tribunale  osserva  che  -  come
 riconosciuto da varie pronunce di questa Corte  costituzionale  -  la
 Regione  Sicilia  ha, in materia tributaria, una potesta' legislativa
 "concorrente"  fondata  sull'art.  36,  primo  comma,  dello  Statuto
 regionale e vincolata al rispetto dei limiti di cui all'art. 17 dello
 stesso Statuto: di tal che, a fronte di una normativa statale che  ha
 definito   tassativamente   i   possibili  soggetti  concessionari  -
 individuando una delle strutture portanti del servizio di riscossione
 -  la  legge regionale non avrebbe potuto legittimamente individuare,
 neppure in via transitoria, criteri piu' restrittivi, come invece  e'
 avvenuto con la norma impugnata.
    2.  -  Si  e' costituita in giudizio la "Nuova G. Barbera S.p.A.",
 parte  ricorrente  nel  giudizio  a  quo,  al   fine   di   sostenere
 l'illegittimita'  della  norma  impugnata per violazione dei principi
 espressi dalla legge statale, cosi' come  specificato  nell'ordinanza
 di rimessione del Tribunale amministrativo.
    3.  -  E'  intervenuto  il  Presidente  della  Regione  siciliana,
 rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, che  ha  eccepito
 in  primo  luogo  l'inammissibilita'  della  questione per difetto di
 rilevanza e per nullita' assoluta della ordinanza di  rimessione,  in
 quanto  emessa nella fase cautelare del giudizio, in violazione delle
 norme sul processo amministrativo poste a garanzia della  regolarita'
 del contraddittorio e in temporaneo difetto di competenza funzionale.
 In proposito l'Avvocatura osserva che la  questione  prospettata  non
 rileva  ai  fini  dell'incidente cautelare, che e' stato gia' deciso,
 bensi' ai fini della pronuncia sul merito della controversia, per  la
 quale  il  giudice  a quo avrebbe dovuto fissare una pubblica udienza
 con relativi termini a difesa. La difesa della  Regione  ha  eccepito
 altresi'  due  ulteriori  profili  di inammissibilita', riferiti alla
 sopravvenuta carenza d'interesse (conseguente al decorso del  termine
 previsto  dalla  norma  impugnata)  ed  alla  asserita  assenza nella
 societa' ricorrente dei requisiti indicati nell'art. 115  del  d.P.R.
 n.  43  del  1988 (per aver cessato di svolgere attivita' esattoriali
 fin dal 1984).
    Con  riferimento al merito della controversia, la difesa regionale
 sostiene che la norma  impugnata,  avendo  posto  una  disciplina  di
 dettaglio,  risulterebbe  compatibile  sia con i principi posti dalla
 legislazione statale, sia  con  la  formulazione  dell'art.  132  del
 d.P.R. n. 43 del 1988.
    4.  -  In  prossimita'  dell'udienza  di  discussione la "Nuova G.
 Barbera S.p.A." ha presentato memoria per  ribadire  l'illegittimita'
 della   norma   impugnata.   In   tale   memoria  viene  rilevata  la
 sopravvenienza della legge regionale siciliana 5 settembre 1990 n. 35
 (Istituzione  e  disciplina del servizio di riscossione dei tributi),
 dove e' stata prorogata fino al 31 dicembre  1990  la  permanenza  in
 carica  del  commissario  governativo  nominato  ai sensi dell'art. 3
 della legge regionale n. 19 del 1989 (art. 41),  e  dove  i  soggetti
 concessionari  sono stati individuati secondo gli stessi criteri gia'
 previsti dalla stessa legge regionale n. 19 del 1989  (art.  20).  Di
 conseguenza,  ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87,
 viene richiesta  l'estensione  della  dichiarazione  d'illegittimita'
 costituzionale  anche  agli  artt.  20, primo comma, e 41 della legge
 della Regione siciliana 5 settembre 1990 n. 35.
                         Considerato in diritto
    1.  - Il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia Sezione
 distaccata  di  Catania  dubita  della  legittimita'   costituzionale
 dell'art. 3, primo comma, della legge regionale siciliana 29 dicembre
 1989, n. 19,  concernente  la  nomina  da  parte  della  Regione  del
 commissario   governativo   delegato,   in   via   provvisoria,  alla
 riscossione dei tributi, in relazione al superamento del  limite  dei
 principi  e  degli  interessi generali cui si informa la legislazione
 statale posto dall'art. 17 dello Statuto siciliano.
    Secondo  il  giudice  a  quo,  infatti,  la  norma  impugnata, nel
 prevedere la nomina di un commissario governativo da  scegliere  "fra
 gli istituti e le aziende di credito di cui all'art. 5, lettere a ) e
 d) del R.D.L. 12  marzo  1936  n.  375  e  successive  modifiche,  le
 speciali  sezioni  autonome  degli  istituti  e  aziende  di  credito
 previsti dalle lettere a ) e d) dell'art. 5 citato,  nonche'  fra  le
 societa'  per  azioni,  con  capitale  non  inferiore  a 20 miliardi,
 interamente costituite dai predetti istituti ed aziende di  credito",
 verrebbe  a confliggere con i principi e gli interessi generali posti
 dalla legislazione statale in tema di riscossione dei tributi  (legge
 4  ottobre  1986  n.  657  e  d.P.R.  28  gennaio  1988,  n. 43) e in
 particolare con il principio in base  al  quale  le  concessioni  del
 servizio  di  riscossione  possono  essere  conferite,  fra gli altri
 soggetti, anche a societa' per azioni costituite non da sole  aziende
 o  istituti  di  credito,  ma  anche da persone fisiche, con capitale
 interamente versato non inferiore al  miliardo,  avente  per  oggetto
 esclusivo  la  gestione in concessione del servizio ed il cui statuto
 preveda l'inefficacia nei confronti della societa' del  trasferimento
 di  azioni  per  atto  tra  vivi  non preventivamente autorizzato dal
 Ministero delle finanze (art. 1, primo comma, lett. e) n. 3 legge  n.
 657/86 e artt. 24, primo comma, e 31, primo comma, lett. c) d.P.R. n.
 43/88).
    La  Regione  siciliana,  costituitasi  in giudizio, eccepisce vari
 profili d'inammissibilita' della questione  (violazione  delle  norme
 del  processo  amministrativo  poste a garanzia del contraddittorio e
 difetto di rilevanza;  sopravvenuta  carenza  di  interesse;  assenza
 nella  societa'  ricorrente  dei  requisiti  richiesti  ai fini della
 concessione) e contesta nel merito la fondatezza della questione.
    2.  -  Va in primo luogo esaminata l'eccezione di inammissibilita'
 prospettata dalla Regione  siciliana  per  violazione  da  parte  del
 giudice  a  quo  delle  norme  del  processo  amministrativo  poste a
 garanzia della regolarita'  del  contraddittorio  e  per  difetto  di
 rilevanza della questione.
    Tale eccezione risulta fondata.
    La questione di costituzionalita' e' stata sollevata dal Tribunale
 amministrativo nella camera di  consiglio  fissata  per  decidere  la
 domanda  cautelare  proposta  dalla  "Nuova  G. Barbera S.p.A." ed e'
 stata  formalizzata  nello  stesso  contesto  dell'ordinanza  che  ha
 disposto  il  rigetto  della domanda di sospensione dei provvedimenti
 regionali impugnati.
    La  questione risulta, di conseguenza, priva di rilevanza rispetto
 alla  fase  cautelare,  essendosi  questa  gia'   conclusa   mediante
 l'adozione di una pronuncia di rigetto della sospensiva. Ne', d'altro
 canto, tale questione puo' considerarsi tempestiva in relazione  alla
 fase destinata all'esame del merito della controversia, rispetto alla
 quale - come rileva la difesa  regionale  -  non  risultavano  ancora
 perfezionati,  al momento dell'adozione dell'ordinanza di rimessione,
 i requisiti processuali relativi all'assegnazione della causa ed alla
 sua   trattazione   nel  merito,  con  la  conseguenza  che  l'organo
 remittente si trovava, a quel momento, sprovvisto di poteri  decisori
 anche   in   ordine   alla   proposta   questione   di   legittimita'
 costituzionale (v. sent. 579 del 1989).
    Va,  pertanto,  dichiarata  l'inammissibilita' della questione per
 difetto di rilevanza ed assenza dei requisiti processuali per la  sua
 proposizione.