ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale degli artt. 549, 554,
 primo comma, 415, secondo comma, del codice  di  procedura  penale  e
 dell'art.157 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di
 attuazione, di coordinamento e transitorie del  codice  di  procedura
 penale),  promosso  con ordinanza emessa il 19 marzo 1990 dal Giudice
 per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Verona
 in  un procedimento penale a carico di ignoti, iscritta al n. 339 del
 registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell'anno 1990;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera di consiglio del 26 settembre 1990 il Giudice
 relatore Giovanni Conso;
    Ritenuto  che  il  Giudice  per  le indagini preliminari presso la
 Pretura circondariale di Verona, chiamato a decidere sulla  richiesta
 di archiviazione avanzata dal Pubblico Ministero in un procedimento a
 carico di ignoti per il reato  di  lesioni  personali  volontarie  in
 danno di Bertele Roberto, reato perseguibile d'ufficio - premesso che
 "ben potrebbe il Bertele essere convocato dal  P.M.  per  fornire  le
 indicazioni  non  date  alla  polizia  giudiziaria",  apparendo  tale
 convocazione "idonea a fornire effettivamente elementi utili  per  la
 prosecuzione  delle  indagini", ma che al giudice a quo, diversamente
 da quanto previsto per il giudice delle indagini  preliminari  presso
 il  tribunale,  non e' consentito "imporre al P.M.  l'espletamento di
 atti di indagine", essendo egli, pur nell'ipotesi in cui ritenga "che
 tale  persona  potrebbe  essere  individuata  sulla  base di indagini
 concretamente effettuabili",  tenuto  ad  "archiviare,  eventualmente
 segnalando  al  procuratore  generale  l'opportunita' delle ulteriori
 indagini" ai sensi dell'art. 157 del testo delle norme di attuazione,
 di  coordinamento e transitorie del codice di procedura penale (testo
 approvato con il decreto legislativo 28 luglio 1989, n.  271)  -  ha,
 con ordinanza del 19 marzo 1990, sollevato, in riferimento agli artt.
 3 e 112 della Costituzione, questione  di  legittimita'  degli  artt.
 549,  554, primo comma, e 415, secondo comma, del codice di procedura
 penale, "nella parte in cui non  prevedono  la  possibilita'  per  il
 giudice  per  le indagini preliminari" presso il pretore "di indicare
 con ordinanza al P.M.  le  indagini  ulteriori  ritenute  necessarie,
 fissando il termine indispensabile per il loro compimento";
      e  che  con  la  stessa  ordinanza  il  giudice  a  quo ha anche
 sollevato,  sempre  in  riferimento  agli  artt.  3   e   112   della
 Costituzione,  questione di legittimita' del combinato disposto degli
 artt. 549, 554, secondo comma, del codice di procedura penale  e  157
 del  testo  delle  norme di attuazione di coordinamento e transitorie
 del codice di  procedura  penale  (testo  approvato  con  il  decreto
 legislativo  28 luglio 1989, n. 271), "nella parte in cui impediscono
 al g.i.p. presso la pretura circondariale di ottenere  l'integrazione
 delle  indagini  carenti  e  quindi  non gli consentono di imporre la
 citazione a  giudizio  della  persona  sottoposta  alle  indagini  in
 presenza  di  elementi,  idonei  ex  art. 125 disp. att., acquisiti a
 seguito di ordinanza", questione che, peraltro, lo stesso  giudice  a
 quo   riconosce   "qui  non  rilevante  ma  strettamente  connessa  e
 verosimilmente apprezzabile" alla stregua dell'art. 27 della legge 11
 marzo 1953, n. 87;
      che  nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
 ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  Generale  dello
 Stato,   chiedendo   che   le  questioni  siano  dichiarate,  in  via
 principale, inammissibili e, in subordine, infondate;
    Considerato  che,  trattandosi di procedimento a carico di ignoti,
 l'ordinanza di  rimessione  chiama  in  causa,  oltre  all'art.  554,
 secondo  comma,  del  codice  di  procedura penale, l'art.  415 dello
 stesso codice, appositamente dettato per l'archiviazione in  caso  di
 reato di competenza del tribunale o della corte di assise commesso da
 persone ignote, l'art. 549, che  contempla  l'osservanza,  per  tutto
 quanto  non  espressamente  previsto  per  il procedimento davanti al
 pretore, delle "norme relative al procedimento davanti  al  tribunale
 in  quanto  applicabili",  e  l'art.  157  del  testo  delle norme di
 attuazione, di coordinamento e transitorie del  codice  di  procedura
 penale;
      che  questa Corte, nel dichiarare, con sentenza n. 409 del 1990,
 non fondata "nei  sensi  di  cui  in  motivazione"  la  questione  di
 legittimita'  dell'art.  415,  secondo comma, del codice di procedura
 penale, sollevata nella parte ove non  consente  al  giudice  per  le
 indagini  preliminari  presso  il  tribunale  di  indicare  ulteriori
 indagini al pubblico ministero,  "una  volta  che  questi  gli  abbia
 presentato  richiesta  di  archiviazione per essere ignoti gli autori
 del reato", si e' basata su una "possibile interpretazione" dell'art.
 415,  secondo  comma,  del  codice  di  procedura penale "tale da far
 emergere una figura di giudice per le indagini preliminari  in  grado
 di  indicare  al  pubblico  ministero  gli approfondimenti non ancora
 compiuti e, quindi, non  vincolato  alla  pronuncia  del  decreto  di
 archiviazione   nemmeno   quando   non  gli  sia  possibile  ordinare
 l'iscrizione nel registro delle notizie di  reato  del  nome  di  una
 persona gia' individuata";
      che, successivamente, con sentenza n. 445 del 1990, questa Corte
 ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 157 del testo
 delle  norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice
 di procedura penale (testo approvato con il  decreto  legislativo  28
 luglio 1989, n. 271) e l'illegittimita' costituzionale dell'art. 554,
 secondo comma, del codice di procedura penale, "nella  parte  in  cui
 non  prevede  che,  di  fronte  ad  una  richiesta  di  archiviazione
 presentata per infondatezza della notizia di reato, il giudice per le
 indagini  preliminari  presso  la  pretura  circondariale, se ritiene
 necessarie ulteriori indagini, le indichi con ordinanza  al  pubblico
 ministero,  fissando  il  termine indispensabile per il compimento di
 esse";
      che, quindi, il giudice a quo deve riesaminare, alla stregua del
 nuovo quadro normativo  risultante  dalle  indicate  decisioni  della
 Corte,  la  concreta rilevanza della proposta questione (v. ordinanze
 nn. 222 e 463 del 1990).