ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 247, terzo
 comma, del testo  delle  norme  di  attuazione,  di  coordinamento  e
 transitorie  del  codice  di procedura penale (testo approvato con il
 decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271), promosso  con  ordinanza
 emessa  l'8  maggio 1990 dal Tribunale di Venezia nei processi penali
 riuniti a carico di Greguol Gabriele ed altri, iscritta al n. 660 del
 registro  ordinanze  1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell'anno 1990;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 Ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 12 dicembre 1990 il Giudice
 relatore Giovanni Conso;
    Ritenuto  che il Tribunale di Venezia, con ordinanza dell'8 maggio
 1990, ha sollevato, in riferimento  all'art.  3  della  Costituzione,
 questione di legittimita' dell'art. 247, terzo comma, del testo delle
 norme di attuazione, di coordinamento e  transitorie  del  codice  di
 procedura  penale  (testo  approvato  con  il  decreto legislativo 28
 luglio 1989, n. 271), "nella parte in cui non prevede che il pubblico
 ministero,  in  caso di dissenso, debba enunciarne le ragioni e nella
 parte in cui non prevede  che  il  giudice,  ritenuto  immediatamente
 ingiustificato  il dissenso, disponga procedersi nelle forme del rito
 abbreviato";
      che, piu' precisamente, l'ordinanza di rimessione, richiamate le
 sentenze n. 66 del 1990 e n. 183 del 1990, lamenta come -  di  fronte
 ad  un  "dissenso  manifestato dal P.M., con invocazione di motivi...
 comunque estranei  ai  parametri  gia'  precisamente  indicati  dalla
 Corte"  che  avrebbe  "preso in considerazione, quale unico parametro
 ipotizzabile per l'intervento  del  consenso  o  meno  del  P.M.,  il
 raccordo  della  scelta  alla  definibilita'  del processo allo stato
 degli atti" - al giudice che  abbia  individuato  immediatamente  "la
 causa  di ingiustificatezza" del dissenso resti precluso di procedere
 con rito abbreviato ed evitare cosi' "l'aggravio del dibattimento";
      e  che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
 dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  Generale  dello
 Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata;
    Considerato,  quanto  alla  prima  questione,  che  la  Corte, con
 sentenza  n.  66  del  1990,  ha  gia'  dichiarato   l'illegittimita'
 costituzionale dell'art. 247, primo, secondo e terzo comma, del testo
 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del  codice
 di  procedura  penale  (testo approvato con il decreto legislativo 28
 luglio 1989, n. 271), nella parte in cui non prevede che il  pubblico
 ministero,   in  caso  di  dissenso,  debba  enunciarne  le  ragioni,
 cosicche' spetta esclusivamente al giudice a  quo  verificare  se  il
 dissenso espresso nel caso di specie risulti o no giustificato e che,
 quindi, la questione va dichiarata manifestamente inammissibile;
      che,  quanto  alla  seconda  questione,  avendo  la Corte con la
 ricordata  sentenza  n.  66  del  1990  dichiarato   l'illegittimita'
 costituzionale dell'art. 247, primo, secondo e terzo comma, del testo
 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del  codice
 di  procedura  penale  (testo approvato con il decreto legislativo 28
 luglio 1989, n. 271), anche nella parte in cui  non  prevede  che  il
 giudice,  quando,  a dibattimento concluso, ritiene ingiustificato il
 dissenso del pubblico  ministero,  possa  applicare  all'imputato  la
 riduzione  di  pena  contemplata  dall'art.  442,  secondo comma, del
 codice di procedura penale, la censura ora sollevata solo formalmente
 si  rivolge  al  comma  denunciato,  essendo  nella  sostanza volta a
 sindacare le statuizioni adottate dalla suddetta sentenza n.  66  del
 1990, donde la manifesta inammissibilita' anche di tale questione (v.
 ordinanze n. 27 del 1990, n. 93 del 1990 e n. 203 del 1990);
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;