ha pronunciato la seguente
                                 SENTENZA
 nei  giudizi  promossi  con  ricorsi  delle  Regioni  Emilia-Romagna,
 Veneto, Toscana, Lombardia e Umbria notificati il 19 e 22 giugno e il
 6 e 13 luglio 1990, depositati in cancelleria il 26 giugno, il 4, 13,
 16 e  21 luglio 1990, per  conflitti di attribuzione sorti  a seguito
 della circolare del Ministero del lavoro in data 2 aprile 1990, n. 32
 (recante <>), ed iscritti ai nn. 20, 24, 26, 27 e
 28  del registro conflitti 1990.
    Visti  gli  atti  di  costituzione  del Presidente del Consiglio
 dei ministri;
    udito  nell'udienza  pubblica  dell'11 dicembre 1990 il Giudice
 relatore Mauro Ferri;
    uditi  gli  Avvocati Giandomenico Falcone per le Regioni Emilia-
 Romagna  e  Veneto, Mario P. Chiti per la Regione Toscana, Giuseppe
 Franco Ferrari per  la  Regione  Lombardia, Giovanni Tarantini per la
 Regione Umbria e l'Avvocato dello Stato Sergio Laporta per il Presi-
 dente del Consiglio dei ministri.
                      Ritenuto in fatto
    1. -  Con ricorso del 19 giugno 1990 (reg. confl. n. 20 del
 1990)   la  Regione  Emilia-Romagna  ha  sollevato   conflitto   di
 attribuzione   nei   confronti   dello   Stato   in   ordine   alla
 circolare  del  Ministero  del  lavoro  e  della  previdenza sociale
 n.  32/90, in data 2 aprile 1990, avente ad oggetto <>.
    Sostiene la ricorrente che, ai sensi degli artt. 117, primo
 comma, e 118,   primo  comma,  della  Costituzione,  e  a   norma
 della  legislazione  ordinaria di attuazione, non spetta  allo  Stato
 il  potere  di  modificare con  circolare  ministeriale il riparto di
 competenza tra Stato  e  regioni  in  materia  di  vigilanza sulle
 attivita' formative, assegnando al Ministero  del  lavoro,  e  per
 esso  agli  Ispettorati  del  lavoro, i  relativi  compiti  di
 verifica e  controllo  sulle  azioni  di formazione professionale di
 competenza regionale.
    Dopo aver premesso che la  potesta' legislativa  e amministrativa
 in  materia  di  formazione   professionale  compete  alle  regioni
 ai  sensi  delle sopraindicate norme  costituzionali,  la  Regione
 ricorrente  espone  che  nella legislazione ordinaria la materia e'
 disciplinata, oltre che dagli  artt. 35-41 del d.P.R. 24 luglio 1977,
 n. 616,  dalla  legge  21  dicembre  1978, n. 845 (Legge-quadro  in
 materia  di  formazione professionale), la quale ribadisce la titola-
 rita' regionale delle relative funzioni.
    Allo Stato l'art. 18 della citata legge riserva specifici compiti
 che debbono necessariamente essere svolti a livello nazionale, tra
 i  quali  anche  alcuni  consistenti  nella  diretta erogazione  di
 attivita' di formazione professionale. Ed e' ovvio, prosegue la
 ricorrente, che in relazione a tali attivita'  lo  Stato  dispone
 anche  dei connessi poteri di vigilanza  e controllo.
    Il  medesimo art. 18 affida poi allo Stato alcuni compiti di
 finanziamento  o di finanziamento integrativo: cosi' a quest'ultimo
 spetta -- oltre che <> -- il <> (lett. g), nonche' <> (lett. h).
    In  relazione a  tali  ipotesi,  nelle  quali  attivita' di forma
 zione  professionale  di  competenza   regionale   sono  cofinanziate
 dallo  Stato  (iniziative ammesse al finanziamento del Fondo sociale
 sociale europeo) o finanziate dallo stesso (progetti  speciali di cui
 alla citata lett. h), ad avviso della ricorrente lo Stato  potra'
 richiedere alla regione la documentazione piu' idonea a dimostrare
 la regolarita' delle domande e della gestione, ma  ogni  attivita'
 diretta ed operativa, ivi compresa l'effettuazione  dei  controlli
 da svolgersi in loco, spetta necessariamente ed esclusivamente alla
 regione; cio' in quanto il ruolo di finanziatore non attribuisce
 allo Stato la titolarita' della funzione finanziata, che rimane
 quindi regionale.
    Inoltre, la distinzione tra gli <
 e la <>,  la  quale
 spetterebbe  in  generale  al  Ministero, stravolge, prosegue la
 ricorrente, il  riparto  di  compiti fissato  dalla  Costituzione
 e  dalle leggi, e contraddice quanto stabilito con la sentenza   di
 questa Corte n.  216 del 1987,  secondo  la  quale  (per  le  sole
 azioni di portata nazionale  e  pluriregionale)  le  certificazioni
 contabili appartengono   alla  competenza  dello  Stato, mentre <>: e se tale
 controllo  spetta  anche  allo  Stato  per  le  azioni pluriregionali
 e nazionali, ne  consegue che esso spetta integralmente alle regioni
 per  le azioni di portata solo regionale.
    Ne' una speciale competenza  statale  per  i  controlli  potrebbe
 dedursi (secondo quanto la circolare pare adombrare al punto c) della
 premessa) dalla normativa comunitaria, e specificamente dai due
 regolamenti n. 2052/88 e n. 4253/88.
    Se infatti i due regolamenti, ed in particolare gli artt. 23 e 25
 del secondo, prevedono misure di controllo adottate dagli <>, con tali disposizioni  la  normativa comunitaria intende-
 rebbe  riferirsi allo Stato come insieme, ma non attribuire una
 competenza  specifica e particolare allo Stato  come persona del
 diritto interno. Il che verrebbe reso esplicito dal citato art. 23,
 ove si dice che gli Stati effettuano i controlli <>.
    La fondatezza della rimostranza regionale sarebbe inoltre conferma
 ta  dalla giurisprudenza di questa Corte, che con la citata sentenza
 n. 216 del 1987 ha  stabilito  che  solo  in relazione ad <> puo' spettare allo  Stato ese-
 guire  controlli  per  campione  rappresentativo,   congiuntamente
 alle  regioni  interessate,  e  certificare  l'esattezza di fatto e
 contabile delle indicazioni contenute nelle domande di pagamento del
 contributo concesso.
    Infine, la Regione prospetta anche la violazione delle norme di
 legge ordinaria che disciplinano oggi la  materia:  norme che
 dovrebbero venire esse in primo luogo modificate, se si volesse muta-
 re i compiti riservati allo Stato, s'intende nei  ristretti limiti in
 cui lo possa  eventualmente  consentire il  riparto costituzionale di
 competenze.  Anche sotto questo profilo, conclude la ricorrente, una
 circolare  ministeriale non costituisce comunque uno strumento giuri-
 dicamente idoneo ad intervenire, alterando l'ordine delle  competenze
 stabilite dalla legislazione ordinaria attuativa del disegno costitu-
 zionale. Ad essa mancherebbe, infatti, il  necessario  fondamento
 legislativo,  secondo  il  requisito primo  di legalita' degli atti
 di indirizzo, come stabilito sin  dalla sentenza n. 151 del 1982
 di questa Corte.
    2. - Argomentazioni  analoghe  vengono espresse dalla Regione
 Veneto nel suo ricorso avverso la medesima  circolare  (reg. confl.
 n. 24 del 1990).
    La Regione denuncia, in particolare, il vizio di eccesso di potere
 dovuto  alla  utilizzazione  dello  strumento  amministrativo  per
 finalita' che avrebbero semmai  richiesto  l'intervento  del legisla-
 tore, da un lato, e del massimo organo  governativo  dello Stato,
 dall'altro: e cio' perche' l'oggetto dell'atto impugnato corrisponde
 in realta' ad  una pretesa ridefinizione di una materia regionale,
 nonche' alla  individuazione  di  poteri  statali  connessi a pretese
 esigenze di carattere unitario.
    Sostiene, inoltre, la ricorrente che, nel presupposto della connes
 sione tra formazione professionale  e  disciplina  del lavoro  e
 dell'occupazione, la legge n. 845 del 1978 ha dettato una disciplina
 rispettosa della sfera  di  autonomia regionale: detta legge-quadro
 delinea con molta ampiezza il campo  dell'intervento  regionale,
 affidando  alle  regioni compiti  non  solo esecutivi, ma anche di
 programmazione, di gestione e controllo finanziario, di attuazione di
 compiti comunitari.  La promozione dell'occupazione ha dunque sempre
 avuto un posto di preminenza tra le finalita' delle  attivita'   di
 formazione, il che   non   ha  impedito l'attribuzione alle regioni
 di un complesso organico di competenze: attribuzione che, nel disegno
 della legge n. 845 del 1978, precede la regolamentazione dei profili
 finanziari e la condiziona, secondo  un  corretto criterio di logica
 normativa.
    3. - Le medesime violazioni  degli  artt.  117  e  118  della
 Costituzione, nonche'  delle  norme di cui al d.P.R. n. 616 del 1977
 e alla legge n. 845 del 1978, vengono dedotte,  con  argomentazioni
 sostanzialmente  analoghe,  nei  ricorsi  presentati  dalle  Regioni
 Toscana, Lombardia e  Umbria  (reg. confl. nn. 26, 27 e 28 del 1990).
    In sintesi,  le  predette  ricorrenti  sostengono che la circolare
 emanata dal Ministero del lavoro disattende  sotto piu'  profili  i
 criteri  legislativi  di  riparto  delle  competenze  tra  Stato  e
 regioni, come interpretati da  questa  Corte  nella  decisione n. 216
 del 1987, pur piu' volte invocata nella circolare stessa a sostegno
 della  disciplina  in  essa  prevista. La  circolare  non  prevede
 espressamente a favore delle regioni ne' la potesta' di partecipazio-
 ne  ai  controlli   statali,  ne'  la  esclusivita'  della  potesta'
 regionale per le azioni di ambito non nazionale ne'  interregionale,
 ne' infine  la  titolarita'  regionale dei  controlli non svolti per
 campione.
    Essa investe, con la propria  formulazione  onnicomprensiva, tutta
 l'attivita' di formazione realizzata con finanziamenti  nazionali   o
 comunitari, e percio' e' suscettibile  di coinvolgere,  ad  esempio,
 le  azioni  PIM,  previste dal regolamento  (C.E.E.)  n. 2088 del
 1985 del Consiglio  del 23 luglio 1985 e da esso disciplinate cosi'
 da  essere  sottoposte  al controllo dei Comitati amministrativi
 regionali.
    Alcune  delle  ricorrenti  rilevano, poi, in particolare, la
 illegittimita'  sia  della  previsione  secondo  cui,  in caso   di
 competenza  cosiddetta concorrente del Ministero del lavoro, viene
 affidato agli Ispettorati  del  lavoro  un  potere  di indirizzo e
 coordinamento nell'attivita' di controllo, cosi'  gerarchizzando
 il  rapporto  con  gli uffici regionali; sia  della qualificazione
 di <>  dell'azione svolta dagli Ispettorati
 stessi.
    La  Regione  Umbria, infine, rileva, in ordine agli allegati della
 circolare impugnata, che  essi  sono  in  buona  parte frutto di una
 lettura fuorviante della normativa di riferimento e, in particolare,
 sottolinea che alcune delle funzioni   che  il  Ministero  rivendica
 in via esclusiva (allegato 2) sono in realta' svolte d'intesa con le
 regioni e  tramite  le stesse o addirittura su loro iniziativa (art.
 18, lett. h e i della  legge  n.  845  del 1978), per cui l'attivita'
 di vigilanza e controllo rientrerebbe  nell'ambito  delle  funzioni
 attribuite all'ente locale.
    4. - Si e' costituito nei presenti giudizi (ad  eccezione  di
 quello promosso dalla Regione Emilia-Romagna), il Presidente  del
 Consiglio  dei ministri, rappresentato dall' Avvocatura  generale
 dello Stato.
    La difesa del  Governo  sottolinea  preliminarmente  che  la  piu'
 recente  normativa comunitaria  (emanata  in  attuazione  del Titolo
 V, aggiunto  alla  parte  terza  del Trattato di Roma con l'art. 23
 dell'Atto unico  europeo 17 febbraio 1986, reso esecutivo con legge
 23 dicembre 1986 n. 909) ha apportato modifiche  alle  strutture  ed
 alle regole di funzionamento  degli  esistenti  Fondi  a  finalita'
 strutturale, per razionalizzarne le rispettive  missioni, rafforzarne
 l'efficacia e coordinarne gli interventi.
    A tal fine, la circolare  2  aprile  1990  n. 32  (non  senza aver
 richiamato i principi enunciati dalla decisione n. 216 del 1987  di
 questa Corte, piu' volte citata) ha analiticamente ripartito -- negli
 allegati 1 e 2 -- le  competenze  concorrenti  dello  Stato e quelle
 esclusive a questo spettanti, avendo altresi' cura di richiamare
 l'attenzione sulla necessita' di ricercare e realizzare  preliminari
 intese  coi  competenti  Servizi  regionali  per  l'esercizio  della
 vigilanza <>.
    Cio' premesso, l'Avvocatura  confuta  le censure formulate  dalle
 ricorrenti, rilevando, in primo luogo, che la circolare   impugnata
 non comporta alcuna interferenza sulle attivita' regionali, diretta-
 mente  o  indirettamente  gestite,  concernenti  l'attuazione  di
 interventi formativi.
    Del  pari  puo'  escludersi  che,  attraverso  l'organo  ispettivo
 l'Amministrazione statale possa interferire sulla progettazione  e
 programmazione  delle  attivita'  per  la formazione professionale a
 livello regionale.
    In realta', prosegue l'Avvocatura,  il  novum  introdotto concerne
 soltanto l'esercizio della attivita'  di  vigilanza nel circoscritto
 ambito  dell'attuazione  di  progetti  di  formazione  finalizzati
 all'occupazione,  per  cio'  stesso  ammessi  a  beneficiare  del
 cofinanziamento  comunitario e  statale.
    Ma  non  sarebbe  solo  la  rilevanza  di  simile compartecipazion
 finanziaria  statale  a  giustificare   l'approntamento   di adeguate
 misure  di  riscontro della corretta utilizzazione delle  risorse
 rispetto agli obiettivi dei progetti  approvati, poiche' a  tal fine
 concorrerebbero le esigenze derivanti dalla regolamentazione comuni-
 taria  (v.  reg.  n. 4253 del 1988), che chiamando gli Stati membri
 a  collaborare  con  appositi  organismi  di  sorveglianza  per  la
 valutazione dei risultati socio-economici  delle  azioni intraprese,
 richiede  impegni  di osservazione e vigilanza eccedenti gli ambiti
 territoriali  regionali  e,  proprio  per  cio',  da  organizzare
 in maniera consona allo scopo.
    Per contemperare dette esigenze con gli assetti istituzionali
 esistenti, la  circolare avrebbe individuato  ambiti  in cui l'eser-
 cizio dell'attivita' di vigilanza debba  essere effettuato in modo
 strettamente  coordinato  con  le  analoghe  attivita'  svolte  da
 organi  regionali. A questo riguardo, l'Avvocatura sottolinea, in
 conclusione, che  alla determinazione    predetta   si   sarebbe
 pervenuti dopo  constatazione delle  diverse  attitudini  e  dei
 differenti livelli di impegno esplicati in tema di vigilanza da parte
 delle  regioni.  Vale a  dire che, accanto  alla  preordinazione  di
 sistemi di vigilanza presenti soltanto in alcune regioni, sussiste-
 rebbe  una  serie  di  realta'  regionali   molto   differenziate,
 comprendenti  situazioni  nelle   quali   e'  riscontrabile  assoluta
 carenza  nella  previsione  e nella  realizzazione  di  forme  di
 controllo, tanto  che,  in  almeno due  casi,  le  regioni  avrebbero
 chiesto esplicitamente di potersi avvalere dell'ausilio dell'Ispetto-
 rato del  lavoro onde sopperire ai compiti predetti.
    5. - Nell'imminenza  dell'udienza  hanno  depositato  memorie
 aggiuntive le Regioni  Veneto  e  Umbria,  insistendo  sulle
 argomentazioni svolte nei rispettivi ricorsi.
                         Considerato in diritto
    1.  -  Le  Regioni  Emilia-Romagna,  Veneto,  Toscana, Lombardia e
 Umbria sollevano conflitto di attribuzione nei confronti dello  Stato
 in  ordine alla circolare del Ministero del lavoro e della previdenza
 sociale n. 32/90 del 2 aprile 1990 - avente  ad  oggetto:  "Vigilanza
 sulle attivita' formative. Istruzioni sulle verifiche e controlli del
 Ministero  del  lavoro  effettuate  attraverso  gli  Ispettorati  del
 lavoro"  -,  in  riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione,
 nonche' alla normativa interposta di cui al d.P.R. 24 luglio 1977, n.
 616  (artt.  6,  35  e  41)  e  alla  legge  21 dicembre 1978, n. 845
 (Legge-quadro in materia di formazione professionale).
     Poiche'  i  conflitti concernono il medesimo atto e si fondano su
 censure sostanzialmente identiche, i relativi giudizi vanno riuniti e
 decisi con unica sentenza.
     2.  -  Le  ricorrenti  sostengono,  in  sintesi, che la circolare
 impugnata - sulla infondata premessa secondo cui la visione integrata
 della  operativita'  dei  Fondi  comunitari  a  finalita' strutturale
 avrebbe  attribuito  un  piu'  marcato  rilievo  all'obiettivo  della
 promozione  dell'occupazione  e  sulla  base anche di uno strumentale
 richiamo alla sentenza n. 216 del 1987 di questa Corte  -  opera,  in
 sostanza,  una ridefinizione del riparto delle competenze tra Stato e
 regioni in materia di formazione professionale.  In  particolare,  ad
 avviso  delle  regioni,  la  circolare  illegittimamente  assegna  al
 Ministero del lavoro - e per  esso  agli  Ispettorati  provinciali  -
 compiti  di  verifica  e  di  controllo  su ogni azione di formazione
 professionale  (anche  di  portata  esclusivamente  regionale),  ogni
 qualvolta vi sia un finanziamento o un cofinanziamento da parte dello
 Stato o della Comunita' europea.
     Le   ricorrenti,  pertanto,  censurano  la  circolare  nella  sua
 interezza, per violazione delle competenze ad  esse  riconosciute  in
 materia  dalla  anzidetta  normativa  costituzionale e interposta; ed
 alcune anche sotto il piu' radicale profilo dell'uso dello  strumento
 amministrativo   per   finalita'   che   semmai  avrebbero  richiesto
 l'intervento del legislatore  (la  Regione  Veneto,  in  particolare,
 denuncia  il  vizio di eccesso di potere). Pur nella globalita' delle
 censure (al  limite,  a  volte,  della  genericita'),  le  ricorrenti
 sottolineano  poi  alcune  affermazioni  dell'atto impugnato ritenute
 particolarmente  lesive,  vale  a  dire  quella  che   assegna   agli
 Ispettorati  regionali  un'azione  di  "coordinamento e di indirizzo"
 dell'attivita' di controllo  in  questione  e  quella  che  qualifica
 l'azione  dell'Ispettorato del lavoro "di natura meramente di polizia
 amministrativa".
     Va  detto,  da  ultimo,  che  le  regioni  non  contestano, nella
 sostanza, i due allegati  della  circolare,  contenenti  gli  elenchi
 delle  disposizioni  di  legge  in base alle quali andrebbe distinta,
 rispettivamente,una competenza "concorrente" e  una  "esclusiva"  del
 Ministero  nella  materia  de  qua: non contestano, cioe', le singole
 "voci" dei due elenchi, anche se non condividono le  conseguenze  che
 sul  piano dell'attivita' di controllo la circolare fa derivare dalla
 anzidetta ripartizione.
     3.1.  - Va preliminarmente osservato che, come esattamente rileva
 l'Avvocatura dello Stato, il dedotto  vizio  di  eccesso  di  potere,
 sotto  il  profilo  dell'uso,  nel  caso  di specie, di uno strumento
 amministrativo (circolare) laddove sarebbe stato  semmai  necessario,
 per  modificare  il  riparto  di  competenze  tra  Stato  e  regioni,
 l'intervento di una legge (e  di  un  eventuale  successivo  atto  di
 indirizzo  e coordinamento nelle forme prescritte), non puo' assumere
 di per se' autonomo rilievo, disgiuntamente dall'esame  del  concreto
 contenuto dell'atto impugnato, cui occorre pertanto procedere.
     Da  un'attenta  lettura  dell'atto  stesso (lettura non facile in
 quanto  la  circolare  non  costituisce  certamente  un  esempio   di
 chiarezza e precisione), possono trarsi le seguenti considerazioni.
     La circolare si rivolge essenzialmente agli Ispettorati regionali
 e provinciali del lavoro, al fine di impartire agli stessi una  serie
 di  istruzioni in materia di vigilanza e di controllo sulle attivita'
 di formazione professionale attuate da operatori pubblici  o  privati
 ed  ammesse  al  finanziamento  statale,  con o senza il concorso del
 Fondo sociale europeo.
     Occorre  subito chiarire che l'ambito applicativo della circolare
 e' delineato dalle norme di legge elencate nei due allegati: a  dette
 norme  va  fatto diretto riferimento al fine di individuare la misura
 della  competenza  attribuita  allo  Stato.  Ne   consegue   che   la
 ripartizione   effettuata  negli  allegati  stessi,  in  buona  parte
 tecnicamente inesatta oltre  che  terminologicamente  impropria,  non
 assume, di per se', alcun rilievo ai fini della decisione.
    Cio'  posto,  occorre  prendere  in  considerazione  la  circolare
 innanzitutto nella parte in cui essa si  riferisce  alle  ipotesi  di
 cosiddetta competenza "concorrente", poiche' e' entro tale ambito che
 sono essenzialmente dirette le doglianze di tutte le ricorrenti.
     3.2. - I ricorsi non sono fondati.
     Come  afferma  la  stessa  circolare  (e  non  e'  contestato nei
 ricorsi), le ipotesi normative di cui all'allegato 1  si  riferiscono
 agli  interventi  formativi  cofinanziati  dal Fondo sociale europeo.
 Quest'ultimo (come gia' si sottolineo'  nella  sentenza  n.  216  del
 1987)   costituisce   essenzialmente   uno  strumento  di  promozione
 dell'occupazione (cfr. art. 123 del  Trattato  CEE  e  decisione  del
 Consiglio  n.  83/516/CEE); cio' e' stato ribadito dalla piu' recente
 normativa comunitaria - richiamata nell'atto impugnato -  secondo  la
 quale   compiti   prioritari  del  Fondo  sono  la  lotta  contro  la
 disoccupazione di lunga  durata  e  l'inserimento  professionale  dei
 giovani  (cfr. reg. n.  2052/88, 10› "considerando" e art. 3, par. 2;
 reg. n. 4255/88, art. 2, lett. a).
     Per  quanto  qui  interessa, assumono poi particolare rilievo gli
 artt. 23 e 25 del regolamento n. 4253/88 (anch'essi richiamati  nella
 circolare).  Il  primo  impone,  tra  l'altro,  agli  Stati membri di
 adottare le "misure necessarie per: verificare periodicamente che  le
 azioni  finanziate dalla Comunita' siano state attuate correttamente;
 prevenire e sanzionare le irregolarita'; ricuperare i fondi  persi  a
 causa di un abuso o di una negligenza"; aggiunge altresi' che "tranne
 nel caso in cui lo Stato membro e/o l'intermediario e/o il  promotore
 apportano   la  prova  che  l'abuso  o  la  negligenza  non  e'  loro
 imputabile, lo Stato membro e' sussidiariamente responsabile  per  il
 rimborso  delle  somme  indebitamente versate". E' anche previsto che
 gli Stati membri informino la Commissione delle misure adottate e  in
 particolare   dell'evoluzione   dei   procedimenti  amministrativi  e
 giudiziari.  L'art.  25  dispone,  poi,   che   "nel   quadro   della
 compartecipazione  la  Commissione  e gli Stati membri assicurano una
 sorveglianza efficace dell'attuazione  del  contributo  dei  Fondi  a
 livello  di  quadro  comunitario  di  sostegno e di azioni specifiche
 (programmi, ecc.).  Questa  sorveglianza  e'  attuata  per  mezzo  di
 relazioni  elaborate secondo procedure adottate di comune accordo, di
 controlli per sondaggio e di comitati costituiti a tal fine".
     Dalle  citate  disposizioni  deriva  chiaramente che sussiste una
 responsabilita'  dello  Stato  verso  la  Comunita'  in  ordine  alla
 corretta utilizzazione dei contributi comunitari.
    Va,  poi,  rilevato  che nella circolare impugnata, e precisamente
 nella parte intitolata "Coordinamento della vigilanza",  e'  previsto
 che,   nei   casi   in   esame,   "verra'   ricercata   e  realizzata
 preliminarmente l'intesa con i competenti servizi regionali  in  modo
 da  procedere sul piano operativo all'effettuazione delle verifiche":
 cio' vuol dire che i controlli andranno effettuati con la  diretta  e
 paritaria  partecipazione degli organi regionali, secondo la forma di
 attuazione piu' autentica del principio di cooperazione,  piu'  volte
 richiamato  da  questa Corte (cfr., da ultimo, la sentenza n. 448 del
 1990 e precedenti ivi indicate).
     Puo'  anche  ritenersi,  infine,  che  i  suddetti  controlli non
 escludono che le regioni possano procedere a loro volta  ad  autonome
 operazioni di verifica.
     Deve  pertanto  concludersi,  sulla base delle considerazioni sin
 qui svolte, che la circolare impugnata non lede le  competenze  delle
 ricorrenti  nel  prevedere  che,  in  ordine  ad azioni di formazione
 professionale  cofinanziate  dal  Fondo  sociale  europeo,  lo  Stato
 svolga,   d'intesa   con  le  regioni  interessate,  un'attivita'  di
 controllo e vigilanza sugli  operatori,  al  fine  di  assicurare  il
 rispetto  della  normativa  comunitaria  relativamente  alla corretta
 utilizzazione dei contributi del Fondo  stesso  (cfr.,  per  analoghe
 conclusioni,  la  citata  sent. n. 448 del 1990, in tema di controlli
 sulle aziende beneficiarie di aiuti comunitari nel settore agricolo).
     3.3.   -  Per  quanto  concerne  l'affermazione  contenuta  nella
 circolare (ed oggetto di specifica censura da parte di  alcune  delle
 ricorrenti),    secondo   la   quale   "gli   Ispettorati   regionali
 eserciteranno  quell'azione   di   coordinamento   e   di   indirizzo
 sull'attivita' di controllo in questione, evitando che nell'azione di
 vigilanza sugli operatori si verifichino situazioni di concorrenza o,
 peggio,  di  contrasto  tra  Stato  e  Regioni",  essa  non  viola la
 competenza regionale, in quanto  i  destinatari  di  tale  azione  di
 coordinamento  ed  indirizzo  svolta  dagli Ispettorati regionali del
 lavoro (secondo  quanto  previsto,  del  resto,  in  linea  generale,
 dall'art.  3, quinto comma, della legge 22 luglio 1961, n. 628) vanno
 chiaramente  individuati  negli  Ispettorati  provinciali,  ai  quali
 direttamente  spetta,  secondo  la  circolare  stessa,  effettuare la
 vigilanza.
     In  ordine,  infine,  alla frase dell'atto impugnato, secondo cui
 l'azione dell'Ispettorato del  lavoro  e'  "di  natura  meramente  di
 polizia  amministrativa",  pur  prescindendo dal rilievo che non puo'
 attribuirsi di per se'  capacita'  lesiva  alle  mere  qualificazioni
 giuridiche,  va  escluso  che essa leda le competenze regionali, alla
 luce di quanto affermato in merito alla responsabilita'  dello  Stato
 verso  la  Comunita'  e  alle  modalita'  di  svolgimento - sul piano
 paritario tra Stato e regioni - della funzione in questione.
   4.  -  Occorre  a  questo punto passare ad esaminare le censure che
 alcune delle ricorrenti sollevano in ordine a talune  delle  funzioni
 che  la  circolare  include  nell'allegato  2  (cosiddetta competenza
 "esclusiva" del Ministero). In particolare, la Regione Umbria osserva
 che  quelle  di cui all'art. 18, lett. h) e i), della legge-quadro n.
 845 del 1978 sono svolte d'intesa con le regioni e tramite esse, o su
 loro  iniziativa,  con  la conseguenza che l'attivita' di vigilanza e
 controllo rientrerebbe nell'ambito  delle  funzioni  attribuite  alle
 regioni  stesse.  La  Regione Emilia-Romagna, a sua volta, rileva, in
 ordine  alla  sola  lettera  h)  dell'art.  18,  che  il   ruolo   di
 finanziatore  svolto in tal caso dallo Stato non vale ad attribuirgli
 la relativa funzione di controllo.
     Anche  sotto  gli  indicati profili i ricorsi, nei termini di cui
 appresso, non sono fondati.
     Ai  sensi  dell'art.  18,  lettera h), della citata legge-quadro,
 spettano  al  Ministro  del  lavoro,  per   quanto   qui   interessa,
 "l'assistenza   tecnica   e  il  finanziamento  delle  iniziative  di
 formazione professionale, d'intesa con le regioni e tramite esse, nei
 casi  di rilevante squilibrio locale tra domanda e offerta di lavoro,
 secondo quanto previsto dall'art. 36, secondo comma,  del  d.P.R.  24
 luglio  1977,  n.  616".  La successiva lettera i) prevede che spetta
 allo stesso Ministro "l'organizzazione e il  finanziamento,  d'intesa
 con  le  regioni  e su loro iniziativa, di corsi di aggiornamento del
 personale impiegato  nelle  iniziative  di  formazione  professionale
 secondo quanto previsto dall'art. 4, lettera h)".
     Quanto alla prima delle norme in esame, va osservato, da un lato,
 che l'elemento del "rilevante squilibrio locale tra domanda e offerta
 di   lavoro"   giustifica,  per  l'evidente  nesso  con  la  politica
 dell'occupazione, l'intervento statale  nella  relativa  funzione  di
 vigilanza  e,  dall'altro,  che  tale  funzione non puo' tuttavia non
 svolgersi anch'essa - come le altre previste  nella  stessa  norma  -
 d'intesa  con  le  regioni  interessate.  Analogamente,  quanto  alla
 lettera i) dell'art. 18, la  previsione  di  una  procedura  d'intesa
 relativamente  alle attivita' indicate in detta disposizione non puo'
 non comportare che identico meccanismo debba seguirsi in ordine  alla
 accessoria funzione di controllo.
     Cio'  posto  - e premesso, come gia' sopra osservato, che la mera
 qualificazione delle funzioni in esame come "esclusive" e' impropria,
 quando   non   tecnicamente  errata,  e  che  alla  stessa  non  puo'
 attribuirsi di per se' alcun preciso rilievo sostanziale  in  assenza
 di conseguenze concretamente lesive delle competenze regionali tratte
 nella parte dispositiva della  circolare  -  deve  ritenersi  che  la
 necessita' della procedura d'intesa per lo svolgimento dell'attivita'
 di  vigilanza  relativamente  alle  ipotesi  normative  in  questione
 discende  con evidenza dalle norme richiamate dalla circolare stessa,
 la quale, quindi, non puo' che essere interpretata conformemente alla
 legge-quadro ed alla Costituzione.
     5.  -  Una  volta escluso che l'atto impugnato - inteso nella sua
 reale portata e nei suoi esatti termini - abbia comunque  inciso  sul
 riparto  costituzionale  delle  competenze  tra Stato e regioni nella
 materia de qua, viene chiaramente a cadere anche il denunciato  vizio
 di eccesso di potere.