ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi promossi con ricorsi delle Regioni Emilia-Romagna,
Veneto, Toscana, Lombardia e Umbria notificati il 19 e 22 giugno e il
6 e 13 luglio 1990, depositati in cancelleria il 26 giugno, il 4, 13,
16 e 21 luglio 1990, per conflitti di attribuzione sorti a seguito
della circolare del Ministero del lavoro in data 2 aprile 1990, n. 32
(recante <>), ed iscritti ai nn. 20, 24, 26, 27 e
28 del registro conflitti 1990.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio
dei ministri;
udito nell'udienza pubblica dell'11 dicembre 1990 il Giudice
relatore Mauro Ferri;
uditi gli Avvocati Giandomenico Falcone per le Regioni Emilia-
Romagna e Veneto, Mario P. Chiti per la Regione Toscana, Giuseppe
Franco Ferrari per la Regione Lombardia, Giovanni Tarantini per la
Regione Umbria e l'Avvocato dello Stato Sergio Laporta per il Presi-
dente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Con ricorso del 19 giugno 1990 (reg. confl. n. 20 del
1990) la Regione Emilia-Romagna ha sollevato conflitto di
attribuzione nei confronti dello Stato in ordine alla
circolare del Ministero del lavoro e della previdenza sociale
n. 32/90, in data 2 aprile 1990, avente ad oggetto <>.
Sostiene la ricorrente che, ai sensi degli artt. 117, primo
comma, e 118, primo comma, della Costituzione, e a norma
della legislazione ordinaria di attuazione, non spetta allo Stato
il potere di modificare con circolare ministeriale il riparto di
competenza tra Stato e regioni in materia di vigilanza sulle
attivita' formative, assegnando al Ministero del lavoro, e per
esso agli Ispettorati del lavoro, i relativi compiti di
verifica e controllo sulle azioni di formazione professionale di
competenza regionale.
Dopo aver premesso che la potesta' legislativa e amministrativa
in materia di formazione professionale compete alle regioni
ai sensi delle sopraindicate norme costituzionali, la Regione
ricorrente espone che nella legislazione ordinaria la materia e'
disciplinata, oltre che dagli artt. 35-41 del d.P.R. 24 luglio 1977,
n. 616, dalla legge 21 dicembre 1978, n. 845 (Legge-quadro in
materia di formazione professionale), la quale ribadisce la titola-
rita' regionale delle relative funzioni.
Allo Stato l'art. 18 della citata legge riserva specifici compiti
che debbono necessariamente essere svolti a livello nazionale, tra
i quali anche alcuni consistenti nella diretta erogazione di
attivita' di formazione professionale. Ed e' ovvio, prosegue la
ricorrente, che in relazione a tali attivita' lo Stato dispone
anche dei connessi poteri di vigilanza e controllo.
Il medesimo art. 18 affida poi allo Stato alcuni compiti di
finanziamento o di finanziamento integrativo: cosi' a quest'ultimo
spetta -- oltre che <> -- il <> (lett. g), nonche' <> (lett. h).
In relazione a tali ipotesi, nelle quali attivita' di forma
zione professionale di competenza regionale sono cofinanziate
dallo Stato (iniziative ammesse al finanziamento del Fondo sociale
sociale europeo) o finanziate dallo stesso (progetti speciali di cui
alla citata lett. h), ad avviso della ricorrente lo Stato potra'
richiedere alla regione la documentazione piu' idonea a dimostrare
la regolarita' delle domande e della gestione, ma ogni attivita'
diretta ed operativa, ivi compresa l'effettuazione dei controlli
da svolgersi in loco, spetta necessariamente ed esclusivamente alla
regione; cio' in quanto il ruolo di finanziatore non attribuisce
allo Stato la titolarita' della funzione finanziata, che rimane
quindi regionale.
Inoltre, la distinzione tra gli <
e la <>, la quale
spetterebbe in generale al Ministero, stravolge, prosegue la
ricorrente, il riparto di compiti fissato dalla Costituzione
e dalle leggi, e contraddice quanto stabilito con la sentenza di
questa Corte n. 216 del 1987, secondo la quale (per le sole
azioni di portata nazionale e pluriregionale) le certificazioni
contabili appartengono alla competenza dello Stato, mentre <>: e se tale
controllo spetta anche allo Stato per le azioni pluriregionali
e nazionali, ne consegue che esso spetta integralmente alle regioni
per le azioni di portata solo regionale.
Ne' una speciale competenza statale per i controlli potrebbe
dedursi (secondo quanto la circolare pare adombrare al punto c) della
premessa) dalla normativa comunitaria, e specificamente dai due
regolamenti n. 2052/88 e n. 4253/88.
Se infatti i due regolamenti, ed in particolare gli artt. 23 e 25
del secondo, prevedono misure di controllo adottate dagli <>, con tali disposizioni la normativa comunitaria intende-
rebbe riferirsi allo Stato come insieme, ma non attribuire una
competenza specifica e particolare allo Stato come persona del
diritto interno. Il che verrebbe reso esplicito dal citato art. 23,
ove si dice che gli Stati effettuano i controlli <>.
La fondatezza della rimostranza regionale sarebbe inoltre conferma
ta dalla giurisprudenza di questa Corte, che con la citata sentenza
n. 216 del 1987 ha stabilito che solo in relazione ad <> puo' spettare allo Stato ese-
guire controlli per campione rappresentativo, congiuntamente
alle regioni interessate, e certificare l'esattezza di fatto e
contabile delle indicazioni contenute nelle domande di pagamento del
contributo concesso.
Infine, la Regione prospetta anche la violazione delle norme di
legge ordinaria che disciplinano oggi la materia: norme che
dovrebbero venire esse in primo luogo modificate, se si volesse muta-
re i compiti riservati allo Stato, s'intende nei ristretti limiti in
cui lo possa eventualmente consentire il riparto costituzionale di
competenze. Anche sotto questo profilo, conclude la ricorrente, una
circolare ministeriale non costituisce comunque uno strumento giuri-
dicamente idoneo ad intervenire, alterando l'ordine delle competenze
stabilite dalla legislazione ordinaria attuativa del disegno costitu-
zionale. Ad essa mancherebbe, infatti, il necessario fondamento
legislativo, secondo il requisito primo di legalita' degli atti
di indirizzo, come stabilito sin dalla sentenza n. 151 del 1982
di questa Corte.
2. - Argomentazioni analoghe vengono espresse dalla Regione
Veneto nel suo ricorso avverso la medesima circolare (reg. confl.
n. 24 del 1990).
La Regione denuncia, in particolare, il vizio di eccesso di potere
dovuto alla utilizzazione dello strumento amministrativo per
finalita' che avrebbero semmai richiesto l'intervento del legisla-
tore, da un lato, e del massimo organo governativo dello Stato,
dall'altro: e cio' perche' l'oggetto dell'atto impugnato corrisponde
in realta' ad una pretesa ridefinizione di una materia regionale,
nonche' alla individuazione di poteri statali connessi a pretese
esigenze di carattere unitario.
Sostiene, inoltre, la ricorrente che, nel presupposto della connes
sione tra formazione professionale e disciplina del lavoro e
dell'occupazione, la legge n. 845 del 1978 ha dettato una disciplina
rispettosa della sfera di autonomia regionale: detta legge-quadro
delinea con molta ampiezza il campo dell'intervento regionale,
affidando alle regioni compiti non solo esecutivi, ma anche di
programmazione, di gestione e controllo finanziario, di attuazione di
compiti comunitari. La promozione dell'occupazione ha dunque sempre
avuto un posto di preminenza tra le finalita' delle attivita' di
formazione, il che non ha impedito l'attribuzione alle regioni
di un complesso organico di competenze: attribuzione che, nel disegno
della legge n. 845 del 1978, precede la regolamentazione dei profili
finanziari e la condiziona, secondo un corretto criterio di logica
normativa.
3. - Le medesime violazioni degli artt. 117 e 118 della
Costituzione, nonche' delle norme di cui al d.P.R. n. 616 del 1977
e alla legge n. 845 del 1978, vengono dedotte, con argomentazioni
sostanzialmente analoghe, nei ricorsi presentati dalle Regioni
Toscana, Lombardia e Umbria (reg. confl. nn. 26, 27 e 28 del 1990).
In sintesi, le predette ricorrenti sostengono che la circolare
emanata dal Ministero del lavoro disattende sotto piu' profili i
criteri legislativi di riparto delle competenze tra Stato e
regioni, come interpretati da questa Corte nella decisione n. 216
del 1987, pur piu' volte invocata nella circolare stessa a sostegno
della disciplina in essa prevista. La circolare non prevede
espressamente a favore delle regioni ne' la potesta' di partecipazio-
ne ai controlli statali, ne' la esclusivita' della potesta'
regionale per le azioni di ambito non nazionale ne' interregionale,
ne' infine la titolarita' regionale dei controlli non svolti per
campione.
Essa investe, con la propria formulazione onnicomprensiva, tutta
l'attivita' di formazione realizzata con finanziamenti nazionali o
comunitari, e percio' e' suscettibile di coinvolgere, ad esempio,
le azioni PIM, previste dal regolamento (C.E.E.) n. 2088 del
1985 del Consiglio del 23 luglio 1985 e da esso disciplinate cosi'
da essere sottoposte al controllo dei Comitati amministrativi
regionali.
Alcune delle ricorrenti rilevano, poi, in particolare, la
illegittimita' sia della previsione secondo cui, in caso di
competenza cosiddetta concorrente del Ministero del lavoro, viene
affidato agli Ispettorati del lavoro un potere di indirizzo e
coordinamento nell'attivita' di controllo, cosi' gerarchizzando
il rapporto con gli uffici regionali; sia della qualificazione
di <> dell'azione svolta dagli Ispettorati
stessi.
La Regione Umbria, infine, rileva, in ordine agli allegati della
circolare impugnata, che essi sono in buona parte frutto di una
lettura fuorviante della normativa di riferimento e, in particolare,
sottolinea che alcune delle funzioni che il Ministero rivendica
in via esclusiva (allegato 2) sono in realta' svolte d'intesa con le
regioni e tramite le stesse o addirittura su loro iniziativa (art.
18, lett. h e i della legge n. 845 del 1978), per cui l'attivita'
di vigilanza e controllo rientrerebbe nell'ambito delle funzioni
attribuite all'ente locale.
4. - Si e' costituito nei presenti giudizi (ad eccezione di
quello promosso dalla Regione Emilia-Romagna), il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato dall' Avvocatura generale
dello Stato.
La difesa del Governo sottolinea preliminarmente che la piu'
recente normativa comunitaria (emanata in attuazione del Titolo
V, aggiunto alla parte terza del Trattato di Roma con l'art. 23
dell'Atto unico europeo 17 febbraio 1986, reso esecutivo con legge
23 dicembre 1986 n. 909) ha apportato modifiche alle strutture ed
alle regole di funzionamento degli esistenti Fondi a finalita'
strutturale, per razionalizzarne le rispettive missioni, rafforzarne
l'efficacia e coordinarne gli interventi.
A tal fine, la circolare 2 aprile 1990 n. 32 (non senza aver
richiamato i principi enunciati dalla decisione n. 216 del 1987 di
questa Corte, piu' volte citata) ha analiticamente ripartito -- negli
allegati 1 e 2 -- le competenze concorrenti dello Stato e quelle
esclusive a questo spettanti, avendo altresi' cura di richiamare
l'attenzione sulla necessita' di ricercare e realizzare preliminari
intese coi competenti Servizi regionali per l'esercizio della
vigilanza <>.
Cio' premesso, l'Avvocatura confuta le censure formulate dalle
ricorrenti, rilevando, in primo luogo, che la circolare impugnata
non comporta alcuna interferenza sulle attivita' regionali, diretta-
mente o indirettamente gestite, concernenti l'attuazione di
interventi formativi.
Del pari puo' escludersi che, attraverso l'organo ispettivo
l'Amministrazione statale possa interferire sulla progettazione e
programmazione delle attivita' per la formazione professionale a
livello regionale.
In realta', prosegue l'Avvocatura, il novum introdotto concerne
soltanto l'esercizio della attivita' di vigilanza nel circoscritto
ambito dell'attuazione di progetti di formazione finalizzati
all'occupazione, per cio' stesso ammessi a beneficiare del
cofinanziamento comunitario e statale.
Ma non sarebbe solo la rilevanza di simile compartecipazion
finanziaria statale a giustificare l'approntamento di adeguate
misure di riscontro della corretta utilizzazione delle risorse
rispetto agli obiettivi dei progetti approvati, poiche' a tal fine
concorrerebbero le esigenze derivanti dalla regolamentazione comuni-
taria (v. reg. n. 4253 del 1988), che chiamando gli Stati membri
a collaborare con appositi organismi di sorveglianza per la
valutazione dei risultati socio-economici delle azioni intraprese,
richiede impegni di osservazione e vigilanza eccedenti gli ambiti
territoriali regionali e, proprio per cio', da organizzare
in maniera consona allo scopo.
Per contemperare dette esigenze con gli assetti istituzionali
esistenti, la circolare avrebbe individuato ambiti in cui l'eser-
cizio dell'attivita' di vigilanza debba essere effettuato in modo
strettamente coordinato con le analoghe attivita' svolte da
organi regionali. A questo riguardo, l'Avvocatura sottolinea, in
conclusione, che alla determinazione predetta si sarebbe
pervenuti dopo constatazione delle diverse attitudini e dei
differenti livelli di impegno esplicati in tema di vigilanza da parte
delle regioni. Vale a dire che, accanto alla preordinazione di
sistemi di vigilanza presenti soltanto in alcune regioni, sussiste-
rebbe una serie di realta' regionali molto differenziate,
comprendenti situazioni nelle quali e' riscontrabile assoluta
carenza nella previsione e nella realizzazione di forme di
controllo, tanto che, in almeno due casi, le regioni avrebbero
chiesto esplicitamente di potersi avvalere dell'ausilio dell'Ispetto-
rato del lavoro onde sopperire ai compiti predetti.
5. - Nell'imminenza dell'udienza hanno depositato memorie
aggiuntive le Regioni Veneto e Umbria, insistendo sulle
argomentazioni svolte nei rispettivi ricorsi.
Considerato in diritto
1. - Le Regioni Emilia-Romagna, Veneto, Toscana, Lombardia e
Umbria sollevano conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato
in ordine alla circolare del Ministero del lavoro e della previdenza
sociale n. 32/90 del 2 aprile 1990 - avente ad oggetto: "Vigilanza
sulle attivita' formative. Istruzioni sulle verifiche e controlli del
Ministero del lavoro effettuate attraverso gli Ispettorati del
lavoro" -, in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione,
nonche' alla normativa interposta di cui al d.P.R. 24 luglio 1977, n.
616 (artt. 6, 35 e 41) e alla legge 21 dicembre 1978, n. 845
(Legge-quadro in materia di formazione professionale).
Poiche' i conflitti concernono il medesimo atto e si fondano su
censure sostanzialmente identiche, i relativi giudizi vanno riuniti e
decisi con unica sentenza.
2. - Le ricorrenti sostengono, in sintesi, che la circolare
impugnata - sulla infondata premessa secondo cui la visione integrata
della operativita' dei Fondi comunitari a finalita' strutturale
avrebbe attribuito un piu' marcato rilievo all'obiettivo della
promozione dell'occupazione e sulla base anche di uno strumentale
richiamo alla sentenza n. 216 del 1987 di questa Corte - opera, in
sostanza, una ridefinizione del riparto delle competenze tra Stato e
regioni in materia di formazione professionale. In particolare, ad
avviso delle regioni, la circolare illegittimamente assegna al
Ministero del lavoro - e per esso agli Ispettorati provinciali -
compiti di verifica e di controllo su ogni azione di formazione
professionale (anche di portata esclusivamente regionale), ogni
qualvolta vi sia un finanziamento o un cofinanziamento da parte dello
Stato o della Comunita' europea.
Le ricorrenti, pertanto, censurano la circolare nella sua
interezza, per violazione delle competenze ad esse riconosciute in
materia dalla anzidetta normativa costituzionale e interposta; ed
alcune anche sotto il piu' radicale profilo dell'uso dello strumento
amministrativo per finalita' che semmai avrebbero richiesto
l'intervento del legislatore (la Regione Veneto, in particolare,
denuncia il vizio di eccesso di potere). Pur nella globalita' delle
censure (al limite, a volte, della genericita'), le ricorrenti
sottolineano poi alcune affermazioni dell'atto impugnato ritenute
particolarmente lesive, vale a dire quella che assegna agli
Ispettorati regionali un'azione di "coordinamento e di indirizzo"
dell'attivita' di controllo in questione e quella che qualifica
l'azione dell'Ispettorato del lavoro "di natura meramente di polizia
amministrativa".
Va detto, da ultimo, che le regioni non contestano, nella
sostanza, i due allegati della circolare, contenenti gli elenchi
delle disposizioni di legge in base alle quali andrebbe distinta,
rispettivamente,una competenza "concorrente" e una "esclusiva" del
Ministero nella materia de qua: non contestano, cioe', le singole
"voci" dei due elenchi, anche se non condividono le conseguenze che
sul piano dell'attivita' di controllo la circolare fa derivare dalla
anzidetta ripartizione.
3.1. - Va preliminarmente osservato che, come esattamente rileva
l'Avvocatura dello Stato, il dedotto vizio di eccesso di potere,
sotto il profilo dell'uso, nel caso di specie, di uno strumento
amministrativo (circolare) laddove sarebbe stato semmai necessario,
per modificare il riparto di competenze tra Stato e regioni,
l'intervento di una legge (e di un eventuale successivo atto di
indirizzo e coordinamento nelle forme prescritte), non puo' assumere
di per se' autonomo rilievo, disgiuntamente dall'esame del concreto
contenuto dell'atto impugnato, cui occorre pertanto procedere.
Da un'attenta lettura dell'atto stesso (lettura non facile in
quanto la circolare non costituisce certamente un esempio di
chiarezza e precisione), possono trarsi le seguenti considerazioni.
La circolare si rivolge essenzialmente agli Ispettorati regionali
e provinciali del lavoro, al fine di impartire agli stessi una serie
di istruzioni in materia di vigilanza e di controllo sulle attivita'
di formazione professionale attuate da operatori pubblici o privati
ed ammesse al finanziamento statale, con o senza il concorso del
Fondo sociale europeo.
Occorre subito chiarire che l'ambito applicativo della circolare
e' delineato dalle norme di legge elencate nei due allegati: a dette
norme va fatto diretto riferimento al fine di individuare la misura
della competenza attribuita allo Stato. Ne consegue che la
ripartizione effettuata negli allegati stessi, in buona parte
tecnicamente inesatta oltre che terminologicamente impropria, non
assume, di per se', alcun rilievo ai fini della decisione.
Cio' posto, occorre prendere in considerazione la circolare
innanzitutto nella parte in cui essa si riferisce alle ipotesi di
cosiddetta competenza "concorrente", poiche' e' entro tale ambito che
sono essenzialmente dirette le doglianze di tutte le ricorrenti.
3.2. - I ricorsi non sono fondati.
Come afferma la stessa circolare (e non e' contestato nei
ricorsi), le ipotesi normative di cui all'allegato 1 si riferiscono
agli interventi formativi cofinanziati dal Fondo sociale europeo.
Quest'ultimo (come gia' si sottolineo' nella sentenza n. 216 del
1987) costituisce essenzialmente uno strumento di promozione
dell'occupazione (cfr. art. 123 del Trattato CEE e decisione del
Consiglio n. 83/516/CEE); cio' e' stato ribadito dalla piu' recente
normativa comunitaria - richiamata nell'atto impugnato - secondo la
quale compiti prioritari del Fondo sono la lotta contro la
disoccupazione di lunga durata e l'inserimento professionale dei
giovani (cfr. reg. n. 2052/88, 10 "considerando" e art. 3, par. 2;
reg. n. 4255/88, art. 2, lett. a).
Per quanto qui interessa, assumono poi particolare rilievo gli
artt. 23 e 25 del regolamento n. 4253/88 (anch'essi richiamati nella
circolare). Il primo impone, tra l'altro, agli Stati membri di
adottare le "misure necessarie per: verificare periodicamente che le
azioni finanziate dalla Comunita' siano state attuate correttamente;
prevenire e sanzionare le irregolarita'; ricuperare i fondi persi a
causa di un abuso o di una negligenza"; aggiunge altresi' che "tranne
nel caso in cui lo Stato membro e/o l'intermediario e/o il promotore
apportano la prova che l'abuso o la negligenza non e' loro
imputabile, lo Stato membro e' sussidiariamente responsabile per il
rimborso delle somme indebitamente versate". E' anche previsto che
gli Stati membri informino la Commissione delle misure adottate e in
particolare dell'evoluzione dei procedimenti amministrativi e
giudiziari. L'art. 25 dispone, poi, che "nel quadro della
compartecipazione la Commissione e gli Stati membri assicurano una
sorveglianza efficace dell'attuazione del contributo dei Fondi a
livello di quadro comunitario di sostegno e di azioni specifiche
(programmi, ecc.). Questa sorveglianza e' attuata per mezzo di
relazioni elaborate secondo procedure adottate di comune accordo, di
controlli per sondaggio e di comitati costituiti a tal fine".
Dalle citate disposizioni deriva chiaramente che sussiste una
responsabilita' dello Stato verso la Comunita' in ordine alla
corretta utilizzazione dei contributi comunitari.
Va, poi, rilevato che nella circolare impugnata, e precisamente
nella parte intitolata "Coordinamento della vigilanza", e' previsto
che, nei casi in esame, "verra' ricercata e realizzata
preliminarmente l'intesa con i competenti servizi regionali in modo
da procedere sul piano operativo all'effettuazione delle verifiche":
cio' vuol dire che i controlli andranno effettuati con la diretta e
paritaria partecipazione degli organi regionali, secondo la forma di
attuazione piu' autentica del principio di cooperazione, piu' volte
richiamato da questa Corte (cfr., da ultimo, la sentenza n. 448 del
1990 e precedenti ivi indicate).
Puo' anche ritenersi, infine, che i suddetti controlli non
escludono che le regioni possano procedere a loro volta ad autonome
operazioni di verifica.
Deve pertanto concludersi, sulla base delle considerazioni sin
qui svolte, che la circolare impugnata non lede le competenze delle
ricorrenti nel prevedere che, in ordine ad azioni di formazione
professionale cofinanziate dal Fondo sociale europeo, lo Stato
svolga, d'intesa con le regioni interessate, un'attivita' di
controllo e vigilanza sugli operatori, al fine di assicurare il
rispetto della normativa comunitaria relativamente alla corretta
utilizzazione dei contributi del Fondo stesso (cfr., per analoghe
conclusioni, la citata sent. n. 448 del 1990, in tema di controlli
sulle aziende beneficiarie di aiuti comunitari nel settore agricolo).
3.3. - Per quanto concerne l'affermazione contenuta nella
circolare (ed oggetto di specifica censura da parte di alcune delle
ricorrenti), secondo la quale "gli Ispettorati regionali
eserciteranno quell'azione di coordinamento e di indirizzo
sull'attivita' di controllo in questione, evitando che nell'azione di
vigilanza sugli operatori si verifichino situazioni di concorrenza o,
peggio, di contrasto tra Stato e Regioni", essa non viola la
competenza regionale, in quanto i destinatari di tale azione di
coordinamento ed indirizzo svolta dagli Ispettorati regionali del
lavoro (secondo quanto previsto, del resto, in linea generale,
dall'art. 3, quinto comma, della legge 22 luglio 1961, n. 628) vanno
chiaramente individuati negli Ispettorati provinciali, ai quali
direttamente spetta, secondo la circolare stessa, effettuare la
vigilanza.
In ordine, infine, alla frase dell'atto impugnato, secondo cui
l'azione dell'Ispettorato del lavoro e' "di natura meramente di
polizia amministrativa", pur prescindendo dal rilievo che non puo'
attribuirsi di per se' capacita' lesiva alle mere qualificazioni
giuridiche, va escluso che essa leda le competenze regionali, alla
luce di quanto affermato in merito alla responsabilita' dello Stato
verso la Comunita' e alle modalita' di svolgimento - sul piano
paritario tra Stato e regioni - della funzione in questione.
4. - Occorre a questo punto passare ad esaminare le censure che
alcune delle ricorrenti sollevano in ordine a talune delle funzioni
che la circolare include nell'allegato 2 (cosiddetta competenza
"esclusiva" del Ministero). In particolare, la Regione Umbria osserva
che quelle di cui all'art. 18, lett. h) e i), della legge-quadro n.
845 del 1978 sono svolte d'intesa con le regioni e tramite esse, o su
loro iniziativa, con la conseguenza che l'attivita' di vigilanza e
controllo rientrerebbe nell'ambito delle funzioni attribuite alle
regioni stesse. La Regione Emilia-Romagna, a sua volta, rileva, in
ordine alla sola lettera h) dell'art. 18, che il ruolo di
finanziatore svolto in tal caso dallo Stato non vale ad attribuirgli
la relativa funzione di controllo.
Anche sotto gli indicati profili i ricorsi, nei termini di cui
appresso, non sono fondati.
Ai sensi dell'art. 18, lettera h), della citata legge-quadro,
spettano al Ministro del lavoro, per quanto qui interessa,
"l'assistenza tecnica e il finanziamento delle iniziative di
formazione professionale, d'intesa con le regioni e tramite esse, nei
casi di rilevante squilibrio locale tra domanda e offerta di lavoro,
secondo quanto previsto dall'art. 36, secondo comma, del d.P.R. 24
luglio 1977, n. 616". La successiva lettera i) prevede che spetta
allo stesso Ministro "l'organizzazione e il finanziamento, d'intesa
con le regioni e su loro iniziativa, di corsi di aggiornamento del
personale impiegato nelle iniziative di formazione professionale
secondo quanto previsto dall'art. 4, lettera h)".
Quanto alla prima delle norme in esame, va osservato, da un lato,
che l'elemento del "rilevante squilibrio locale tra domanda e offerta
di lavoro" giustifica, per l'evidente nesso con la politica
dell'occupazione, l'intervento statale nella relativa funzione di
vigilanza e, dall'altro, che tale funzione non puo' tuttavia non
svolgersi anch'essa - come le altre previste nella stessa norma -
d'intesa con le regioni interessate. Analogamente, quanto alla
lettera i) dell'art. 18, la previsione di una procedura d'intesa
relativamente alle attivita' indicate in detta disposizione non puo'
non comportare che identico meccanismo debba seguirsi in ordine alla
accessoria funzione di controllo.
Cio' posto - e premesso, come gia' sopra osservato, che la mera
qualificazione delle funzioni in esame come "esclusive" e' impropria,
quando non tecnicamente errata, e che alla stessa non puo'
attribuirsi di per se' alcun preciso rilievo sostanziale in assenza
di conseguenze concretamente lesive delle competenze regionali tratte
nella parte dispositiva della circolare - deve ritenersi che la
necessita' della procedura d'intesa per lo svolgimento dell'attivita'
di vigilanza relativamente alle ipotesi normative in questione
discende con evidenza dalle norme richiamate dalla circolare stessa,
la quale, quindi, non puo' che essere interpretata conformemente alla
legge-quadro ed alla Costituzione.
5. - Una volta escluso che l'atto impugnato - inteso nella sua
reale portata e nei suoi esatti termini - abbia comunque inciso sul
riparto costituzionale delle competenze tra Stato e regioni nella
materia de qua, viene chiaramente a cadere anche il denunciato vizio
di eccesso di potere.