ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 12, comma ter,
 della legge 13 maggio 1988, n. 154 (recte: dell'art.12, comma  3-ter,
 del  decreto-legge  14  marzo  1988, n. 70, recante "Norme in materia
 tributaria  nonche'  per  la  semplificazione  delle   procedure   di
 accatastamento degli immobili urbani", convertito, con modificazioni,
 nella legge 13 maggio 1988, n. 154), promosso con ordinanza emessa il
 15  marzo  1989 dalla Commissione tributaria di primo grado di Milano
 nei ricorsi riuniti proposti da Nicita Antonio ed altro, iscritta  al
 n.  500  del  registro  ordinanze  1990  e  pubblicata nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 33,  prima  serie  speciale,  dell'anno
 1990;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 Ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 28 novembre 1990 il Giudice
 relatore Vincenzo Caianiello;
    Ritenuto che, nel corso di un giudizio tributario, concernente due
 ricorsi riuniti ed aventi ad oggetto, il primo,  il  silenzio  tenuto
 dall'Ufficio  successioni  su una istanza volta ad ottenere, rispetto
 all'imposta gia' liquidata sulla base della dichiarazione  presentata
 dai  coeredi  ricorrenti,  la  riduzione  del 30 per cento del valore
 imponibile in applicazione dell'art. 11 della legge 17 dicembre 1986,
 n.   880,  e,  il  secondo,  il  rigetto  di  altra  istanza  diretta
 all'applicazione  del  c.d.   criterio   catastale   previsto   dalla
 sopravvenuta  legge 13 maggio 1988, n. 154, la Commissione tributaria
 di primo grado di Milano ha sollevato, in riferimento agli artt. 3  e
 53  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art. 12, comma 3-ter,  della  legge  da  ultimo  citata  (recte:
 dell'art.  12,  comma  3-ter,  del decreto-legge 14 marzo 1988 n. 70,
 convertito, con modificazioni, nella legge 13 maggio 1988 n. 154);
      che,  ad  avviso  del  giudice  rimettente, la norma impugnata -
 disponendo, in materia di valutazione dei cespiti immobiliari  caduti
 in  successione, l'applicazione retroattiva del "nuovo criterio cosi'
 detto  automatico"  del  reddito  catastale  anche  alle  successioni
 apertesi  anteriormente  al  1› luglio 1986, ma solo a quelle "per le
 quali non sia  intervenuto  il  definitivo  accertamento  del  valore
 imponibile"  - avrebbe avuto di mira la pluralita' dei casi in cui il
 contribuente non adempie all'obbligo di dichiarare il valore venale e
 costringe l'ufficio all'accertamento del maggior valore;
      che   non  sarebbe  stata,  invece,  considerata  l'ipotesi  dei
 contribuenti  onesti  che,  avendo  dichiarato  valori  congrui   non
 soggetti   ad  accertamenti  dell'ufficio,  hanno  tuttavia  proposto
 ricorso per la rettifica di quei valori, invocando l'applicazione  di
 norme   sopravvenute,   e  si  troverebbero  quindi  anch'essi  nella
 situazione di "pendenza" di una lite tributaria;
      che  il  giudice  a  quo  ha  all'uopo  richiamato, come tertium
 comparationis,  l'art.  79  del  testo   unico   delle   disposizioni
 concernenti  l'imposta  di  registro,  approvato con d.P.R. 26 aprile
 1986, n. 131, che  subordina  l'applicazione  del  predetto  criterio
 automatico  agli  atti,  scritture  private e denunce anteriori al 1›
 luglio 1986, in relazione ai quali, alla data di  entrata  in  vigore
 del  testo  unico,  sia  pendente  una controversia o "non sia ancora
 decorso il termine di decadenza dell'azione  della  finanza",  ed  ha
 rilevato  che, diversamente, la norma impugnata in tema di imposte di
 successione  contempla  soltanto  il  caso  in  cui  vi   sia   stato
 accertamento  di  maggior valore da parte dell'ufficio e sia pendente
 ricorso avverso di  questo,  cosi'  determinando  una  ingiustificata
 disparita' di trattamento tra contribuenti;
     che  e'  intervenuto  il  Presidente  del Consiglio dei ministri,
 sostenendo che i "ricorsi (a quibus) dovrebbero semplicemente  essere
 dichiarati  inammissibili" perche', "in tema di imposte relative alle
 successioni... i ricorsi possono essere proposti avverso l'avviso  di
 maggior  valore ed avverso l'avviso di liquidazione dei tributi (art.
 16 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, come corretto  con  d.P.R.  28
 novembre 1980, n. 787)", mentre i ricorsi predetti si concreterebbero
 in istanze extra ordinem;
      che,  inoltre, l'ordinanza di rimessione non motiverebbe affatto
 in punto di rilevanza della questione prospettata,  laddove,  secondo
 la   giurisprudenza   della  Corte,  "una  questione  deve  ritenersi
 rilevante quando la sua soluzione  e'  realmente  necessaria  per  la
 decisione";
      che,  sempre  ad  avviso  della  difesa  erariale,  la questione
 sarebbe altresi' palesemente non fondata perche' non  sarebbe,  nella
 specie,  pendente  nessuna controversia di valutazione, non essendovi
 stata alcuna rettifica della dichiarazione e quindi nessun avviso  di
 maggior valore da parte dell'ufficio;
      che,  percio',  mancherebbero  tutti i presupposti perche' possa
 ritenersi violato  il  principio  di  eguaglianza,  non  essendo,  in
 particolare, comparabile la situazione "dei contribuenti raggiunti da
 avviso di maggior valore rispetto a quella dei contribuenti che detto
 avviso non hanno ricevuto".
    Considerato   che  l'eccezione  di  inammissibilita'  per  mancata
 motivazione sul punto della rilevanza va  disattesa,  perche',  dallo
 svolgimento   dell'ordinanza,   e'   possibile   ricostruire   l'iter
 argomentativo che consente di ritenere  soddisfatto  l'obbligo  della
 motivazione  relativamente  alla  necessaria  pregiudizialita'  della
 questione rispetto alla decisione da adottare;
      che,  quanto  agli  altri aspetti posti in evidenza dalla difesa
 erariale, sempre in ordine all'ammissibilita' della questione,  circa
 la  sorte  ed  il  thema  decidendum  dei  giudizi  a  quibus e circa
 l'insussistenza di una controversia pendente, trattasi di profili che
 non   possono   essere   presi  in  considerazione  in  questa  sede,
 appartenendo al giudizio di competenza del collegio rimettente;
      che,  nel merito, la questione, in riferimento agli artt. 3 e 53
 della Costituzione, sotto il profilo dell'eguaglianza sostanziale  in
 materia  tributaria,  non  e'  fondata,  in  quanto  non  sussiste la
 lamentata disparita' di trattamento fra la situazione di  coloro  nei
 cui  confronti non si e' proceduto, al momento dell'entrata in vigore
 della legge, ad alcuna contestazione sulla  valutazione  dei  cespiti
 ereditari  e la situazione di coloro nei cui confronti l'accertamento
 di valore non e' divenuto ancora definitivo;
      che, difatti, questa evenienza fa reputare non irragionevole che
 il  legislatore,  nel  prendere  in  considerazione   le   situazioni
 pregresse,  abbia  ritenuto applicabile la norma solo a quelle per le
 quali la valutazione dei cespiti sia ancora in via di definizione;
      che,   d'altronde,   come   risulta   anche   dalla  discussione
 parlamentare della legge, la norma impugnata non introduce  un  nuovo
 critero  di determinazione dei valori imponibili, ma limita il potere
 di rettifica degli uffici finanziari, nel  caso  in  cui  questi  non
 ritengano  congruo  il  valore dei beni dichiarati, impedendo loro di
 procedere ad una maggiore valutazione dei cespiti quando il  relativo
 valore   sia   dichiarato   in  misura  non  inferiore  all'ammontare
 determinato  in  modo  automatico  (reddito   catastale   aggiornato,
 moltiplicato  per  il  coefficiente  60  o 80, rispettivamente, per i
 terreni e per i fabbricati);
      che, pertanto, la questione e' manifestamente infondata.