ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 438 e segg. e
 442, secondo comma, del codice  di  procedura  penale,  promosso  con
 ordinanza emessa l'8 giugno 1990 dal Pretore di Roma nel procedimento
 penale a carico di Brunetti Giorgio, iscritta al n. 534 del  registro
 ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 36, prima serie speciale, dell'anno 1990;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 Ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 12 dicembre 1990 il Giudice
 relatore Giovanni Conso;
    Ritenuto  che  il  Pretore  di Roma, con ordinanza pronunciata l'8
 giugno  1990  e  depositata  il  4  luglio  1990,  ha  sollevato,  in
 riferimento  agli  artt.  3, 24 e 27 della Costituzione, questione di
 legittimita' della "normativa contenuta negli artt.  438  e  seguenti
 del  c.p.p., ed in particolare" della "previsione contenuta nell'art.
 442, secondo comma, del c.p.p.", "non essendo consentito  al  giudice
 che  ritiene  di non poter decidere allo stato degli atti, applicare,
 ove lo ritenga giusto, la diminuzione della pena  prevista  dall'art.
 442,  secondo  comma,  citato,  alla fine del dibattimento ordinario,
 neanche nel caso  in  cui  la  richiesta  dell'imputato  di  giudizio
 abbreviato ha ottenuto il consenso del p.m.";
      e  che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
 dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato,  riportandosi  a  quanto dedotto nei riguardi di una questione
 "del  tutto  identica",  sollevata  dal  Tribunale  di  Treviso   con
 ordinanza dell'8 maggio 1990 (reg. ord. n. 531 del 1990);
      considerato  che l'ordinanza di rimessione, priva com'e' di ogni
 valutazione in punto di rilevanza, nonche' di  qualsiasi  riferimento
 al  caso  di  specie,  non  consente di stabilire se e in che modo la
 norma oggetto di censura sia applicabile nel processo a quo;
      e  che,  quindi,  la  questione  proposta deve essere dichiarata
 manifestamente inammissibile;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;