ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 10, primo comma, del decreto-legge 29 gennaio 1983, n. 17 (Misure per il contenimento del costo del lavoro e per favorire l'occupazione), quale sostituito dall'articolo unico della legge 25 marzo 1983, n. 79 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 gennaio 1983, n. 17), promosso con ordinanza emessa il 1 febbraio 1989 dalla Corte dei conti - Sez. III Giurisdizionale, sui ricorsi riuniti proposti da Emma Pisapia, iscritta al n. 670 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell'anno 1990; Visto l'atto di costituzione di Emma Pisapia nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 13 febbraio 1991 il Giudice relatore Gabriele Pescatore; Ritenuto che la Corte dei conti, con ordinanza 1 febbraio 1989 ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10, primo comma, del d.-l. 29 gennaio 1983, n. 17, quale sostituito dall'articolo unico della legge 25 marzo 1983, n. 79, nella parte in cui dispone, nei confronti del personale avente diritto all'indennita' integrativa speciale, che abbia presentato domanda di pensionamento a partire dalla data della sua entrata in vigore, che la misura dell'indennita' integrativa speciale, corrisposta in aggiunta alla pensione, e' determinata in ragione di un quarantesimo, per ogni anno di servizio utile ai fini del trattamento di quiescenza, dell'importo dell'indennita' stessa spettante al personale collocato in pensione con la massima anzianita' di servizio; che detta questione e' stata sollevata in riferimento: a) agli artt. 36 e 38 della Costituzione, sostenendosi che l'indennita' integrativa speciale non e' solo un mezzo di adeguamento della pensione alle variazioni del costo della vita, ma costituisce la fascia retributiva minima sufficiente per far fronte alle esigenze essenziali della vita, cosicche' una sua riduzione fa venir meno non solo la corrispondenza tra lavoro prestato e retribuzione (in servizio o differita attraverso il trattamento pensionistico), ma anche quel minimo vitale che deve essere garantito al lavoratore ed al pensionato; b) all'art. 3 della Costituzione, sostenendosi il carattere irragionevole e discriminatorio della riduzione dell'indennita' per il solo personale cessato dal servizio a domanda, al quale soltanto successivamente - con norma non retroattiva - e' stato equiparato il personale dispensato dal servizio per incapacita' o destituito; Considerato che questa Corte, con sentenza n. 531 del 1988 ha gia' dichiarato la questione non fondata in riferimento agli artt. 36 e 38 della Costituzione ed in seguito l'ha dichiarata manifestamente infondata con ordinanza n. 273 del 1989, riaffermando tra l'altro il principio che la determinazione della base retributiva, utile ai fini del trattamento di quiescenza, appartiene alla discrezionalita' legislativa, alla quale spetta il potere di disporre circa la misura e le modalita' di tale trattamento: discrezionalita' usata nel caso di specie entro i limiti consentiti; introducendo un elemento di razionalizzazione del sistema pensionistico; che la questione e' stata dichiarata manifestamente infondata, in relazione al profilo sub b), con ordinanza n. 146 del 1990, con la quale questa Corte ha ritenuto che nessun rilievo ha, in sede di giudizio di legittimita' costituzionale, la circostanza che il legislatore soltanto con il decreto-legge, n. 594 del 1985 (e poi con il decreto-legge 28 febbraio 1986, n. 49, conv. nella legge 18 aprile 1986, n. 120), abbia esteso il trattamento previsto dalla norma impugnata a tutti i casi di pensionamento anticipato, ad eccezione di quelli di cessazione dal servizio per morte o per invalidita'; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;