ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4,
 5, 6 e 8 della legge 9 aprile 1990, n. 87 (Interventi urgenti per  la
 zootecnia), promosso con i ricorsi delle Province di Trento e Bolzano
 e  della  Regione  Emilia-Romagna  notificati il 26 e 25 maggio 1990,
 depositati in cancelleria il 31 maggio ed il  primo  giugno  1990  ed
 iscritti ai nn. 39, 40 e 41 del registro ricorsi 1990;
    Visti  gli  atti  di costituzione del Presidente del Consiglio dei
 Ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  29  gennaio  1991  il  Giudice
 relatore Enzo Cheli;
    Uditi gli avvocati Sergio Panunzio per la Provincia di Trento e di
 Bolzano,  Roland Riz per la Provincia di Bolzano, Giandomenico Falcon
 per la Regione Emilia-Romagna e  l'avvocato  dello  Stato  Sergio  La
 Porta per il Presidente del Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Con  due  ricorsi  di  identico contenuto, notificati il 26
 maggio 1990, le Province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  hanno
 impugnato  gli  artt. 1, 2, 3, 4, 5 e 8 della legge 9 aprile 1990, n.
 87 (Interventi urgenti per la zootecnia) per violazione  degli  artt.
 8,  n.  21; 9, n. 3 e n. 8; 16; 69 ss. e 104, primo comma, del d.P.R.
 31 agosto 1972, n. 670 (Statuto speciale per il Trentino-Alto  Adige)
 e delle relative norme di attuazione.
    Ad    avviso    delle   ricorrenti   le   disposizioni   impugnate
 risulterebbero  lesive  della  competenza  provinciale  esclusiva  in
 materia  di  agricoltura  e  zootecnia  (di cui all'art. 8, n. 21, ed
 all'art. 16, primo comma, dello  Statuto)  nonche'  della  competenza
 provinciale concorrente in materia di commercio e di incremento della
 produzione  industriale (di cui all'art. 9, n. 3 e n. 8, dello stesso
 Statuto),  avendo  disposto  interventi  statali  di  programmazione,
 direzione,   incentivazione   e   sostegno  finanziario  nel  settore
 zootecnico che si verrebbero a  sovrapporre  a  quelli  gia'  attuati
 dalla   legislazione   provinciale,   emanata   nell'esercizio  delle
 competenze  sopra   richiamate.   A   fronte   di   tali   competenze
 residuerebbe,   infatti,   allo  Stato  -  sempre  a  giudizio  delle
 ricorrenti - il solo potere di dettare principi' e  criteri  generali
 nell'esercizio  della funzione di indirizzo e coordinamento, restando
 invece preclusa l'emanazione di disposizioni puntuali e di  dettaglio
 quali sarebbero quelle espresse dalle impugnate disposizioni.
    Le  censure  investono,  in  particolare:  l'art.  1,  che dispone
 l'istituzione di un "Comitato per  la  ristrutturazione  del  settore
 zootecnico"    nonche'   la   costituzione,   presso   il   Ministero
 dell'agricoltura e foreste, di un "Fondo per la ristrutturazione e il
 risanamento del settore  zootecnico",  per  la  cui  dotazione  viene
 stabilito  (all'art.  8) lo stanziamento di lire 340 miliardi; l'art.
 2, che impegna il Comitato  a  redigere  un  programma  nazionale  di
 intervento  nel settore zootecnico da rimettere alla approvazione del
 C.I.P.E.; l'art.  3,  dove,  nel  disciplinare  la  composizione  del
 Comitato,  si  prevede  che  solo  tre  dei  suoi  sette membri siano
 nominati dalla Conferenza dei presidenti delle Regioni e delle  Prov-
 ince  autonome,  in  rappresentanza  di tutti gli enti presenti nella
 Conferenza stessa; l'art. 4, che definisce i  compiti  del  Comitato,
 attribuendo  ad  esso,  tra  l'altro,  l'approvazione dei progetti di
 ristrutturazione e sviluppo delle imprese del settore zootecnico e la
 concessione dei relativi  finanziamenti  nonche'  la  concessione  di
 contributi  per la capitalizzazione delle societa' cooperative e loro
 consorzi; infine, l'art. 5, dove si dispone la  costituzione  di  una
 societa'  per  azioni,  con  capitale di maggioranza sottoscritto dal
 Ministero dell'agricoltura, per l'attuazione degli interventi  decisi
 dal  Comitato e per lo svolgimento di altri compiti di incentivazione
 e sostegno finanziario a favore delle imprese operanti nel settore.
    Il  complesso  delle suddette disposizioni, secondo le ricorrenti,
 sarebbe tale da superare i  confini  del  legittimo  esercizio  della
 funzione  statale  di indirizzo e coordinamento, determinando, con la
 previsione di provvedimenti puntuali di approvazione di progetti e di
 concessione  di  incentivi  e  finanziamenti,  una  invasione   delle
 competenze  riservate alle Province autonome: e questo tanto piu' ove
 si consideri che, in questa  materia,  la  funzione  di  indirizzo  e
 coordinamento    risulterebbe    gia'    esercitata    mediante    la
 predisposizione ed approvazione  da  parte  del  C.I.P.E.  del  piano
 agricolo  nazionale  e  di  quello forestale, di cui all'art. 2 della
 legge 8 novembre 1986, n. 752. Ne' sarebbe giustificato, nel caso  di
 specie,  un  intervento  statale  che,  al di fuori della funzione di
 indirizzo  e  coordinamento,  si  ponesse  a  tutela  di  un  preteso
 interesse  nazionale,  posto  che  un  siffatto  intervento  potrebbe
 legittimamente esplicarsi solo a fronte  di  una  esigenza  unitaria,
 insuscettibile  di  frazionamento,  in  ordine alla quale sia urgente
 provvedere e sempre che l'intervento stesso  si  sostanzi  in  misure
 strettamente  necessarie  ed  essenziali  al  perseguimento del fine:
 condizioni queste non ricorrenti, secondo le due  Province  autonome,
 nel caso in questione.
    Infine,  la  legge  impugnata  risulterebbe lesiva della autonomia
 finanziaria delle due Province, di cui agli artt. 69 e seguenti dello
 Statuto, per aver stabilito  che  gli  interventi  finanziari  in  un
 settore  di  competenza  provinciale  esclusiva  siano  erogati da un
 organismo governativo quale il Comitato previsto dalla stessa  legge,
 anziche' attribuiti pro quota alle Province medesime. Tale previsione
 risulterebbe,  in particolare, lesiva del principio di cui all'art. 5
 della legge 30 novembre 1989, n.  386  (Norme  per  il  coordinamento
 della  finanza  della  Regione  Trentino-Alto  Adige e delle Province
 autonome di Trento e Bolzano con la riforma tributaria), approvata ai
 sensi dell'art. 104 dello Statuto,  in  base  al  quale  le  Province
 avrebbero  dovuto  partecipare  alla ripartizione del Fondo istituito
 dalla legge impugnata,  cosi'  come  di  ogni  altro  fondo  speciale
 istituito  "per  garantire  livelli  minimi  di  prestazioni  in modo
 uniforme su tutto il territorio nazionale".
    2. - Con ricorso notificato il 25 maggio la Regione Emilia-Romagna
 ha impugnato gli artt. 1, primo e secondo comma, 3, 4, 5, 6 e 8 della
 stessa legge 9 aprile 1990, n. 87, per violazione  degli  artt.  117,
 primo  comma,  118,  primo comma, e 119, primo e secondo comma, della
 Costituzione.
    La Regione espone che in materia di zootecnia gli artt.  66  e  67
 del  d.P.R.  24  agosto  1977,  n.  616,  hanno  affermato  la  piena
 competenza regionale, ammettendo interventi dello Stato unicamente in
 relazione agli impianti di interesse nazionale  e  in  attuazione  di
 indirizzi    fissati    in    sede   di   programmazione   nazionale.
 Successivamente, la legge 8 novembre 1986, n. 752 (Legge  pluriennale
 per  l'attuazione  degli  interventi  programmati  in agricoltura) ha
 previsto una speciale disciplina per interventi statali  a  carattere
 "orizzontale".   Tale   assetto   normativo,   conforme   al  dettato
 costituzionale, risulterebbe  irrazionalmente  sconvolto,  ad  avviso
 della  Regione, dalla legge impugnata che riattribuirebbe stabilmente
 ed organicamente allo Stato funzioni e finanziamenti  gia'  assegnati
 alle  Regioni,  senza  alcun  riferimento  ad  oggetti o interessi di
 carattere  ultraregionale  o ad interventi di natura straordinaria in
 grado di giustificare tali disposizioni.
    In particolare, la Regione ritiene costituzionalmente  illegittimi
 l'art.  1, primo comma, l'art. 4, primo comma, e l'art. 3 della legge
 n. 87 del 1990, in quanto attribuiscono  alla  competenza  di  organi
 statali compiti di programmazione, finanziamento e incentivazione che
 costituiscono   parte   integrante   e   fondamentale  della  materia
 "zootecnia", costituzionalmente spettante alla stessa Regione; l'art.
 5,  primo  e  secondo  comma,  e  l'art.  6,  in   quanto   prevedono
 l'affidamento   di   compiti   di   natura  finanziaria  nel  settore
 zootecnico, di competenza  regionale,  ad  una  societa'  di  diritto
 privato controllata dal Ministero dell'agricoltura; l'art. 3, secondo
 comma,  in quanto attribuisce al Comitato per la ristrutturazione del
 settore zootecnico - del quale, peraltro,  la  Regione  non  contesta
 l'istituzione   e   l'esistenza   -  la  titolarita'  di  compiti  di
 amministrazione attiva propri della Regione; l'art. 1, secondo comma,
 e 8, primo comma, lett. a), in quanto determinano lo stanziamento  di
 fondi  statali  per  gli  interventi  sopra detti anche attraverso il
 ritrasferimento al Ministero dell'agricoltura di fondi gia' assegnati
 alle Regioni dalla citata legge n. 752 del 1986. Osserva  inoltre  la
 Regione  che  non  puo'  essere  riconosciuto allo Stato un potere di
 spesa  nelle  materie   di   competenza   regionale   non   collegato
 all'esercizio di compiti statali non trasferiti.
    3.  -  Si  e'  costituito  in  tutti  i  giudizi il Presidente del
 Consiglio  dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
 generale dello Stato, concludendo per la infondatezza delle questioni
 sollevate.
    In  merito ai ricorsi proposti dalle Province autonome di Trento e
 di Bolzano, l'Avvocatura dello Stato riferisce alla  legge  impugnata
 le  caratteristiche di un intervento straordinario e temporaneo dello
 Stato, volto al risanamento  ed  alla  ristrutturazione  del  settore
 zootecnico  e  delle  imprese  in  esso  operanti,  per  adeguarne la
 produzione e la commercializzazione alle esigenze del  mercato.  Tale
 intervento deve armonizzarsi (art. 2, primo comma, lett. b, n. 1) con
 il  piano agricolo nazionale e con il piano di settore previsto dalla
 legge n. 752 del 1986 e si sostanzia in un  programma  che,  ai  fini
 dell'approvazione  da  parte  del  C.I.P.E.,  viene predisposto da un
 Comitato nel quale le Regioni e le Province  autonome  sono  presenti
 con  propri  rappresentanti.  Sarebbe pertanto assicurato il concorso
 delle Regioni e delle Province autonome alla elaborazione delle linee
 d'intervento  cosi'  come  allo  svolgimento  della  fase  attuativa,
 essendo  previsto  che  le Regioni territorialmente interessate siano
 sentite per gli interventi attuati  direttamente  dal  Comitato.  Per
 quanto  concerne  poi  gli  interventi  attuati  tramite  la societa'
 finanziaria di cui all'art. 5, essi non potrebbero essere  realizzati
 che  sulla  base  di  direttive  impartite  dallo stesso Comitato, il
 quale, pur nel silenzio della legge, dovrebbe in ogni caso richiedere
 il parere delle Regioni e delle Province autonome in  ordine  a  tali
 determinazioni.
    Ad  avviso  dell'Avvocatura  non sussisterebbe, infine, la pretesa
 violazione dell'autonomia finanziaria delle  Province  autonome,  dal
 momento  che la stessa viene riferita a norme, quali quelle contenute
 nella  legge  30  novembre  1989,  n.  386,  che  non   hanno   rango
 costituzionale  e  che  si  limitano  a  rinviare  alle singole leggi
 istitutive  per  quanto  concerne  i  criteri  e  le  modalita' della
 partecipazione delle Province alla ripartizione dei fondi speciali.
    4. - Considerazioni del tutto analoghe sono  svolte  dalla  difesa
 dello Stato anche in ordine al ricorso della Regione Emilia-Romagna.
    Con  riferimento  a  tale  ricorso, l'Avvocatura riafferma che gli
 interventi  previsti  dalla  legge,  in   quanto   finalizzati   alla
 regolazione  del  mercato,  andrebbero  inquadrati  nell'ambito delle
 azioni richiedenti un livello nazionale unitario di gestione e,  come
 tali,  non  inquadrabili nelle competenze trasferite alle Regioni dal
 d.P.R. n.  616  del  1977.  Per  quanto  concerne  poi  la  lamentata
 riappropriazione  di  fondi gia' assegnati alle Regioni, l'Avvocatura
 rileva che la legge impugnata, per  il  reperimento  della  copertura
 della  spesa,  in  parte  ha  ridotto fondi gia' assegnati allo Stato
 dall'art. 4 della legge n. 752 del 1986 e in parte ha inciso,  ma  in
 termini  trascurabili, sulla quota di riparto da assegnare a ciascuna
 Regione in base all'art. 3 della stessa legge.
    5. - In prossimita' dell'udienza le Province autonome di Trento  e
 di  Bolzano  e la Regione Emilia-Romagna hanno presentato memorie per
 sviluppare i motivi del ricorso  e  controdedurre  alle  osservazioni
 dell'Avvocatura dello Stato.
    Le  Province  autonome  contestano,  in  particolare, che la legge
 impugnata   possa   legittimarsi   come   intervento   di   carattere
 straordinario  e  temporaneo,  in  quanto,  al  di  la'  dei  termini
 utilizzati,   il   contenuto   effettivo   delle   sue   disposizioni
 risulterebbe  finalizzato  ad un riassetto strutturale del settore e,
 quindi, alla realizzazione di una nuova disciplina  permanente  della
 materia.   Ne',  d'altro  canto,  la  disciplina  impugnata  potrebbe
 ritenersi riservata allo Stato in quanto inerente  alla  "regolazione
 del mercato agricolo" (art. 8, lett. f), d.P.R. n. 279 del 1974), dal
 momento  che  tale riserva riguarda soltanto gli interventi che hanno
 influenza diretta sui  termini  costitutivi  del  mercato,  quali  la
 domanda,  l'offerta,  i  prezzi,  i costi di produzione etc. (secondo
 quanto affermato nella sent. n. 994 del 1988).
    Si ribadisce, inoltre,  che  la  sottoposizione  al  C.I.P.E.  del
 programma  di cui all'art. 2 della legge impugnata, intervenendo solo
 in una fase successiva alla redazione del programma in questione, non
 risolverebbe l'illegittima esclusione delle Province  autonome  dalla
 partecipazione  alle  scelte  programmatiche  di  settore cosi' come,
 nella fase attuativa, le Province risulterebbero escluse da tutti gli
 interventi di cui all'art. 5 della legge.
    Per quanto concerne, infine, le norme della legge n. 386 del 1989,
 si afferma  che  esse,  pur  prive  di  rango  costituzionale,  hanno
 carattere  "rinforzato",  per  essere state approvate con la speciale
 procedura di cui all'art. 104 dello Statuto e pertanto non potrebbero
 essere abrogate o derogate da norme successive che  non  siano  state
 adottate con la medesima speciale procedura.
    6.  La Regione Emilia-Romagna, nella propria memoria, contesta che
 l'impugnata  disciplina  possa  essere  ricondotta  alla   competenza
 statale  di  regolazione del mercato, essendo rivolta alla promozione
 della ristrutturazione delle imprese zootecniche e, quindi, proprio a
 quegli interventi sulle strutture agricole che l'art. 66, lettere  d)
 e  e),  del  d.P.R.  n.  616  del  1977  attribuisce  alla competenza
 regionale.
    Le  stesse  caratteristiche degli interventi previsti sarebbero in
 contrasto con  la  pretesa  temporaneita'  e  straordinarieta'  degli
 stessi,  mirando a realizzare compiti permanenti dell'azione pubblica
 nel settore agricolo.
    Gli interventi stessi non avrebbero, infine, carattere  aggiuntivo
 rispetto  a quelli ordinariamente disciplinati dalla legge n. 752 del
 1986, ma si porrebbero come sostitutivi rispetto ad essi ed alle rel-
 ative competenze regionali.
                        Considerato in diritto
    1. - I tre ricorsi investono numerose disposizioni della  legge  9
 aprile 1990, n. 87, recante "Interventi urgenti per la zootecnia". In
 particolare,  i  ricorsi promossi dalle Province autonome di Trento e
 di Bolzano impugnano di tale legge gli artt. da 1  a  5;  il  ricorso
 promosso  dalla  Regione  Emilia-Romagna gli artt. 1, primo comma, in
 connessione con gli artt. 3, 4 e 5; 1, secondo comma, in  connessione
 con  l'art.  8;  3, secondo comma; 4, primo e terzo comma; 5, primo e
 secondo comma, in connessione con l'art. 6.
    Poiche' le questioni  che  vengono  prospettate  si  presentano  o
 identiche o analoghe o connesse, i ricorsi possono essere riuniti per
 essere decisi con unica pronuncia.
    2.  -  La  legge  9  aprile  1990,  n.  87  assume come obbiettivo
 fondamentale "il risanamento e la ristrutturazione della produzione e
 della commercializzazione nel settore zootecnico", cosi' da garantire
 l'adeguamento di tale settore, secondo criteri di economicita',  alle
 esigenze del mercato.
    A  tal  fine nella legge viene prevista la costituzione, presso il
 Ministero dell'agricoltura e delle foreste, di  un  Comitato  per  la
 ristrutturazione  del  settore  zootecnico,  affiancato  da  un Fondo
 speciale, di durata quinquennale,  cui  e'  attribuita  la  dotazione
 complessiva  di  340 miliardi (art. 1). Il Comitato e' presieduto dal
 Ministro  dell'agricoltura  ed  e'  composto  da  tre  rappresentanti
 dell'amministrazione  statale  e  da tre rappresentanti delle Regioni
 designati dalla Conferenza dei presidenti delle Regioni e delle Prov-
 ince autonome. L'organo dura in  carica  cinque  anni  ed  attua  gli
 interventi  previsti  dalla  legge  sia  direttamente che tramite una
 societa' per azioni, con capitale sottoscritto per almeno il 51%  dal
 Ministero  dell'agricoltura  e  per  la quota restante da istituti di
 credito di diritto pubblico, privati o cooperativi, da enti pubblici,
 anche territoriali,  o  da  societa'  il  cui  capitale  sia  per  la
 maggioranza  detenuta  da  imprenditori  agricoli  o  loro  organismi
 associativi (artt. 3 e 5).
    Con riferimento alle funzioni, la  legge  conferisce  al  Comitato
 poteri sia di programmazione (art. 2) che gestionali (art. 4).
    Sul piano della programmazione spetta al Comitato provvedere, pre-
 via  verifica  della  situazione  del  settore,  alla redazione di un
 programma di intervento diretto a  formulare  le  linee  generali  di
 ristrutturazione del settore zootecnico nonche' i criteri per la piu'
 efficace  gestione  delle  risorse  finanziarie destinate allo stesso
 settore. Il programma viene sottoposto dal Ministro  all'approvazione
 del  C.I.P.E. con il rispetto delle procedure di cui all'art. 2 della
 legge 8 novembre 1986, n. 752 (Legge pluriennale per l'attuazione  di
 interventi programmati in agricoltura).
    Sul  piano  gestionale la legge attribuisce al Comitato il compito
 di approvare i progetti di  ristrutturazione  e  sviluppo  presentati
 dalle   imprese   operanti   nel   settore  zootecnico;  di  disporre
 finanziamenti anche in conto capitale a favore di societa' ed imprese
 ritenute  essenziali  per  le  finalita'  della  legge;  di concedere
 contributi finalizzati  alla  capitalizzazione  di  societa'  o  loro
 consorzi;  di  concedere  contributi  sui  mutui  di cui all'art. 15,
 sedicesimo comma, della  legge  4  marzo  1988,  n.  67.  Per  questo
 complesso  di  interventi  la  legge prevede (art. 4, terzo comma) il
 parere,   obbligatorio   ma    non    vincolante,    delle    Regioni
 territorialmente interessate.
    La  societa'  per azioni promossa dal Comitato, oltre a svolgere i
 compiti che lo stesso Comitato puo' affidarle, e'  autorizzata  dalla
 legge   ad   accordare  fideiussioni  su  operazioni  creditizie;  ad
 effettuare operazioni di provvista mediante  ricorso  al  mercato;  a
 concedere   finanziamenti   per  interventi  relativi  ad  azioni  di
 risanamento  e  liquidazione  di  societa';  ad  acquisire  quote  di
 partecipazione in altre societa' (art. 5).
    La  legge  prevede, infine, alcune norme in tema di organizzazione
 di detta societa' (artt. 6 e 7) e di copertura degli oneri finanziari
 connessi all'attuazione dei vari interventi (art. 8).
    3. - Questa disciplina viene impugnata nella sua  quasi  totalita'
 dai ricorsi in esame.
    In  particolare,  le  Province  autonome  di Trento e di Bolzano -
 nell'ipotesi che la legge dovesse ritenersi applicabile anche ai loro
 territori -  contestano:  a)  l'uso  illegittimo  della  funzione  di
 indirizzo   e   coordinamento  statale  in  una  materia  (patrimonio
 zootecnico)  riservata  alla  competenza  esclusiva  provinciale;  b)
 l'assenza  o  l'insufficiente presenza delle Regioni e delle Province
 autonome negli organi e nelle procedure previste dalla legge;  c)  la
 lesione  dell'autonomia  finanziaria  garantita  alle  Province dallo
 Statuto  speciale,  per  avere  la  legge  escluso  le  stesse  -  in
 violazione dell'art. 5, primo comma, della legge 30 novembre 1989, n.
 386 - dalla ripartizione del Fondo speciale affidato al Comitato.
    A  sua  volta  la Regione Emilia-Romagna censura: a) la violazione
 delle competenze regionali nella materia della zootecnia, cosi'  come
 delineate  negli  artt.  66  e 67 del d.P.R. 24 agosto 1977, n. 616 e
 nella legge 8 novembre 1986, n.  752;  b)  la  lesione  delle  stesse
 competenze regionali attuata attraverso l'affidamento ad una societa'
 di  diritto  privato  delle  funzioni  amministrative  spettanti alla
 Regione; c) la lesione dell'autonomia finanziaria regionale per avere
 la legge impugnata  ritrasferito  all'amministrazione  statale  fondi
 gia' assegnati alle Regioni per interventi in agricoltura.
    A  tali  censure  la  difesa  dello Stato replica sottolineando in
 particolare: a)  il  carattere  "straordinario  e  temporaneo"  degli
 interventi  previsti  dalla  legge  nonche'  la  loro connessione con
 l'"interesse nazionale per la regolazione del mercato  agricolo";  b)
 l'adeguatezza  della  partecipazione  regionale e provinciale ai vari
 strumenti, di programmazione e gestionali, previsti dalla  legge;  c)
 l'assenza   di   una  lesione  dell'autonomia  finanziaria,  sia  con
 riferimento alla disciplina speciale posta dallo Statuto per le Prov-
 ince  autonome  che  alla   disciplina   generale   formulata   dalla
 Costituzione per le Regioni ordinarie.
    4. - Le questioni sollevate con i ricorsi in esame sono, in parte,
 fondate.
    Va  innanzitutto  disattesa  la tesi avanzata della difesa statale
 secondo cui la  legge  in  contestazione  verrebbe  a  realizzare  un
 intervento  di carattere "straordinario e temporaneo" e pertanto tale
 da giustificare - secondo principi ripetutamente affermati da  questa
 Corte  (cfr.  sentt. n. 217 del 1988 e nn. 324, 399 e 459 del 1989) -
 una limitata compressione da parte  dello  Stato  della  sfera  delle
 competenze costituzionalmente spettanti alle Regioni ed alle Province
 autonome.  E invero e' lo stesso impianto della legge n. 87, quale si
 viene a delineare attraverso le finalita' ed i contenuti dalla stessa
 espressi, che non consente di riferire alla  disciplina  in  esame  -
 nonostante   il  titolo  adottato  dalla  legge  (dove  si  parla  di
 "interventi  urgenti")  e  la  durata   quinquennale   prevista   per
 l'operativita'  del  Fondo e per l'azione del Comitato (art. 1, terzo
 comma, e art. 3, secondo comma) - le caratteristiche  dell'intervento
 "straordinario  e  temporaneo". Basti solo considerare che la legge -
 destinata a operare  per  l'intero  territorio  nazionale  -  pone  a
 proprio obbiettivo fondamentale una finalita', quale il riassetto del
 settore zootecnico, che non appare limitata nel tempo, tanto piu' che
 la  stessa  viene  perseguita attraverso un "programma di intervento"
 collegato e coordinato agli ordinari strumenti di  programmazione  in
 materia  di  politica  agricola  disciplinati  dalla legge 8 novembre
 1986, n. 752.
    Si aggiunga che gli interventi previsti dalla disciplina in  esame
 a  favore  delle imprese operanti nel settore (finanziamenti in conto
 capitale; contributi per capitalizzazioni o per  mutui;  fideiussioni
 etc.) si vengono tutti a inquadrare nell'ordinaria azione di sostegno
 pubblico  a  favore  di  attivita'  economiche socialmente rilevanti,
 senza alcun  collegamento  con  fattori  di  carattere  straordinario
 riconducibili  al  quadro  di  una  particolare  emergenza. In questa
 ottica,lo stesso assetto organizzativo previsto dalla  legge  con  la
 costituzione  del  Comitato  e del Fondo (di cui all'art. 1) tende ad
 assumere,   nonostante   il   termine   quinquennale   apposto,   una
 connotazione  di  stabilita',  anche  in  relazione  al  fatto che lo
 strumento operativo attuato mediante la costituzione  della  societa'
 per  azioni  di cui all'art. 5 non risulta sottoposto ad alcun limite
 temporale.
    Parimenti non puo' trovare accoglimento la tesi,  sempre  avanzata
 dall'Avvocatura   dello  Stato,  che  porterebbe  ad  individuare  il
 fondamento della legge n. 87 in un "interesse di  evidente  carattere
 nazionale",  quale quello inerente al "miglioramento delle condizioni
 del mercato" e, di conseguenza, ad applicare alla materia regolata da
 tale legge la riserva di competenza statale in tema  di  "regolazione
 del  mercato" prevista dall'art. 71, primo comma, lett. b) del d.P.R.
 n. 616 del 1977 (e per le Province di Trento e Bolzano  dall'art.  8,
 lett.  f, del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 279). Se e' vero, infatti, che
 la legge n. 87, nell'art. 1, richiama le "esigenze del  mercato",  e'
 anche  vero che il fine primario della disciplina in contestazione va
 comunque individuato non nella "regolazione del  mercato",bensi'  nel
 "risanamento"  e  nella "ristrutturazione" delle imprese operanti nel
 settore zootecnico. La  legge  in  questione  non  svolge,  pertanto,
 quella  "diretta  influenza  o  incidenza sui termini costitutivi del
 mercato,  quali  la  domanda  e  l'offerta,  i  prezzi,  i  costi  di
 produzione,  e  cosi'  via",  che  questa  Corte ha ritenuto di dover
 indicare come il presupposto  fondamentale  per  la  presenza  di  un
 intervento  di  "regolazione del mercato" di competenza statale (cfr.
 sentt. n.994 del 1988 e n. 433 del 1987), mentre non risulta, d'altro
 canto,  sufficiente,  a questo fine, il mero nesso strumentale che di
 volta  in   volta   potrebbe   essere   individuato   tra   l'oggetto
 dell'intervento e la politica del mercato agricolo (cfr. sent. n. 304
 del 1987).
    Esclusa,  dunque,  la  possibilita' di riferire alla disciplina in
 esame sia la natura  di  intervento  di  carattere  "straordinario  e
 temporaneo"   sia   il   carattere  di  normazione  indirizzata  alla
 "regolazione del mercato agricolo", la legge n. 87  del  1990  dovra'
 essere  correttamente  collocata nel quadro degli ordinari interventi
 attinenti  alla  programmazione  di  settore  relativa  alla  materia
 agricola  e  forestale. Questo quadro, com'e' noto, trova oggi la sua
 base normativa nella legge 8 novembre 1986, n. 752 (Legge pluriennale
 per l'attuazione di interventi programmati in agricoltura),  dove  si
 prevede  l'adozione  di  un  piano  agricolo  nazionale  che viene ad
 articolarsi in vari strumenti (programma quadro; piani  specifici  di
 intervento;  direttive di coordinamento). Non e', dunque, un caso che
 la legge n. 87 ponga al centro della propria disciplina la  redazione
 da  parte  del  Comitato  di un "programma di intervento" destinato a
 definire le linee generali di ristrutturazione del settore zootecnico
 "in armonia con le finalita' del piano agricolo nazionale e del piano
 specifico di intervento di cui all'art.  2  della  legge  8  novembre
 1986, n. 752", programma sottoposto all'approvazione del C.I.P.E. nel
 rispetto  delle  stesse  procedure  previste  per  il  piano agricolo
 nazionale (art. 2, primo e secondo comma).
    5. - Il richiamo al quadro di riferimento espresso dalla legge  n.
 752  del 1986 - che in varie sue disposizioni ha gia' formato oggetto
 di esame da parte di questa Corte (cfr. sent. n.1145 del 1988) - con-
 duce innanzitutto ad  escludere  la  fondatezza  delle  questioni  di
 legittimita'  costituzionale  sollevate sia nei confronti dei profili
 organizzativi che nei confronti delle competenze  di  programmazione,
 di cui agli artt. 1, 2, 3 e 5 della legge n. 87.
    E  invero,  sul  piano  delle  norme  costituzionali relative alla
 distribuzione delle competenze nella materia  agricola  e  forestale,
 nulla  si  oppone  al  fatto  che  una  legge  statale,  che  intenda
 provvedere alla definizione di un sistema compiuto di  programmazione
 settoriale  di  livello nazionale, possa procedere alla costituzione,
 nell'ambito dell'amministrazione centrale, di un  organo  speciale  a
 composizione   mista   (nella   specie,   di   un   Comitato  per  la
 ristrutturazione del settore zootecnico),  investito  della  verifica
 della  situazione  del  settore  e  della conseguente redazione di un
 programma di intervento, amministrativo e finanziario, coordinato con
 altri strumenti programmatori di portata piu'  ampia  e  destinato  a
 porre principi e criteri direttivi di carattere generale, relativi al
 settore.
    Cosi'  come,  sempre  sul piano costituzionale, non sussistono, in
 linea di principio, ostacoli al fatto  che  l'organo  speciale  possa
 avvalersi  di  un  fondo,  provvisto  di una specifica dotazione, cui
 risulti   affidato   il   compito,    connesso    all'attivita'    di
 programmazione, di interventi aggiuntivi di interesse nazionale nelle
 materie  spettanti alla competenza regionale o provinciale ovvero che
 allo stesso organo possa essere affiancata una struttura operativa di
 natura privata  (societa'  per  azioni  a  prevalente  partecipazione
 statale),  destinata  a  operare nel mercato con gli strumenti propri
 del diritto privato.
    In tutte queste ipotesi - rispecchiate negli artt., 1, 3 e 5 della
 legge  impugnata - e' il potere di autoorganizzazione dello Stato che
 viene in gioco e che consente al legislatore nazionale di adottare le
 forme  e  gli   strumenti   ritenuti   piu'   appropriati   ai   fini
 dell'esercizio  di  una  competenza  statale  di programmazione o del
 perseguimento di un interesse che investe il livello nazionale.
    Passando poi dal piano organizzativo a  quello  delle  competenze,
 nessuna  lesione della sfera regionale o provinciale e' dato desumere
 dalla disciplina posta dall'art. 2 della  legge  n.  87  in  tema  di
 programmazione  degli interventi nel settore zootecnico: e questo sia
 in  relazione  alla  procedura  di  approvazione  del  "programma  di
 intervento",  che  -  ricalcando lo schema previsto dall'art. 2 della
 legge n. 752 del 1986 - prevede un doppio livello  di  partecipazione
 delle  Regioni  e  delle Province autonome (attraverso la Commissione
 interregionale di cui all'art. 13 della legge 16 maggio 1970, n.  281
 e  attraverso il Comitato di settore di cui all'art. 2, quarto comma,
 della legge n. 752 del 1986);  sia  in  relazione  ai  contenuti  del
 programma,  descritti  dall'art.  2,  primo  comma,  che, per il loro
 carattere di indirizzi generali, sono tali da  non  compromettere  la
 sfera   gestionale   spettante   alle  Regioni,  risultando  altresi'
 rispettosi (quantomeno nella loro astratta  enunciazione)  anche  dei
 piu'  rigorosi  limiti  operanti  a  favore  della competenza di tipo
 esclusivo  attribuita,  in  materia  di  agricoltura,  alle  Province
 autonome (cfr. sent. n. 1145 del 1988, par. 2.1 e 2.2).
    6. - Sempre sul terreno delle competenze, diversa risulta, invece,
 la  valutazione  della  disciplina  posta  nell'art. 4, primo e terzo
 comma, della legge impugnata.
    L'art. 4, primo comma, conferisce, infatti, al Comitato compiti la
 cui  assegnazione  all'organo  centrale  non  puo'   trovare   alcuna
 giustificazione   ne'   sul   piano   della  funzione  d'indirizzo  e
 coordinamento  ne'  su  quello  del  possibile  perseguimento  di  un
 interesse  di  carattere  nazionale.  L'approvazione  dei progetti di
 ristrutturazione e sviluppo presentati dalle imprese di  allevamento,
 produzione,   trasformazione   e   commercializzazione   di  prodotti
 zootecnici; la concessione di finanziamenti anche in  conto  capitale
 necessari  a  coprire  non  piu'  del  settanta  per  cento dei costi
 inerenti ai piani di ristrutturazione e  di  sviluppo  approvati  dal
 Comitato;  la  concessione  alle  cooperative  ed ai loro consorzi di
 contributi  finalizzati  alla  capitalizzazione;  la  concessione  di
 contributi sui mutui di cui all'art. 15, comma sedici, della legge n.
 67  del  1988,  sono, tutti, interventi di natura concreta e puntuale
 che, ove non risultino giustificati dalla presenza di  un  comprovato
 interesse   di   carattere  nazionale,  si  presentano  lesivi  delle
 attribuzioni spettanti, in materia di agricoltura,  alle  Regioni  ed
 alle  Province  autonome.  Ne'  tale  lesione  puo'  essere  superata
 mediante la previsione - espressa nel terzo comma dello stesso art. 4
 - di un  parere  (obbligatorio,  ma  non  vincolante)  delle  Regioni
 territorialmente  interessate  a  tali  interventi,  dal  momento che
 l'esercizio delle competenze gestionali  spettanti  alle  Regioni  ed
 alle  Province  autonome  non puo' essere in alcun caso degradato, in
 assenza  di  un  interesse  nazionale  idoneo   a   giustificare   lo
 spostamento di competenza, a mera attivita' consultiva.
    7.  - L'illegittimita' rilevata nei confronti dell'art. 4, primo e
 terzo comma, della legge n. 87 del 1990 e'  destinata  a  riflettersi
 anche  sull'art. 3, secondo comma, della stessa legge, nella parte in
 cui prevede che "il Comitato.. .. .., attua  i  suoi  interventi  sia
 direttamente  che per il tramite della societa' per azioni costituita
 ai sensi dell'art. 5". E invero, stante la coincidenza  -  desumibile
 dall'esame  sistematico  della  legge - tra gli interventi richiamati
 nell'art. 3,  secondo  comma,  e  quelli  elencati  nell'art.  4,  la
 dichiarazione d'incostituzionalita' relativa a quest'ultima norma non
 potra'  non  estendere  i  suoi  effetti  anche alla disciplina posta
 nell'art. 3,  secondo  comma,  in  quanto  destinata  a  regolare  le
 modalita'  di  esercizio (diretto o indiretto) dei vari interventi di
 carattere operativo indebitamente affidati dall'art.  4  allo  stesso
 Comitato.
    Per  lo  stesso  motivo  va  altresi'  dichiarata l'illegittimita'
 dell'art. 5, secondo comma, della legge, nella parte in  cui  prevede
 che  la  societa'  per  azioni  svolga a favore dei beneficiari degli
 interventi previsti dalla legge "i compiti affidatigli  dal  Comitato
 di cui all'art. 1". Anche in questo caso, infatti, i "compiti" di cui
 parla  la  norma,  in  assenza  di  una specifica individuazione, non
 potranno non  coincidere  con  quelle  stesse  competenze  di  natura
 operativa  che  l'art.  4  assegna  al  Comitato,  in  violazione  di
 attribuzioni spettanti alla sfera regionale e provinciale.  E  invero
 la  facolta'  che va riconosciuta allo Stato di poter intervenire con
 strumenti di natura privatistica e finanziaria  in  settori  affidati
 alla  competenza  delle  Regioni  e  delle Province autonome non puo'
 estendersi fino al punto di consentire lo svolgimento, attraverso una
 societa' di diritto privato a prevalente partecipazione  statale,  di
 attivita'   connesse   a   funzioni  amministrative  illegittimamente
 sottratte alla sfera delle attribuzioni costituzionali  dei  soggetti
 di  autonomia. In questo caso il ricorso allo strumento privatistico,
 determinando quanto meno un aggiramento  del  limite  costituzionale,
 anziche'   giustificare,   finisce,   infatti,  nella  sostanza,  per
 aggravare l'illegittimita' della sottrazione operata.
    8.  -  Vanno,  infine,  esaminate  le  censure   che   i   ricorsi
 prospettano, sotto profili diversi, in relazione all'asserita lesione
 dell'autonomia  finanziaria  spettante  alle Province ed alla Regione
 ricorrenti.
    Per quanto riguarda le Province autonome di Trento e  di  Bolzano,
 la censura viene riferita al fatto che i finanziamenti previsti dalla
 legge  n.  87 per un settore affidato alla competenza esclusiva delle
 ricorrenti, anziche' essere assegnati pro quota alle stesse,  vengano
 erogati  dal  Comitato  o  direttamente  o  attraverso la costituenda
 societa' per azioni. Cosi' disponendo, la legge verrebbe a violare le
 norme contenute nel titolo VI dello Statuto speciale  (artt.  69  ss.
 d.P.R.  31  agosto 1972, n. 670), anche in relazione all'art. 5 della
 legge  30  novembre  1989,  n.  366  (approvata  con   la   procedura
 "rinforzata"  di cui all'art. 104, primo comma, dello Statuto, previa
 "concorde richiesta" del Governo e delle Province), dove  si  prevede
 la  partecipazione  delle  Province  autonome  "alla ripartizione dei
 fondi  speciali   istituiti   per   garantire   livelli   minimi   di
 partecipazione in modo uniforme su tutto il territorio nazionale".
    La questione non risulta fondata.
    Se  e'  vero,  infatti,  che  l'art. 5 della legge n. 386 del 1989
 esprime una norma "rinforzata" insuscettibile di essere  derogata  da
 leggi  successive  non  adottate con lo stesso procedimento, e' anche
 vero che, nella fattispecie  in  esame,  la  norma  stessa  non  puo'
 ritenersi  applicabile,  date  le  caratteristiche  proprie del fondo
 speciale istituito con la legge n. 87 del 1990.
    Il Fondo di cui alla legge n. 87 non risulta, infatti, destinato a
 garantire "livelli minimi di prestazioni in modo uniforme su tutto il
 territorio nazionale", bensi' ad incentivare le imprese impegnate nel
 risanamento e nella ristrutturazione delle proprie attivita' connesse
 al settore zootecnico, venendo a  perseguire  un'obbiettivo  che,  in
 linea  preminente,  non  e'  di  politica  sociale,  ma  di  politica
 economica. Mancano,  di  conseguenza,  i  presupposti  oggettivi  per
 assimilare  il  Fondo  in  questione  a quelli richiamati nell'art. 5
 della legge n. 386.
    La Regione Emilia-Romagna, a sua volta, lamenta la  lesione  della
 propria  sfera di autonomia finanziaria, contestando il finanziamento
 del Fondo di cui alla legge n. 87 sia nel suo complesso, per  la  sua
 attinenza a funzioni di spettanza regionale, sia con riferimento alla
 parte,  pari  a  140  miliardi,  coperta, ai sensi dell'art. 8, primo
 comma, lett. a), mediante la riduzione delle somme di cui all'art.  3
 della  legge  n.  752 del 1986, con il "ritrasferimento" al Ministero
 dell'agricoltura di fondi gia' assegnati alle Regioni da tale legge.
    La questione risulta fondata limitatamente a quest'ultima censura.
    L'art. 8 della legge impugnata  prevede,  per  l'attuazione  delle
 finalita' perseguite dalla stessa legge, uno stanziamento complessivo
 di  340 miliardi distribuito su due esercizi (1989 e 1990) e coperto,
 per  il  1990,  con  l'imputazione   di   280   miliardi   a   carico
 dell'autorizzazione  di  spesa  prevista  per  tale anno dall'art. 1,
 comma primo, della  legge  8  novembre  1986,  n.  752  "intendendosi
 corrispondentemente ridotta di lire 140 miliardi ciascuna delle somme
 di  cui agli artt. 3 e 4 della stessa legge n. 752 del 1986". Ora, e'
 vero  che  la  Costituzione  non  vieta  che  nuove   leggi   statali
 intervengano  a  modificare  la  legislazione preesistente, anche per
 quanto riguarda i proventi attribuiti dallo Stato alle Regioni (sent.
 n. 245 del 1984, par. 3) e che - come rileva la difesa statale  -  la
 riduzione  di  spesa  operata a carico dell'art. 4 della legge n. 752
 non e'  tale  da  dar  luogo  a  lesioni  dell'autonomia  finanziaria
 regionale,  venendo  a  incidere  solo  sull'esercizio  di competenze
 statali (azioni a carattere "orizzontale" promosse  dal  Ministero  a
 sostegno  dell'agricoltura  nazionale):  ma  questo non toglie che la
 sottrazione dell'importo di 140 miliardi dal  finanziamento  previsto
 nell'art.  3  della  legge  n.  752  possa,  invece, incidere su tale
 autonomia, per il fatto di utilizzare - come  rilevato  dalla  stessa
 Commissione  parlamentare  per  le questioni regionali, con il parere
 espresso in data 21 febbraio 1990 sul disegno di legge - risorse gia'
 destinate, per l'anno 1990, alle Regioni ed  alle  Province  autonome
 con  riferimento  a  interventi  nel  settore  agricolo di competenza
 regionale e provinciale. In questo  caso  la  lesione  dell'autonomia
 finanziaria  rappresenta  la conseguenza della riduzione, operata nel
 corso dell'esercizio annuale, di una somma  da  tempo  stanziata,  in
 relazione allo stesso esercizio, a favore delle Regioni e delle Prov-
 ince autonome per interventi connessi a competenze rimaste invariate.
 Una  riduzione  di  risorse  disposta  in  questi  termini  non puo',
 infatti, non determinare uno  squilibrio  nella  sfera  di  autonomia
 costituzionalmente  garantita alle Regioni ed alle Province autonome,
 stante  la  sua  possibile  incidenza su programmi di intervento e di
 spesa gia' adottati e in corso di svolgimento.