ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 6, secondo comma, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 28 agosto 1989, n. 23 (Ulteriori norme modificative ed integrative delle leggi regionali 7 settembre 1987, n. 30, e 21 gennaio 1989, n. 1, in materia di smaltimento dei rifiuti), promosso con ordinanza emessa il 19 settembre 1990 dal Pretore di Trieste nel procedimento penale a carico di Jankovits Edino, iscritta al n. 681 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell'anno 1990; Udito nella camera di consiglio del 13 febbraio 1991 il Giudice relatore Francesco Greco; Ritenuto in fatto 1. - Il Pretore di Trieste, con ordinanza emessa il 19 settembre 1990 (R.O. n. 681 del 1990), nel procedimento penale a carico di Jankovits Edino, imputato del reato di cui all'art. 25, primo comma, d.P.R. n. 915 del 1982 per avere effettuato, quale gestore della ditta "Autodemolizioni Gianotti", lo smaltimento (raccolta e pressa) di rifiuti speciali (nella specie autoveicoli e parti di essi) senza le debite autorizzazioni, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 6, secondo comma, della legge regionale del Friuli-Venezia Giulia n. 23 del 28 agosto 1989, il quale stabilisce che "coloro che alla data di entrata in vigore della presente legge esercitano l'attivita' di cui all'art. 5, comma primo" - id est, quella di cui al primo comma dell'art. 15 d.P.R. n. 915 del 1982 - "possono proseguire l'esercizio di detta attivita', sempre che presentino istanza di autorizzazione entro sei mesi dalla data medesima". Il giudice a quo ha anzitutto ritenuto che l'attivita' del prevenuto era compresa in quella prevista dall'art. 15 del d.P.R. n. 915 del 1982, (gestione di un centro di raccolta di veicoli a motore e simili); ha, poi, rilevato che, secondo l'orientamento della Corte di Cassazione, l'attivita' dei c.d. rottamatori necessita sia dell'autorizzazione regionale prevista dall'art. 6 del citato d.P.R. n. 915 del 1982, sia della licenza comunale di cui all'art. 15, quarto comma, dello stesso decreto, essendo ormai cessata la disciplina transitoria di cui all'art. 31 del citato d.P.R. fin dal marzo 1983. Ha osservato, inoltre, che la norma impugnata ha l'effetto di rendere lecita, sia pure in via transitoria, e subordinatamente alla presentazione di istanza di autorizzazione nei sei mesi successivi alla data del 28 agosto 1989, un'attivita' che la normativa statale considera penalmente rilevante. Risulterebbero, quindi violati: a) l'art. 3 Cost., per la disparita' di trattamento ingiustificata che si verificherebbe tra i rottamatori del Friuli- Venezia Giulia e quelli di altre Regioni; b) l'art. 25, secondo comma, Cost., avendo la Regione illegittimamente interferito in materia penale; c) l'art. 116 Cost., come integrato dalla legge costituzionale n. 1 del 1963 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), in quanto la Regione Friuli-Venezia Giulia non ha potesta' legislativa esclusiva in materia di rifiuti, e comunque, anche qualora l'avesse, non potrebbe dettare disposizioni contrastanti con le norme fondamentali di una riforma economico-sociale dello Stato, quali quelle di cui al d.P.R. n. 915 del 1982, emesse, tra l'altro, in attuazione di direttive comunitarie (sentenze Corte cost. nn. 79 del 1977, 179 del 1986, 370 del 1989). 2. - L'ordinanza e' stata ritualmente notificata, comunicata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale. Considerato in diritto 1. - La Corte e' chiamata a verificare se l'art. 6, secondo comma, della legge regionale del Friuli-Venezia Giulia 28 agosto 1989, n. 23, che consente a coloro i quali, alla data di entrata in vigore della legge medesima, gia' esercitassero l'attivita' c.d. di rottamatori senza essere muniti delle debite autorizzazioni, di proseguire tale esercizio a condizione che presentino istanza di autorizzazione entro sei mesi da quella data, violi gli artt. 3, 25, secondo comma, 116 Cost., come integrato dalla legge costituzionale n. 1 del 1963 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), rendendo lecita, sia pure in via transitoria, un'attivita' che la normativa statale considera penalmente rilevante. 2. - La questione e' fondata. Il giudice remittente ha ritenuto che l'attivita' svolta dall'imputato e' inquadrabile in quelle contemplate dall'art. 15 del d.P.R. n. 915 del 1982, ed e' soggetta sia all'autorizzazione regionale sia alla licenza comunale (artt. 6 e 15 del d.P.R. citato) e che la mancanza dell'una e dell'altra, secondo il disposto dell'art. 25 del d.P.R. suddetto, rende l'esercente della stessa punibile con l'arresto e l'ammenda, essendo oramai cessata la disciplina transitoria di cui all'art. 31 del citato d.P.R. Ha rilevato, inoltre, che, di contro, la disposizione della legge regionale censurata rende lecita, sia pure temporaneamente, l'attivita' in esame. Cio' posto, sussiste la violazione dei precetti costituzionali invocati. Va ribadito che la potesta' legislativa regionale e' destinata a cedere all'intervento legislativo statale ispirato a criteri di omogeneita' ed univocita' di indirizzo e generalita' di applicazione in tutto il territorio dello Stato, con specifiche norme che costituiscono attuazione di direttive C.E.E. e che disciplinano anche i risvolti penali dei problemi affrontati. Comunque, e' decisiva la considerazione che la fonte del potere punitivo risiede nella sola legislazione statale e le Regioni non hanno potesta' di rimuovere o variare con proprie leggi la punibilita' di reati sancita da leggi dello Stato. Non possono, cioe', interferire negativamente con leggi statali rendendo lecita un'attivita' che, invece, l'ordinamento statale considera illecita e sanziona penalmente (Corte cost., sentt. nn. 370 del 1989, 43 e 309 del 1990). La disposizione regionale impugnata, quindi, va dichiarata costituzionalmente illegittima.