ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale degli artt. 36, ottavo
 comma, del d.P.R.  11  luglio  1980,  n.  382  ("Riordinamento  della
 docenza   universitaria,   relativa   fascia  di  formazione  nonche'
 sperimentazione organizzativa e didattica");  11-  ter  del  decreto-
 legge  6  giugno 1981, n. 283 ("Copertura finanziaria dei decreti del
 Presidente della Repubblica di attuazione degli accordi  contrattuali
 triennali    relativi   al   personale   civile   dei   Ministeri   e
 dell'Amministrazione  autonoma  dei  monopoli   di   Stato,   nonche'
 concessione di miglioramenti economici al personale civile e militare
 escluso  dalla contrattazione"), convertito, con modificazioni, nella
 legge 6 agosto 1981, n. 432; 1 della legge  22  gennaio  1982,  n.  6
 ("Proroga   fino   al   30  giugno  1982  del  trattamento  economico
 provvisorio per il personale dirigente civile e militare dello  Stato
 e  per  quello  collegato,  previsto  dal D.L. 6 giugno 1981, n. 283,
 convertito, con modificazioni, nella L. 6 agosto 1981,  n.  432");  1
 del decreto-legge 27 settembre 1982, n. 681 ("Adeguamento provvisorio
 del  trattamento  economico dei dirigenti delle amministrazioni dello
 Stato, anche  ad  ordinamento  autonomo,  e  del  personale  ad  essi
 collegato"),  convertito,  con modificazioni, nella legge 20 novembre
 1982, n. 869, e delle  "relative  leggi  di  proroga",  promosso  con
 ordinanza  emessa  il  10  giugno  1987  dal Tribunale amministrativo
 regionale del Lazio sul ricorso proposto da Romagnoli  Emilio  contro
 Universita'  degli  Studi di Roma "La Sapienza" ed altri, iscritta al
 n. 698 del  registro  ordinanze  1990  e  pubblicata  nella  Gazzetta
 Ufficiale  della  Repubblica  n.  46, prima serie speciale, dell'anno
 1990;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 27 febbraio 1991 il Giudice
 relatore Vincenzo Caianiello;
    Ritenuto che nel corso di un giudizio, promosso da  un  professore
 universitario  ordinario  di  ruolo  (pervenuto alla classe finale di
 stipendio anteriormente alla entrata in vigore del d.P.R.  11  luglio
 1980,  n.  382)  e  diretto  all'annullamento  di un provvedimento di
 recupero di somme  indebitamente  erogate  nonche'  alla  contestuale
 applicazione   del   trattamento  economico  spettante  ai  dirigenti
 generali dello Stato di livello A, anche nella ipotesi della  opzione
 del  docente per il rapporto di lavoro a tempo definito, il Tribunale
 amministrativo regionale del Lazio, con ordinanza del 10 giugno  1987
 (pervenuta  a  questa  Corte  il  5  novembre 1990), ha sollevato, in
 riferimento agli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione ed in  relazione
 all'art. 12, lettera o), della legge 21 febbraio 1980 n. 28 (e cosi',
 implicitamente, anche in riferimento all'art. 76 della Costituzione),
 questioni  di  legittimita'  costituzionale  degli  artt.  36, ottavo
 comma, del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382; 11- ter del decreto-legge 6
 giugno 1981, n. 283, convertito, con  modificazioni,  nella  legge  6
 agosto  1981,  n.  432;  1  della  legge 22 gennaio 1982, n. 6; 1 del
 decreto-legge  27   settembre   1982,   n.   681,   convertito,   con
 modificazioni,  nella  legge 20 novembre 1982, n. 869, e delle "rela-
 tive leggi di proroga" (art. 10 - recte  art.  25,  comma  10  -  del
 decreto-legge  12  settembre  1983,  n.  463,  convertito in legge 11
 novembre 1983, n. 638; art. 1 del decreto-legge 21 gennaio  1984,  n.
 3,  convertito  in  legge 22 marzo 1984, n. 29; art. 1 della legge 17
 aprile 1984, n. 79, e art. 3, comma 3, del decreto-legge  11  gennaio
 1985, n. 2, convertito in legge 8 marzo 1985, n. 72; in parte qua);
      che,  ad avviso del giudice rimettente, il complesso delle norme
 impugnate - essendosi discostato dal  principio  dell'"equiparazione"
 fra le due categorie di impiegati pubblici, affermato da questa Corte
 nella  sentenza n. 219 del 1975, e non assicurando piu' ai professori
 universitari di ruolo, che  avevano  gia'  raggiunto  il  trattamento
 economico  relativo al parametro 825, in caso di opzione per il tempo
 definito, un tetto retributivo corrispondente a quello dei  dirigenti
 generali  dello Stato di livello A - determinerebbe la violazione sia
 del principio della identica potenzialita' di sviluppo di carriera  e
 del  medesimo  tetto retributivo, sia dell'obbligo per il legislatore
 delegato di mantenere detta equiparazione "senza discriminazione  tra
 professori a tempo pieno e professori a tempo definito";
      che  non e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri
 ne' si e' costituita la parte privata;
    Considerato  che  le  questioni  di  legittimita'   costituzionale
 vengono  sollevate  sotto  il  profilo  che  le  norme denunciate non
 assicurerebbero il mantenimento della equiparazione  retributiva  (ai
 dirigenti  generali di livello A dello Stato) per quei professori che
 gia' l'avessero conseguita al momento della entrata in  vigore  della
 nuova  disciplina,  ma  che,  avendo  optato  per il regime del tempo
 definito, si erano visti attribuire un diverso trattamento economico,
 essendosi trasformata la differenza della misura dello  stipendio  in
 assegno  ad  personam  riassorbibile  per  effetto  dell'ottavo comma
 dell'art. 36 del d.P.R. n. 382 del  1980,  nonche'  delle  successive
 norme  che  della  prima  hanno  costituito  il naturale sviluppo nel
 tempo;
      che  la medesima questione, proposta in riferimento al solo art.
 76 della Costituzione, e' stata gia' dichiarata non fondata (sent. n.
 1019 del 1988);
      che le stesse argomentazioni svolte da questa Corte nella citata
 sentenza consentono di dichiarare  la  manifesta  infondatezza  delle
 questioni   ora   sollevate   in  riferimento  agli  altri  parametri
 costituzionali invocati;
      che, difatti, come e' gia' stato ricordato, la legge  delega  n.
 28  del  1980  aveva  espressamente  previsto  che  la  disciplina di
 attuazione,  ai   fini   della   conservazione   del   diritto   alla
 equiparazione, dovesse tener conto della differenziazione determinata
 dalla diversita' del regime di impegno di servizio prescelto (a tempo
 pieno o a tempo definito);
      che  e',  quindi, proprio la diversita' del rapporto di servizio
 che giustifica il differente trattamento economico,  senza  che  cio'
 configuri alcuna violazione ne' del principio di eguaglianza, ne' del
 principio   dell'equa   retribuzione,  rapportandosi  questa  appunto
 all'impegno lavorativo prestato, ne',  per  le  stesse  ragioni,  del
 principio del buon andamento;
      che,  peraltro, come gia' osservato dalla Corte nella richiamata
 sentenza, l'interpretazione della norma (art. 36, ottavo  comma,  del
 d.P.R. n. 382 del 1980) "conforme alla ratio cui essa si ispira e che
 e'  quella  di  diversificare  le modalita' di equiparazione in senso
 piu' favorevole per coloro che scelgano il tempo pieno",  impone  che
 "colui,  il  quale..  ..  ..  gia'  godeva  del trattamento economico
 corrispondente alla  classe  finale  di  stipendio,  scelga  dopo  un
 periodo  di  impegno  a  tempo  definito.. .. .., il regime del tempo
 pieno,  acquista  (o   riacquista)   il   diritto   all'equiparazione
 completa..  ..  ..  alla pari di tutti gli altri docenti che prestino
 servizio in tale regime";
    Visti gli artt. 26, comma secondo, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87, e 9, comma secondo, delle Norme integrative per i giudizi davanti
 la Corte costituzionale;