ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 423, secondo
 comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza  emessa
 il 15 novembre 1990 dal Giudice per le indagini preliminari presso il
 Tribunale  militare  di La Spezia nel procedimento penale a carico di
 Loiacono Salvatore, iscritta al n. 16 del registro ordinanze  1991  e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica n. 5, prima
 serie speciale, dell'anno 1991;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del  20 marzo 1991 il Giudice
 relatore Enzo Cheli;
    Ritenuto  che  nel  procedimento  penale  a  carico  di  Salvatore
 Loiacono,  imputato  di  insubordinazione  con  minaccia  ed ingiuria
 pluriaggravata, il giudice per  le  indagini  preliminari  presso  il
 Tribunale  militare di La Spezia, con ordinanza del 15 novembre 1990,
 ha sollevato d'ufficio - in riferimento agli  artt.  112  e  3  della
 Costituzione  -  questione  di  legittimita' costituzionale dell'art.
 423, secondo comma, del nuovo codice di procedura penale "nella parte
 in cui non prevede  un  meccanismo  processuale  idoneo  a  suscitare
 l'esercizio  dell'azione  penale  da  parte  del pubblico ministero o
 comunque a provocarne l'attivazione" in  ordine  ad  un  fatto  nuovo
 emerso  nell'udienza  preliminare  e  per il quale si debba procedere
 d'ufficio;
      che - secondo quanto esprime l'ordinanza di rinvio -  nel  corso
 dell'udienza  preliminare  sono emersi, a carico dell'imputato, fatti
 nuovi relativi ad ipotesi di reato di concorso in abbandono di  posto
 aggravato  e di disobbedienza aggravata non enunciati nella richiesta
 di rinvio a giudizio e per i  quali  e'  prevista  la  procedibilita'
 d'ufficio;
      che   le  ipotesi  di  reato  non  contestate  all'imputato  non
 risultano connesse, a norma dell'art. 12, primo comma, lett. b),  del
 codice  di procedura penale, con il reato per cui e' stato chiesto il
 rinvio a giudizio ed il  pubblico  ministero  non  "ha  fatto  alcuna
 richiesta  a  norma  dell'art.  423,  secondo  comma,  del  codice di
 procedura penale o alcuna contestazione a norma del comma  primo  del
 medesimo articolo";
      che,  ad  avviso  del  giudice  remittente, risulterebbe percio'
 impossibile contestare all'imputato (e al concorrente) i fatti  nuovi
 emersi  nel  corso  dell'udienza  preliminare  e  non sarebbe neppure
 utilizzabile la norma di cui all'art. 331  del  codice  di  procedura
 penale  "atteso  che  non  verrebbe sottoposto all'esame del pubblico
 ministero nulla di piu' di quanto gia' da esso conosciuto  attraverso
 la comunicazione di reato in ordine alla quale, peraltro, il pubblico
 ministero ha gia' effettuato le proprie valutazioni definitive con la
 richiesta di rinvio a giudizio";
      che  -  secondo  il  giudice  a  quo  -  da  questi  presupposti
 deriverebbe la possibilita', per il pubblico  ministero,  di  operare
 una  sorta di archiviazione extra ordinem, sottratta al controllo del
 giudice,  in   contrasto   con   il   principio   costituzionale   di
 obbligatorieta'   dell'azione  penale  sancito  dall'art.  112  della
 Costituzione;
      che inoltre, sempre ad avviso del giudice  remittente,  analoghe
 fattispecie  sarebbero  oggetto di una disciplina ingiustificatamente
 differenziata, in violazione dell'art. 3 della Costituzione:  e  cio'
 in  quanto la norma impugnata impedirebbe il controllo del giudice su
 di una inattivita' del pubblico ministero in ordine  ai  fatti  nuovi
 emersi  a  carico dell'imputato nel corso dell'udienza, mentre l'art.
 409 del codice di procedura penale contempla  l'ipotesi  del  mancato
 accoglimento  da  parte  del giudice della richiesta di archiviazione
 del pubblico ministero e consente al giudice di emanare una ordinanza
 che vincola il pubblico ministero a formulare l'imputazione;
      che nel giudizio dinanzi alla Corte ha  spiegato  intervento  il
 Presidente   del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso
 dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione  sia
 dichiarata infondata;
    Considerato  che  l'art.  423,  secondo comma, del nuovo codice di
 procedura penale detta la disciplina delle "nuove contestazioni"  nel
 corso  dell'udienza  preliminare, stabilendo che "se risulta a carico
 dell'imputato un fatto nuovo non enunciato nella richiesta di  rinvio
 a  giudizio, per il quale si debba procedere d'ufficio, il giudice ne
 autorizza la contestazione se il pubblico ministero ne fa richiesta e
 vi e' il consenso dell'imputato;
      che tale disposizione - come gia' affermato da questa Corte  con
 l'ordinanza   n.   11   del   1991   -  non  viola  il  principio  di
 obbligatorieta'  dell'azione  penale  sancito  dall'art.  112   della
 Costituzione,  poiche'  il  pubblico  ministero  -  quando  nel corso
 dell'udienza preliminare risulti  a  carico  dell'imputato  un  fatto
 nuovo che configuri un reato perseguibile d'ufficio - e' obbligato ad
 esercitare  tale  azione e ad iscrivere la nuova notizia di reato nel
 registro di cui  all'art.  335  del  codice  di  rito,  potendo  solo
 scegliere   se   esercitare  per  tale  fatto  un'azione  separata  o
 procedere, con il consenso dell'imputato,  alla  nuova  contestazione
 nell'ambito  del  processo gia' in corso, con conseguente trattazione
 unitaria delle due imputazioni;
      che, non essendo violato, nella fattispecie  condotta  all'esame
 di  questa  Corte,  l'art.  112  della Costituzione, risulta priva di
 fondamento anche l'ulteriore censura di illegittimita' costituzionale
 formulata dal giudice a quo sul  presupposto  di  una  ingiustificata
 diversita'   -   sotto   il  profilo  del  controllo  giurisdizionale
 sull'obbligatorio esercizio dell'azione penale -  tra  la  disciplina
 dell'archiviazione  dettata  dall'art.  409  del  codice di procedura
 penale  e  la  disciplina  delle  "nuove  contestazioni"  in  udienza
 contenuta nella norma impugnata;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi dinanzi
 alla Corte costituzionale;