ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 17 della legge 21 dicembre 1978, n. 843 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria), promosso con ordinanza emessa il 26 aprile 1990 dalla Corte dei conti, sezione terza giurisdizionale, sul ricorso proposto da Emilia Urciuoli, iscritta al n. 730 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50, prima serie speciale, dell'anno 1990; Udito nella camera di consiglio del 27 febbraio 1991 il Giudice relatore Gabriele Pescatore; Ritenuto in fatto Con ordinanza in data 26 aprile 1990, la Corte dei conti ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 17 della legge 21 dicembre 1978, n. 843. La norma dispone che l'indennita' integrativa speciale non e' cumulabile con la retribuzione percepita in costanza di lavoro alle dipendenze di terzi. Deve, comunque, essere fatto salvo l'importo corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti. Ne deriva che dell'indennita' integrativa e' salvaguardata, al pensionato che lavori, una parte rappresentata dalla differenza tra il trattamento minimo INPS e l'importo connesso alla pensione in godimento. Per contro, tale trattamento deve intendersi escluso nella diversa e non contemplata ipotesi in cui il pensionato non presti piu' opera retribuita: come nel caso all'esame del giudice remittente, caso in cui il titolare di pensione indiretta ha cessato di prestare attivita' lavorativa ed anzi, per il servizio reso quale ex insegnante statale, ha conseguito altresi' la pensione diretta. La Corte dei conti dubita della razionalita' di una norma che, mentre attribuisce l'integrazione al dipendente statale in attivita' di servizio, percettore, come tale, della indennita' integrativa speciale, e titolare di trattamento pensionistico inferiore al minimo INPS, nel contempo la preclude al dipendente che, cessata ogni attivita' lavorativa, sia titolare di due pensioni (di cui una di importo inferiore al minimo stesso), il quale, pertanto, viene a percepire la indennita' integrativa speciale una sola volta. Rileva inoltre la Corte dei conti che se la indennita' integrativa speciale va intesa come mezzo per assicurare il trattamento retributivo minimo, sufficiente e necessario per le esigenze vitali del lavoratore o del pensionato, la indicata preclusione appare ancor piu' arbitraria ed irrazionale e palesemente contrastante con i precetti di cui agli artt. 3 e 36 della Costituzione. Considerato in diritto 1. - La Corte dei conti dubita, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione, della legittimita' dell'art. 17 della legge 21 dicembre 1978, n. 843, nella parte in cui non prevede, anche in favore del titolare di due pensioni - cosi' come dispone per il titolare di una pensione che presti opera retribuita presso terzi - che oltre all'intera indennita' integrativa riferita ad una pensione, gli sia garantito anche il trattamento minimo di pensione previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti. 2. - La questione e' fondata. In materia di pensioni, l'art. 17 della legge 21 dicembre 1978, n. 843 stabilisce che "l'indennita' integrativa speciale non e' cumulabile con la retribuzione percepita in costanza di rapporto di lavoro alle dipendenze di terzi. Deve comunque essere fatto salvo l'importo corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti". Il giudice a quo lamenta che tale salvezza, mentre e' prevista in favore di chi, godendo di un trattamento pensionistico lavori alle dipendenze di terzi, non e' previsto in favore di chi fruisce di due trattamenti pensionistici. Cosicche' puo' avvenire che, un soggetto il quale sia titolare di una pensione statale di riversibilita' e sia a sua volta impiegato statale, possa beneficiare della suddetta integrazione finche' e' in servizio ma non, invece, dal momento del suo collocamento a riposo. Il carattere irragionevole e discriminatorio di tale disciplina e' di tutta evidenza. Il passaggio dalla condizione di lavoratore dipendente a quella di pensionato non puo' infatti giustificare una minore tutela, in relazione a prestazioni destinate ad assicurare il soddisfacimento dei bisogni fondamentali della vita. La norma impugnata va quindi dichiarata illegittima - sotto il profilo assorbente della violazione dell'art. 3 della Costituzione - nella parte in cui non estende al titolare di due pensioni la medesima garanzia prevista per il titolare di pensione che presti altresi' lavoro dipendente.