ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 442, secondo
 comma, 458 secondo  comma  e  441  del  codice  di  procedura  penale
 promosso  con  ordinanza  emessa il 31 maggio 1990 dal Giudice per le
 indagini preliminari presso il Tribunale di Milano  nel  procedimento
 penale  a  carico  di  Massenza  Abele  Sergio iscritta al n. 733 del
 registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 50, prima serie speciale, dell'anno 1990;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del 27 febbraio  1991  il  Giudice
 relatore Vincenzo Caianiello;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Nel  corso  di  un  processo  penale, dopo aver disposto il
 giudizio immediato, il giudice per le indagini preliminari presso  il
 Tribunale  di  Milano,  ritenendo ammissibile la successiva richiesta
 dell'imputato di celebrare il  giudizio  con  il  rito  abbreviato  -
 richiesta sulla quale il pubblico ministero aveva espresso il proprio
 consenso  -  ha sollevato, con ordinanza in data 31 maggio 1990 (r.o.
 n. 733 del 1990),  questione  di  legittimita'  costituzionale  degli
 artt. 442, secondo comma, del codice di procedura penale in relazione
 all'art.  76  della  Costituzione,  458,  secondo comma, e 441, dello
 stesso codice, per contrasto con gli artt. 25, primo  comma,  e  102,
 terzo  comma,  della Costituzione, nonche' dell'art. 441 del medesimo
 codice per violazione dell'art. 101 della Costituzione.
    Ad avviso del giudice a quo, la prima delle norme impugnate,  pre-
 scrivendo  che, nel giudizio abbreviato, in caso di condanna, la pena
 dell'ergastolo possa essere sostituita con quella della reclusione ad
 anni trenta, si porrebbe in contrasto con l'art. 2,  punto  53  della
 legge  delega  16  febbraio  1987, n. 81, che limita l'applicabilita'
 della diminuzione di un terzo delle pene ai  soli  reati  puniti  con
 pena pecuniaria o con pena detentiva temporanea, cosi' implicitamente
 escludendo i delitti puniti con la pena edittale dell'ergastolo.
    Inoltre,  gli  artt.  458,  secondo  comma,  e  441  del codice di
 procedura penale, nella  parte  in  cui  prevedono  che  il  giudizio
 abbreviato  si  svolga dinanzi al giudice per le indagini preliminari
 anche in relazione  a  procedimenti  aventi  ad  oggetto  delitti  di
 competenza  della Corte di assise, violerebbero gli artt. 25, secondo
 comma, e 102, terzo comma, della  Costituzione.  In  seguito  ad  una
 scelta  dell'imputato  si  opererebbe, difatti, una deroga alla norma
 generale  (art.  5  lett.  a)  cod.proc.pen.)  che  attribuisce   una
 specifica   competenza  per  materia  ad  un  giudice  collegiale,  a
 composizione  mista  e  qualificato  dalla   diretta   partecipazione
 popolare.
    Infine,  il  diretto controllo della collettivita' sulle modalita'
 di svolgimento del processo,  che  si  realizza  con  la  pubblicita'
 dell'udienza,    verrebbe   compromesso   dalla   norma   (art.   441
 cod.proc.pen.) che prescrive la celebrazione del giudizio  abbreviato
 in  camera  di  consiglio. Risulterebbe in tal modo violata la regola
 generale della pubblicita'  dei  dibattimenti  giudiziari  che,  come
 questa  Corte  ha  affermato  nella  sentenza  n.  50  del 1989, deve
 ritenersi implicita  nei  principi  costituzionali  che  disciplinano
 l'esercizio  della  giurisdizione,  e, in particolare, nell'art. 101,
 primo comma, che individua il fondamento  dell'amministrazione  della
 giustizia nella sovranita' popolare.
    2.  -  Nel  giudizio  cosi'  promosso  e' intervenuta l'Avvocatura
 generale dello Stato eccependo,  in  via  preliminare,  l'irrilevanza
 della  questione  concernente  l'art.  442,  comma  2,  del codice di
 procedura  penale.   Il   giudice   remittente,   infatti,   ritenuto
 ammissibile  il  giudizio  abbreviato,  avrebbe impugnato la predetta
 norma in via del tutto ipotetica, potendone  fare  applicazione  solo
 dopo  aver  ritenuto  la sussitenza del reato e la sua punibilita' in
 concreto con la pena dell'ergastolo.
    Nel merito, poi, la questione risulterebbe comunque infondata, non
 emergendo dai lavori preparatori della legge  delega  alcun  elemento
 che  possa  far  trasparire  la volonta' del legislatore delegante di
 circoscrivere la diminuzione di pena  solo  ad  alcune  categorie  di
 illeciti. La norma censurata, al contrario, costituirebbe il coerente
 e  necessario  sviluppo  dell'impianto  processuale prefigurato nella
 legge delega, tendente a favorire l'adozione dei riti alternativi, in
 funzione di contenimento del carico dibattimentale.
    Per quanto  attiene  alla  pretesa  violazione,  per  i  reati  di
 competenza  della  Corte  di assise, del precetto sancito dagli artt.
 25, comma 1, e 102,  comma  3,  della  Costituzione,  l'interveniente
 osserva   che,  nell'ordinamento,  deve  ritenersi  giudice  naturale
 precostituito anche  quello  che,  in  funzione  di  giudice  per  le
 indagini preliminari, e' chiamato a celebrare il giudizio abbreviato.
 Ne'   potrebbe   sostenersi   che  la  Corte  di  assise  riceva  una
 configurazione   di   rango   costituzionale   atta   ad    escludere
 l'ammissibilita' di soluzioni anticipate del procedimento, rimesse ad
 altri  organi  giurisdizionali  funzionalmente competenti per la fase
 antecedente il dibattimento.
    Infine, in relazione alla lamentata violazione del principio della
 pubblicita'  dei  giudizi  -  direttamente  riconducibile al disposto
 dell'art. 101, comma 1, della Costituzione - l'interveniente  osserva
 che  tale  principio, inteso come momento di controllo della funzione
 giurisdizionale, non puo' che  riferirsi  alla  fase  dibattimentale,
 pertanto,  la  denunciata  deroga troverebbe un obiettivo e razionale
 fondamento nell'esigenza di evitare  il  dibattimento  attraverso  un
 giudizio  allo  stato  degli  atti  che,  proprio  perche'  tale, non
 richiede  quell'attivita'  di  dialettica  probatoria  per  la  quale
 soltanto   si   pone   la   necessita'  di  assicurare  il  controllo
 dell'opinione pubblica.
                        Considerato in diritto
    1. - Il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di
 Milano dubita, in riferimento all'art. 76 della  Costituzione,  della
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  442,  comma 2, del codice di
 procedura penale, nella  parte  in  cui  "prevede  che,  in  caso  di
 condanna,  alla  pena  dell'ergastolo  venga sostituita la pena della
 reclusione  di  trenta  anni",  cosi'  estendendo  agli  imputati  di
 "delitti  puniti con la pena edittale dell'ergastolo" la possibilita'
 - che si assume non prevista dall'art.  2,  n.  53,  della  legge  di
 delega  16 febbraio 1987, n. 81, in quanto questa la circoscriverebbe
 "ai reati sanzionati con pena pecuniaria ovvero con pena detentiva  a
 termine"  -  di avvalersi del giudizio abbreviato, disciplinato dagli
 artt. 438 e seguenti del codice di procedura penale.
    Altro dubbio di incostituzionalita' investe, in  riferimento  agli
 artt.  25,  primo  comma, e 102, terzo comma, della Costituzione, gli
 artt. 458, comma 2, e 441 del  codice  di  procedura  penale,  "nella
 parte  in  cui prevedono che il giudizio abbreviato si svolga innanzi
 al  giudice  per  le  indagini  preliminari  anche  in  relazione   a
 procedimenti  aventi  ad  oggetto  delitti  di competenza della Corte
 d'assise".
    L'art. 441 del codice di procedura penale e' sottoposto, altresi',
 a scrutinio di costituzionalita', in riferimento all'art.  101  della
 Costituzione,  "nella  parte  in  cui  non  prevede  che  il giudizio
 abbreviato debba svolgersi in pubblica udienza".
    2. - Va preliminarmente disattesa l'eccezione di inammissibilita',
 formulata dall'Avvocatura generale dello  Stato,  relativamente  alla
 prima  questione,  in  base  all'assunto  che  il  giudice a quo l'ha
 sollevata in un momento in cui l'applicazione della norma  denunciata
 si  presentava  come  una mera eventualita', non essendo ancora stati
 accertati gli elementi idonei a verificare  se,  in  concreto,  fosse
 applicabile   la  pena  dell'ergastolo.  Difetterebbe,  pertanto,  il
 requisito dell'attualita' per potersi  ritenere  la  rilevanza  della
 questione.
    Osserva  la  Corte  che  l'ordinanza  di  rimessione,  pur ponendo
 l'accento sul profilo della pena,  mette  in  discussione  la  stessa
 possibilita',  alla  luce  della  delega,  di  sottoporre  a giudizio
 abbreviato i  processi  relativi  a  delitti  punibili  con  la  pena
 dell'ergastolo.  Il  fatto che la censura sia formulata con specifico
 riferimento al comma 2 dell'art. 442, riguardante  la  pena,  dipende
 dalla  circostanza  che e' per effetto di quanto previsto nel secondo
 periodo di detto comma - cioe', la sostituzione della  reclusione  di
 anni trenta alla pena dell'ergastolo - che questa figura di giudizio,
 alternativo a quello ordinario, diventa applicabile anche ai processi
 concernenti  tali  delitti.  Difatti,  la caratteristica del giudizio
 abbreviato risiede proprio nell'incentivo, offerto  all'imputato,  di
 una  riduzione  della pena, in funzione di un piu' rapido svolgimento
 del processo, a  deflazione  del  dibattimento.  Con  il  mettere  in
 discussione  la  possibilita' di operare tale riduzione per una certa
 categoria di delitti,  viene  necessariamente  messa  in  discussione
 anche la possibilita' di avvalersi di quel procedimento speciale. Non
 e',  quindi,  consentito  scindere i due aspetti, come, nel formulare
 l'eccezione,  propone  l'Avvocatura  generale  dello  Stato.  Ne'  in
 proposito  e'  superfluo  ricordare  che  tale inscindibilita' fu ben
 presente nel dibattito che precedette l'emanazione del codice  e  che
 mise  appunto  in  evidenza come "l'assenza dell'incentivo renderebbe
 l'istituto pressoche' inutile" (Relazione  al  progetto  preliminare,
 Libro  VI,  Procedimenti speciali, sub Titolo I, Giudizio abbreviato,
 "Premessa".
    3. - La questione  di  legittimita'  costituzionale  del  giudizio
 abbreviato  per  i processi aventi ad oggetto un delitto punibile con
 la pena dell'ergastolo, sollevata ex art. 76 della Costituzione sotto
 il profilo dell'eccesso di delega, e' fondata.
    L'art. 2, punto 53, della legge di delega legislativa  al  Governo
 per l'emanazione del codice di procedura penale prevede il potere del
 giudice  di  pronunciare sentenza di merito nell'udienza preliminare,
 decidendo allo stato degli atti su richiesta dell'imputato e consenso
 del pubblico ministero, ed indica contestualmente "che, nel  caso  di
 condanna,  le  pene  previste per il reato ritenuto in sentenza siano
 diminuite di un terzo".
    La direttiva, nella  sua  chiara  formulazione,  e'  tale  da  far
 ritenere  che  la  previsione del giudizio abbreviato riguardi solo i
 reati punibili con pene detentive temporanee o pecuniarie, essendo la
 diminuzione di  un  terzo  concepibile  solo  se  riferita  ai  reati
 punibili con una pena quantitativamente determinata e non, quindi, ai
 reati punibili con l'ergastolo.
    Della  difficolta'  di  comprendere  nella previsione della delega
 anche quest'ultima categoria  di  reati  dovette  rendersi  conto  la
 stessa  Commissione  redigente  che,  come risulta dalla relazione al
 progetto preliminare del  codice  (loc.  cit.,  "Illustrazione  degli
 articoli"),  si  pose  "il problema di rendere possibile la riduzione
 del terzo rispetto ai reati per i quali il giudice  debba  infliggere
 l'ergastolo"  (rectius,  possa  infliggere l'ergastolo), riconoscendo
 che "l'applicabilita' del criterio di diminuzione previsto  dall'art.
 65  n.  2  c.p.  (reclusione  da  venti a ventiquattro anni) e' stata
 scartata anche per  la  considerazione  che  la  delega  prevede  una
 diminuzione  secca  (di  un  terzo),  onde  e'  sembrato  preferibile
 determinare in  modo  fisso  la  pena  da  sostituire  all'ergastolo.
 L'entita' della pena.. .. .. (trenta anni) e' motivata da esigenze di
 prevenzione  generale, che giustificano il richiamo al limite massimo
 della pena della reclusione consentito nel nostro ordinamento  penale
 (art.  66  c.p.)".  Questa  difficolta' di determinare il criterio in
 base al quale attuare la delega nasceva proprio dalla carenza,  nella
 menzionata  direttiva  di cui al punto 53 dell'art. 2, di un'espressa
 previsione: se il legislatore delegante avesse  inteso  estendere  il
 giudizio  abbreviato  anche  ai  delitti  punibili  con  l'ergastolo,
 avrebbe dovuto espressamente indicare  il  criterio  sulla  base  del
 quale operare la sostituzione della pena.
    La  sostituzione  invece  operata,  con  la  pena di trent'anni di
 reclusione, e' stata quindi il frutto di una  scelta  alternativa  ad
 altra  (reclusione  da  venti a ventiquattro anni), che pur era stata
 presa  in  considerazione,  senza  pero'  che   entrambe   trovassero
 riscontro  in  altri  principi  o  criteri dettati, anche se ad altri
 fini, dal delegante. Scelta quindi, arbitraria rispetto alla legge di
 delega, non bastando a giustificarla il riferimento ad altre  ipotesi
 di  sostituzione della pena dell'ergastolo, quali previste nel codice
 penale in  relazione  a  profili  in  nessun  modo  collegabili  alla
 diminuzione  di  un  terzo  indicata  dalla  delega  per  il giudizio
 abbreviato.
    Una volta riconosciuta (v.punto 2)  la  connessione  tra  giudizio
 abbreviato e diminuzione della pena e, quindi, l'impraticabilita' del
 primo  in mancanza della possibilita' di operare la seconda, il venir
 meno  di   quest'ultima,   per   effetto   della   dichiarazione   di
 illegittimita'  costituzionale,  rende  di  per  se' inapplicabile il
 giudizio abbreviato, quale disciplinato dagli artt. da 438 a 443  del
 codice  di procedura penale, ai processi concernenti delitti punibili
 con l'ergastolo.
    Perdono conseguentemente rilievo le questioni relative alle  altre
 norme denunciate.